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Autore: Sakurina    08/08/2018    2 recensioni
Kurokiba era sicuro che la sua signorina stesse soltanto rimuginando sulla prossima domanda da fare. Era una tipetta sicura di sé, ma quando veniva ferita nell’orgoglio a volte doveva passare quella fase di “accettazione della sconfitta” che poteva durare dalle due alle cinque domande.
“Ryo-kun...”
Eccola. “Dimmi, Signorina...”
“...hai mai baciato una ragazza?”
...
Il sangue gli si congelò nelle vene. Non si sarebbe mai aspettato una domanda del genere.

{Oneshot RyoAli}
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Nakiri, Ryou Kurokiba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alice Attraverso Il Torrente

 

Silenzio.
Solo il frusciare delle foglie accarezzate da un fresco e leggero venticello montano.
Lo scorrere forte e deciso dell’acqua del torrente.
Il fischiettare di qualche uccellino.
Ryo tenne chiusi gli occhi, assaporando quell’attimo di pace. Per quanto amasse i suoni della cucina, di pentole e padelle che cozzano, di strumenti che accarezzano le pietanze per trasformarle, doveva ammettere che di tanto in tanto era piacevole concedersi questi momenti di relax per staccare da tutto: solo lui, la montagna, un torrente e la sua canna da pesca.
“Che c’è Kurokiba, ti sei addormentato?”
...purtroppo i suoi attimi di completo relax potevano durare solo pochi secondi, visto che era perennemente circondato da persone chiassose.
Il ragazzo si voltò verso il compagno di corso, chiedendosi perché se lo fosse portato dietro. Per una volta che non c’era Alice e avrebbe potuto restare da solo con se stesso.
“Yukihira, se continui a fare questo casino i pesci scapperanno tutti” brontolò Hayama, seduto dall’altro lato della roccia.
“Ma se sono stato zitto finora!” protestò Soma, tornando a fissare la sua canna da pesca, immobile da quando erano arrivati al torrente qualche ora prima.
Hayama si voltò verso Ryo, che fissava l’acqua con sguardo vacuo.
“Dov’è finita la tua canna da pesca nuova?” gli chiese, perplesso.
Ryo ci pensò su qualche secondo, prima di rispondere pacatamente “Non l’ho trovata da nessuna parte stamattina”.
“Capisco.”
“Mh.”
“Ad ogni modo Kurokiba... è un peccato per quello che è successo l’altra mattina con Kusonagi-senpai” disse Hayama, all’improvviso. I suoi occhi smeraldini si spostarono immediatamente sull’amico poco lontano da lui, per scrutare con cura la sua espressione.

 
***
 
“Ehhh? Davvero ti sei portata dietro quella canna da pesca per pescare le carpe Waka?!” urlò Megumi, sconvolta dalla rivelazione.
“Shhh! Non voglio che Ryo-kun lo sappia! Deve essere una sorpresa!” la rimproverò Alice, gonfiando le guance.
Le ragazze della Totsuki erano andate tutte insieme a fare una scampagnata nei boschi, mentre alcuni ragazzi avevano iniziato a preparare tutto per il campeggio della sera e altri si erano diretti a pescare. Erina e Hisako erano rimaste all’accampamento a supervisionare i lavori.
Improvvisamente Alice aveva convinto le compagne a fare una deviazione verso il torrente, anche se quella canna da pesca che si portava dietro da quando erano partite la rendeva particolarmene losca.
“Ma Alice-san... non è possibile pescare quel tipo di pesce in questo periodo dell’anno...” rispose Tadokoro distogliendo lo sguardo, dispiaciuta.
“COME NO?!”
“No... è un pesce molto raro proprio perché può essere pescato per pochissimi periodi all’anno...” spiegò la ragazza, ma subito si pentì di aver pronunciato quelle parole  quando vide gli occhioni lucidi di Alice “...ma sono sicura che ci sono tanti altri bei pesci!”
“MA IO VOGLIO QUELLO” sbraitò Alice, lanciando con un gesto stizzito la canna nuova di zecca verso la riva del fiume.
“Ma guarda un po’...” le interruppe Ikumi con tono canzonatorio “...non è per caso lo stesso tipo di pesce che ha portato quella volpona di Kusonagi-senpai l’altro giorno a scuola?”
Alice si voltò di scatto, le guance gonfie e l’aria offesa.
“...quella stessa Kusonagi-senpai che si era offerta di darne qualche esemplare a Kurokiba in cambio di qualche lezione privata di cucina?” continuò Ikumi, avvicinandosi a Alice.
“Non so che diavolo volesse quella lì, lo sanno tutti che Ryo-kun è il mio assistente! Se ne cerchi un altro!” borbottò la ragazza dai capelli bianchi, stizzita.
“Non credo che volesse un assistente... ma credo che volesse qualcosa  da lui...” continuò l’altra.
“Effettivamente quella Kusonagi è famosa per essere più interessata ai ragazzi che alla cucina, nonostante sia una brava cuoca!” aggiunse Yuuki, annuendo a braccia conserte. “Si dice che abbia baciato più di 15 ragazzi dell’Accademia!”
“E guarda un po’, ora che Kurokiba è alla ribalta come cuoco, improvvisamente si accorge di essere interessata al pesce...” commentò maliziosamente Ryoko, seduta a riposare su di una roccia. “Come darle torto, effettivamente Kurokiba è un bel tipo!”
“RYOKO-CHAN!” rimbrottò Alice, sempre più infastidita.
“Uh, uh... forse Nakiri-san è gelosa?” ridacchiò Ikumi, fissandola divertita.
“N-NON SONO GELOSA... PERCHE’ DOVREI! RYO-KUN E’ MIO E NON HO INTENZIONE DI LASCIARLO ALLA PRIMA SCEMA CHE PASSA!” ringhiò Nakiri.
“Ryo-kun è tuo... interessante...” sogghignò Ryoko, ma subito venne fulminata dagli occhi rossi di Alice. Che però iniziarono a riempirsi di lacrime, sorprendendo tutte le presenti.
“S-smettetela tutte quante!” le richiamò Megumi, allarmata.
“I-io... io volevo solo... non sapevo che quelle carpe fossero così preziose, altrimenti... non avrei mai portato via Ryo-kun da quella lì...e poi Hayama-kun mi ha sgridata...”

