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Autore: _only_ hope_    11/08/2018    6 recensioni
In una città qualunque c'è una chiesetta, e vicino alla chiesetta c'è un convento.
Nel convento vive Padre Alton, che a dire la verità trascorre più tempo nella chiesetta che nel convento.
Betty invece vive un po' di qua e un po' di là. È atea, ma approda nella chiesetta per ben tre volte, a distanza di anni, sempre nel giorno del suo compleanno, senza sapere il perché, incontrando Padre Alton in tutte e tre le occasioni.
[partecipa al contest "Sex, Drugs & Rock N' Roll" indetto da LeVamp e elli2998 sul forum di EFP]
[partecipa al contest "Una storia per un quadro" indetto da wurags sul forum di EFP]
[partecipa al contest "My special day" indetto da Soul_Shine sul forum di EFP]
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Tre compleanni e un frate



Cera una chiesa in centro città, una chiesa piccola e buia, in cui però a mezzogiorno arrivavano i raggi del sole: si infrangevano sul rosone, portandosi dietro un mosaico di colori che faceva risplendere a giorno gli spazi, dando vita ad un gioco di sfumature che lasciava a bocca aperta. Padre Alton viveva nel convento adiacente da ormai dodici anni e amava trascorrere il suo tempo in quel piccolo buco buio: incontrava i fedeli, celebrava la Messa del mattino e pregava. Considerava l’Adorazione eucaristica la forma più elevata di preghiera ed era in grado di rimanere prostrato davanti al tabernacolo per ore, senza percepire più nulla del mondo: solo lui e Gesù Cristo.

Era mezzogiorno quando incontrò Betty per la prima volta, poco dopo aver concluso la Confessione dell'anziana Signora Stefani, che era malata di Alzheimer, ma non aveva ancora accettato la realtà: quel giorno gli aveva descritto con rimorso il suo adulterio, peccato commesso nei confronti di un marito ormai defunto da anni, ma che lei riteneva ancora vivo e vegeto.

"Marlene, mi potrebbe dire in che anno siamo?"

"Oh, caro, soffri di vuoti di memoria? Il 1982, ovviamente".

Ovviamente.

Spedendo in un angolino la sua preoccupazione, stava ridendo tra sé e nel mentre si scusava con il Signore, gli occhi fissi sul tabernacolo, ma anche lui era un essere umano, dopotutto, e c'erano situazioni che trovava divertenti. Certo non avrebbe sbandierato la storia ai quattro venti, dato c'era il segreto del confessionale: un vero peccato non poterla condividere con i suoi confratelli.

Fu in quel momento, mentre si dirigeva verso l'altare, che notò una ragazzina seduta in un banco più o meno a metà chiesa: le sue braccia erano incrociate, appoggiate sulle ginocchia, il suo viso fissava il crocifisso con sfida. I suoi capelli biondi erano raccolti in una coda disordinata, e gli occhi erano cerchiati di rosso, mentre i residui delle lacrime ancora le rigavano il volto. Lo seguì con lo sguardo mentre lui percorreva la navata e nel mentre i loro occhi si incrociarono, quindi Padre Alton si avvicinò a lei, portandosi dritto in piedi al lato opposto del banco su cui era seduta.

"Stai pregando?" le chiese con un sorriso. Anche la rabbia è preghiera.

Lei soffocò una risata sarcastica:

"No" rispose, secca.

"Beh, non ti avrei certo derisa".

Lei lo squadrò da capo a piedi: un uomo in una chiesa, in pantaloni e camicia blu, ma con il collarino ecclesiastico bianco sotto al colletto e una grande croce di legno appesa al petto. I capelli erano tagliati corti, gli occhi azzurri la fissavano curiosi.

"Sei un prete: è ovvio" rispose lei, polemica, e lui la corresse prima che lei riuscisse a continuare.

