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Autore: AlessandRusso    11/08/2018    0 recensioni
Blake Fash è un adolescente come tutti gli altri, ha un carattere forte, qualche passione un pizzico di acidità.
La vita al nuovo istituto non è facile per lui, avendo molto pregiudizio nei confronti altrui.
Conoscerà nuove persone, verrà traumatizzato da una terribile notizia ed infine, scoprirà un fatto della sua famiglia che lo sconvolgerà.
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Ricordo tutto di quella mattina.

Quasi tutto.

Ricordo la sveglia.

Quel suono rumoroso che per poco non ti spacca un timpano.

Ricordo i miei occhi gonfi, l'alito del mattino e la mia voglia di tornare a letto.

Ma la mia voglia doveva resistere, era il primo giorno di scuole superiori.

Guardai fuori dalla finestra, che si affacciava su una strada.

Poca gente era in circolo, quella mattina.

Se non i lavoratori in paesi vicini che erano obbligati ad uscire con quel freddo gelido.

Un signore era seduto su una panchina e sfregava le mani per riscaldarsi.

Quella mattina, sembrava un'era glaciale.

I rami degli alberi spogli erano coperti di brina, mi faceva venire i brividi al sol pensiero.

Un po' come quando vedi un bambino morsicare freneticamente un ghiacciolo e pensi “ma con tutti i posti dove sgranocchiare quel coso, proprio di fianco a me?”.

Dopo aver strizzato ancora una volta gli occhi e aver fatto un altro sbadiglio, andai a lavarmi.

Mi sistemai quel ciuffo da idiota che mi ricopriva la testa e mi sciacquai quella faccia che assomigliava a quella maschere di Halloween che si trovano nei supermercati.

Non avevo voglia di cominciare una nuova “avventura”.

Non amavo conoscere nuove persone, quelle avevo e quelle bastavano.

Facevo amicizia più che altro con femmine, perchè certi maschi sono di quell'ingenuità che preferisci farti un bagno muriatico.

Ma da sempre sono stato amico di GioGio e Lele, lori sì, che sono veri amici.

Intelligenti e folli al punto giusto.

E poi c'era Lucy, la mia prima cotta alle elementari e la mia attuale migliore amica, che avrei rivisto in classe quell'esatto giorno.

Era fidanzata con un certo Duff, mi stava simpatico ma neanche tanto.

I suoi genitori erano clandestini, venivano dal Ghana.

Ma al di fuori del mio paese, avevo amici a cui avrei potuto dire tutto.

Li avevo conosciuti su un sito di chat online, non sapevo dove abitassero e nemmeno il loro vero nome.

Li conoscevo come Kikka18, Sug4r e XenaX.

Erano tre ragazze, ne ero quasi certo.

Scrivevano sempre cose dolci, ma sinceramente non mi attraevano così tanto.

Le conobbi tramite un gruppo creato su quella piattaforma per amanti del Pop, Indie Pop, Pop Rock e simili.

Se non ci fossero state loro, nei momenti peggiori della mia vita, sarei stato ancora lì a deprimermi sulla mia stupida e inutile vita.

Scesi le scale per andare in cucina.

“Buongiorno a tutti.”

Nessuno mi rispose, stavano ancora dormendo.

Entrai in cucina e aprii la dispensa.

Non avevo fame, mangiai a malapena un morso di brioche.

Ero elettrizzato per un motivo ancora sconosciuto, forse perchè avevo vinto ad una partita di Clash Royale.

Sentii dei passi provenire dalle scale.

“Buongiorno amore.”

Mia mamma mi diede un bacino sulla guancia.

Ma perchè faceva così? Non avevo mica 2 anni!

Poi la cosa odiosa è che mi chiede di darle un bacio, io non lo faccio e ci rimane male.

Se voleva un bebè da poter coccolare poteva farlo.

Pochi minuti arrivò anche papà.

Lui non dava bacini, ma pacche sulle spalle.

La cosa era più piacevole.

“E quindi oggi, si inizia?”

“Si papà, sapessi quanta voglia ho in corpo.”

“Ma tu adori le lingue!Sono certo che ti piacerà.”

“Potevo benissimo fare un corso di Babbel, senza investire 5 anni per imparare il tedesco.”

Papà non capiva.

Su questo, non era aggiornato.

Ma su chi avesse vinto i campionati precedenti di calcio, si.

Essenzialmente, cose di cui non mi importava.

