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Autore: channy_the_loner    09/08/2018    3 recensioni
Ogni storia d’Amore degna di essere raccontata comincia con il fiabesco C’era una volta.
Ma se vi parlassi di vampiri, spiriti, guerra, salvezza, maledizioni, sacrifici, tentazioni e paura, l’Amore sarebbe ancora così puro?
Loro non sono affatto innocenti fanciulle in attesa del principe azzurro; una giovane giornalista, una sorella protettiva, un’atleta ottimista, una superstiziosa combattente, una tenera fifona e una silenziosa malinconica, nient’altro che sei normali ragazze appartenenti a mondi totalmente diversi, ma accomunate dallo stesso Destino. Saranno costrette ad affrontare un viaggio attraverso l’Inconcepibile, dove tutto è permesso, per scoprire la loro vera identità; oltre il Normale, le certezze crollano e s’innalzano i dubbi, muri e muri di fragilità, ma dietro l’angolo ci sono anche motivi per abbatterli.
Si può davvero vivere per sempre felici e contenti, quando l’esistenza non è altro che un accumulo di dolore e lacrime? Quanto deve essere forte, l’Amore, per far nascere un sorriso nonostante tutto il resto? E infine, la Vita è un libro già scritto, o è il suo protagonista a prendere le redini del gioco?
-IN REVISIONE-
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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La ragazza scorse l’edificio parzialmente nascosto dalle tenebre della notte con inquietudine, mista all’incredibile voglia di scoprire cosa celasse con così tanta segretezza e snervante oscurità. Al suo fianco, Tara era scossa da brividi irregolari e incessanti – sembravano quasi aver piacere nello smuovere impercettibilmente il corpo della giovane dai lunghi capelli rosa –, mentre la figura di Harumi le faceva da contrasto, i suoi occhi color nocciola erano ben puntati sul cancello d’ingresso della villa, e il suo sorriso rilassato le decorava il volto cosparso di allegre lentiggini concentrate sulle goti, apparse quasi magicamente in seguito all’arrivo annuale della stagione estiva. Alla sua sinistra, colei che minuti prima si era presentata, dicendole di chiamarsi Miki, se ne stava ferma, in silenzio, con lo sguardo blu oceano a fissare un punto imprecisato, forse inesistente, ai suoi piedi, e il sorriso caloroso che le aveva rivolto era mutato, trasformandosi in una maschera ghiacciata, inespressiva, scolorita dalla delusione delle sue stesse aspettative. L’ultima ragazza che aveva conosciuto possedeva dei capelli rossi che erano stati in grado di ipnotizzarla; le aveva allungato una mano in segno di saluto, mentre Selena le aveva detto che l’ipnotizzatrice rossa si chiamava Kin e che non poteva più proferir parola – in compenso, però, aveva due occhi più azzurri dello zaffiro che urlavano come quelli di nessun altro, unici, inimitabili.

Yui teneva salda la mano di Aya mentre oltrepassavano l’entrata della tenuta, guidate da una Selena dall’espressione perfettamente sicura di sé e delle sue azioni, la quale camminava facendo svariate raccomandazioni alla nuova arrivata, seppur quest’ultima non le stesse prestando troppa attenzione, perché molto più presa nell’osservazione dei particolari gotici mesi in mostra nel giardino, come la sagoma in pietra dall’aspetto demoniaco inginocchiata sopra la fredda fontana, a pochi metri dalla porta d’entrata principale. Si aprì con uno snervante tremolio, quella porta, ma Aya non sentiva d’aver paura; piuttosto, era affascinata dall’insieme di dettagli portatori d’ansia, e voleva conoscerne altri, diversi tra loro, e si stupì d’aver anche solo pensato di volerne ancora, perché prima d’allora non s’era mai scoperta amante dell’inquietudine e dei suoi derivati.

L’interno della Villa – come le avevano detto che si chiamava? – Sakamaki era degna del corrispondente cortile anteriore, seppur un grande lampadario illuminasse il corridoio e persino i suoi dintorni, e rendesse gli ambienti in totale contrasto con l’oscura flora all’esterno; seppur fosse abituata ad essere circondata da beni di valore medio o alto, l’arredamento che i suoi occhi celesti potevano ammirare superava di gran lunga il patrimonio della sua famiglia sia nell’ambito di bellezza che in quello monetario. Di fronte a sé si stagliava una scalinata coperta da un elegante tappeto rosso, e ai piedi di questa un maggiordomo di mezza età era perfettamente immobile a guardare di fronte alla propria persona, il corpo asciutto fasciato da un elegante frac dal colore verdognolo; squadrò le ragazze una ad una, come ad assicurarsi che fossero loro per davvero, le desiderate, per poi dire, con voce atona: << I signorini Sakamaki vi stanno aspettando nella sala adibita alle riunioni. Prego, da questa parte >>, e con un gesto formale del braccio destro, indicò loro la direzione da percorrere, seppur avesse fatto da guida, come gli era stato precedentemente ordinato.