"Sono un frate, in realtà". Lei alzò le spalle, fingendo di aver capito tutto, ma in realtà si stava chiedendo perché lui non portasse quella lunga veste marrone che i frati portavano di solito. "E poi sono atea" ribatté. "E non mi dica che la Messa è bella: il mio migliore amico era cristiano e andava tutte le domeniche in chiesa. L'ho accompagnato una volta e non ci ho più riprovato: era meno noioso giocare da sola per tutta la mattina".

"Neanche a me piaceva la Messa, da piccolo" le rispose lui, sedendosi e poggiando un ginocchio sul legno verniciato, così da essere voltato di lato per guardare la ragazzina, ma senza dare le spalle al Signore. Lei sostenne il suo sguardo, rispondendo quasi canzonatoria:

"Ma poi ha avuto l'illuminazione divina e -oh, Cielo- che figa la Messa, che fighi quei canti da moribondi, che-".

Inaspettatamente l'uomo scoppiò a ridere.

"Non è andata esattamente così, ma è una descrizione interessante".

Betty sbuffò mentre roteava gli occhi.

"Però ho un amico che si professava ateo, ma che una volta sono riuscito a trascinare in chiesa: è accaduto anni e anni fa, eravamo entrambi ragazzini, e quel giorno è rimasto affascinato dai canti, dalla consacrazione, dalle letture". Il Padre si bloccò per un attimo, immerso nei suoi pensieri, poi si lasciò andare ad un'altra risata. "Beh, in realtà gli era piaciuto tutto!"

"Mi faccia indovinare: è diventato prete anche lui".

"Oh, non ne ho idea: di certo non ha studiato con me".

"Bene, e ora mi dirà l'orario della Messa di domani e mi inviterà a venire, immagino, dato che la Messa cura tutti i mali!"

Lo stava sfidando apertamente, ma lui non abboccò all'amo, le mani giunte, gli occhi fissi in quelli di lei, che però sfuggirono ben presto.

"Se questo è quello che vuoi puoi venire a Messa o in qualsiasi altro momento, ma ti devo deludere: la Messa non cura tutti i mali. Può essere un sostegno nei momenti di difficoltà, sì. Conosco molte persone che trovano conforto e tranquillità nel momento della Messa, ma altre lo trovano nella preghiera solitaria, altri nell'aiutare gli altri: dipende da persona a persona, ma se lo si cerca Dio c'è". Per qualche momento era riuscito ad attirare lo sguardo quasi curioso di quella ragazzina, anche se nei suoi occhi color del mare era rimasto un po' di sano scetticismo; per qualche secondo si erano addirittura accesi, ma quell'ultima frase la fece ripiombare nel baratro: gli occhi si spensero, le braccia si incrociarono di nuovo, la schiena si appoggiò di colpo sullo schienale del banco.

Dall'altro lato, Padre Alton nella sua vita aveva già incrociato ragazzini come lei, rancorosi nei confronti del mondo, senza cure, quasi soli: magari si sbagliava, ma era quasi certo che lei appartenesse a quella categoria. Solitamente quelli erano i ragazzi che lo sfidavano, quelli che sembrava avessero voglia solo di fargli saltare i nervi, ma dietro a quella facciata si nascondeva il bisogno di rassicurazioni e di risposte: volevano avere fiducia, ma nella loro vita non trovavano il motivo di averne.

"Come ti chiami?" le chiese dopo molti minuti, dato che lei non se n'era andata né aveva ricominciato a parlare, attirando nuovamente lo sguardo di lei: questa volta, però, era sprezzante e lo squadrò da capo a piedi.

"A mio padre fanno schifo quelli come lei, lui li odia i frati del cazzo, e non so neanche perché sono in questo buco di merda".

Quanti anni avrà avuto quella ragazzina? Dodici? Tredici? Il suo linguaggio era duro, disilluso, disinibito, ma allo stesso tempo quelle parole dovevano esserle state a lungo proibite: c'era ancora una certa titubanza nella sua voce.

"Magari voi fare solo il contrario di quello che vuole tuo padre".

Suo padre... bella faccia tosta aveva il frate, a nominarlo.

