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Autore: Itzi    15/08/2018    21 recensioni
[STORIA INTERATTIVA -ISCRIZIONI CHIUSE]
Il ragazzo si appoggiò alla vetrina, studiandosi le unghie corte con finta noncuranza. «Perché, abbiamo cose di cui preoccuparci?»
            «I nostri cari vecinos avranno di nuovo fatto casino…Ottanta anni fa se ne sono usciti con quella cosa degli imperatori; abbiamo avuto le comunicazioni bloccate per mesi, un incubo!» Gesticolò con una mano, ritirando i soldi che gli aveva poggiato vicino alla cassa «Convivenza civile un cazzo. Entro la fine di questo secolo finirò per prendere qualcuno a calci in culo, me lo sento!»
           «Uuh, quindi… Siamo di fronte a uno scontro tra Pantheon ? Ma davvero?»
*****
«Non è stata colpa mia.» Da come Olivia lo guardò, dedusse che non era per nulla credibile.
            «Allora perché sei scappato?»
         «Perché tutti saltano alle conclusioni! Senti, ieri sera, è successo qualcosa.» Si avvicinò leggermente allo schermo, con fare furtivo, quasi avesse paura di essere ascoltato. «Qualcosa che la Casa non può più ignorare.»
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Ecate, Gli Dèi, Semidei Fanfiction Interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I
THE MAGICIAN
 
 

Firenze non le piaceva.
            Nora, maglione color panna e macchina fotografica al collo, era arrivata a quella conclusione durante la mattinata. Era il suo terzo giorno lì e, se all’inizio la caotica frenesia della città l’aveva lasciata stupita, costringendola a camminare con il naso per aria mentre raggiungeva l’hotel, adesso la infastidiva e basta.
            C’erano troppe cose da vedere, posti dove andare, e tutto le scorreva davanti agli occhi senza darle tempo di elaborare. Non faceva in tempo a scattare un paio di foto, che subito doveva fuggire. Verso un’altra destinazione, verso un programma che era stato compilato a puntino e che non poteva, in nessun modo, saltare.
            Forse, in realtà, il problema non era Firenze in sé, con gli edifici bianchi dai tetti di mattoni e quell’enorme cupola che svettava sempre in lontananza. Il problema era la gita di classe, e lei le gite di classe le odiava. Le veniva l’ansia a sapere di essere vincolata ad un gruppo di altre persone, e di non poter decidere spontaneamente dove andare e cosa fare.
            In un posto così bello, avrebbe solo voluto andarsene via; vagare per le strade senza meta, e saggiare sulla bocca la consistenza di una lingua straniera. Firenze sembrava il posto perfetto dove perdersi e scomparire per sempre.
            Willow, invece, era radiante. Le volteggiava a fianco, e spesso la prendeva a braccetto indicandole tutto ciò che aveva attirato la sua attenzione: case e fontane, piazzette dai marmi scheggiati e ristoranti indiani, rosoni elaborati e gatti randagi.
            L’aveva implorata di farle una foto davanti al negozio della Gucci in Piazza della Signoria e, quando si era messa in posa, i passanti si erano fermati ad osservala colpiti dalla sua bellezza. Sembrava una modella, piuttosto che una diciassettenne con gravi problemi di dislessia.
            Era bassina, con occhi nocciola leggermente a mandorla, il naso schiacciato e un caschetto di capelli mossi e biondissimi. Quel pomeriggio, aveva deciso di camminare entro il perimetro delle pietre che lastricavano la Galleria degli Uffizi, facendo esasperare la loro guida, già provata da ore di spiegazione in inglese. Aveva un fortissimo accento italiano, e Nora aveva percepito il disagio nella sua voce mentre si rapportava con un gruppo di adolescenti provenienti da un altro continente. Alla fine, aveva ceduto, e li aveva lasciati liberi di gironzolare tra le statue per qualche minuto.
            Willow aveva sfiorato con le dita le incisioni sul marmo, osservando curiosa Dante, Boccaccio e Petrarca, in posa nella loro trinità letteraria. Al confronto con quei mostri di pietra, sembrava ancora più minuta del solito, ma per nulla fuori posto. Le aveva scattato una foto, e poi erano tornate dal gruppo per continuare la visita.
            Il museo interno era, se possibile, ancora più suggestivo dell’esterno. Le pareti rosso scuro rivestite di quadri dalle cornici dorate, statue e calci in gesso al centro delle stanze. Non si poteva fotografare, e Nora si sforzò di imprimersi dietro le palpebre ogni più piccolo dettaglio che riuscisse a cogliere. Willow le si era avvicinata e avevano intrecciato i propri mignoli, continuando a camminare.
            Poi, l’avevano vista. Si trovava al centro di una fila ordinata di tele, che copriva tutta la parete di quel corridoio. Una recinzione di legno teneva i visitatori a debita distanza, e una sintetica didascalia, stampata in più lingue su un foglio plastificato, ne illustrava il contenuto. La guida si soffermò qualche istante in più, prima di riprendere il suo giro.
            Willow le strinse leggermente il dito mentre si posizionavano davanti, osservando il dipinto.
            La Venere di Botticelli le guardava, con un sorriso appena accennato sul volto di porcellana; lo sguardo di chi è appena nato ma ha già colto la vera essenza del mondo. Sullo sfondo, placide onde sfumavano sulla battigia, e per un istante Nora pensò di poter sentire l’odore della salsedine sulla pelle.
            «Com’è bella la mamma…»
            Un bisbiglio impercettibile, lungo come un battito di ciglia. Annuì piano senza distogliere lo sguardo.
            Willow si morse un labbro pensierosa, girando la testa.
            «Vi assomigliate un sacco.»
            «Non è vero.»
            Nora fissò sua sorella, la sua carnagione chiara, i capelli biondi fermati da un cerchietto di metallo dorato con stampe di foglie e fiori. La camicia di seta che indossava le scivolava larga sul corpo, increspandosi sui gomiti come la veste nel quadro. Sul petto le ricadevano sottili collane d’oro e d’argento.
            «Sei tu che somigli di più a lei, casomai.»  Disse. Erano una l’opposto dell’altra; e la sua pelle nera, insieme ai ricci afro, poco c’ entravano con la dea che avevano davanti agli occhi.
            «Non lo so.» La bionda alzò le spalle. «Avete lo stesso sguardo. E anche questa piega qui, sotto gli occhi…» Le toccò il viso con la mano libera, tracciando una linea leggera. «Davvero molto carina.»
            Nora tornò a guardare il dipinto, cercando di cogliere quei tratti in comune con la donna, senza successo.
            «Sarà…» Non provò nemmeno a nascondere lo scetticismo nella sua voce, e Willow rise divertita, mentre si spostavano per fare posto ad altri turisti. Uscendo, sentì distintamente uno sguardo divertito scivolargli lungo la schiena.