Selena indugiò, non avendo mai visto quell’uomo in giro per la dimora nel corso dei giorni di visita, ma una gomitata leggera da parte di Harumi la fece voltare verso quest’ultima; la ragazza dai capelli verdi le rivolse un sorriso impavido, accompagnato da uno sguardo impregnato di rassicurazione. Poi la oltrepassò, seguendo il domestico su per le scale, seguita dal resto del gruppo al femminile; sembravano quasi comandate dalle due, non a caso le maggiori tra loro, seppur non avessero nessun rapporto di parentela: non erano altro che amiche di vecchia data, compagnia creatasi in seguito al trascorrere degli anni e degli eventi – e le prime ad essersi conosciute furono state appunto le due maggiori, quando avevano rispettivamente undici e dieci anni.



***



Il maggiordomo arrestò la propria marcia davanti ad una grande porta a due ante di colore scuro, in bilico tra il nero e il marrone; al di là di essa, si percepiva unicamente il silenzio, freddo, ghiacciato, raccapricciante. Le ragazze – escludendo, certamente, la nuova arrivata – l’avevano sempre pensato, nel profondo dei loro cuori, che quella dei Sakamaki non fosse una vera famiglia, seppur tutti quei vampiri fossero uniti dallo stesso DNA. Cos’era una famiglia? Un luogo possedente come sinonimo casa, in cui regnava serenità, calore, fiducia e appoggio reciproci; un posto in cui rifugiarsi dal mondo, dalle atrocità, dalle sofferenze, ed essere accolti, con le mani protese, difesi, compresi, protetti, come sotto ad una grande campana di vetro spesso, resistente, senza nessuna fragilità, crepa, opaco affinché il preservato non vedesse l’astio del mondo esterno. Ma tra quelle mura coperte da carta da parati non vi era nulla che potesse essere paragonato a quell’amore – dov’erano le figure materna e paterna? Chi si prendeva cura dei sei fratelli, così bisognosi d’attenzioni e affetto? Perché loro ne avevano bisogno, di quel sentimento tanto comune quanto raro e prezioso. Come e perché, per colpa di chi erano cresciuti in quel modo, ignorando l’esistenza di quel bene importante e vitale? Forse era per quel motivo che erano tutti così forti, tenaci ed autoritari; perché sin da piccoli avevano dovuto imparare a cavarsela da soli, a sopravvivere, come delle vere e proprie bestie della natura selvatica, ogni giorno in bilico tra la vita e la morte, con i predatori di altre specie in agguato, pronti e scattanti per aggredirli e toglier loro il dono dell’esistenza presente e futura, abbandonando le loro anime al tempestoso passato, nella versione di un ricordo troppo crudo da raccontare alle generazioni successive. Quanti respiravano ancora e quanti riposavano in un luogo ultraterreno, dove gli spiriti maligni si dannavano per poter raggiungere l’assoluzione degli innumerevoli peccati – anche se inconsapevoli – compiuti durante la realtà terrena? Solo i più forti e resistenti erano destinati alla sopravvivenza, mentre i deboli? I deboli erano creature effimere, e nel libro scritto dal Fato per loro era presente un messaggio crudele ed incancellabile, che citava la loro sorte macchiata di rosso scarlatto.

Era vuoto ciò che erano in grado di leggere nelle loro iridi e pupille prive di umanità, le quali avevano conosciuto quanti massacri? Quante ingiustizie, quanto odio, quanta avversione? Quante lacrime avevano pianto, quei sei fratelli avvolti dalla solitudine? E quante potevano ancora scendere dai loro occhi e percorrere le loro goti innaturalmente pallide, raggiungere le mandibole e precipitare nelle nicchie sgombre che erano i loro cuori, semmai li avessero avuti? Come avrebbero potuto esserci degli organi tanto importanti perché portatori di esistenza, se quei corpi non fossero effettivamente in grado di vivere? Che senso avrebbe avuto avere un cuore, se quelli non potessero essere in grado di donare al possedente un battito, due circolazioni sanguigne – una grande e una piccola – e tutti i suoi derivati vitali? Nessun senso, era quella la cruda verità: i vampiri erano creature senza cuore.

