Fumetti/Cartoni americani > Capitan America
Segui la storia  |       
Autore: Nescio17    11/08/2018    0 recensioni
1 novembre 1942, New York City
Steve Rogers è un giovane americano affascinato dalla guerra e voglioso di andarci per difendere il proprio paese, ma impossibilitato dalle sue condizioni di salute. Luisa McGrath è una giovane ragazza originaria dell'Irlanda, la migliore amica di Steve. Quando Steve viene scelto per un programma e diventa un Super Soldato, la guerra avrà inizio.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Riserva scientifica strategica, ecco devo ero finito. Una divisione nuova di zecca, ideata appositamente dallo Stato, formata dai migliori uomini scelti, dove i miei quaranta chili non passavano di certo inosservati. Solo uno di noi sarebbe stato scelto per un programma che ancora ci era oscuro, ma a me non interessava, volevo solo prepararmi al meglio. Gli allenamenti erano faticosi, estenuanti e il fiato, a causa dell’asma mi mancava spesso: ero sempre l’ultimo. I ragazzi riuscivano spesso a complicarmi la vita, rendendo gli allenamenti ancora più faticosi di quanto già non lo fossero: si divertivano molto. Quel giorno l’aria era stranamente calda e si aggrappava ai miei polmoni come se volesse strapparmeli, ogni respiro era più faticoso di un giro di corsa e il sudore colava copioso lungo la schiena e la fronte. “Marlon hai sentito di quella divisione d’assalto aerea segreta? Dicono che i piloti siano tutte donne. Non mi dispiacerebbe incontrarle!” Gilmore Hodge rise divertito alla sua stessa battuta mentre, con leggerezza e senza fatica, faceva le sue flessioni. La mia mente si accese come un faro nella buia notte: non so perché, ma ebbi uno strano presentimento; come se i dubbi di una vita trovassero un’ipotetica soluzione. “Hodge chiudi il becco e usa quelle braccia! Forza femminucce! Queste me le chiamate flessioni!? Muovetevi!” Il generale Flanagan sbraitava quasi con la bava alla bocca: un uomo alto e nerboruto con qualche cicatrice per completare il tutto. Sudava anche lui nella sua tenuta perfettamente inamidata che però risentiva del caldo. “Stevens muoviti o te ne faccio fare il doppio!” sbraitò nuovamente. La mente stava iniziando ad annebbiarsi e la vista andava e veniva. Vidi in lontananza il colonello Chester Phillips discutere con lo scienziato Abraham Erskine: era grazie a lui se ero riuscito ad entrare, lui mi aveva dato una possibilità e io gli ero riconoscente. “Granata!” Sentii la voce del colonello chiara e limpida, la granata che cadeva pesante come un sasso in mezzo a noi che facevamo le flessioni: si scatenò il caos. Tutti si lanciarono in direzione opposta, mentre io feci il contrario: mi lanciai sulla bomba coprendola con il corpo. “Allontanatevi!” Gridai sperando che nessuno rimanesse nel raggio della bomba: non so cosa mi spinse a farlo, ma mi sembrava la cosa più giusta da fare e la feci: ripensai a tutte quelle volte in cui mi ero ritrovato nei vicoli ciechi a prenderle di santa ragione o quelle volte in cui cercavo di aiutare qualcuno, ma finiva sempre male per me. Quello ero io: il triste ragazzo di Brooklyn, rimasto senza genitori e senza soldi. Qualche secondo dopo mi accorsi dell’assenza dell’esplosione: alzai lo sguardo e mi guardai attorno. Il colonello e Erskine mi fissavano incuriositi mentre gli altri avevano capito che la bomba era una di quelle da esercitazione. Mi sollevai togliendomi la polvere di dosso e con il chiaro presentimento che quella sera mi sarebbe arrivata una notizia. Ogni sera le scrivevo una lettera, cercavo di scriverle tutto quello che mi era capitato anche se non ce n’era bisogno: a Luisa bastava sapere che stessi bene, nulla più. Ero lì, al chiarore della lampada che scrivevo quando Erskine arrivò: la notizia mi era stata data, ero stato scelto per l’esperimento. “Posso Rogers?” Alzai lo sguardo dalle ultime righe. “Venga pure.” Si avvicinò con una bottiglia e due bicchieri. Soffermò più del dovuto gli occhi sul foglio che tenevo stretto nelle mani. “Qualcuno che ti aspetta in città?” Mi fece l’occhiolino. “Solo una cara