 
 
 
La scena aveva davvero del comico.
            Una vecchia signora, in coda davanti a lui, era ferma davanti alla vetrina della macelleria, intenta a sbraitare contro il ragazzo dall’altra parte del bancone.
            «Madre de Dios, abuela, vede per caso dei serpenti qua dentro? È una macelleria, mica un rettilario!»
            «Ma a me serve carne di serpente!» Replicò la donna, alzando minacciosamente un dito scheletrico e il tono di voce. «Mia nuora, pobre chica, non ne ha mai mangiato uno, viene dalla Svizzera!»
            «Beh, che peccato, ma qui serpenti non ne vendiamo. Né iguane. Né qualsiasi altro animale che dovrebbe starsene in mezzo alla foresta Pluviale!»
            Lucio puntò le mani sui fianchi, sforzandosi di non aggiungere altro. Le labbra serrate e la sottile vena che aveva cominciato a pulsargli al lato della fronte, testimoniavano il suo fastidio e la poca pazienza che gli era rimasta.
            «Che razza di macellaio è, se non vende la carne che mi serve?»
            «¡Jódete
            Emanuel rise senza neppure provare a nascondersi, davvero colpito dalla grazia che una divinità millenaria riusciva a utilizzare in momenti come quelli. Lucio alzò la testa e lo fulminò con lo sguardo, promettendogli una morte lenta e sanguinosa al prossimo accenno di risata.
            «Signora, perché non prova a chiedere al ristorante thailandese in centro? Magari le sanno dire dove trovare del serpente.» Si intromise, parlandole con tono gentile. La donna si voltò scettica, evidenziando le rughe sulla fronte.
            «O magari può portare sua nuora a mangiare lì.»
            «Non dire assurdità, chico, nessuno cucina il serpente come me!» Lo ammonì con il dito inquisitore. Si prese il tempo necessario per guardare male Lucio, e poi uscì dal negozio a passo spedito.
            Rimasti soli, Emanuel si avvicinò alla vetrina, prendendo il posto della donna. Dal modo in cui l’altro assottigliò gli occhi, capì di non essere riuscito a mascherare molto bene tutto il suo divertimento.
            «Non ci metto nulla a squartarti la gola, Manu.» Lo minacciò, afferrando uno dei coltelli che aveva sul ripiano. Nonostante non mettesse in dubbio le sue parole, ormai aveva ascoltato così tante dichiarazioni di morte e torture, che la prima cosa che gli venne spontanea fu ridere.
            «In negozio? Sai che spreco, poi ti tocca pure pulire. Comunque, a mamma serve un chilo e mezzo di manzo, stasera fa il chili. E chiede anche se domenica vieni a mangiare da noi.»
            «Non lo so, devo finire di studiare.» La bocca gli si trasformò in una smorfia schifata al solo pensiero di prendere un libro in mano. Recuperò dalla vetrina un grosso trancio di carne, e cominciò a tagliarlo con movimenti rapidi e precisi.
            «Ma se hai quattromila anni! Avrai visto di persona quello che c’è scritto nei libri, non ti serve a niente studiare.»
            Lucio gli puntò di nuovo contro la lama del coltello.
            «Sta’ zitto, ti conviene. Prima quella vecchia decrepita, poi tu… Oggi è la giornata nazionale del “spariamo cazzate e diamo fastidio a Lucio”, per caso?»
            «Ma davvero ti ha chiesto anche dell’iguana?» Colse l’occasione per chiederglielo, cambiando completamente argomento.
            «¡Sì!» Il dio alzò entrambe le braccia al cielo «Quella pazza! Un’iguana! Il mio animale sacro!»
            Emanuel rise vedendo la reazione dell’altro, che adesso aveva preso a tagliare a cubetti la carne selezionata. Aveva il grembiule sporco di sangue, e i capelli scuri serrati in una crocchia ben ordinata.
            «Che eresia.»
            «Sul serio. Come se non avessi altre cose di cui preoccuparmi, al momento…»
             Il ragazzo si appoggiò alla vetrina, studiandosi le unghie corte con finta noncuranza. «Perché, abbiamo cose di cui preoccuparci?»
            Lucio schioccò la lingua, incartando la carne. Ormai si conoscevano da così tanti anni, che Emanuel sapeva riconoscere immediatamente le sue emozioni solo osservandone i gesti. Si vedeva che c’era qualcosa che lo infastidiva, qualcosa di noioso che avrebbe messo a soqquadro la sua tanto sudata quotidianità.
            «I nostri cari vecinos avranno di nuovo fatto casino…Ottanta anni fa se ne sono usciti con quella cosa degli imperatori; abbiamo avuto le comunicazioni bloccate per mesi, un incubo!» Gesticolò con una mano, ritirando i soldi che gli aveva poggiato vicino alla cassa «Convivenza civile un cazzo. Entro la fine di questo secolo finirò per prendere qualcuno a calci in culo, me lo sento!»
            «Uuh, quindi… Siamo di fronte a uno scontro tra Pantheon? Ma davvero?»
            Il moro lo fissò serio, porgendogli il sacchetto. Per un momento, Emanuel percepì la sua vera essenza, la rabbia repressa di quattromila anni di umiliazione e impotenza, il potere della magia che gli scorreva nelle vene. Gli mancò il fiato.
            «Non avrai una parola di più da me. Ne parliamo domani a scuola.»
            Prese la carne, e si sistemò gli occhiali con un dito, sotto lo sguardo dell’altro.
            «…Già. La scuola. Il luogo adatto per una divinità.» L’atmosfera precipitò drasticamente, e Lucio gli mostrò molto elegantemente il dito medio, aumentando le sue risate.
            «Muoviti ad andare a casa, e non azzardarti a passare davanti all’Hotel di Alejandro! Quel dannato colibrì ha solo una brutta influenza su di te.»
            «Ma ti senti? Sembri mia madre!»
            Emanuel lo salutò, ridendo, oltrepassando la soglia e sparendo nelle strade trafficate di Città del Messico.
 

 
 
Si accomodò su uno dei divanetti color crema che costeggiavano le pareti della caffetteria. Gli interni riprendevano, con paurosa precisione, gli unici due toni che sembravano essere presenti all’interno del locale: verde e beige. Sopra il bancone, la scritta Starbucks campeggiava in grosse lettere lucide di vernice.
            Aprì il Mac, controllò di avere una connessione decente, e poi avviò Skype, aspettando. nella barra dei contatti, Olivia divenne online, e subito una sequela di messaggi fece capolino dalla chat.
 