La voce del secondogenito della Casata sovrastò il silenzio, mandandolo inesorabilmente in frantumi, e quasi si poté sentire l’eco di mille pezzettini di cristallo incontrare violentemente il pavimento, o qualsiasi cosa si fosse trovato più in basso, in direzione della loro caduta, ostacolandola o interrompendola, facendo in modo che questi si sparpagliassero tutt’intorno, iniziando a rappresentare delle pericolose piccole armi da taglio per chi, impavido, avesse deciso di oltrepassare quel delicato campo minato. << Finalmente siete arrivate >> disse, per poi aggiungere: << Possiamo prendere posto >>, e si sedette a capotavola, di fronte a lui fogli e ordinatori, con Selena alla sua destra e Azusa – perché presente anche lui – alla sua sinistra. Con un gesto della mano, Reiji indicò ad Aya la sedia accostata dall’altro capo della tavola, invitandola a sedersi lì, nonostante le loro voci avessero dovuto arrancare per raggiungersi l’una con l’altra. Yui prese posto accanto al suo collega di lavoro – faceva ancora fatica a credere cosa realmente fosse – e, di fianco a lei, si fiondò Ayato, seguito da Kanato e Laito, quest’ultimo lanciando una maliziosa occhiata silenziosa alla sua preda – ma era davvero giusto chiamarla con quel sostantivo? Era davvero solo una preda, o qualcos’altro, qualcosa di più importante? – perché desiderava che la sedia vuota accanto a lui fosse occupata proprio da lei; Tara sembrava essersi trasformata in una statua, immobile sul posto, e dovette impegnarsi per tornare ad essere fatta di carne ed ossa, umana, e camminare fino al posto assegnatole dal gemello che si era offerto di diventare il suo amico notturno. Non intenzionato ad accomodarsi vicino al fratello minore per evitare d’importunarlo – perché si ostinava tanto ad odiarlo? Dopotutto, lui non era coinvolto in ciò che era stata la difficile infanzia dell’occhialuto, o si sbagliava? – Shuu si lasciò cadere a peso morto sulla sedia più lontana da quella di Reiji, alla sinistra di Aya e di fronte a Tara, e alla sua sinistra si accomodò Harumi, la quale aveva per la testa il solo obiettivo di tenerlo sveglio; con una mano batté sul sedile della seggiola libera accanto a sé, invitando Miki – cosa mai le era successo? Si era accorta che qualcosa in lei non andava, ma, con dispiacere, non aveva ancora avuto modo di indagare – a prender posto. Subaru e Kin, essendo gli unici rimasti in piedi, si diressero verso le uniche due sedie rimaste libere – finendo inevitabilmente vicini, ancora –, quelle posizionate tra Selena e Miki; quest’ultima aveva lo sguardo puntato sulle proprie mani, che si torturavano a vicenda, e non osava cambiare soggetto da studiare attentamente per paura di incontrare lo sguardo di Kanato, malauguratamente seduto proprio di fronte a lei, tra i suoi due gemelli e con il suo orsetto di peluche tra le braccia, il quale stava scrutando l’occhialuta con l’unico occhio nero, perché l’altro era coperto da una benda pirata nera con uno scarabocchio color oro. Aveva paura di parlargli ancora, di confrontarsi nuovamente con lui, poiché desiderava con tutta se stessa di evitare di piangere – già sapeva, sentiva, che se si fossero rivolti la parola un’altra volta, sarebbe crollata in lacrime come la notte precedente, o forse era passato più tempo da quando avevano litigato? Ormai aveva perso la cognizione dei secondi, dei minuti, delle ore, e neanche le importava; cos’era, piuttosto, quel bruciore che albergava nel suo petto, lungo tutta la gabbia toracica e le stava lentamente e crudelmente lacerando entrambi i polmoni, come la più letale delle malattie terminali? Non era in grado di dare un nome a quell’orribile sensazione, ma era convinta che in poco tempo si sarebbe impossessata anche del cuore, quell’affilata morsa d’acciaio, la quale aveva tanto la forma di una trappola per orsi, o tanti coltelli da cucina fluttuanti nel vuoto, attorno agli organi vitali della ragazza, pronti a conficcarsi nella carne e tra le ossa alla prima parola dolorosa pronunciata dal vampiro dai capelli color lillà – e la probabilità che lui dicesse qualcosa di crudele era molto alta, quanto i grattacieli che si trovavano a New York, o forse di più; c’era stata, Miki, a New York, a Manhattan e dintorni, nei confini della Grande Mela, e aveva alloggiato in un lussuoso appartamento situato proprio in una di quelle enormi torri di cemento e vetro, ed era per quel motivo che l’era venuto in mente di paragonare le cattiverie pronunciate da Kanato proprio agli edifici di quella magnifica città famosa in tutto il mondo.