"La sai la novità, frate? A mio padre non frega niente di quello che faccio o non faccio: è impegnato a salvarsi le chiappe dalla prigione" gli rispose a tono, mentre nella mente rimbalzavano le immagini di incontri troppo corti, avvocati in giacca e cravatta in casa, grida e silenzi. Aveva avuto un padre fino a qualche mese prima: un padre che tornava dal lavoro con il sorriso, un padre che la accompagnava a fare shopping, un padre che trovava seduto sul divano a leggere (o dormire su un libro) quando ritornava da una festa con gli amici, e a cui lasciava un bacio sulla guancia quando passava di lì. All'ultimo bacio che aveva provato a dargli, allungata sul tavolo che divide, lui aveva allontanato il viso.

Anche quel giorno era andata da lui, ma lui non aveva neppure voluto vederla: aspettava il suo avvocato e non aveva neppure riferito un messaggio, né aveva fatto dire di ritornare più tardi. Se n'era dimenticato, così come la madre, incollata ad una bottiglia dalle cinque del mattino.

Padre Alton non rispose: rimase a fissare il tabernacolo, chiese aiuto per non dire parole di troppo, e allo stesso tempo disse una veloce preghiera per quella famiglia.

Betty, osservandolo, soffocò una risata amara.

"Neanche i frati sanno cosa dire quando mi vedono. Non mi suggerisce neanche di pregare, frate?"

L'altro ci mise qualche secondo per risponderle. "Se vuoi possiamo pregare, ma se non vuoi lo posso fare io per tutti e due. Mi hai detto che non credi, no?"

Magari, invece, quella ragazzina avrebbe soltanto voluto credere in qualcosa, credere che qualcuno l'avrebbe aiutata, credere- cercava qualcuno in quella chiesa, ma non si sa se soltanto una persona con cui sfogarsi oppure un Dio su cui contare. Inaspettatamente, però, quelle parole la fecero scoppiare.

"Non credo perché non serve a un cazzo" sussurrò, tagliente. "Mi risparmi i sermoni sul suo cazzo di Dio, perché se un Dio ci fosse anche se non prego non mi lascerebbe sola in questa cazzo di situazione, a lavare il vomito di una madre ubriaca e a cancellare dalla lista tutti gli amici che non rispondono al telefono. Non mi avrebbe mandata a vivere in una casa schifosa che a momenti non ha neanche l'acqua corrente, non-" il tono di voce aumentava in proporzione al carico emotivo che usciva dalla sua bocca, e proprio sulle parole finali la voce si incrinò e Betty scoppiò a piangere, chiudendosi a riccio sulle ginocchia, pensando al padre, pensando alla madre, pensando alla sua vita che fino a due mesi prima era perfetta. Padre Alton la osservò, le mise anche una mano sulla testa, prendendosi uno schiaffo in risposta. Chissà cosa viveva a casa quella ragazzina, e probabilmente sarebbe stato il caso che la segnalasse ai servizi sociali, solo per scrupolo, ma il problema era che non conosceva né il suo nome, né il suo indirizzo, senza contare che probabilmente non erano affari suoi. No, no, invece sì che erano affari suoi: si trattava di una minore in difficoltà, che apparentemente nessuno si curava di aiutare, neppure la scuola. Però lui non ne sapeva nulla, magari era già segnalata, magari era in attesa di essere spostata in una famiglia affidataria, magari-

Non fece in tempo a concludere i suoi pensieri che la ragazzina era scomparsa: il portone in legno si chiuse con un tonfo, ma lui non la rincorse. Non la rincorse, perché aveva chiaramente bisogno di spazio. Non la rincorse, ma si pentì amaramente di non averle detto che sarebbe potuta tornare in qualunque momento.

 

Betty, però, tornò una seconda volta: era di nuovo primavera, e Padre Alton lo ricorda ancora perché tre giorni prima, il 30 maggio, si era sposata sua nipote, proprio nella sua chiesetta, e le rose bianche ancora adornavano l'altare. Portava il casco sottobraccio ed era lì solo di passaggio, dato che aveva un appuntamento con un'anziana di lì a venti minuti: aveva giusto il tempo per fare un salutino veloce al Signore.