            Non fece in tempo a leggerli tutti, che la schermata gli si bloccò, rivelando la chiamata della ragazza. Accettò, e si ritrovò davanti due occhi azzurri glaciali e adirati.
            «Bonjour, ma chère.»
            Olivia prese un respiro profondo, nonostante fosse palese quanta voglia avesse di urlargli contro. Si era rifatta la tinta, e i suoi capelli adesso avevano il colore del vino, con riflessi viola scuro.
            «Maximillien.» Sciorinò, enfatizzando il suo nome completo. «Maximillien
            «So come mi chiamo, ma a quanto pare il barista no.»
            Sul suo bicchiere di Caramel Caffè, il ragazzo del bancone aveva scritto con l’indelebile Maximilian, togliendo qualche lettera, e cambiandone qualcun’altra. Però era carino, perciò lo perdonò senza troppe storie.
            «Non sono in vena.» Lo liquidò all’istante la giovane «Hai anche solo la minima idea di che cosa io abbia dovuto passare, per risolvere la tua ennesima bravata?»
            «No…?» Assottigliò lo sguardo, e il suo alter ego digitale, relegato in fondo allo schermo, fece lo stesso. Neanche lui se l’era passata bene, e nonostante avesse deciso di tenere gli occhiali da sole, le lenti sembravano non essere in grado di nascondere le sue occhiaie.
            «Bene, allora lascia che ti racconti di come io abbia passato la notte in bianco. Di come tutti i maghi del nostro Nomo abbiano provato a spegnere l’incendio che tu hai provocato. Di come anche i mortali si siano accorti di noi.»
            Olivia socchiuse gli occhi ad ogni punto, massaggiandosi le tempie con le dita. Ogni suo gesto trasmetteva furia, ma la cosa che davvero lo inquietava era il suo totale controllo. La sua pacatezza era agghiacciante.
            «Erm, Io…Io non lo sapevo…»
            «Certo che no. Sia mai che tu pensi prima alle conseguenze.» Un sospiro esasperato. «Perché mi fai questo, Max? Dammi un buon motivo per non esiliarti, ti prego… Perché io non so più da che parte girarmi.»
             Un silenzio teso calò tra loro. Il rosso si mordicchiò distrattamente un labbro, rigirandosi tra le mani la sua maxi porzione di caffè.
            «Non è stata colpa mia.» Da come Olivia lo guardò, incrociando le braccia e facendo arricciare il bordo della sua canotta, dedusse che non era per nulla credibile.
            «Allora perché sei scappato?»
            «Perché tutti saltano alle conclusioni! Senti, ieri sera, è successo qualcosa.» Si avvicinò leggermente allo schermo, con fare furtivo, quasi avesse paura di essere ascoltato. Si abbassò gli occhiali sul naso, rivelando due occhi grigi e stanchi. «Qualcosa che la Casa non può più ignorare.»
            Olivia non disse nulla, ma girò impercettibilmente la testa per guardarsi attorno.
            «Che cosa hai visto?»
            «Chi ha visto, semmai!» La corresse. «C’era un coccodrillo che se ne andava in giro per Montmartre, era un po’ grosso, ma nulla di che. Stavo per liberarmene quando la gente ha cominciato a fermarsi. E a urlare. Loro hanno visto, nitidamente, quello che è successo. Niente magia ad oscurargli la vista. E poi è successo il panico, con la polizia e i giornalisti: ho lanciato l’incantesimo ma ho perso il controllo, e il fuoco è divampato, come se non fossero quattordici anni che manipolo la magia elementare!»
            «E allora sei fuggito.»