 
***
 
“...con chi?” chiese Ryo, impassibile.
Akira sospirò. Dire che se lo immaginava era un eufemismo. “Kusonagi-senpai. La ragazza del terzo anno che aveva portato quelle rarissime carpe Waka a lezione e che ti aveva chiesto se ne volevi una per provare a cucinarla”.
“Ah sì, quella lì” fece spallucce Ryo “la signorina Alice aveva bisogno di qualcosa e non sono potuto andare”.
“La signorina Alice stava solo facendo i capricci e tu le sei andato dietro senza protestare come al solito” lo rimbeccò Hayama. “E hai perso la tua occasione per provare a cucinare una pietanza prelibata. Ti sei danneggiato ancora una volta per stare dietro a Nakiri.”
“Ehi! Perché a me non ha detto niente nessuno di questi pesci?!” protestò Soma, sbuffando.
“Perché tu non rientri negli interessi di Kusonagi-senpai” sogghignò Akira, con tono beffardo.
“Perché Kurokiba sì invece?!”
“Certo che sì. È per quello che Nakiri se l’è portato via alla velocità della luce” fece spallucce Akira, voltandosi per trovare entrambi gli amici che lo fissavano con espressione dubbiosa. “Credo che fosse gelosa marcia di Kusonagi.”
“Ma va.” Lo liquidò Ryo, voltandosi nuovamente a fissare l’acqua del torrente.
“Non sei nemmeno un po’ pentito?” gli chiese Hayama, sorpreso da tanta pacatezza. Si sarebbe aspettato il solito Kurokiba incazzato vista la scenata che Alice gli aveva fatto, ma era evidente che Ryo non si arrabbiava per le stesse cose per cui si sarebbe arrabbiato lui. Chi li capiva quei due matti era bravo. Akira sospirò, pensando che era meglio lasciar perdere quella coppia di svitati.

 
***
 
Le ragazze si erano sedute intorno a Alice che, calmato il pianto, aveva spiegato con calma cos’era accaduto: di come Kusonagi-senpai le avesse strappato via Ryo da sotto il naso a lezione, portandoselo a braccetto verso quegli stupidi pesci, di come lei se l’era ripreso portandolo via alla velocità della luce, e di come qualche ora dopo Hayama l’aveva sgridata, rimproverandole di pensare più ai propri egoistici capricci che al bene di Kurokiba. Così si era sentita in colpa, aveva sgrafignato la canna da pesca di Ryo e se l’era portata dietro di nascosto con la speranza di pescare qualcuno di quegli introvabili pesci per fare ammenda. Dopo la spiegazione illuminante di Megumi, finalmente aveva capito perché non avesse trovato mezza carpa Waka in nessun mercato del pesce che aveva visitato i giorni prima.
“Però sono sicura che spieghi le tue intenzioni a Kurokiba, lui apprezzerà comunque moltissimo il gesto!” sorrise Tadokoro, stringendo una spalla a Alice.
In quel momento, un tuono rimbombò in lontananza, facendo sobbalzare le ragazze.
“Oh no... che guaio...” si lamentò Ikumi.
“Un campeggio bagnato... che meraviglia. Ma chi cavolo le ha guardate le previsioni del tempo?!” si lamentò Yuuki.
“Magari è un temporale estivo passeggero... ci conviene comunque correre verso l’accampamento!” suggerì Ryoko.
Le ragazze si diressero con passo svelto verso il sentiero, quando all’improvviso Alice si bloccò.
“Oh no!” sussultò “La canna di Ryo! L’ho lasciata sulla riva del fiume... faccio un salto a recuperarla! Voi andate pure avanti! Vi raggiungo subito!” urlò Alice, correndo velocemente verso il torrente.
“Sì, ma sbrigati! Ti aspettiamo qui!” rispose Ikumi, mentre la ragazza dai capelli chiari si allontanava lungo il breve percorso.

