DISCLAIMER: I personaggi
sotto trattati non mi appartengono.
Questa storia è stata
scritta senza alcun scopo di lucro.
Stand by Me
♦ Riferimenti: Fine dell’episodio 13x4, “It Was a Very Good Year”; episodio 14x2, “Take the Money and Run”.
La
prima volta che lo senti davvero,
è nel dolore.
Lo
guardi, ed è come se un
velo ti avesse coperto gli occhi fino a quell’istante;
non pensavi che il cuore
avrebbe gridato così davanti a quelle lacrime a stento
trattenute,
vero? Eppure ora siete qui, vicini
e allo stesso tempo separati da un vetro, dalle carezze di una
malinconia che riempie la
stanza come una
seconda musica; siete qui,
sono qui,
vorresti aggiungere alle parole che gli hai già detto,
mentre
lentamente ti sfiori un braccio
e immagini che sia il suo.
Chissà
se Greg riuscirebbe a sentirti, ora, sotto quelle dita che si tendono
verso ricordi e sorrisi che non ritorneranno mai
più; te lo chiedi mentre
chini lo sguardo e dolcemente indietreggi, conscia del fatto che
questa notte lui la dovrà
passare solamente con le
sue ferite, con sé stesso
e un pianto silenzioso.
“Ma
tu non
sei solo; no,
nemmeno
adesso lo sei”,
sussurri alla sua figura
mentre ritorni alla tua postazione e ti prepari ad andartene sotto un
cielo lontano, punteggiato di astri e memoria —
lo guarderò io per te;
e facendolo ti penserò più del solito.
Il
tuo letto, lo sai, sarà più freddo in queste ore;
perché tutto ciò
che ti trovi a desiderare è avere accanto il suo corpo da
stringere,
da consolare e cullare, un volto su cui scorgere un sorriso e il
bagliore di un nuovo giorno.
Il
meglio deve ancora venire,
gli hai sussurrato; e giungerà con il tempo, Morgan, lo
farà
davvero se tu gli sarai sempre accanto.
Anche
se la mente di Greg è ora lontana, trattieni la sua mano;
così non
sarà mai troppo distante, né smarrito.
Non
temere: sei già sulla sua strada, più di
quanto tu creda…
…
Non
hai mai pensato di essere proprio tu il suo futuro?
La
prima volta in cui la guardi davvero, è nella prova.
Ha
paura —
tanta, tanta paura —,
anche se possiede abbastanza forza da provare a domarla; il silenzio
vi lega, vi accomuna in pensieri, tremiti e apparenze,
perché tu sei
così preoccupato per lei che non riesci a fingere di
sorridere, o
anche solo di restare concentrato.
Siete
nella cameretta di un bambino: quante volte hai immaginato di
ritrovarti in una stanza simile insieme a Morgan, in una casa da
chiamare vostra?
In quelle visioni la osservi sempre cantare, accoccolata sul
davanzale di una finestra e con un piccolo tra le braccia, il corpo
reso caldo e fremente da un’altra
notte d’amore;
l’alba
filtra dai vetri come un velo leggero e una benedizione, e non c’è
un altro luogo dove tu vorresti, o
potresti,
stare.
Ora
davanti a te non c’è
una madre, ma una donna che ha altrettanto bisogno di te; c’è
un cuore che si trova a implorare che nessun altro subisca
ciò che
ha provato e sopportato lui, e c’è
una preghiera. Rimani
con me,
quasi la senti sussurrare, perché
temo il buio e l’assenza;
rimani con me, per favore.
Vi
guardate, alla fine: Morgan stringe ancora il pupazzo del bimbo e
allenta la presa su di esso solo quando le tue braccia l’avvolgono,
portandola via dal mondo e dai suoi fantasmi. Allora, la sua barriera
cede e può essere nuovamente sé stessa,
perché tu le offri un
rifugio in cui liberarsi.
“Vorrei
fermare il tempo e restare qui per sempre”, l’ascolti
mormorare mentre il giorno fugge; “Nei tuoi pensieri puoi
farlo
ogni volta che vuoi, e io sarò lì”, rispondi piano.
È
così che l’incubo
inizia a morire; è così che si è
realmente forti, insieme. Nulla
può fermare un cuore determinato a proteggere:
perché l’amore
è l’unica
corazza che non può essere distrutta e quella che rende
migliori, e voi vivete con essa.