            «Non avevo scelta.» Max alzò le mani in segno di resa. «Avrei solamente peggiorato la situazione. Ho provato ad andarmene, a utilizzare un passaggio nella Duat, e per poco non ci rimanevo secco. Mi sono precipitato in aeroporto e ho preso il primo volo per l’America.»
            «Tutto questo non ha senso…» La ragazza si premette il ponte del naso con le dita, esasperata. La sua bocca si era arricciata in una smorfia sofferente.
            «Ma è così. La nostra magia è stata compromessa, seppur per pochissimo tempo. Stamattina, ho provato con qualche geroglifico elementare, e non è successo nulla di strano. Ma ieri… Ieri mi sono sentito come se fosse stata la prima volta. Ed è stato, francamente, orribile.» Buttò giù una generosa sorsata di caffè, ormai tiepido. Il caramello gli scivolò in gola mischiato al latte, rendendogli la bocca dolciastra. «Devi per forza aver sentito qualcosa, Olivia. Sei l’ospite di Iside, e lei è la dea della magia.»
            Dall’altra parte dello schermo, la ragazza chiuse gli occhi.
            «Se davvero quello che mi dici è vero… La Duat e la nostra magia compromessa… Mi fa malissimo la testa…»
            Si lamentò un poco, e Max capì che non stava più parlando con lui, bensì con la sua parte divina. Qualsiasi cosa le stesse dicendo Iside, comunque, non sembrava per nulla incoraggiante. Aspettò in silenzio che Olivia si riprendesse, tornando a concentrarsi sul suo caffè: si sentiva abbastanza a disagio a vederla in quello stato così delicato, gli sembrava di violare la sua intimità. Alla fine, dopo un sospiro, lei tornò a guardarlo attraverso la webcam.
            «Dove sei adesso, stai bene?» Gli chiese stancamente. Sembrava prosciugata da tutte le energie, e anche i gioielli che indossava, gli orecchini e i piercing, sembravano essersi incupiti sulla sua pelle di cacao.
            «Chicago. Volevo fermarmi a New York , ma poi ho cambiato idea. Immagino che la notizia si sia diffusa in fretta, no?»
            «Sei diventato la nuova Sarah Jacobi. E si, sei ricercato in tutto il mondo, da praticamente tutti i Nomi.»
            Max fischiò in ammirazione, finendo quello che rimaneva della sua bevanda.
            «Non pensavo di avere tutto questo successo!»
            «Smettila di esserne entusiasta. Piuttosto, che cosa farai adesso?»
            «Beh, sai, stavo pensando…» Iniziò vago, roteando una mano davanti lo schermo. «Che, magari, potrei fare un salto a Long Island; dicono che la baia sia molto bella durante questo periodo dell’anno.»
            «No! Max, non puoi essere davvero così stupido!»
            «Sei tu che non capisci!» Questa volta, il ragazzo si era avvicinato così tanto allo schermo, che Olivia riusciva a vedere perfettamente il velo di barba che gli copriva le guance. «Potrebbe non essere solo un nostro problema, ma anche degli altri! La magia è l’unica cosa che ci unisce, e se qualcosa non va… Beh, magari questa volta non possiamo sbrigarcela da soli. E poi, non ho altri posti dove andare, e sinceramente preferirei non essere catturato, esiliato o ammazzato.»
            «Va bene, fa’ come ti pare.» La ragazza si accasciò sulla sedia. «Vedrò cosa posso fare per aiutarti. Ma tu, devi giurarmi che non peggiorerai le cose, in nessun modo possibile. È la tua ultima possibilità.»
            Maximillien le dedicò un sorriso morbido, gli occhi socchiusi in quel modo che trovava davvero irritante.
            «Vous ne le regretterez pas, Olivia.»
           