 
***
 
Per tutto il tragitto dal torrente all’accampamento, Ryo non poteva negare di aver pensato a quello che Hayama gli aveva detto. La cosa che l’aveva turbato non era stata la possibilità mancata di cucinare, ma quello che aveva detto su di lei. Alice gelosa marcia? Perché avrebbe dovuto esserlo? Effettivamente quella tizia gli si era avvinghiata al braccio all’improvviso. Forse era stato quello a darle fastidio? Certo che la sua signorina era proprio strana.
Non appena giunsero alle tende, l’attenzione di Ryo venne immediatamente catturata dalle urla concitate di Erina. La ragazza era pallida e sbraitava contro le altre ragazze del dormitorio.
“Yo Nakiri, che succede, cos’è tutta questa agitazione?” li interruppe Soma, cercando di spezzare la tensione.
“Alice è scomparsa nel bosco!” urlò Erina, con voce tremante, afferrando Soma per il braccio.
Megumi gli si avvicinò con occhi lucidi. “Era andata a recuperare una canna da pesca lungo il torrente, ci eravamo appena incamminate. Visto che non tornava, siamo andate a cercarla, ma di lei non c’era traccia. Eppure è strano, il sentiero era solo uno. Siamo andate anche un po’ più in là lungo il sentiero, pensando che avesse sbagliato direzione, ma di lei non c’era traccia...” spiegò con voce spezzata.
Ryo rimase fermo a fissarle, con braccia conserte e sguardo vacuo. Che cosa stavano dicendo?
...
...
Che cosa cazzo stavano dicendo?
In men che non si dica, la bandana con le fiamme era finita sulla fronte di Ryo e una tenda era volata per aria.
“CHE CAZZO SIGNIFICA CHE ALICE È SPARITA?!?”
“C-calmati Kurokiba-kun!” balbettò Megumi spaventata.
“PERCHÈ NON SIETE ANDATE CON LEI?!” ringhiò Ryo contro Ikumi.
“PERCHÈ ERANO 300 METRI E NON PENSAVAMO CHE SI SAREBBE PERSA!” ringhiò la bionda, puntando improvvisamente un dito contro Hayama. “E CON LUI NON TI ARRABBI? SE LUI NON L’AVESSE SGRIDATA ALICE NON SI SAREBBE MESSA IN TESTA L’ASSURDA IDEA DI ANDARE A PESCARE DELLE CARPE WAKA A LUGLIO E NON SI SAREBBE PORTATA DIETRO QUELLA STUPIDA CANNA DA PESCA!”
Ryo si volse di scatto verso Hayama, avvolto nella sua nuvola di fuoco.
“HAYA--!” ma il ragazzo venne colpito al volto da qualcosa di solido che gli aveva lanciato il compagno.
“Smettila di fare scenate e portati dietro quell’impermeabile. Andiamo a cercare Alice insieme” disse, indicando anche Soma, già pronto con l’impermeabile addosso.
“Se avessi tenuto la bocca chiusa non dovrei cercarla da nessuna parte” sibilò Kurokiba, afferrando l’impermeabile con un gesto di rabbia.

 
***
 
Ryo correva come un dannato sotto la pioggia. La terra, inzuppata dall’incessante scrosciare dell’acqua, era diventata melmosa e pesante, e rallentava i suoi movimenti.
Avevano raggiunto il punto di partenza dove Alice era scomparsa e si erano divisi nel seguente modo: Soma l’avrebbe cercata nel tratto di bosco da lì all’accampamento, Hayama sarebbe corso su per il sentiero, mentre Kurokiba avrebbe seguito l’argine del fiume giù verso il lago.
Akira non avrebbe voluto dirlo ad alta voce, ma l’opzione più probabile era che Alice fosse scivolata giù per il torrente nell’afferrare la canna. Per quello si era proposto per setacciare il torrente, ma quando Ryo gli aveva prontamente risposto che l’avrebbe fatto lui, Hayama aveva compreso che anche l’amico l’aveva già capito. Ora pregava che Alice avesse solo un pessimo senso dell’orientamento e che si fosse persa lungo il sentiero.
 
