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Autore: Anmo    09/08/2018    0 recensioni
Stephanie e Francois, due amici cresciuti insieme fin da neonati, passano gran parte della loro infanzia e adolescenza rinchiusi tra le mura domestiche e lontano dal mondo dopo esser stati vittima di un'aggressione all'età di 4 anni. Furono salvati da una signora misteriosa scomparsa subito dopo, da allora sognano di ritrovarla per poterla ringraziare. I due bambini non trovano altra soluzione che tornare indietro nel tempo.
Genere: Avventura, Mistero, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si conoscevano fin da neonati, i loro genitori si erano incontrati nella sala d’aspetto della ginecologa. Lei era appena nata, lui dentro il pancione che scalciava ogni due per tre. Avevano passato i loro primi istanti di vita insieme, chi non li conosceva avrebbe scommesso che fossero fratelli, ma erano solo due bambini incrociati nel tempo, ingrovigliati come un nodo troppo stretto, come se il tempo stesso avesse voluto giocare con le loro vite.
Erano solo due bambini e quando tutto cominciò a cambiare avevano ambedue 4 anni, si differenziavano di 7 mesi e un giorno. Erano là che giocavano tranquilli in quel parco pieno di prati e fiori meravigliosi e profumati. Nessuno dava retta a loro, i loro genitori erano impegnati a svolgere le solite faccende domestiche o a lavorare, a Sarettima non c’erano pericoli e i genitori di tutti i pargoli non dovevano preoccuparsi più di tanto. Era il classico paesello abitato da alcune centinaia di anime, la maggior parte ormai anziani, il restante era formato da famiglie benestanti e oneste, i giovani raramente decidevano di rimanere, molti si trasferivano oppure prendevano giornalmente il traghetto per raggiungere il posto di lavoro sulla terra ferma. Era una vita sacrificata quella dei pendolari dato che la tratta durante le belle giornate durava quasi un’ora.
Eh si, Sarettima oltre ad essere un piccolo paesello era anche una piccola isola, un luogo perfetto per chi voleva allontanarsi dalle grandi città e dal caos di tutti i giorni. Nonostante questo punto a favore, Sarettima non era riuscita a trasformarsi in una località turistica. Le coste erano ricchissime di Posidonia e il continuo arenarsi di quell’alga sulle coste rendeva l’aria poco deliziosa e il mare poco gradevole ai bianchi turisti da piscina. Il mare è l’elemento principale in una località balneare, aggiungiamoci l’assenza di luoghi di divertimento o culturale e veniamo a scoprire perché Sarettima non era riuscita a decollare nel mondo del turismo. Però c’erano anche dei vantaggi in tutto questo, vantaggi che assecondavano di più le esigenze dei genitori. Si conoscevano tutti in quel paesello, raramente arrivavano estranei e quando succedeva avevano continuamente gli occhi addosso degli anziani che confabulavano tra loro sparlando alle loro spalle. Alcuni arrivavano ad aprire vere e proprie scommesse sugli stranieri:
                -Quel tipo tatuato non ha un viso di cui fidarsi, se ruba dalla bancarella di Ernesta, mi dovete un caffè!
                -Quella ragazza è sicuramente del nord, mandiamoci Franceschino, ad un bimbetto di 5 anni gli dirà sicuramente da dove viene!
                -Quella coppia è venuta sicuramente per farsi un bagno al mare, quanto scommettiamo che domani avranno di già le valigie pronte in mano per andar via?
I bar, le viuzze, le verande… erano sempre occupate da pensionati più o meno anziani che si godevano l’aria fresca e salmastra del paese, sparlando e scommettendo sui forestieri. Era il loro modo per dialogare evitando di parlare dell’ultima vecchia morta per un ictus o del vicino di casa che era inciampato sulle scale perché aveva deciso di non prendere l’ascensore, rompendosi il femore. Si, era più salutare “cuttigghiare” sui forestieri.
Il parco era visitato raramente dagli anziani, vi passeggiavano di più le vecchiette affascinate dai colori dei fiori sbocciati o dal loro odore. Portavano il loro naso a pochi centimetri dalla corolla per poi inspirarne un po’ il loro odore. Non strappavano mai i fiori, era una tradizione quasi religiosa dei Sarettesi, preferivano rispettare la natura godendosela senza deturparla. Spesso passava da lì un anziano in compagnia di una grossa tartaruga acquatica che teneva sotto braccio. Passeggiavano entrambi fino alla fontana dei cigni in pietra per poi soffermarsi lì per tutto il tempo che la tartaruga richiedeva. L’anziano la lasciava nuotare tranquillamente fino a quando la tartaruga non tornava da lui, guardandolo fisso negli occhi. Sembrava dirgli “mi sono scocciata, torniamo a casa?”.