 
 
Per arrivare al castello di Praga bisognava percorrere una salita ripida, e svegliarsi presto la mattina per non fare troppa fila all’ingresso. Il complesso attorno all’edificio si estendeva per centinaia di metri, inglobando vecchi quartieri medievali, resti del periodo romano e l’immensa cattedrale di San Vito.
            Samuel aveva vagato a testa alta per le navate, cercando di inquadrare le enormi vetrate scintillanti. I colori si alternavano, creando giochi di luce sul pavimento della chiesa che affascinavano i turisti. Nonostante il brusio di sottofondo, l’atmosfera era rilassante.
            Si sentiva in pace con sé stesso. Di fronte all’altare, e le decorazioni d’oro e d’argento sullo sfondo, respirò la grandiosa maestosità di duemila anni di storia. I luoghi cristiani avevano sempre quell’essenza gravosa attorno a loro, a testimoniare una Volontà silente e onnipresente, difficile da figurare: un’eco lontano, indistinto e senza forma, così diverso dalla cruda materialità a cui era abituato.
            Allungò le braccia di lato, in un’imitazione del Crocifisso d’oro tre volte più grande davanti a lui. Alcuni turisti giapponesi trovarono la cosa divertente, e cominciarono a scattargli delle foto.
            Quando uscì era quasi mezzogiorno, e questo implicava la fine della sua visita in solitaria: doveva tornare all’albergo per le due e raggiungere suo padre e sua sorella. Non si ricordava dove dovessero andare quel pomeriggio – forse al campo di concentramento di Theresienstadt – ma gli avevano raccomandato di non fare tardi, perché la corriera aveva orari precisi e la loro guida non poteva sempre bloccare il programma per aspettarlo.
            Ripercorse a ritroso il grande spiazzo davanti alla cattedrale, dove gruppi di turisti stavano ammassati cercando di immortalare la facciata con smartphone e GoPro. Poi, la vide: seduta per terra, in un angolo discreto sotto le mura, c’era una ragazza con un Fedora nero in testa. Si guardava attorno, mischiando con cura un mazzo di carte. Tarocchi di Marsiglia.
            Non seppe resistere; nel giro di qualche secondo si era già diretto verso di lei, attirando l’attenzione delle persone lì attorno, già incuriosite. La ragazza alzò la testa quando lo vide, e Samuel le sorrise.
            «Ahoj!» La salutò in ceco, cercando di mascherare il suo pessimo accento. «Quanto viene un consulto?»
            Lei lo guardò per un attimo, perplessa dal cambio di lingua.
            «Cento corone.»
            Dal marsupio che teneva a tracolla, Samuel tirò fuori due scintillanti monete di metallo e le porse alla ragazza, sedendosi per terra di fronte a lei. La piccola folla attorno a loro si agitò un poco, e una signora tirò fuori il cellulare per immortalare il momento. Probabilmente sembravano una bella coppia; lei con quel cappello troppo grande e lui, la giacca kimono a stampe floreali, i capelli rosa, i jeans strappati e le calze a rete sotto di essi.
            «C’è qualcosa in particolare che vuoi sapere? Le carte possono darti le risposte che cerchi. Amore, amicizia, fortuna… Puoi fare una domanda su qualsiasi argomento.» Gli spiegò, poggiando il mazzo in mezzo a loro. Il retro delle carte era plastificato, con la stampa di una ragazza con in mano un canestro di frutta.
            «Non lo so. Non penso di cercare risposte, piuttosto… Un consiglio.»
            Sì, consiglio era proprio la parola giusta. La ragazza annuì con la testa e divise il mazzo in tre parti uguali.
            «Scegline uno.»
            Samuel indugiò qualche istante, prima di decidersi. Se si concentrava, riusciva a sentire il potere delle carte, la magia che gli scorreva sulle braccia in modo così famigliare da farlo sentire a casa.