Si, perchè nonostante lo stereotipo maschile comprende il fare uno sport maschile, io ero anti-sport.

Preferivo l'arte.

Non intendo l'arte di scuola e le verifiche che la prof.Pizzariol, alle medie, faceva sull'intero anno scolastico.

Intendo la musica, che ha sempre avuto un ruolo fisso nella mia vita.

Anche poesie, piccoli testi in prosa, fumetti e opere letterarie, non erano male.

“Vuoi anche la mia, di brioche?”

Odiavo l'umorismo di mio padre, ma per non farlo rimanere male, cercai di strapparmi un finto sorriso.

“Promettimi che non ti farai dare sigarette o cose varie dai tuoi compagni di classe.”

“No mamma, non sono così stupido da rovinarmi la salute.”

Mentii.

Fumavo sigarette da circa 1 anno e i miei genitori non se ne erano ancora accorti.

Ero consapevole dei danni che mi procuravo, ma tanto non fumavo spesso.

Fumavo quando capitava, quando mi sentivo così debole, che fumare una sigaretta lo avrei considerato un metodo di rilassamento.

Salii di nuovo per vestirmi.

Indossai la mia giacca di pelle preferita e uscii a prendere Scintilla Blu.

Scintilla Blu era la mia bicicletta da quando avevo 11 anni.

La chiamai così perchè quel giorno, mentre papà me la stava comprando, era da due miei compagni per fare una ricerca e quando misi la spina nella ciabatta per accendere il computer, uscì una scintilla blu che mi spaventò a morte.

Mi sentivo grande e grosso, ma in realtà avevo paura di tutto.

Quando tornai a casa raccontai tutto ai miei, che mi presentarono la mia nuova bicicletta.

Non feci in tempo a vederla che già avevo deciso il suo nome, Scintilla Blu.

Papà voleva chiamarla solo Scintilla, mamma non voleva darle un nome e Poe, non lo so, non parlo il canese.

Presi la Scintilla Blu e mi diressi verso il mio nuovo istituto.

Con le cuffie all'orecchie, non badavo a chi o a cosa mi stava intorno.

Entravo quasi in un mondo parallello, in cui abitavo io e nessun altro.

Nessuno poteva conoscere quel mondo, quel mondo era mio.

Non mi accorsi neanche che sul marciapiede dietro di me, c'era mio padre che stava andando al lavoro.

Egli lavorava in una fabbrica di dentifrici e aveva il turno la mattina e il tardo pomeriggio.

Quel lavoro non gli piaceva proprio, ma per l'amore che provava verso di noi, avrebbe fatto pure lo spazzino pur di racimolare qualche soldo per la nostra famiglia.

D'altronde, mia mamma faceva la casalinga e non guadagnava tanto.

Finalmente arrivai all'istituto Bear High School e parcheggiai la Scintilla con tanto di lucchetto.

Ci fecero andare in Aula Magna, dove spiegarono tutti quei progetti inutili che si fanno durante l'anno.

Passai il tempo a cercare Lucy tra i presenti nella sala e a far finta di ascoltare mentre in realtà, giocavo a Clash Royale con la modalità silenzioso.

“Hey, a che arena sei?”- mi chiese un tizio grassottello.

Mi trattenni dalle risate per non offenderlo.

Sembrava Augustus Gloop de La Fabbrica Di Cioccolato e se conoscete quest'opera, sapete che non è un complimento

“Arena Sei”

“Mamma mia che bravo! E che carte hai?”

“Ce le ho belle.”

“Quanto belle?”

Mi innervosii.

“Belle e basta.”

“Ma belle...”

“Basta!”- urlai.

“Voi due lì in fondo, separatevi”- disse la preside che ci stava accogliendo.

“Allora dopo me lo dici!”- bisbigliò Augustus Gloop.

Mi venne da tirargli un cazzotto.

Quanto mai mi ero messo vicino a quello.

La presentazione durò qualcosa come 1 ora e 30 minuti, mi annoiai a morte.

Fu così che ci smistarono per classe e ci affidarono un'insegnante da portarci in aula.

La nostra insegnante, fu quella di Matematica e Scienze.

Una signora sulla cinquantina, dai capelli biondo platino e dalle numerose rughe.

Odiavo la matematica, ma quella professoressa sembrava simpatica e anche carina.

Odio il termine carino, sembra detto da una ragazzina smielata e innamorata.

Arrivammo alla nostra aula.

Augustus Gloop era della mia classe.

