Serie TV > Hannibal
Ricorda la storia  |       
Autore: MadLucy    15/08/2018    0 recensioni
{Hannibal/Will | Hannigram | mpreg | fluffangst | what if | segue il canon fino alla 3x07 | preg!Will}
Hannibal sorrise, commosso. «Quindi lo hai già scoperto.»
Will socchiuse gli occhi. Il concepimento è un atto oscuro, per certi versi simile alla contaminazione. L'ovulo che fagocita il gamete, come una violenza muta. La scissione di una cellula in due, lo sdoppiamento inquietante come quello di un essere con due teste, la moltiplicazione febbrile, come una raffica di proiettili, come durante lo sviluppo di un cancro. Una formicolante frenesia di affermazione. La morte e la vita si assomigliano sempre un po'.
«La tazza si è rotta. I pezzi non si rimetteranno insieme mai più» ripetè Will. «Io sto solo cercando di arrangiare i frammenti della distruzione che ti sei lasciato dietro.»
«Non mi sono lasciato dietro solo distruzione» osservò Hannibal.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Un po' tutti, Will Graham
Note: What if? | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ci era andato direttamente, da un posto all'altro. Dallo studio di ardesia verde, con il contenitore a muro di salviette ruvide come carta da macero, alla cella del Baltimore State Hospital for the Criminally Insane. Lo avevano lasciato passare, avevano tutti visto le sue foto sul giornale. Perlopiù la stessa foto che aveva sul tesserino di riconoscimento, il mento sporco di barba, lo sguardo sprofondato sotto gli occhiali. Non fecero domande, anche se era evidente che andarci a parlare non aveva senso -come se fosse un eremita, un barbone pazzo, qualcuno a cui si accondiscende perchè non farà del bene ma nemmeno del male. 
Hannibal era ancora legato. Non avevano già cominciato a sottovalutarlo. La camicia di forza era un sacco bianco ottico, le cinghie che lo attraversavano per costringerlo al supporto sembravano cinture di sicurezza. E l'espressione era quella posata, paziente, annoiata, di un viaggiatore nella sua auto. 
«Non immaginavo che ti saresti concesso di cedere alla tentazione così facilmente» commentò, leggero, come se non avessero mai smesso di parlare. 
Will bussò sulla barriera che li divideva. A prova d'armi da fuoco, di mostro. Qualcosa per esseri selvaggi e incontrollabili. Già solo questo era un insulto. Ma un insulto non era una pena sufficiente. 
«Il modo in cui ci siamo detti addio non era esaustivo. Tutto qui» affermò. Non aveva paura, e nemmeno rimpianto. Era lo stato d'animo perfetto, perchè non sentiva niente. Tutto quello che provava aveva risalito la spina dorsale e gli aveva morsicato la nuca, ed era rimasto lì. 
L'avere qualcosa da perdere lo aveva reso audace, quasi incrollabile.
«Questo umore sovreccitato non ti fa bene» commentò Hannibal, compassato come un mero educatore anaffettivo.
«Sei sempre stato convinto di sapere cosa fosse il meglio per me» lo accusò Will, senza concludere la frase. 
La cella sembrava la biblioteca appena stuccata di un palazzo d'epoca, con una griglia di scaffali vuoti e fregi dorati. C'era un finto caminetto, e un tavolo alto e sottile come un banco di scuola. Era una scenografia in bianco, da ritagliare, per costruire una casa delle bambole. Con le linee tratteggiate dove dovevano passare le forbici. Come il pennarello di Cordell sul suo viso. 
«Sei arrabbiato, dunque» osservò Hannibal. «Cosa non ti piaceva del nostro ultimo addio?»
Will scrutò quella che doveva essere la sua vittoria. Quella vacuità fessa, quel vuoto glaciale... Quella camicia di forza. Poteva la fortuna di qualcuno iniziare lì, in quel sotterraneo chic di alta sicurezza? Aveva un suo squallore, nonostante la discreta sontuosità. 