            «Questo.» indicò il mazzetto in mezzo. La giovane lettrice scartò gli altri, e con un gesto della mano gli sistemò i tarocchi davanti.
            «Prendi tre carte qualsiasi.» Anche qui, Samuel si prese del tempo per decidere; alla fine una piccola piramide si frappose tra loro due.
            «Ultima scelta, la carta che verrà fuori è quella che maggiormente ti rappresenta.»
            Questa volta non ci pensò: indicò con precisione la carta alla sua sinistra e la ragazza la voltò, rivelando la figura impressa sopra. Una donna dai capelli d’oro e una corona di rose rosa impugnava con eleganza un bastone; di fronte a lei un tavolo con una spada, un bastone, una coppa e un medaglione. Il bordo era decorato da un roseto in fiore e in basso, nonostante la vedesse capovolta, Samuel notò il numero I impresso con l’inchiostro rosso.
            «Il Mago!» Esclamò, riconoscendo immediatamente l’arcano e anticipando la sua lettrice.
            «Sì, esatto.»
            «È una bella carta, mi piace. Che cosa dice?»
            La ragazza se la rigirò tra le mani, osservando prima lui, e poi la figura.
            «Hai un progetto in mente, forse non ancora ben definito, forse ancora da ideare. Ti è costato – o costerà -  tanto impegno e dedizione. Quello che ti posso dire è che, qualsiasi cosa tu voglia fare, falla. Adesso è il momento giusto, hai tutto le condizioni necessarie per partire… Il resto verrà da sé.»
            Le persone attorno a loro bisbigliarono eccitate, e Samuel sorrise alla giovane mentre si alzava.
            «Děkuji moc! Hai un mazzo molto bello, sono le illustrazioni di Mucha, vero?»
            «Proprio così.» Non riuscì comunque ad aggiungere altro perché, prese dall’entusiasmo, altre due signore si erano fatte avanti per una lettura. Il ragazzo si incamminò verso la strada, cedendo il posto.
            Oltrepassò negozi di souvenirs e una vecchia chiesa in restaurazione, mentre le vie si facevano più movimentate: all’angolo della strada, l’odore di pizza di un ristorante italiano impregnò tutta l’aria per almeno una decina di metri, facendogli brontolare lo stomaco.
            Era di buon umore, così sfilò il suo mazzo di tarocchi dal marsupio, prendendo la prima carta, che aveva cominciato a reclamare attenzione da quando aveva elogiato quella di Mucha.
            «Ormai ci siamo.» Annunciò solenne. Il suo, di Mago, era completamente differente; una volpe dagli occhi violetti lo osservava, con le zampe intrecciate e i quattro simboli del suo dominio che spuntavano dagli angoli. La carta vibrò nelle sue dita, e un po’ della sua magia gli solleticò la pelle.
            «Sarà meglio avvertire mamma.»
 

 
 
 
 
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            Abuela: vecchia signora, in modo più confidenziale nonna.
            Chico, Chica: ragazzo, ragazza.
            Jódete!: ‘fanculo!
            Pobre: povero
            Madre de Dios!: esclamazione comune, traducibile con “Madre di Dio!”

 
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            Bonjour, ma chère: buongiorno, mia cara.
            Vous ne le regretterez pas: non te ne pentirai.

 
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            Ahoj: ciao.
            Děkuji moc: grazie mille.
 
 
 
 
  
 
- THE MAGICIAN –

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DIRITTO
            Il mago rende reale ciò che non lo è, manifestando i desideri dal nulla.
            Adesso è il momento di agire, prima che tutti gli sforzi diventino vani. Concentrati, hai un lavoro da portare a termine!
 