Prima di iniziare qualsiasi discorso con sfumature diplomatiche, Reiji sottolineò per l’ennesima volta la sua devozione alle buone maniere, presentando se stesso e i suoi fratelli ad Aya, seppur quest’ultima conoscesse già alcuni dei visi maschili presenti nella sala, dotata unicamente di quel tavolo rettangolare e alcuni grandi, troppo grandi quadri appartenenti all’arte barocca; non le nascose, il secondogenito, la loro vera natura, ma la nuova arrivata non si mostrò troppo scossa, contrariamente alle aspettative di tutti gli altri presenti – come avrebbe potuto non capirlo prima? Ricordava che quand’era piccola, quando le veniva chiesto quale fosse il suo animale preferito, lei nominava sempre il pipistrello, e raccontava di come credeva che in realtà fossero intelligenti e capaci di trasformarsi con la forza del pensiero e della magia, diventando dei bellissimi umani con i denti canini più lunghi rispetto al livello standard, e affilati, perché li rendeva ancora più affascinanti – cosa ci trovava poi di così attraente nel sangue?

<< Direi che questa riunione possa cominciare >> annunciò Reiji mentre s’infilava un paio di guanti bianchi. << Tra i presenti c’è qualcuno che necessita di fare delle premesse? >>

Mentre i restanti cinque fratelli, non avendo nulla da aggiungere, rimasero in silenzio – escludendo i borbottii di Ayato, il quale avrebbe di gran lunga preferito essere altrove in quel momento, in compagnia della ragazza dai capelli biondi e gli occhi colore del quarzo rosa che gli sedeva accanto; solo Selena alzò appena la mano, attirando l’attenzione su di sé, gli occhi puntati in quelli di Reiji perfettamente attenti. Le diede il permesso di parlare, così lei schiuse le labbra, dicendo: << Questo materiale >>, e indicò i raccoglitori poggiati sul tavolo, << lo hai rubato dal municipio? >>

Lui si sistemò meglio gli occhiali sul ponte del naso. << Rubato mi sembra un’accusa. Io ho semplicemente preso in prestito questi documenti dall’ufficio del, perdona la mia mancanza di tatto, Sakamoto-san, defunto sindaco. >>

Laito accennò una risata provocatoria. << Reiji-kun, hai commesso un crimine o sbaglio? >>

<< Credo che definirlo crimine sia eccessivo >> rispose il diretto interessato. << Sono stato costretto a sottrarre questa documentazione dal luogo di appartenenza senza avvertire nessuno della mia azione per una causa ben più grande. Le autorità umane non sono in grado di venire a capo di questa faccenda, perciò è bene che me ne occupi io personalmente. >>

<< E come mai questo accaduto ti sta così a cuore da spingerti a violare la Legge? >>

<< Non ci arrivi proprio, Milady? Il defunto Sakamoto era un vampiro, ergo aveva dei contatti con il Regno di Karlheinz. Mi sento chiamato in causa, dato che Karlheinz è mio padre. >>

Selena si zittì ed incrociò le braccia, in una muta richiesta di iniziare ufficialmente lo scambio di considerazioni. Ricevette una veloce occhiata da Kin, seduta alla sua destra, la quale aveva compreso: erano fatti l’uno per l’altra, quei due – lui severo e studioso, lei senza peli sulla lingua e precisa – eppure tra loro non sarebbe potuto nascere niente a causa delle loro diverse nature; sarebbe stata una grande storia d’amore, tra loro, se solo la ferocia del Destino non avesse interferito e avesse lasciato spazio alla parte più misericordiosa di quest’ultimo, e probabilmente i due sarebbero stati in grado di avviare una longeva relazione di coppia.