Il torrente scavava un percorso tortuoso nella montagna: fortunatamente non era molto profondo, ma era terribilmente pieno di rocce. Il percorso intorno ad esso era costeggiato di alberi, per ciò Ryo doveva fare uno slalom continuo fra i tronchi per cercare di seguire il bordo del fiume, ma con la pioggia e la fanghiglia, l’impresa già difficile diventava ancora più complessa.
Infatti, mise inavvertitamente il piede su un ramo nascosto da fango e fronde e scivolò giù, lungo la parete del torrente, rischiando di cadere in acqua. Afferrò all’ultimo uno spuntone di roccia e si frenò a pochi centimetri dall’acqua. Qualcosa a pochi distanza da lui attirò la sua attenzione: era un segno leggero, appena visibile a causa della pioggia; ma quel colore rosso risaltava comunque sulla pietra chiara.
Ryo lasciò andare la presa e finì con le gambe nel torrente: il livello dell’acqua si era alzato da quando era a pesca, e ora gli arrivava alla vita. Camminò in mezzo alla fortissima corrente a fatica e giunse su quella pietra, balzandoci sopra. Toccò la traccia di sangue che stava svanendo piano piano, lavata via dalle gocce di pioggia. Doveva vagliare altre mille opzioni, lui lo sapeva;  ma in quel momento riusciva a pensare solo al peggio. Urlò il suo nome, urlò “ALICE!” non tutta la forza che aveva in corpo e tutto intorno a lui tacque. Per un attimo anche lo scroscio della pioggia sembrò affievolirsi, così come lo scorrere impetuoso del ruscello.
Poi un eco leggero, lontano, quasi immaginato.
Il ragazzo si voltò, saltò in acqua e cominciò a correre a valle. La forza della corrente lo spingeva in avanti, rischiando di farlo cadere, ma lui non vacillò. Saltava sulle rocce appena ne aveva occasione per poi ributtarsi in acqua quando non aveva più appigli.
Improvvisamente, una sbarra nera e lucente gli si piazzò davanti alla strada, incastrata da due rocce ai lati del letto del ruscello. La riconobbe subito, la sua canna da pesca nuova. La afferrò e si guardò intorno, finché non intravide una specie di spiaggetta incavata nella parete destra.
“ALICE?!” urlò nuovamente Ryo, per poi ricevere la tanta aspettata risposta.
“Ryo-kun!” piagnucolò Alice, apparendo magicamente sulla spiaggia, gattonando.
Era bagnata fradicia, il maglione e i pantaloncini erano sporchi di terra, così come le sue gambe. La gamba destra era genuflessa, mentre quella sinistra era dritta: un grosso taglio sanguinante faceva capolino sulla sua pelle pallida. I capelli bianchi erano madidi e gli occhi scarlatti erano ricolmi di lacrime e di paura.
Con uno scatto felino, Ryo saltò un gruppo di rocce che collegavano il torrente alla spiaggia e in un batter d’occhio le fu vicino.
“Stai bene, Alice?” le chiese, portandole d’istinto una mano dietro la nuca e poggiando la fronte contro la sua.
Non la chiamava per nomi da secoli. Non la toccava così da altrettanto tempo. Forse addirittura da quando erano bambini. Ma Ryo non ricordava di aver mai provato una paura così profonda in vita sua.
Lui era un duro. Era un uomo di mare, cresciuto in un porto pieno di loschi figuri, senza una famiglia, senza amici, con un pub malconcio per casa. Non aveva mai avuto nulla da perdere e se non hai niente da perdere, non conosci paure. Ora ne aveva avuta. E Alice gli appariva come il tesoro più prezioso che potesse aver trovato.
“Ryo-kun... ho avuto così tanta paura...” pianse lei disperata, ed era un pianto di puro terrore, non uno dei suoi soliti lamenti da capriccio.
Ryo si tolse la bandana dal polso, la immerse in acqua, la strizzò e la usò per pulire il ginocchio di Alice, dove faceva capolino la ferita profonda e sanguinante. Sciacquò nuovamente la stoffa e la legò stretta intorno alla ginocchio della ragazza.
“Non sarà la soluzione migliore del mondo, ma per ora dovremmo farcela bastare” commentò lui, fissando preoccupato la macchia di sangue che si stava comunque formando sulla stoffa.
“M-ma... la tua bandana...” singhiozzò Alice, ancora scioccata.
Non era padrona di se stessa. Avrebbe voluto tirar fuori il coraggio e la sua solita allegra spavalderia, ma era caduta in un gelido torrente di montagna, aveva rischiato di annegare un sacco di volte, si era tranciata via un pezzo di ginocchio da cui continuavano a sgorgare fiotti di sangue ed era riuscita ad uscirne per miracolo. Si chiedeva ormai se sarebbe morta di ipotermia, dissanguata o se sarebbe diventata la merenda di qualche orso. Quando aveva sentito Ryo urlare il suo nome, la sua già flebile forza era crollata come un castello di sabbia. Aveva iniziato a piangere, piangere e piangere. Quando lo aveva visto sbucare dalle rocce, aveva sentito il cuore esploderle in petto. Ora non riusciva a far altro che piangere, piangere e piangere.
“Chissenefrega della bandana” sibilò Ryo, che si tolse l’impermeabile per metterlo addosso ad Alice. Lei mugugnò scossa, ma non disse nulla.
Ryo sospirò guardandosi attorno. La pioggia stava iniziando a bagnare anche lui, nonostante fosse già fradicio dalla vita in giù.
“Ryo-kun...” sussurrò Alice con voce rotta. “Laggiù c’è una scaletta per risalire dalla spiaggia. Stavo provando a salirci quando ti ho sentito. Ma è molto ripida e non riuscivo a salire” indicò poi un punto lungo la parete di roccia.
“D’accordo. Riesci a saltare in spalletta?” le chiese il ragazzo, inginocchiandosi di spalle di fronte a lei.
Alice annuì e si appoggiò goffamente sulla schiena del suo assistente, che la tirò su senza fatica. Le afferrò con delicatezza il ginocchio ferito, attento a non farle troppo male. “Reggiti forte” le ordinò poi, mentre si inerpicavano su per la ripida scaletta.
Alice non proferì parola. Strinse le sue esili braccia intorno alle forti spalle di Ryo, appoggiando la testa contro la sua nuca. Sentiva che senza l’impermeabile, i capelli corvini stavano iniziando ad inumidirsi; sentiva anche – nonostante la pioggia e il forte odore di bosco bagnato nell’aria – il profumo della pelle di Ryo, che era così vicina a lei. Era un profumo rassicurante. Sapeva di casa, sapeva di sicuro.