In quel giorno non passarono vecchiette ad odorare le corolle dei fiori o l’anziano con la tartaruga, tutti i bambini erano andati ad un piccolo evento organizzato dagli scout della terra ferma, tutti tranne due. Stephanie e Francois, i due fratelli di giochi, erano soli quel giorno. Erano intenti a giocare con la terra creando polpettine di fango da servire su delle pietre tonde e piatte. Corsero per poi provare ad acchiapparsi a vicenda, superarono il laghetto dei cigni in pietra per poi tornare indietro e all’improvviso il gioco cambiò, cominciando a dare la caccia alle rane che abitavano in quelle acque. Non appena le acchiappavano, quelle pesti scivolavano via dalle loro mani come saponette bagnate. Al primo brontolio di stomaco, si allontanavano un attimo dal parco attraversando la strada desolata. Quasi nessuno possedeva un’automobile, non ve ne era necessità in una piccola isola come quella. Forse qualche motorino, ma tutti si muovevano a piedi, con la bici o con la navetta che faceva le proprie fermate in tutta l’isola. No, non conveniva tenere un’auto.
Di fronte al parco c’era una piccola gelateria aperta tutto l’anno, vendevano il più buon gelato artigianale dell’isola, o almeno così dicevano. Non l’ho mai provato ma essendo l’unica gelateria, doveva essere sicuramente la migliore. Tenevano ben 25 gusti diversi in estate e solo una decina in inverno. Gli inverni sono miserabili per chi vive di gelato, ma se si è a Sarettima, un gelato a settimana lo si va a mangiare di sicuro o i Sarettesi non avrebbero più chiuso occhio per via degli incubi che sarebbero sopraggiunti se quella gelateria gestita dal nipote del prozio della suocera sarebbe andata in malore. Nessuno di loro doveva mantenersi un’automobile, un gelato a settimana non avrebbe intaccato minimamente sui loro stipendi (o pensioni).
Dopo aver lasciato le proprie monetine sul bancone, Stephanie e Francois corsero via con i coni in mano. Lui banana e fragola, lei cioccolato e cocco. Era riuscita a beccarsi il cono rosa Stephanie, era il giorno più bello della sua vita pensò, raramente riusciva a convincere Josè il gelataio a darle il cono colorato allo stesso prezzo di quello normale. Si sedettero sul solito muretto mezzo diroccato, da lì si godevano la loro merenda ghiacciata e tra una leccata e l’altra osservavano il via vai tra i negozi. C’erano molti stranieri quel giorno, e con molti si intende una trentina ovviamente. Quella maggiore affluenza era data sicuramente dal piccolo evento organizzato dal gruppo scout. Stephanie era sempre attratta dai clienti che entravano nel suo negozio preferito: Fuson e Foulard. Amava toccare i tessuti e i colori dei foulard, fin da piccolissima era stata abituata a tenerne sempre uno al collo, teneva una piccola collezione nel cassetto della sua cameretta. Notò una giovane forestiera entrare ed uscire con un sacchetto stracolmo di foulard. Giornata fortunata anche per il negozio a quanto pare.
Stephanie allungò le mani nella borsetta tirando fuori il suo foulard preferito regalatole dal padre. Lo aveva messo da parte poco prima di cominciare a giocare per evitare di sporcarlo. Cominciò a sbatterlo come si fa con una tovaglia piena di briciole per poi correre e farlo svolazzare come un aquilone. Francois cominciò a ficcarsi velocemente il resto del cono in bocca, aveva finito di mangiare solo la crema e gli restava l’intera cialda, era sempre troppo lento a mangiare. Inghiottì quasi per intero enormi pezzi di cialda per poi sentirseli incastrare nell’esofago. In poco tempo ricominciarono a correre e a giocare per strada, per poi rinfilarsi nel parco. Lei era più grande di ben 7 mesi, ne era cosciente e si sentiva in dovere di proteggere il suo compagno di giochi. Nessuno le aveva mai detto che rientrava nel gentil sesso, che essere femmina significava essere più debole, non aveva mai sentito dire da alcun anziano che l’uomo era quello che doveva proteggere, predominare, comandare. A Sarettima non esisteva quel tipo di mentalità tipica della terra ferma. Lei era più grande e perciò doveva prendersi cura di chi era più piccolo di lei. Francois aveva paura dei ragni e quando se ne ritrovava uno davanti, chiedeva aiuto a Stephanie che gli veniva subito in soccorso. Da brava cavaliera, lo liberava dalla stretta del drago.
Ma quel giorno incombé un nemico peggiore di un enorme drago sputa fuoco, una mano sbucò dall’ombra afferrando il braccino di Stephanie. La tirò a sé sollevandola da terra come fosse piuma, tappandole velocemente la bocca con del nastro adesivo per poi portarle alla gola un piccolo coltellino ben affilato.