ROVESCIO
            Il Mago manipola e oscura la verità. Le sue parole mielate sembrano la speranza nella foschia.
            Diffida dalle menzogne raccontate dalle bocche carismatiche. Non manterranno le loro promesse.

 
 
 
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Ho avuto l’occasione di leggere già qualche storia che trattava il tema dei Tarocchi, qui sul fandom. Ne sono rimasta piacevolmente colpita, così ho deciso di buttarmi anch’io e presentarvi questo progetto, sicuramente ambizioso, ma che spero possa piacervi.
            Da dove iniziare? Innanzitutto, ci tengo a precisare che il mazzo di carte scelto in questa storia – e di cui vi ho messo l’immagine in fondo – proviene dal gioco “The Arcana”; una visual novel disponibile su Playstore e che forse qualcuno di voi conoscerà. Personalmente, non seguo il gioco, ma sono rimasta colpita dal design delle carte, che trovo molto evocativo, e ho deciso di utilizzarlo.
            Parlando della storia in sé, spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto: ho cercato di essere il più precisa possibile nella descrizione dei luoghi, e in generale ho curato molto l’impostazione, perché – ahimè! - sono una precisina senza speranza.
            Ho voluto inserire, come avete potuto notare, personaggi che provengono da realtà differenti: ci sono contesti noti, come i semidei greci e romani, o i maghi egizi; ma anche altri che ho appositamente messo su per questa storia, come i ragazzi aztechi.
            Ed è qui che voglio spiegarvi un pochino meglio la mia idea. Come ben sappiamo, ci sono più divinità di diverse civiltà che abitano il mondo di Zio Rick; perciò ho pensato che sarebbe stato carino scrivere di ragazzi che provengono da Pantheon diversi e che si trovano costretti a collaborare tutti insieme.
            Come già detto, è molto ambiziosa la cosa, e posso capire anche il vostro scetticismo, magari. Ma, del resto, le fanfiction non servono proprio per mettere su carta i nostri desideri di lettori?
            Ovviamente, non posso portare avanti questa cosa da sola. Anzi, potrei farlo, ma che gusto ci sarebbe? Nonostante sia più difficile, preferisco condividere le mie idee, e creare una storia ben fatta e, perché no, in grado anche di appassionare.
            È la prima interattiva che scrivo, ed è anche la prima storia su questo sito, quindi spero che la combinazione mi porti fortuna!
            Chiarito questo, è arrivato quindi il momento delle regole e delle schede!
 
                       ø REGOLE :
 
  1. Chi vuole partecipare, ovviamente, non deve sparire. Non potete di certo abbandonare i vostri amati pargoletti!
  2. Ho bisogno di 16 OCs, perciò non ho una scadenza, le iscrizioni termineranno quando avrò ottenuto la quota necessaria. In ogni caso, avviserò sull’introduzione il numero di posti ancora disponibili.
  3. Potete inviarmi quanti OCs volete, da uno a dieci, siete liberissimi!
  4. Per quanto riguarda la loro discendenza, accetto OCs tradizionali – quindi greci, romani, egizi e anche norreni – senza distinzione, quindi anche i figli dei Tre Pezzi Grossi, oppure di divinità minori. L’importante è che non siano figli di divinità vergini, quali Era, Atena, Artemide e Estia.
  5. Potete creare anche OCs che appartengono ad altri Pantheon, non trattati nelle serie ufficiali. Ci sono tantissimi esempi, come gli Aztechi, le divinità Shintoiste, gli Yoruba. Se fate parte di qualche religione particolare, oppure siete appassionati di mitologia, potete davvero sbizzarrirvi, creare – secondo voi – i legami tra questi dei e i vostri personaggi. Come sapete, infatti, nel caso degli egizi non si parla certo di semidei, ma di ragazzi che ospitano un dio; quindi il rapporto che hanno è differente rispetto a quello a cui siamo abituati con greci, romani e norreni.  
  6. L’età minima che accetto è 16 anni, non di meno.
 
                       ø  COME PARTECIPARE:
 
  1. Lasciare una recensione a questo capitolo, e indicarmi età, sesso, Pantheon di appartenenza e genitore divino/divinità a cui è legato.  Se volete, potete chiedere un flirt o una relazione con uno dei miei personaggi, vedrò di prendere la cosa in considerazione.
  2. Compilate la scheda con i dati del vostro pargoletto e inviatela come messaggio privato. Per evitare fatiche inutili, per favore, nominate il messaggio in questo modo: “ARCANA – [ Inserire Nome e Cognome ].
 