"Che cosa fa con un casco? Va a fare una rapina in motocicletta?"

Una voce lo raggiunse: c'era una ragazza in fondo alla chiesa, in piedi accanto all'acquasantiera. Avrà avuto sì e no diciott'anni, gli occhi blu emanavano sfida, i capelli biondi erano raccolti in una coda alta, spargendosi ai lati della testa, e ben si abbinavano alla minigonna in jeans e alla canottiera rossa. Decisamente quello non era l'abbigliamento più consono ad un luogo di preghiera, ma Padre Alton sapeva decidere quando conveniva redarguire i fedeli e quando invece chiudere un occhio. Si scusò mentalmente con il suo Signore e sorrise alla ragazza, ma non fece in tempo a rivolgerle un saluto che lei riprese a parlare e il tono di voce gli risultò stranamente famigliare.

"Tanti auguri a me, frate, sono maggiorenne! Si ricorda chi sono? La sfigata che è venuta qualche anno fa, proprio in questo giorno schifoso che si chiama compleanno. Ricorda? Quella con il padre in galera e la madre ubriacona. Solo che se non sbaglio non era ancora un'ubriacona e lavorava pure qualche ora, alzava il gomito solo ogni tanto. Sa che ha i capelli più grigi? Dovrebbe tingerli".

Fu nel mezzo di quel discorso che lui ricordò quel momento di tanti anni prima, a seguito della Confessione della povera Signora Stefani.

"I frati non apprezzano le spese inutili, cara-"

"Betty, mi chiami Betty".

"Dicevo, Betty, che quindi tingermi i capelli non è un'opzione".

"Posso procurarle io una bella tinta, come regalo, così sarebbe costretto ad usarla".

"Senza offesa, penso che a quel punto la donerei a qualcuno che ne ha bisogno".

"Lei ne ha bisogno, frate".

Lui roteò gli occhi, ma sorrise, per poi avvicinarsi di qualche passo.

"Comunque non è del tutto corretto chiamarmi 'frate': sono un padre, ovvero un frate che svolge anche le funzioni del sacerdote".

"Un frate-prete, quindi. Magnifico" rispose lei, sarcasticamente fingendo entusiasmo. Padre Alton scosse la testa, avvicinandosi ancora a lei e sedendosi su una delle panche in fondo alla chiesa, a qualche metro di distanza dalle acquasantiere, dimentico del suo appuntamento.

"Come stai, Betty?" le chiese, al che lei si voltò di scatto verso di lui, un sorriso ad incorniciarle il volto.

"Alla grande!" esclamò, e sembrava sincera. "Ho trovato un lavoro, riesco a pagare le bollette".

Un lavoro per cui aveva mollato quella scuola schifosa e trascorreva le giornate sulla strada. Aveva incontrato Dozzo ad un angolo: Dozzo che aveva subito notato le sue potenzialità da venditrice e l'aveva osservata a lungo prima di decidere di rivolgerle la parola.

"Che tipo di lavoro?"

"Vendo merce porta a porta: può sembrare uno schifo, ma è figo: sa, mi gestisco gli orari da me, organizzo presentazioni, queste cose qui".

"Prodotti buoni?"

Il frate -pardon, padre- sembrava sospettoso.

"Creme, bagnoschiuma, prodotti di bellezza, quelle robe lì. Prima che mio padre venisse incarcerato mi piaceva truccarmi: sono brava in queste cose".

Grazie a quel lavoro aveva ricominciato a prendersi cura di sé, dicendo addio ai felponi e ri-accogliendo con gioia ombretti, mascara e fondotinta.