Mi stavo già stancando di quella nuova scuola.

E quando al “Augustus Factor?” il grassoccio rispose “Presente!” non feci a meno di ridere.

“Blake Fash?”

“Presente”- dissi con voce soffocata.

E dopo l'appello, fatto in piedi, ci sedemmo casualmente.

Mi chiesi perchè il fato era così cattivo, da ritrovarmi Augustus di fianco a me.

Mi sorrise, con quei denti storti e l'apparecchio.

Quasi si dimenticò di Clash Royale e aprì un altro discorso.

“Puoi chiamarmi Augustus,August,Aug...”

“E se io non volessi chiamarti?”

Ero stato un po'acido lo so, ma non mi sarei mai aspettato di avere un compagno di banco così.

“Ti piacciono i Greenday?”

Prima di rispondere pensai al modo di chiudere il discorso.

Ovviamente i Greenday, li adoravo.

“No, mi fanno ribrezzo.Come tutta la musica.Preferisco il calcio”.

Pensai fosse una strategia per fargli chiudere quella bocca.

“Ah, menomale!Pensavo fossi uno di quelli sfigati!Qual'è la tua squadra preferita?”

Alzai gli occhi al cielo.

“La mia squadra del cuore è staizittomihairottolepalle TEAM”

“Oh si, anche io la adoro.”

A quanto pare, Gloop, era uno di quelle persone con problemi sociali.

Si capiva già da subito che avrebbe fatto di tutto pur di avermi come amico.

Piuttosto che rifiutarlo, preferii assecondarlo, nonostante non fosse il mio tipo.

“Posso chiamarti Gloop?”

Sorrise senza capire.

“Chiamami come vuoi!”

Aveva bisogno di un amico, lo capivo.

Con tutto questo trambusto, mi scordai di Lucy.

La cercai con lo sguardo.

Niente.

“Si, signor Fash?”

“Ma Lucy Gentle, prof?”

L'insegnante mi guardò, come se fosse sperduta in un' isola.

Guardò il registro e poi, la sua faccia me lo fece capire, le arrivò un impulso nervoso al cervello che per poco non la illuminò di una luce travolgente.

“Oh, non ha saputo la notizia?”

“Quale notizia, mi scusi.”

“Ha avuto una forma tumorale nella pelle, poverina. Due notti fa è deceduta.”

Il mondo mi crollò addosso.

I sensi di colpa mi pervasero.

Per quale motivo non ne sapevo nulla?

Perchè non ero andato a trovarla durante le vacanze estive?

Ero stato uno scemo, ecco cosa ero stato.

Ecco perchè la sua famiglia non si faceva sentire per tanto tempo, ecco perchè lei e Duff si erano lasciati, ecco perchè mamma di Lucy non ne parlava più.

Lucy era malata.

Quasi mi arrabbiai con l'universo, poiché non mi aveva servito questa notizia precedentemente alla sua morte.

Mi venne una voglia immensa di spaccare il mio banco e andarmene via, da quella topaia.

Un pomeriggio sarei andato a trovarla al cimitero.

Non si meritava questa fine.

Era sempre gentile, gioiosa e si faceva sempre apprezzare.

Per me era una ventata d'aria fresca durante un caldo africano.

Era una tazza di cioccolata nel più gelido degli inverni.

Lei era semplicemente, parte di me.

Chiesi alla mia nuova insegnante il permesso di andare in bagno.

Ovviamente, avevo mentito a mia madre.

Nelle tasche tenevo un accendino e un pacchetto di sigarette.

Quel che mi ci voleva era proprio una sigaretta.

Chiusi la porta e mi avvicinai alla finestra, perseguitato da sensi di colpa.

“Blake, chi si rivede!”

Era Duff, il suo ex ragazzo.

“Ti è arrivata la notizia?”

Non avevo voglia di parlare.

Mi limitai ad annuire con la testa.

“Un pacchetto di sigarette?Pensi sia questo il modo di uscirne da questa situazione?”

“Senti, non stare qua a fare i discorsetti da insegnante di scienze delle medie, che mi fai salire i nervi.”

Erano le 8.45.

“Placati,amico. Intendevo che io ho roba più buona.”

“Intendi erba?”

“Nah, quella non si fuma da parecchio tempo. Io ho la MDMA.”

“Io ho la YMCA, è meglio.”

Si mise a ridere.

Volevo avere un minimo di senso dell'umorismo, ma non ci riuscivo.