<< Ho analizzato a fondo ciò che è stato scritto su questi fogli, e sono giunto ad una conclusione evidente, oserei dire elementare. Ci sarebbe potuto arrivare chiunque >> disse Reiji, scoccando un’occhiata infuocata al fratello maggiore, il quale, tuttavia, non rispose. << Devo ammettere che le informazioni contenute in questi dossier mi hanno lasciato allibito… >>

Subaru batté un pugno sul tavolo, facendo sobbalzare i presenti di entrambi i sessi. << Smettila di temporeggiare e vai dritto al punto. Mi stai facendo incazzare. >>

Reiji lo rimproverò per la sua maleducazione, ma subito dopo assecondò la sua richiesta. << Sakamoto Akihito, essendo un vampiro, era inevitabilmente a conoscenza di entrambe le identità di Karlheinz. Ma ciò che non avrei mai immaginato, è il rapporto stabilito dai due già da molti anni, all’incirca venticinque. Da questi documenti emerge la situazione politica di Vamutsuchiin degli ultimi due decenni, e pare che Karlheinz abbia consultato a lungo il signor Sakamoto, date le riconosciute capacità di ragionamento e amministrazione di quest’ultimo, che lo hanno portato a fare un’ottima carriera politica. Conoscendo nostro padre, però, credo che probabilmente lo stesse solo sfruttando per raggiungere altri fini. >>

<< Venticinque anni? >> chiese Azusa, la sua mente immersa nel passato.

<< Sì, precisamente >> rispose Reiji, poi tornò a rivolgersi al resto del gruppo. << Questo numero mi permette di collegarmi con ciò che la scorsa notte mi è stato detto da Azusa. Ho subito pensato che non fosse una coincidenza. >>

<< Che? Perché è così importante il fatto che gli anni siano proprio venticinque? >> domandò Ayato a voce alta.

Il secondogenito fece un cenno ad Azusa, invitandolo a rispondere personalmente a ciò che era stato appena chiesto. Parlò: << Come ho già spiegato a Reiji-san… In questi ultimi due decenni sono stato personalmente incaricato da Karlheinz di prender parte al suo progetto. Questo… riguarda una problematica che sta minacciando il Regno di Vamutsuchiin da altrettanti anni. Si tratta del Mondo Parallelo. >>

Shuu scivolò appena dalla sedia, colto alla sprovvista dal rilassamento dei muscoli, ma Harumi subito lo tirò per il braccio per farlo raddrizzare, la stessa che esclamò: << E cosa sarebbe questo Mondo Parallelo? >>

<< Come chiaramente esprime il nome >>, iniziò Reiji, << si tratta di un territorio contrastante al nostro. Mentre il Regno di Karlheinz è abitato da streghe e vampiri, i quali prevalgono sugli umani, il Mondo Parallelo accoglie altre creature dell’oscuro. >>

<< Per esempio? >> domandò Tara.

<< Licantropi e grifoni, anche se quest’ultimi appartengono esclusivamente alla stirpe reale. >>

Ayato sentì accanto a sé Yui rabbrividire, orribilmente colta dalla consapevolezza dell’esistenza di tali esseri così lontani dalla benevolenza del Dio che tanto amava; con una mano strinse il rosario argentato dai riflessi rosa che portava sotto la maglietta azzurra, sperando che i suoi sentimenti arrivassero alla Divinità, e che questa le rispondesse inviandole del caldo conforto. Ma quando si sarebbe sentita protetta? – era la domanda che le in quel momento le stava attanagliando la mente.

Kin picchiettò la spalla di Selena con un dito indice e, quando la ragazza dai capelli blu si girò per prestarle attenzione, le rivolse uno sguardo preoccupato, confidando di riuscire a farle capire cosa avrebbe voluto dirle. Selena parve riuscire a leggerle gli occhi e comprendere il suo messaggio silenzioso, pertanto si voltò verso Reiji e gli chiese: << E noi cosa c’entriamo con questa faccenda? >>

Lui parve ignorare la domanda, ma la verità era che stava frugando tra le carte ordinatamente sparse sulla superficie in legno del tavolo, alla ricerca della risposta da darle e, quando trovò l’oggetto della ricerca, lo porse alla ragazza e la invitò a leggere il contenuto di ciò che sembrava essere un’epistola; Selena ne lesse il contenuto accompagnata da Kin, la quale si era accostata per poter vedere meglio.

<< Che cos’è? >> chiese Harumi, impossibilitata nella lettura perché seduta troppo distante.

Questa volta, a rispondere fu Laito. << È una lettera che abbiamo ricevuto stamattina presto. >> Con un braccio avvolse le spalle di Tara, facendola inevitabilmente arrossire, e fece avvicinare i loro visi, la guardò negli occhi e aggiunse: << Il nostro paparino vorrebbe conoscervi. >>

<< Karlheinz sa di noi? >> chiese Yui voltandosi nella direzione dei tre gemelli.