«Questo non è un gioco a somma zero. Le carte in tavola sono cambiate» mormorò Will, distratto. Stava osservando la barba di Hannibal, lasciata crescere un po' più del solito. Si vede che non gli permettevano di rasarsi regolarmente. Immaginò quelli che doveva avere a casa, argentei e in ordine nelle scatole come posate, e poi quelli di plastica nera del manicomio. Rievocò la sensazione di carezzarla contropelo.
Prima di te.
Dopo di te.

Hannibal sorrise, commosso. «Quindi lo hai già scoperto.»  
Will socchiuse gli occhi. Il concepimento è un atto oscuro, per certi versi simile alla contaminazione. L'ovulo che fagocita il gamete, come una violenza muta. La scissione di una cellula in due, lo sdoppiamento inquietante come quello di un essere con due teste, la moltiplicazione febbrile, come una raffica di proiettili, come durante lo sviluppo di un cancro. Una formicolante frenesia di affermazione. La morte e la vita si assomigliano sempre un po'. 
«La tazza si è rotta. I pezzi non si rimetteranno insieme mai più» ripetè Will. «Io sto solo cercando di arrangiare i frammenti della distruzione che ti sei lasciato dietro.»
«Non mi sono lasciato dietro solo distruzione» osservò Hannibal. Il suo sguardo era sdilinquito. «Dovrai aggiungere una nuova stanza al tuo palazzo mentale. Fare spazio per qualcosa di nuovo.»
Will aggrottò la fronte, disgustato. La consapevolezza incise la sua fronte, lasciando il segno nella fessura tra le sopracciglia. «Lo sapevi.»
«Volevo che la sua esistenza trovasse principio a Firenze» mormorò Hannibal, pensoso. «Una città le cui fondamenta sono sommerse nell'ispirazione. Il suo fango è argilla. Qualsiasi cosa vi sorga, è intrisa della sua storia, d'arte e di sangue.»
Will pensò alla cupola di Santa Maria del Fiore, un grembo rosso di bellezza brutale. Gli arti sotto sforzo del Ratto delle Sabine. «Solo l'ennesima delle tue manipolazioni.» 
Hannibal ora lo fissava con attenzione. «Quello che credevi perduto è tornato da te, nell'unico modo possibile.» 
Il girocollo di sangue di Abigail che schizzava sulle loro mani. Il suo sguardo sguarnito, bisognoso di tutto. Le sue mani senza forza, che non riuscivano a stringere. 
«Hai commesso un grave errore» asserì Will. Aveva la gola chiusa. Gli era venuto in mente un ricordo d'ombra, del passato, un vicino con appena la licenza elementare che si lamentava che la gatta figliava troppo, e aveva buttato tre micini in un secchio di catrame. Le piccole teste che cercavano di tirarsi su, verso l'ossigeno, mentre le zampette si impastoiavano in quella pece nera e si indurivano come sassi, e morivano di tutto, di fame, di strazio. La vita non germoglia ovunque. Se invischiata in condizioni sfavorevoli, soffoca, si consuma piano piano. Pensò al proprio corpo, guasto, provato, vulnerabile a tutte le intemperie. Pensò ai propri incubi. Lunghi, coscienti deliri, sprazzi in una trafila d'insonnia. Mostri in ogni armadio. «Portare un figlio nel mondo è qualcosa che solo chi sa vivere dovrebbe fare.» 
«Quindi cosa farai, Will?» chiese Hannibal, monocorde, senza curiosità. «Imparerai a vivere? O ti lascerai morire?»
Will impugnò il suo sguardo, lo analizzò, lo trattenne e poi mollò con violenza, come se lo stesse afferrando per quelle stupide cinghie di sicurezza. Sarebbero servite a lui, le cinghie di sicurezza.