Se non per qualche stupida freddura.

“E pensare, che pochi mesi fa era la mia ragazza.”

Stavo per chiedergli una cosa, ma mi bloccai quando disse una cosa che mi fece estremamente innervosire.

“Ma tanto adesso ho Evangeline, ormai Lucy è acqua passata.”

Lo guardai con sguardo demoniaco.

Tirò fuori dalla tasca, una bustina trasparente.

“E com'è, questa roba?”

“È una pasticca colorata, la ingoi e il gioco è fatto.”

“Cosa intendi per il gioco è fatto?”

“Che..ecco...ti darò altre informazioni dopo che l'avrei presa”

“Mi vuoi forse uccidere?”

“M-ma ti pare?Sei un fratello per me.”

Non avevo scelta.

Fui stupido, ma ero troppo triste per rendermi conto di quello che stavo per fare.

Ne presi una azzurra e la ingoiai.

“Speriamo sia quella giusta..”

Fu l'ultima cosa che sentì, perchè mi si annebbiò completamente il cervello.

Caddi in un'oscurità totale che mi soffocò.

Ero come un canarino in gabbia, una zanzara in un cattura zanzare, un pesce in un acquario.

Non vedevo niente, ero come cieco.

Sentì la mia testa cedere e il mio corpo cadere.

Le vene nelle mie braccia erano come congelate.

La testa quasi si staccava dal mio collo e la mia bocca era tirata da ambi i lati da due dentisti.

Non ero più io.

Blake non era quell'ingenuo che si impasticcava, no.

Preferiva morire per una sigaretta che per una droga data da un “amico”.

La mente offuscata, ma le orecchie ben aperte.

Avevo sentito la frase di Duff, anche se non la capivo.

Ero in estasi.

Non so come, ma successe qualcosa all'improvviso.

Mi ritornò la ragione.

Come finito un black-out.

Aprì lentamente gli occhi.

Ero ancora in bagno.

Il mio orologio da polso segnava le 8.45, lo stesso orario di quando avevo ingoiato la pasticca.

“Blake, chi si rivede!”

Ma era uno scherzo?

Duff era tornato.

“Mi stai prendendo in giro?!”

“Ma cosa stai dicendo?”

“Lo so che hai tentato di uccidermi con quelle pasticche.”

“Quali pasticche?”

“Quelle che hai in tasca, imbecille.”

Fece per prendere qualcosa dalle tasche e tirò fuori le mani vuote.

Essendo sicuro di ciò che stavo facendo, misi due mani in tasche diverse.

Riuscii a prendere la bustina.

“Come lo sai?”

“Beh, me ne hai fatta appena ingoiare una...”.

“Ma cosa stai dicendo?Le ho prese adesso.”
“E io dovrei crederti?”

“Te lo giuro, vedi, sono diciotto pasticche.E io ne ho sempre diciotto.”

In effetti, aveva ragione.

Se io ne avessi già mangiata una, sarebbero rimaste diciassette pasticche.

Ero confuso, ma anche felice di non essere morto per quella cosa.

Rientrai in classe.

“Tutto bene, signor Fash?”

“Si, prof. Sono solo un po' scosso.”

“Accomodati ora.”

“Stavamo dicendo...i numeri primi sono...”

“Hey, Black. Tutt'apposto?”.

“Mi chiamo Blake. Comunque si,Gloop.”

“Io preferisco Black.”

Odio quando mi chiamano Black.

Già alle elementari, Helene, la mia maestra di italiano mi chiamava così.

“Black, cos'è il predicato nominale?”.

Che nervoso.

Poi alle medie non ebbi problemi, mi chiamavano semplicemente Fash.

“Black, ti piacciono i telefilm?Io adoro Una mamma per amica!”

Mi venne da ridere.

“Nah, non fanno per me.Preferisco i film cult anni '80.”

Nonostante il pensiero di avere come compagno di banco un ciccione sfigato, mi dovetti ricredere.

Per la sua ingenuità, lo apprezzavo.

Forse essere ingenui, non è poi così tanto male.

Stare con lui a parlare, durante le lezioni, mi fece completamente scordare di Lucy e della pasticca che avevo ingoiato qualche ora prima.

Ormai tutto era dimenticato.

O almeno, così pensavo.

Suonò la campanella e finirono le lezioni.

“Allora ci vediamo domani, Gloop.”

“A domani, Black.”

Sorrise.

 

 

   
 
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