 
***
 
Alice doveva essersi addormentata, perché non ricordava come fosse finita lì. Appena i suoi occhi scarlatti si aprirono, vide di fronte a sé la pioggia che scrosciava violenta, ma che non la colpiva. Aveva comunque freddo, un freddo che le entrava nelle ossa. Aveva ancora addosso gli indumenti zuppi di acqua di fiume, nonostante ora fosse coperta dalla felpa gialla di Ryo a mo’ di coperta. Si sollevò, rendendosi conto di essere sdraiata su una grezza panca di legno, affiancata da un grosso tavolo, il tutto coperto da una piccola tettoia. Ryo sedeva dall’altro lato del tavolo, su una panca parallela a quella su cui lei era sdraiata, a petto nudo. Aveva appena abbassato il cellulare.
“Ryo-kun...” sussurrò Alice, richiamando l’attenzione del ragazzo.
“Ah, ti sei svegliata Signorina” le rispose Ryo con la solita ritrovata pacatezza “togliti il maglioncino bagnato e mettiti la mia felpa. È un po’ umida, ma è sempre meglio di quello straccio zuppo”.
“M-ma non posso spogliarmi qui in mezzo alla foresta!” borbottò Alice, arrossendo.
“Sono sicuro che gli scoiattoli non si sconvolgeranno nel vederti. Su coraggio, ci manca solo che tu ti prenda un raffreddore... sempre che tu non l’abbia già preso, visto il bel bagno che ti sei fatta.” Sospirò il ragazzo, col suo solito tono di voce rassegnato.
“T-tu però stai girato!” gli ordinò Alice, mentre iniziava a togliersi il maglioncino.
“Mh, mh” consentì Ryo, che fissava lo schermo del cellulare per poi accorgersi che rifletteva tutto quello che accadeva alle sue spalle. Avrebbe dovuto scostare lo sguardo, ma era una visione magnetica. Uno dei pochi rari privilegi che di tanto in tanto aveva nello stare sempre così a stretto contatto con lei. E quel reggiseno nero era decisamente troppo sexy per una gita in montagna.
“Ho fatto” asserì Alice, arrossendo. Quella felpa era gigante, avrebbe potuto accovacciarsi dentro e nascondersi. Ed era calda e profumava di Ryo. “Sono sicura che è tutta sudata” si lamentò poi, per dissimulare l’imbarazzo.
“Sono sicuro che la prossima volta prima di fare una cosa così stupida ci penserai due volte” affermò Ryo con voce roca.
Alice gonfiò le guance, offesa. “L’ho fatto solo per farmi perdonare da Ryo-kun”.
“Come se mi fossi mai arrabbiato...”
“Ma Hayama-kun...”
“Hayama” replicò Ryo, alzando di una nota il tono di voce. Era strano sentirlo arrabbiato senza la sua solita bandana in testa “doveva solo starsene zitto. Appena torno lo gonfio”.
“Però... ho pensato che potesse aver ragione... sono stata egoista e ti ho portato via da Kusonagi-senpai, che magari poteva offrirti una bella occasione per cucinare... a volte mi viene il dubbio di essere solo un peso per te. Forse, senza di me, occuperesti già il primo seggio.”
Ryo la fissava senza parole. Chi era quella ragazza che sedeva dall’altro lato del tavolo? Lui sapeva fin troppo bene che, sotto a tutte quelle arie che si dava, Alice era una ragazza altruista e che si preoccupava per il bene altrui. L’aveva dimostrato sia con lui che con Erina, che erano basicamente due casi umani. Alice poteva apparire una tipa strana e viziata – del resto, era quello che aveva pensato di lei non appena si erano conosciuti – ma la verità era che era la sua armatura per proteggere un cuore grande, dolce e buono. E Ryo lo sapeva e si era erto a suo cavaliere dalla scintillante armatura proprio per riuscire a proteggerla da tutto e da tutti. Ma lei era nel suo mondo e lui nel suo. Il mondo di Alice era il Paese della Meraviglie: ricco di persone e personaggi, tutti pronti a intrattenerla a modo loro. Il suo mondo, invece, il mondo di Ryo, era solo Alice. E lui non se ne stancava mai. Di sfidarla, di accudirla, di bisticciarci, di farsi comandare, di riderci assieme, di incoraggiarsi, di vivere insieme. Lui aveva capito fin troppo bene il pensiero di Hayama: quello pensava che vivere una vita solo per Alice lo limitasse; invece era tutto il contrario. Lui viveva per lei e cucinava per lei. Senza le loro continue sfide, senza il suo sguardo attento che lo seguiva da lontano, cucinare avrebbe perso senso. La lotta per migliorarsi continuamente e diventare il migliore non avrebbe avuto lo stesso sapore senza le lamentele di Alice. Un mondo senza Alice era la cosa che più lo terrorizzava.
“Non sarai mai un peso per me, Signorina” rispose Ryo, dopo essersi perso nei suoi pensieri per qualche minuto. “Non pensare mai più una cosa del genere”.
“Ma... e per la carpa Waka... magari possiamo chiedere a Kusonagi-senpai di...”
“Lascia stare. Non mi interessa. Se cucinare un pesce deve farti arrabbiare, non ha senso farlo.” Ribatté con tono secco e perentorio: non si ammettevano più repliche.
“E va bene, è l’ultima volta che mi preoccupo per te!” borbottò Alice, gonfiando nuovamente le guance. Fissava Ryo dall’altro lato del tavolo, mentre lui, a petto nudo, le dava le spalle e fissava il cellulare.
“Senti,  Ryo-kun... hai avvertito gli altri?”