"Lei, invece, che cosa fa tutto il giorno, oltre a dire Messa?" chiese, onde evitare ulteriori domande, lasciando Padre Alton leggermente spiazzato: raramente un giovane come Betty gli rivolgeva domande del genere, con una tranquillità di quel tipo. Senza contare che sembrava davvero serena, in pace, rispetto al loro ultimo incontro.

"Vivo con i miei confratelli, aiuto i bisognosi, confesso, prego. Mi piace molto pregare, ma non posso passare la vita a fare solo quello, sennò sarei diventato monaco di clausura, o un eremita. Vivo con altre cinque persone, delle età più diverse, e al piano di sotto vive una famiglia che ha perso la sua casa. Mi occupo della mensa dei poveri e di alcuni alloggi per senzatetto, anche se in passato ho lavorato per alcuni periodi come cappellano del carcere. Poi incontro persone, in questa chiesetta o a casa loro, e penso che questo sia una delle parti che più amo del mio lavoro".

"Quindi è felice di incontrare degli sfigati come me". Betty, dietro alla sua durezza, era sinceramente curiosa.

"Non definirei nessuno 'sfigato': siamo tutti persone, e penso che in un modo o nell'altro combattiamo tutti delle battaglie nel nostro piccolo".

"Lei?"

"Sfide quotidiane, rimorsi, rimpianti".

"Amore segreto?"

"Sorella morta a diciassette anni".

"Oh".

Ora era lui che tentava di evitare ulteriori domande, per quanto ormai fosse quasi in pace con il suo passato e sapesse che aprirsi era il modo migliore per far aprire gli altri, per costruire fiducia. Dopo la morte della sorella aveva scoperto il conforto della preghiera, e in una chiesa aveva trovato un buon padre spirituale, padre che ancora oggi incontrava.

"Ho avuto anche qualche crisi di fede, sai: non pensare che noi frati ne siamo immuni".

"Sempre atea, ma bel tentativo".

Lui alzò le spalle. "Sono ancora un frate, dopotutto. Senti, dato che è il tuo compleanno, che ne dici se ti offro una torta?"

"No, grazie, ma apprezzo il pensiero. Non festeggio: non ne ho motivo".

Anche se un motivo per festeggiare forse lo aveva: per la prima volta aveva dimenticato il padre, non aveva neppure tentato di andare a trovarlo in quel giorno che lui per anni aveva saputo rendere tanto speciale. Il compleanno però non si festeggia se si ha una vita spezzata, o se si vive per strada: è solo motivo di ulteriore tristezza, è solo un pretesto per invidiare ciò che si aveva o ciò che si è sempre spiato nelle vite degli altri. Nel giorno del suo compleanno Bob era morto buttandosi dal balcone della casa in cui si svolgeva la festa, nell’illusione da LSD di essere un supereroe. Martin invece era pulito da un mese quando l'anno prima, il 2 giugno, Betty guardando a sbafo un giornale aveva visto una sua foto: morto in un incidente, aveva lasciato sole la futura moglie e la figlioletta. Un altro padre andato via troppo presto.

Improvvisamente le venne in mente Luis, suo cliente abituale, che aveva perso la moglie e un figlio e avrebbe dovuto occuparsi della bambina rimasta, ma era troppo impegnato a cercare la sua spacciatrice per le strade. Dopodiché le parole vennero spontanee:

"Ho conosciuto un tizio, uno che vive per strada e si droga. Mi ha detto che era cattolico, una volta, che ha sempre rispettato Dio, è sempre andato a Messa, ha insegnato tutto ai figli. Ma poi la vita lo ha fregato e Dio è stato a guardare. Niente ricompensa, niente aiuto, niente miracolo. Un cazzo, niente di niente. Come fa a stare a guardare, Lei? Guardare lo schifo del mondo dalla sua chiesetta e credere ancora. Quello dice che ha smesso di pregare".

Padre Alton all'inizio non rispose, ma fissò il tabernacolo, per poi puntare gli occhi su Betty.

"Tu che dici?"

"Di che cosa? Del perché Lei crede in un Dio stronzo?"

Lui non la redarguì, ma annuì, serio.