<< Quello sa tutto di tutti >> esclamò Ayato, e incrociò le braccia al petto. << È un pettegolo, e anche gli altri nobili lo sono. Non si fanno mai i cazzi loro. >>

<< Modera il linguaggio, Ayato. >>

<< Scusa se non mi esprimo con i tuoi stessi termini altezzosi, Maniaco della Porcellana! >>

Harumi scoppiò a ridere. << Maniaco della Porcellana da dove viene? >>

<< Dalle credenze piene di cianfrusaglie in camera sua. >>

<< Fate silenzio, state rovinando la mia musica. >>

<< Non dovresti neanche ascoltare la musica in momenti come questo, nullafacente. E tu, Ayato, nei momenti morti potresti leggere il Galateo, ti sarebbe molto utile. >>

<< E tu potresti smettere di vestirti come un pinguino. >>

A quell’affermazione, i presenti si misero a ridere, anche se alcuni lo fecero con contegno, nel disperato tentativo di rispettare i gusti stilistici di Reiji, il quale si stava trattenendo dallo sbraitare contro il terzogenito; autocontrollo, gli serviva autocontrollo, ed era sicuro di riuscire a trovarlo, da qualche parte dentro di sé. Reputazione – fu quella a far rilassare i nervi del vampiro, il quale semplicemente di ignorare la provocazione fattagli.

Laito, quasi per casualità, si voltò alla propria destra, in direzione dei propri gemelli, e lo sguardo gli cadde sulla figura del vampiro dai capelli color lillà, il quale se ne stava immobile sulla sedia, gli occhi spenti puntati sul suo peluche lasciato seduto sul tavolo, o forse altrove, in un punto imprecisato nascosto dalla stoffa marroncina della testa dell’orso pirata. Gli chiese, ancora con un sorriso divertito sulle labbra: << Non ti fa ridere, Kanato-kun? >>

L’altro alzò lentamente lo sguardo, incontrando il paio d’iridi blu mare che era quasi paralizzato di fronte a sé, con le medesime sfumature di amarezza a incorniciare le pupille. Schiuse le labbra e con voce atona disse: << Tu mi odi, Miki-chan? >>

Calò nuovamente il silenzio, lo stesso di quello iniziale, o probabilmente uno ancora più pesante e gelido; l’attenzione di tutti si concentrò sulla figura di Kanato, il quale tuttavia non rispose alle occhiate interrogative perché molto più interessato a studiare l’espressione facciale della ragazza occhialuta, rimasta spiazzata dalla domanda fattale. Cosa gli avrebbe risposto? Era vero che era ancora arrabbiata con lui – le parole che le aveva rivolto la sera precedente erano state davvero crudeli, a detta sua; perché quella serata così piacevole e con sfaccettature romantiche si era dovuta concludere in quel modo drammatico? Stava andando tutto bene tra un pasticcino e un passo di danza, e lui si era persino astenuto dal morderla perché troppo entusiasta per ciò che la festa del paese aveva da offrire – sembrava essere tornato ad essere bambino. Ma quella tavolozza di colori mutò in fretta, diventando un’istantanea al negativo. L’odio, però, era un sentimento troppo grande per essere provato da quel corpo mingherlino, e quella convinzione spinse Miki a rispondere: << No, Kanato-kun, non ti odio. >>

<< È la verità, Miki-chan? >>

<< È la verità, Kanato-kun. >>

Credevano che quel litigio avesse appena trovato la sua conclusione, ma così non fu. Il vampiro si alzò di scatto dalla sedia – lasciando Teddy scivolare verso il pavimento – e balzò sul tavolo, superandolo in fretta, fino ad arrivare di fronte a lei e portarle una mano alla gola, stringendo le falangi attorno alla carne della ragazza umana, prima piano, poi sempre con più intensità, fino a bloccarle, seppur parzialmente, le vie respiratorie; il viso della ragazza s’arrossò, privo d’imbarazzo ma pieno di sangue bloccato lì, nelle guance, nella fronte, nel naso, nel mento, nelle orecchie, e anche negli occhi, accompagnati dalla lucentezza del liquido lacrimale, lo stesso che bagnava le ciglia di Kanato e minacciava di scender giù da un momento all’altro. La sedia non resse l’impatto e s’inclinò all’indietro, trascinando i due litiganti con sé in terra, a contatto con le fredde mattonelle color ambra; la castana sentì dolore alla schiena e al capo, mentre il vampiro, a cavalcioni sopra di lei, non percepì alcun male, e gridò, con i polmoni mezzi vuoti: << Non ti credo, Miki-chan! Non ti credo! >>