“Sì... appena la pioggia si placherà un po’ verranno a prenderci. Piuttosto, come va la tua ferita?” le chiese, alzandosi e raggiungendola sull’altra panca. Le sollevò il ginocchio, fissando la bandana ormai completamente impregnata di sangue.
“...morirò?” chiese lei, fissando sconvolta il pezzo di stoffa rosso.
“Non penso proprio...” sbuffò Ryo, cercando di dissimulare la preoccupazione. Effettivamente aveva perso molto sangue. Si limitò a stringere ulteriormente la bandana, per limitare l’afflusso del sangue.
“Mi fai male!” brontolò Alice, tirandogli delle lievi pacche sulla spalla, che smisero quasi subito. “Sei gelato...” sussurrò lei, aprendo il palmo della mano e appoggiandolo sul petto nudo del ragazzo.
“Un po’ di frescura montana fa bene alla mente e allo spirito” ribatté lui, avvertendo una serie di brividi partire proprio dal punto in cui la mano tiepida di Alice si era appoggiata sul suo addome.
Alice rimase in silenzio per qualche minuto, pensierosa.
“Abbracciamoci!” disse poi all’improvviso, saltando in braccio a Ryo senza alcun preavviso. Il ragazzo rimase pietrificato, fissando il volto della ragazza che ora si trovava pochi centimetri dal suo.
“Cosa diav—“
“Se ci abbracciamo, possiamo tenerci caldo a vicenda!”
“Ho capito, ma...”
“Dai, non fare il rompiscatole!” rimbrottò lei, avvinghiando le sue braccia attorno al collo di Ryo che, dopo aver emesso un lievo sospiro, l’abbracciò di rimando.
“Secondo me hai battuto anche la testa nel fiume, Signorina. Sei strana.” Disse lui, cercando di nascondere il piacere che provava nel tenere il corpo sinuoso di Alice tra le sue braccia – anche se la sua enorme felpa si stava rivelando un odioso ostacolo tra di loro.
Alice non rispose e Ryo non sapeva che espressione avesse stampata sul volto. Sentiva solo il suo respiro solleticargli l’orecchio e la pressione della sua testolina sulla spalla sinistra. Improvvisamente, la sentì sospirare e stringere lievemente la presa sulla sua schiena.
“Che cosa c’è, Signorina?” le chiese lui, percependo l’inquietudine nei sospiri di Alice. La conosceva come le sue tasche, ormai.
“Mh... Ryo-kun...” cominciò lei mugugnando, come quando faceva i capricci di solito “...ma a te piace Kusonagi-senpai?”
Il ragazzo portò istintivamente gli occhi al cielo.
“Non ricordo nemmeno che faccia abbia, Kusonagi-senpai” replicò lui placidamente, lasciandosi scappare un sospiro. Eccola che ricominciava. Era la solita tiritera che tirava fuori ogni qualvolta veniva sconfitta da qualcuno – probabilmente si era sentita ferita in qualche modo dalla situazione che si era creata con la senpai. Tutto per colpa di una stupida carpa.
“Sei sicuro?”
“Sicuro”. Era certo che Alice avesse la guance gonfie e un’espressione contrariata sul volto, in quel momento, anche se non poteva vederlo. Lo capiva dalla sua voce.
Passarono altri minuti di silenzio, ma Kurokiba era sicuro che la sua signorina stesse soltanto rimuginando sulla prossima domanda da fare. Era una tipetta sicura di sé, ma quando veniva ferita nell’orgoglio a volte doveva passare quella fase di “accettazione della sconfitta” che poteva durare dalle due alle cinque domande.
“Ryo-kun...”
Eccola. “Dimmi, Signorina...”
“...hai mai baciato una ragazza?”
...
Il sangue gli si congelò nelle vene. Non si sarebbe mai aspettato una domanda del genere.
Cosa poteva dirle adesso?
“Che razza di domanda è...” Ryo cercò di fingere – malissimo – una risatina divertita, che risuonò più come un gesto di nervosismo – e lo era, in effetti.
“Perché non mi rispondi?” sbottò Alice, tirandosi indietro e fissando Ryo negli occhi, le guance gonfie e gli occhi lucidi, carichi di una rabbia pronta ad esplodere. Le braccia riposavano ancora intorno al collo del ragazzo, portando i loro visi a essere estremamenti vicini.
Da quel che poteva vedere, Alice non era disposta ad accettare una risposta positiva. Sembrava sul punto di esplodere. D’altronde, non aveva nemmeno voglia di raccontarle una bugia; ma rivelargli di quella sbronza che si era preso una notte di qualche anno prima, mentre erano tornati in Danimarca per l’estate, dopo una brutta litigata che avevano fatto, e di quella ragazza che le somigliava così tanto che aveva incontrato in un pub e con cui non ricordava bene fin dove si fosse spinto, non gli sembrava una grande idea. Sicuramente l’aveva baciata, quello sì. Sicuramente c’era stato molto altro. E quasi sicuramente l’aveva chiamata Alice più di una volta. In realtà, non era un ricordo di cui andava particolarmente fiero.
Era la prima volta che Alice gli rivolgeva una domanda tanto diretta e personale, ed era stato preso decisamente in contropiede.
“Devi anche pensarci?!” ringhiò Alice, con voce rotta dalla rabbia.