"Perché è un povero illuso" borbottò lei in risposta: la vita frega sempre, in un modo o nell'altro, e gli uomini hanno sempre la peggio, tutti, nessuno escluso. Dio non arrivava mai in soccorso di nessuno. Forse avrebbe dovuto cercarsi un monastero buddhista, e non quella chiesa: la meditazione almeno faceva bene anche se non si credeva, mentre i frati facevano solo saltare i nervi.

"Hai ragione" rispose intanto lui, inaspettatamente. "Sia sull’ingiustizia, sia sul fatto che sono un illuso. Ma non sono un illuso perché credo che Dio non ci aiuti, anzi. Lo sono perché credo negli uomini, proprio come fa Dio. Sai, c’è una storia che racconta un dialogo tra un uomo e Dio: lui si lamenta perché Dio non fa niente per il mondo, che è pieno di ingiustizie e crudeltà, e sai che cosa gli risponde Dio? Gli dice: 'Io ho già fatto qualcosa per il mondo: ho creato te!'".

"Bel modo per lavarsene le mani".

"O per responsabilizzarsi, dipende dai punti di vista" .

"Io non posso sconfiggere la fame nel mondo, né far finire le guerre, né far pentire i prigionieri".

"Ma puoi fare qualcosa nel tuo piccolo".

A quelle parole un pensiero le balzò in testa, ma lei fu rapida a toglierselo dai piedi: no, non avrebbe potuto risolvere il problema dei drogati, neppure togliendosi dal mercato. Almeno aveva roba buona.

"E comunque facciamo parte di qualcosa di più grande: chissà quali sono i piani di Dio. Siamo tutti tasselli di un enorme puzzle che un giorno ci sarà chiaro".

"Filosofico. Altro modo per lavarsene le mani".

"Tu intanto prova a fare qualcosa nel tuo piccolo. E a pregare, magari: non è mai troppo tardi per cominciare a credere, sai? Io trovo forza nella preghiera, e spesso l'aiuto arriva, magari nei modi più inaspettati".

"Lei non è il mio aiuto".

"Mai pensato. Ti va un giro in moto?"

"Così pregherò di non morire? Bella trovata, ma vado a piedi".



"Sa, Padre, ci stavo pensando: secondo me andrò all'inferno".

Era ricomparsa una terza volta: Padre Alton dapprima aveva udito un sussurro cantato, decisamente intonato, intervallato da scoppi di risa, e guardandosi attorno l'aveva notata in fondo alla chiesa, sdraiata a terra, la guancia sulle fredde piastrelle, e le si era seduto accanto, sul pavimento, senza parlare. Gli abiti che indossava erano simili a quelli dell'incontro precedente: quasi inesistenti.

"E perché mai?"

"Perché sono atea, ma anche perché sono una spacciatrice, Padre. E mi drogo e faccio drogare la gente e allora la gente si droga e io mi drogo e vivo in un monolocale che fa schifo in uno schifo di casa. Il vicino però compra la roba".

Fu tra quelle parole che l'uomo notò i suoi occhi rossi e le pupille dilatate.

"C’è sempre tempo per rimediare, no? " disse, ma lei non gli diede ascolto.

"Oh, sa che sembra quasi una Confessione, questa? Ma io non credo in Dio, Padre, quindi non mi confessi". In realtà dopo il loro ultimo incontro ci aveva provato a pregare, ma non era andata bene: nessun aiuto era arrivato, per quanto ci avesse provato, quindi ci aveva rinunciato dopo aver ricevuto l’ennesima batosta dalla vita.

"Che fine ha fatto tua madre, Betty? Non vivi più con lei?"

"Magari la stronza è morta: andata, via, coma etilico, soffocata nel vomito. Bah, non me ne frega un cazzo. A lei non gliene fregava un cazzo. Sa che a volte faccio la puttana per guadagnare di più? Ieri ci ho provato con Dozzo, ma non ha voluto. Stronzo, non mi ha neanche dato la paga ieri. Oh, che bello, un uccello che vola vola vola" esclamò indicando un dipinto.