amica.” Ripiegai il foglietto e lo nascosi sotto il cuscino in attesa di completarlo. “Posso farle una domanda?” sorrise divertito. “Solo una?” annuii. “Perché proprio io?” Erskine sembrò rifletterci sopra, corrucciando leggermente la fronte. “Sai Steve, tante volte le persone pensavo che per vincere una guerra ci vogliano i muscoli, la forza. Ma ciò che ne decide le sorti è sempre il valore degli uomini, non solo la loro forza.” Annuii cercando di assimilare quelle parole e nella mia mente, stranamente, sorsero come lucciole le parole di Hodge: non so perché, ma volevo saperne di più, ne ero attirato come una mosca e il miele. “Signore cosa sa dirmi di una divisione d’assalto segreta formata da sole donne?” Erskine mi guardò come se avessi bevuto: cosa che, per altro, attendevo di fare non appena mi avesse offerto il bicchiere. “Esiste tale divisione, vengono chiamate i fantasmi alati. E’ un'altra divisione speciale dell’esercito americano. Cosa non si fa per battere il nemico?” Sorrise e nel frattempo mi porse il bicchiere. Brindammo e decisi di non fare ulteriori domande sull’argomento, notando come avesse subito sviato. Attesi che se ne andasse e poi finii la lettera scrivendo anche di quell’incontro notturno con Erskine. La mattina era nebbiosa, tipica delle giornate autunnali a Brooklyn. La condensa si mescolava ai fumi delle industrie e ai vapori emessi dalle roboanti macchine che sfrecciavano lungo le vie lastricate. Ero in macchina con il colonello e Erskine, schiacciato fra i due come un bambino appena poco adolescente: osservavo fuori la città che si svegliava frenetica. Arrivammo davanti a un negozio di libri d’antiquariato e appena entrammo le pareti mi ricordarono il caldo negozio di Luisa: me la figurai intenta a cucire bellissimi abiti o sistemare vecchi cappotti a cui lei riusciva a donare nuova vita. Seduta sul suo sgabello in legno, gli occhiali sulla punta del naso e le mani intente a cucire con maestria i fili che le pendevano lungo le gambe longilinee. Tante volte le avevo tenuto compagnia la sera, mentre lei cuciva io le leggevo dei libri che ovviamente per me erano incomprensibili: amava quelle storie lontane, quei popoli a cui si sentiva di appartenere. Passammo attraverso una porticina che conduceva ad un laboratorio ben nascosto: era lì che Erskine lavorava grazie ai fondi di Howard Stark, uno degli uomini più ricchi d’America. La sala era asettica, uomini andava avanti e indietro con cartelle, fogli, strumenti in mano; chiacchieravano, discutevano e farneticavano su formule o possibili problemi. In quegli attimi l’ansia rischiò di prendere il sopravvento, mi sentivo tutt’un tratto terrorizzato dall’idea che potesse succedermi qualcosa. “Rogers se sei pronto incominciamo.” La voce dello scienziato giunse da lontano, quasi ovattata da tutto quel trambusto. Annuii semplicemente, spogliandomi dei miei abiti e rimanendo in pantaloni: entrai in quella struttura simile a un grande siluro e quando la porta si chiuse mi accorsi di star trattenendo il respiro. Da dentro vedevo i dottori affaccendarsi e i giornalisti sistemarsi insieme al colonello e a Erskine: se tutto fosse andato bene, l’America non avrebbe più avuto paura di nessuno. Nel silenzio di quel sarcofago le idee si calmarono e l’unica figura che ne emerse fu il suo viso candido, la pelle rivestita di lentiggini, gli occhi marroni che mi scrutavano sereni: indossava un paio di pantaloni da uomo con lunghe bretelle per sostenere la stoffa troppo grande, una camicia bianca ormai rovinata dalle macchie di olio e una chiave inglese stretta nel pugno. Quel giorno l’avevo trovata nel garage di suo nonno a lavorare su una macchina e mi ero sorpreso: mai l’avevo vista più bella, non la solita Luisa vestita bene e ordinata, ma una ragazza fuori dal comune che si rimboccava le maniche e lavorava tra bulloni e viti. Non sentii quando venne dato il via, ma il mio corpo fu riempito di aghi: una bianca luce fredda mi invase gli occhi e tutto sembrò fermarsi.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Capitan America / Vai alla pagina dell'autore: Nescio17