“La verità è che...” sospirò Ryo “...riesco a pensare solo a te” disse lui, pensando di aver evitato a dovere la domanda. Del resto, era la pura verità: non aveva negato la domanda di Alice e aveva anche detto la verità. Lei era la sua signorina e non aveva tempo per dedicarsi ad altre ragazze. Ma forse, fissando il rossore che si stava irradiando sulla guance di Alice, aveva esposto la frase in modo più esplicito di quanto non intendesse. “Cioè... nel senso che... sono troppo occupato a pensare a te... cioè... a prendermi cura di te. In quel senso.” Cercò di correggersi lui, tradendo un velo di agitazione. Cosa diavolo stava combinando?!
“Sei un cretino!” ringhiò lei, iniziando a prenderlo a pugni sul petto.
Lui sospirò. Pericolo scampato.
“Perché ti arrabbi tanto, signorina...” sospirò lui, afferrandole delicatamente i polsi per farla smettere.
“Perché... perché io...” iniziò lei, scoppiando a singhiozzare all’improvviso “...non voglio assolutamente che tu baci o abbracci altre ragazze!”
Cosa le era preso all’improvviso? Allora aveva ragione Hayama a dire che Alice era gelosa di lui? Il pensiero non poté che compiacerlo.
“Va bene, Signorina, basta che ti calmi adesso...” sospirò lui, esasperato. Quella situazione stava diventando sempre più assurda.
“E tu puoi chiedermi lo stesso. Chiedimelo!” ordinò Alice, con gli occhi gonfi di lacrime.
Ryo la fissò perplesso, senza parole. Non capiva se quella crisi isterica di pianto misto a capricci di Alice fosse dovuta allo shock della caduta nel fiume, alla rabbia per il casino nato dalla carpa, o se avesse solo deciso di impazzire in modo del tutto casuale. Con lei, tutto era possibile.
“Alice, non posso chiederti una cosa del genere!” ribatté lui, tradendo una nota di stanchezza “Voglio solo che tu sia felice, e non credo che io possa rendert—“
“Alice può essere felice solo finché sta con Ryo-kun!” urlò lei, tirandogli un pugno sul petto “Perciò non voglio che Ryo-kun veda nessun’altra ragazza! Così posso stare sempre con te... anche quando la scuola finirà... e non avrai più motivo di farmi da assistente... e di stare con me...” riprese a singhiozzare “...io voglio che Ryo-kun stia sempre, sempre, con me... e non con un’altra che sa pescare le carpe... o che sappia baciare bene...”
“Alice, calmati... io starò con te finché lo vorrai” le disse Ryo, appoggiandole una mano sulla testa e la fronte contro la sua “ora però smettila di piangere”.
Alice strinse gli occhi cercando di arrestare il pianto. Il volto del suo assistente era così vicino al suo, il suo fiato caldo le accarezzava le labbra ad ogni parola che pronunciava. Le sue parole erano così rassicuranti. Che cosa provasse per Ryo, non riusciva a capirlo. Il loro era un rapporto troppo strano, troppo profondo per riuscire a classificarlo in base alle conoscenze sentimentali che aveva acquisito guardando film romantici. Ma di una cosa era certa: non aveva assolutamente intenzione di farselo portare via da quella stupida pescivendola mangiauomini. Presa dall’istinto, Alice avvicinò le labbra al volto di Ryo, pronta a dargli un bacio sulla guancia; ciò che non si aspettava era che il ragazzo spostasse la mano dietro alla sua nuca, spingendo la testa della ragazza verso la sua bocca. Le loro labbra calde si toccarono all’improvviso, in un contatto che nessuno dei due aveva programmato. Ryo non sapeva spiegare perché l’avesse fatto;  non appena aveva visto il volto di Alice avvicinarsi, la sua ragione si era annebbiata e l’istinto aveva preso il sopravvento sul suo corpo. Con un barlume di lucidità, il ragazzo allontanò le labbra da quelle di lei, ma subito Alice le raggiunse di nuovo, ricongiungendo il bacio spezzato. A quel punto, Ryo capì che non c’era motivo di trattenersi. Lasciò scivolare le mani sui fianchi di Alice, stringendola a sé quanto più poteva, deciso ad approfondire quel contatto; come risposta, avvertì le braccia della ragazza stringersi di più intorno al suo collo. Le labbra di Ryo si schiusero per cercare la lingua di Alice e non appena si toccarono, la ragazza avvertì una fiamma avvampare dentro di sè: la sensazione della lingua del ragazzo che accarezzava la sua le stava mandando il cervello in tilt, vittima di un sovraccarico di informazioni e sensazioni mai provate prima di allora.  
Fu proprio in quel momento che alcune urla, vicinissime, interruppero i loro pensieri, facendoli dapprima sussultare e poi allontanare con un balzo felino.
Alice si portò entrambe le mani sulla bocca, il volto in fiamme, mentre Ryo si grattò la testa, imbarazzato. In quel momento, Hayama, Soma, Erina, Hisako e due soccorritori apparvero dal boschetto. Nel mentre, la pioggia si era tramutata in una leggera pioggerella.
“Hey ragazzi! State bene?!” esordì Hayama, raggiungendoli preoccupato.
“Un giorno ti ucciderò, imbecille” sibilò Ryo, alzandosi dalla panchina e tirandogli uno spintone, per poi allontanarsi verso i soccorritori.
“Ma cos... Nakiri, tu stai bene?”le chiese il ragazzo dai capelli argentati, perplesso dalla reazione dell’amico.
“C..COSA ASPETTAVATE AD ARRIVARE?! EH? IO STO PER MORIRE DISSANGUATA!!!” urlò lei, sfogando tutta la tensione del momento contro Hayama ed Erina, che divennero le vittime dei suoi piagnistei per le seguenti 3 ore.