"Sì, è un bel dipinto".

"Paf, uccello schiacciato!" esclamò avvicinando le mani con uno schiocco, per poi rimettersi a cantare.

"That's me in the corner / That's me in the spotlight / Losing my religion / Trying to keep up with you / And I don't know if I can do it / Oh no, I've said too much / I haven't said enough"

La conosceva anche lui, quella canzone, l'aveva cantata così spesso in passato, a tratti anche con trasporto, credendoci appieno.

"Sa che ieri ho pensato che avrei potuto buttarmi giù dal ponte? O dalla circonvallazione. Tanto a nessuno mancherei, non pensa? Una drogata che fa pure la puttana: sarebbero tutti contenti se schiattassi, pure Dozzo. Oh, e mia madre farebbe i salti di gioia. Oh life, it's bigger / It's bigger than you / And you are not me". Betty cantava, riempiva ogni singolo silenzio con quella canzone.

"A me mancheresti" commentò lui, avendo valutato velocemente che quello che avrebbe voluto dire riguardava il fatto che sicuramente sarebbe mancata anche a Dozzo e a sua madre, ma non era sicuro del rapporto che Betty avesse con queste persone.

Il viso della giovane si alzò di scatto, e gli occhi per un nanosecondo sembrarono lucidi e speranzosi, supplichevoli quasi, ma durò solo un attimo: quello dopo lei scoppiò a ridere, sostenendo che lui non la conosceva, che se l'avesse conosciuta l'avrebbe disprezzata. Ma forse era meglio così: il frate non avrebbe mai saputo che Dozzo era un pezzo grosso dello spaccio, che l'aveva reclutata in un periodo di magra, le forniva la roba e le pagava lo stipendio, mentre sua madre l’aveva cacciata di casa anni e anni prima, gridandole che era esattamente come suo padre. Forse in fondo, sì, al frate qualcosa di lei importava, e forse era per quel motivo che aveva continuato a recarsi in quella chiesa. O forse perché le luci erano belle. O per quell’uccellino sul quadro… ma non l'aveva appena ucciso tra le sue mani?

"Puoi venire a stare da noi per un periodo, se vuoi: possiamo darti una mano" tentò intanto Padre Alton, attirando di nuovo l’attenzione di quello sguardo ora perplesso, nonostante sapesse che l'oblio della droga le impediva di restare lucida e che qualche ora dopo avrebbe molto probabilmente dimenticato tutto di quell'incontro.

Si ritrovò a paragonare gli effetti della droga alla sua amata Adorazione: lui e Betty avevano entrambi un loro piccolo modo personale per allontanarsi dalla realtà, dimenticarsi (anche se non totalmente) di tutto e di tutti, ma allo stesso tempo essere fortemente ancorati al qui ed ora, ed entrambi si affidavano ad un agente esterno: lei ad una polverina bianca o ad una siringa, lui a Dio. Sfuggivano da quella vita per l'appunto troppo grande, ma uno dei due non lo faceva nel modo più giusto. Del resto, come biasimarla?

"Ehi, Padre, però io non credo nell'inferno" disse intanto Betty in mezzo alle sue strofe, mentre scoppiava a ridere. "Quindi non posso andare nell'inferno se non ci credo. Per me non c'è niente dopo la morte: ho solo questa vita. Cazzo, Padre, sto sprecando la mia unica vita, sono proprio una cogliona. Ma perché si chiama Padre, Lei? Non è il padre di nessuno, non può avere figli. E poi io non voglio chiamare nessuno ‘padre’ e mi sa che ricomincerò a chiamarla frate se per lei va bene. Alton poi è un nome ridicolo, sa? E lei non è neanche alto. Sì, forse un po', di sicuro non è un tappo, ma comunque non è alto come i giocatori di basket o come mio padre".