La povera piccola per la paura cominciò a lacrimare mentre il piccolo Francois si fece coraggio lanciandosi su quell’uomo. Ma lui era solo un bambino di 4 anni e per quanto coraggio potesse avere, i suoi pugni erano troppo deboli per fermare l’aggressore. Cominciò a gridare aiuto ma l’uomo lo zittì con un calcio, facendolo volare in avanti. Si rialzò dolorante, pieno di fango e lacrime e moccio per tutto il viso ma la rabbia lo costrinse a lottare nuovamente contro l’aggressore, ottenendo un altro calcio più doloroso del primo. Si rialzò ancora più malconcio e capendo che con quei piccoli pugnetti non avrebbe risolto nulla, cominciò a lanciare sassi. La poverina, guardava il suo inutile atto di coraggio. Non si sentiva più l’eroina che doveva proteggere il suo amichetto, ma la principessa che stava per essere salvata dal suo principe.
Dalla stessa penombra da cui era arrivato l’essere cattivo, ne arrivò un’altra buona che sferrò un sinistro pauroso sulla faccia dell’aggressore. Quest’ultimo lasciò la presa facendo cadere Stephanie per terra. La bimba raggiunse velocemente il suo piccolo principe ferito e da lì, sul prato verde smeraldo illuminato dal sole osservarono la dura lotta tra le due ombre che litigavano come due cani inferociti.
Il coltello tagliò l’aria, si agitava agile e fulmineo come un serpente, per poi mordere penetrando a fondo la carne viva. Un’ombra rallentò per un attimo per poi riprendere a lottare con ferocia, stendendo l’altro a terra con un’ulteriore sinistro in pieno viso. I bambini incuriositi si avvicinarono velocemente, cercando di intravedere il volto dell’ombra che li aveva salvati. Non percorsero troppi passi per capire di trovarsi davanti ad una giovane donna. Aveva lunghi capelli riccioluti e castani che gli arrivavano ben sotto le spalle. Sentivano il suo respiro affannato, gemiti di dolore provenivano dalla sua bocca digrignata. La videro allontanarsi sofferente con passo sempre più debole mentre l’erba smeraldata si tingeva sempre più di rosso.
Un suono acuto e allarmante si dirigeva a forte velocità verso la loro direzione, fino ad allora avevano sentito il suono di una sirena solo nei film. Una piccola e vecchia auto della polizia arrivò a sirene spiegate fermandosi nel bel mezzo del prato. Una chiamata anonima li aveva fatti accorrere, i due poliziotti erano al settimo cielo: non gli capitava un caso del genere dai tempi della scuola di polizia. La loro euforia si placò solo quando videro i due bambini malconci accanto a quello strano individuo svenuto e tutto quel sangue. Solo in quel momento si resero conto di non saper che fare, da anni per non dire decenni, si erano occupati di soli casi che riguardassero la fuga del cane del vicino o le liti con la nonna del macellaio.
Uno si fiondò ad ammanettare l’uomo privo di sensi, mentre l’altro cercò di riacquistare la calma per poter parlare e tranquillizzare i bambini
                –Quell’uomo! Quell’uomo ci voleva fare male! Ha preso il coltello e voleva tagliare la testa a Stephanie!
                - Si! È vero! È vero! Mi voleva tagliare la testa!
                –Bambini, voi state bene? Siete feriti? Di chi è questo sangue!
Cominciarono ad agitare le mani, a parlare di quella donna che li aveva salvati, scappata dopo solo averli guardati. L’uomo cominciò a rinsavire riuscendo persino a mettersi sulle proprie gambe ed entrare nel sedile posteriore dell’auto. Proprio in quel momento un grido squarciò l’aria calma di Sarettima, un grido di dolore, disperazione, proveniente dal boschetto di lecci e ulivi. Uno dei due poliziotti lasciò i bambini nelle mani del collega correndo in direzione di quella voce. Notò le chiazze di sangue che andavano sempre più a ingrandirsi e concentrarsi, sembravano direzionarsi proprio verso la fonte dell’urlo. Le tracce si fermarono in un’enorme chiazza di sangue, ma non vi era nessuno lì accanto, né vivo e né morto. Con la coda dell’occhio intravide una forte fonte di luce provenire da dietro un grosso ulivo centenario, una luce artificiale e potente che svanì dopo alcuni secondi. Ricominciò a correre, raggiunse l’enorme tronco per poi girare attorno alla sua circonferenza. Trovò scarse gocce di sangue qua e là, ma nessun’altra presenza, né a terra e né sui rami. Non avendo altre piste da seguire tornò ad informare il collega.
                -Trovato qualcosa?
                -No… ma tutto questo è veramente strano. Ho provato a raggiungere la fonte delle grida e mi son ritrovato nella stessa scia del sangue. È successa pure una cosa strana all’ulivo secolare… come una strana luce.
                -Prevedo una lunga giornata… dovremo scrivere un rapporto dettagliato, fare foto, chiamare la scientifica…
                -E cercare un morto. Una cosa è sicura: chiunque abbia perso tutto quel sangue, ne è sommerso fino al collo.
 
   
 
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