«Forse lo hai fatto addirittura apposta, non per creare qualcosa ma per convincermi ad abortire spontaneamente, per causare un nuovo mare di sangue.» Una nuova resa. Una nuova sconfitta. Will, solo, che scopriva di avere perso. Perchè, di nuovo, aveva solo Hannibal, come Hannibal aveva solo lui. E far apparire tutto ciò come una scelta.
Will non aveva più solo Hannibal. Però già intuiva dietro l'angolo un altro tipo di sconfitta. Sarà come me, pensò Will, intenerito e ripugnato. Non voleva che fosse come lui. Che avesse paura di se stesso, che si prendesse a cuore ciò che lo distruggeva. Che tutto lo spingesse come un fato d'inevitabilità. Nessuno si merita di nascere sotto una cattiva stella, di avere già così tanto di sè determinato dall'inizio. 
Hannibal non lo negò con fermezza. «Quella che sta crescendo dentro di te è un'opportunità. Io ne sono biologicamente per metà responsabile, ed effettivamente l'unico responsabile. Rispetterò e supporterò la tua decisione, qualsiasi essa sia. Le tue opzioni sono aperte come quelle di chiunque nelle tue condizioni. Ma ovviamente, se mi sono premurato di lasciare che questo accadesse, è perchè ritengo che i tuoi tratti siano degni di essere preservati.»
Allucinazioni, pavor nocturnus, nevrosi, predisposizione al cancro, pensò Will. «Hai permesso che mi sparassero. Hai cercato di tagliarmi il cranio a metà.»
«Non era a metà, Will» lo corresse Hannibal, bonario, calmo. «E ti ho salvato la vita, subito dopo, se ben ricordi. Ti ho portato a casa.»
Will ricordava. La bocca che sa di chiuso. Le lenzuola spiegazzate. La loro strana distanza. Il folle istinto di chiedere a Hannibal di salire su quel letto, di dormire per sempre. Di addormentarsi e mollare tutta quella merda. Gli occhi di Hannibal dentro i suoi, già benedetti del santo segreto, quando aveva le mani dietro la testa e si era consegnato, le ginocchia sulla neve. Voglio che tu sappia esattamente dove sono e dove potrai sempre trovarmi. Quegli occhi che dicevano qualcosa in più, che lo avevano tormentato per giorni, fino a quel giorno. Quando tutto il piano era diventato chiaro davanti a lui. 
«Non mi vedrai mai più» scandì, come se lo stesse imprimendo sul proprio futuro, e ci volesse forza sufficiente.
Hannibal non parve intenzionato a contraddirlo. Non fissava più lui. Fissava il vuoto, triste, sognante.  
«Avrei cucinato pietanze perfettamente bilanciate rispetto alla quantità di vitamine che il tuo stato richiede.»
Cosa stava cercando di tirare su? Una nostalgia per qualcosa che non sarebbe mai potuto esistere? No, avresti rovinato tutto, pensò Will. Forse ti piace l'idea che saresti riuscito a farcela, ma non ce l'avresti fatta. Lo avresti odiato più di quanto lo avresti amato. Come hai odiato Abigail, alla fine. Anche se è una verità che non ti piace. Che ti spinge a raccontartene un'altra. 
«Non sei mai stato bravo a offrire opportunità a te stesso» dichiarò Will. Si concesse quella vista un'ultima volta, lo sguardo onnisciente e immoto, la banda di capelli color ferro sulla fronte, la linea della bocca, non scontenta, non rassegnata, forse solo assertiva. Gli parve assurdo che un corpo potesse essere stato così vicino e diventare dopo inaccessibile. Bastardo. Amore. Non voleva sapere più niente della sua mente, ma provò quasi un fastidio fisico all'idea di proibirsi la sua immagine per sempre. Girò i tacchi, prese la porta. Un rettangolo di luce profilato nel sotterraneo buio. 
Hannibal disse un'altra cosa, la disegnò nell'ampio spazio che li divideva, come se la barriera non ci fosse. Scagliò quell'ultima freccia. 
Will se ne andò.
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Hannibal / Vai alla pagina dell'autore: MadLucy