Ci fu sgomento tra gli altri presenti, vampiri e umane, alcune delle quali si alzarono velocemente facendo stridere le sedie contro il pavimento; Harumi afferrò un braccio del vampiro, tentando furiosamente di allontanarlo dalla povera vittima, ma questi possedeva una forza sovrumana, tanto da rendere vana la prova della giovane dai capelli verdi. Ebbe l’impressione di esser stata spazzata via, seppur non si fosse mossa di un millimetro, Harumi; si sentì schiacciata dalla delusione – come avrebbe potuto vincere contro un vampiro? – e provò la stessa sensazione che anni addietro l’aveva spinta a buttare tutti i suoi vestiti, le sue scarpe, le sue bambole e i suoi lustrini colorati, via anche i peluche e gli origami appesi al soffitto – cigni fluttuanti, tulipani rossi, barchette e aeroplani di varie dimensioni e sfumature, perché sarebbero dovuti rimanere tristemente lì se il manifatturiero s’era trasferito altrove? Elimina ricordo, elimina presenza. Elimina profumo, elimina vuoto. Aggiungi, riempi. Metti la forza, togli il dolore. Più forza, meno dolore. Forza, dolore, dolore. Forza!

<< Ayato-kun, fa’ qualcosa, ti prego! >> urlò Yui scuotendo il terzogenito per le spalle, seppur i suoi grandi occhi di quarzo rosa fossero puntati sull’amica immobilizzata in terra, ansimante.

<< Già, Ayato-kun, fa’ qualcosa >> incalzò Laito. << Dopotutto, la colpa di tutto questo è solo tua. >>

<< Mia?! >> tuonò il rosso. << Cosa c’entro con questa storia? >>

<< Kanato-kun ieri mi ha raccontato quello che è successo >> disse il fratello gemello. << Sei stato tu a dirgli di fare il cattivone con la sua donzella. >>

Ayato parve rifletterci su, sotto lo sguardo indagatore di Yui, al quale si aggiunse quello silenzioso di Kin e quello furente di Selena; si ricordò, improvvisamente, delle parole che aveva rivolto a Kanato qualche notte precedente – quale in precisione? Non se lo ricordava neanche, ma che importanza aveva? – e collegò i fatti tra loro con dello spago immaginario. Si pentì solo in piccola parte del messaggio che aveva trasmesso al fratello ma, dopotutto, perché la colpa doveva ricadere sul grande se stesso? Era tutto vero, ciò che aveva detto, senza ombra di menzogna maliziosa; per conquistare le donne, lui le trattava in maniera superficiale, si atteggiava, le confondeva, si faceva desiderare, spiritualmente e carnalmente – quale donna avrebbe potuto resistere al suo fascino da ingannatore? Nessuna, dati i suoi precedenti amorosi. Per due secoli, la sua tattica s’era rivelata più che soddisfacente, quindi perché avrebbe dovuto fallire se l’avesse adottata Kanato?

<< Le donne sono complicate, Ayato-kun >> cantilenò Laito al suo fianco, con in volto un sorriso veterano.

Ma Ayato non ebbe il tempo di far nulla, nonostante fosse intenzionato ad intervenire per calmare l’ira del gemello – il quale stava continuando ad inveire contro Miki –, poiché Subaru, smosso da un’incontrollata pietà per lei, afferrò Kanato per il polso, stringendolo in una morsa ferrea, e lo costrinse a mollare la presa dal collo latteo della ragazza, per poi farlo allontanare da lì con la forza. Sembrò una scena angosciosa, agli occhi di Aya, i quali non venivano lubrificati dalle palpebre da ormai troppo tempo; stentava, lei, a credere nell’esistenza di una tale forza posseduta da un singolo individuo, ma la sua sete di stranezze prevalse, spingendola ad avvicinarsi alla vittima dell’attacco per controllare se si fosse ferita. Dovette nascondere un sorriso compiaciuto; l’intera circonferenza della gola era macchiata dall’impronta del vampiro dai capelli violetti, e arrossata per la durezza della presa delle falangi.