Non gli lasciò neppure il tempo di commentare: si tirò a sedere di scatto, barcollando per un istante, per poi guardarlo dritto negli occhi, per quanto l'oblio le permettesse. Mare nel mare.

"Ma sa che mi sono ricordata perché sono venuta qui?" esclamò mettendosi una mano in tasca ed estraendone un pacchetto contenente della polvere bianca: cocaina, probabilmente. O eroina.

"Se sono la regina dello spaccio posso spacciare a tutti. Crede anche lei che io sia la regina dello spaccio, vero?"

"Può essere, Betty, ma-".

"Vero che vuole la roba? È buona, mica come quello schifo che danno di solito, mica come-".

"No, grazie, Betty".

"Tanto lo so che vuole provarla. Oh, magari l'ha già provata: ha una motocicletta e magari andava in giro ad ascoltare rock e a drogarsi quando era giovane".

Lui sorrise. "Può essere, ma-".

Si era quasi drogato, un giorno, con gli amici, a vent'anni, e ci aveva riprovato qualche mese dopo, ma non ci era mai riuscito, in testa il prepotente ricordo della sorella riversa a terra sul pavimento gelido, le labbra livide.

"È il mio compleanno, Padre: potrebbe prenderne e festeggiare con me. Possiamo andare anche sulla circonvallazione".

"Possiamo andare a mangiare una torta. Posso comprarti una candelina".

"Ventitré". Il suo viso divenne assorto per un istante.

"Come, scusa?"

"Ventitré, ne servono ventitré. Ma comunque le torte sono una stronzata: non festeggio un compleanno da quando mio padre è in cella. Mia madre neanche se lo ricorda. Che poi non so neanche perché vengo qua. Quindi vuole la roba?"

Quel giorno Padre Alton scoprì che una Betty drogata era ancor più testarda del solito, ma lui resistette e quasi riuscì a convincerla a seguirlo in convento per farsi una doccia, ma proprio quando si fu alzata lo fissò dritto negli occhi.

"Niente soldi niente roba" disse semplicemente. "Grazie lo stesso" concluse prima di allontanarsi barcollando e sbattendo contro le acquasantiere dell'ingresso. "Sappia che mi ha delusa".

Non lo pensava davvero, al frate lei voleva quasi bene, ma così dicendo lui di sicuro l'avrebbe seguita correndo, decidendo di compiacerla anche se forse avrebbe gettato la sua preziosa roba nel cesso o l'avrebbe portata ai carabinieri. Oppure avrebbe fatto un festino con i suoi amici frati: rise all'idea.

Padre Alton, però, rimase fermo al suo posto, e dopo qualche passo Betty si dimenticò della sua idea, così come scordò l'incontro appena concluso.

 

Padre Alton rivide Betty un'ultima volta, molti anni dopo, quando i capelli non erano più soltanto brizzolati, ma bianchi spumeggianti. Quel giorno c'era una bara nella chiesetta con il rosone, una bara in legno chiaro, con un'iscrizione al centro. Era ancora una volta il 2 giugno. Tra le lacrime un:

"Buon compleanno, Betty”.



I thought that I heard you laughing

I thought that I heard you sing

I think I thought I saw you try

(REM - Losing my religion)

 

 

 

Angoletto di Hope-barra-Gio:

Caro lettore, grazie per essere arrivato fin qui :)

Ho lasciato il finale volutamente aperto, non spiegando appieno le circostanze di questo ultimo incontro: uno dei due è morto? Entrambi? È il funerale di qualcun altro?

Il Rating è arancione per la tematica trattata e per il linguaggo utilizzato. Quest'ultimo nei dialoghi e nel flusso di pensieri spesso è volutamente grammaticalmente "scorretto".

Betty si ispira all'omonima canzone dei Baustelle, mentre i pezzi di canzone sparsi per il testo sono tratti da Losing My Religion dei REM.

Questa storia è legata alla raccolta di Drabble "Betty. Discesa nell'inferno-paradiso" e ne ripercorre i passi, ma con spunti diversi.

 

 

 

 

 

  
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