 
***
 
Quella sera, un Hayama distrutto raggiunse Ryo e Soma che discutevano di cucina francese intorno ad un falò acceso di fronte all’hotel presso il quale alloggiavano. A causa dell’incidente di Alice, la serata in campeggio era finita prima del previsto ed erano rientrati tutti in albergo.
La ragazza era stata portata all’ospedale, dove il taglio era stato disinfettato e ricucito con due punti. Da allora aveva fatto la principessa rompiscatole all’ennesima potenza, esaurendo Erina, Hisako, Megumi e Akira che, vittima dei sensi di colpa, cercava di fare ammenda come poteva. Visto il viavai di gente e dato che la sua presenza sembrava innervosirla ulteriormente, Ryo decise di rimanere in disparte e di lasciare agli altri l’incombenza di servire la sua principessa.
“Tu... Kurokiba...” sospirò Hayama, lasciandosi scivolare a fianco del ragazzo “Sei un santo. Non so come fai a sopportare Nakiri”.
“Oh, non è sempre così. Oggi era particolarmente nervosa” spiegò Ryo, scrutandolo di sottecchi.
“Mi spiace per il casino che ho causato” asserì Akira, con tono onestamente dispiaciuto.
“Tutto ok”.
In quel momento, si udì l’ennesimo piagnesteo di Alice provenire dall’hotel.
“Come diavolo hai fatto a sopportarla tutte quelle ore nel bosco?” borbottò Hayama, esausto.
“Le ho tenuto la bocca chiusa”.
“Davvero? Come hai fatto?” ridacchiò Soma.
“L’ho baciata”.
“...COSA?!”

 
The End.
 
 
Ah. Erano secoli che non scrivevo qualcosa.E Ryo e Alice sono una boccata d’aria fresca nella penuria di ship che mi circonda ultimamente. Sono splendidi <3
Mi ero parecchio arrenata sul finale, avevo paura di finire un sacco OOC nella scena del bacio, ma alla fine sembra se la siano risolta da soli. Che dire? A parte che le carpe Waka non esistono – non cercatele su Wikipedia – e nemmeno Kusonagi – la rompipalle di turno ci sta sempre.
Ah sì, ovviamente il titolo è deliberatamente ispirato alla saga di Alice nel Paese delle Meraviglie. Detto ciò, commentate se vi va <3

 
  
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