<< Ti ha fatto male, Asano-san? >> le chiese, perché voleva sentirselo dire, voleva apprendere la conferma già esistente. E, difatti, Miki annuì, gli occhi chiusi dal dolore, o forse se ne stavano serrati perché non volevano incontrare di nuovo la figura di Kanato, che se ne stava in un angolo della sala a piangere e a singhiozzare, Teddy stretto tra le sue braccia perché i suoi gemelli caritatevoli gliel’avevano porto nel tentativo di farlo calmare.

Harumi si fiondò in ginocchio accanto all’infortunata, e le chiese con voce gentile: << Miki-chan, ti va se andiamo in un’altra stanza? Così ti stendi un po’. >>

La castana acconsentì, ma prima di fare qualsiasi movimento si rivolse a Reiji, alla ricerca della sua approvazione.

<< E sia >> rispose il secondogenito. << Continueremo la nostra conversazione altrove. Kanato, con te me la vedrò più tardi. >> Ma Kanato non rispose, il viso affondato nella pancia del suo amico di stoffa era ancora in lacrime.

Le ragazze uscirono dalla sala e presero a camminare nel corridoio, seguite dai vampiri, fatta eccezione dal violetto, che si ritirò nella sua camera da letto, come a rifugiarsi da un mostro più grande di lui. Reiji e Selena rimasero in fondo al gruppo, qualche passo indietro dagli altri e dalle altre, brevemente e quasi intimamente distanziati; la ragazza si voltò appena verso il vampiro e gli domandò: << So a cosa stai pensando. Non potremo seguirvi a corte. Ti sei dimenticato che siamo delle umane? Abbiamo delle famiglie e degli amici che denuncerebbero la nostra scomparsa, e tu vuoi questo? >>

<< Sapevo che l’avresti detto >> rispose Reiji, sfoderando un ghigno compiaciuto. << Se ciò che ti affligge è il fatto di non poter tornare alle vostre rispettive abitazione, allora ho qualcosa che fa al caso vostro. >>

<< Stai dicendo che hai già una soluzione a questo problema? >>

<< Ovviamente, Milady. Non sottovalutare le mie risorse. >>

 

 

 

 

 

 

Lei. 

Lei è tornata.

E con sé, ha portato anche il suo… Angoletto dell'Autrice!!


*piange* NESSUNO PUÒ IMMAGINARE QUANTO CAVOLO MI È MANCATO SCRIVERE UN CAPITOLO DI WRONG CHOICES, NESSUNO!! *vede i Sakamaki* RAGAZZI, MI SIETE MANCATI TANTISSIMO!! *mangia il frutto Gomu-Gomu e stritola tutti in un mega abbraccio*

Shuu: Calmati.

SHUU-SAAAANNN---

Ayato: Abbiamo finito di dormire.

AYATO-KUUUNNN---

Kanato: Io ho già mal di testa, figurati.

KANNY-KUUUNNN---

Laito: Ma ciao, ai-chan ;)

LAITO-KUUUUNNN---

Subaru: Iniziamo a spaccare qualcosa…

SUB-SENPAIIII---

Reiji: Subaru, per favore, abbiamo finito i lavori di ristrutturazione solo l'altro giorno.

REIJI-SAAAAANNN---

*i Sakamaki scappano*  *Channy si calma*  Scommetto che non vi ricordate neanche dell'esistenza di questa storia. Pazienza, me lo merito. Sono stata assente, quanto? Un anno? Ebbene no, solamente 364 giorni, ma ci è mancato poco! Diciamo che sono riuscita a disintossicarmi da una serie che mi ha letteralmente mandato in pappa il cervello durante questi dodici mesi *coff coff* Death Note *coff coff*, ho trovato il mio husbando supremo (toccatelo e morite) e sono finalmente tornata in sintonia con i miei vampiri preferiti.

Care e gentilissime lettrici che seguono questa storia (OMG SIETE TANTISSIME VI AMO), avete avuto paura? Credevate che non avessi aggiornato più? Potete stare tranquille. Sono troppo affezionata a questa storia, non potrei mai abbandonarla. In questi giorni mi dedicherò a modificare i capitoli precedenti, e anche questo, per rendere il testo più bello esteticamente. So che avrei dovuto farlo un anno fa ma io temporeggio lalalalalaaa---  Spero anche di riuscire a scrivere il prossimo capitolo in fretta; in proposito, tenetevi forte, perché tra poco cambieremo location (voto? Diesci. Confermerà o ribalterà il risultato?) :D  Spero che questa storia continui a piacervi; fatemelo sapere con una recensione!


See Soon!!

-Channy

  
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