            ø SCHEDA PERSONAGGIO 
 
            NOME E COGNOME:
            SOPRANNOME O DIMINUTIVO: Facoltativo. Ovviamente, per i soprannomi voglio una spiegazione!
            ETÀ E LUOGO DI NASCITA:
            PANTHEON DI APPARTENENZA:
            GENITORE DIVINO O DIVINITÀ A CUI È LEGATO: Inserite, brevemente, anche che tipo di rapporto hanno. (Si conoscono? Si piacciono, si odiano?)
            FAMIGLIA MORTALE: Anche qui la stessa cosa. Mettete fratelli, sorelle, zie, nipoti, tutto quello che volete.
            DESCRIZIONE FISICA: Assolutamente dettagliata, è un ordine! XD (Capelli, occhi, voce, carnagione, corporatura, cicatrici, tatuaggi, segni particolari…)
                       Link immagini: Se volete, potete usare questi spazi per mostrarmi delle foto, e farmi così un’idea più precisa.
             ABBIGLIAMENTO:
                       Link immagini:
            DESCRIZIONE CARATTERIALE: Pregi e difetti, di che indole è, come si comporta di solito o in situazioni di stress…
            CON CHI ANDREBBE D’ACCORDO? :
            CON CHI NON ANDREBBE D’ACCORDO? :
            POTERE ED EVENTUALI ARMI:
                       Link immagini:
            PAURE E DEBOLEZZE:
            TRE COSE CHE AMA:
            TRE COSE CHE ODIA:
            ORIENTAMENTO SESSUALE:
            DISPONIBILE PER UNA RELAZIONE? :
            PARTNER IDEALE:
            DESCRIVILO IN UNA FRASE:
            NOTE: Se volete inserire qualche dettaglio in più, sentitevi liberi di farlo! Potete anche mettere dei link, se ne avete la necessità.
 
 
E adesso, vi lascio con le schede dei miei ragazzi. Attenzione! Lucio, essendo una divinità, NON rientra tra i personaggi effettivi della storia, anche se ho messo la sua scheda <3
            Vi ringrazio per aver letto fino qui, e aver speso un po’ del vostro tempo per me!
 
 

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* NORA HAMILTON *
 
Una ragazza abbastanza scettica, si sente a disagio tra gli estranei.
 
            SESSO: Femmina
            PANTHEON: Romano
            GENITORE DIVINO: Venere
            ETÀ: 17
            OCCHI: Marroni
            CAPELLI: Neri
            SEGNI PARTICOLARI: Incisivi leggermente distanti tra loro
            ORIENTAMENTO: Eterosessuale
            AMA: La fotografia, Tintoretto, i portachiavi di peluches
            ODIA: L’estate, i pomodori crudi, le folle
 
 
* WILLOW ROMERO *
 
Una ragazza sempre positiva e allegra, dai modi pacati.
 
            SESSO: Femmina
            PANTHEON: Romano
            GENITORE DIVINO: Venere
            ETÀ: 17
            OCCHI: Nocciola
            CAPELLI: Biondi
            SEGNI PARTICOLARI: Nessuno
            ORIENTAMENTO: Eterosessuale
            AMA: La moda, i romanzi d’amore, i tatuaggi
            ODIA: I temporali, gli asparagi, il suono delle dita scrocchiate
 
 
* EMANUEL CABRERA *
 
Uno dei ragazzi scelti come Guerrieri del Sole, con un pessimo senso dell’umorismo.
 
            SESSO: Maschio
            PANTHEON: Azteco
            DIVINITÀ PROTETTRICE: Itztlacoliuhqui-Ixquimilli
            ETÀ: 19
            OCCHI: Neri  
            CAPELLI: Biondo scuro
            SEGNI PARTICOLARI: Lentiggini, apparecchio per i denti
            ORIENTAMENTO: Vegetariano (?)
            AMA: I dolci, i giochi di parole, il colore blu
            ODIA: Studiare, i viaggi in treno, la neve
 
 
* LUCIO GARCIA *
 
Una delle divinità minori del Phanteon azteco, molto irascibile e rancoroso.
 
            SESSO: Maschio
            PANTHEON: Azteco
            DOMINI: Giudizio, Gelo, Ossidiana
            ETÀ: 19 (umana)
            OCCHI: Castani
            CAPELLI: Marroni
            SEGNI PARTICOLARI: Cicatrice sulla tempia destra
            ORIENTAMENTO: Indifferente
            AMA: Il cioccolato, l’ossidiana, le iguane
            ODIA: Svegliarsi presto la mattina, i fallimenti, i colibrì
 
 
* MAXIMILLIEN LEROY *
 
Uno degli elementaristi più influenti nel mondo, spesso troppo avventato.
 
            SESSO: Maschio
            PANTHEON: Egizio
            SENTIERO SEGUITO : Nessuno  
            ETÀ: 20
            OCCHI: Grigi
            CAPELLI: Rossi
            SEGNI PARTICOLARI: Piercing al sopracciglio
            ORIENTAMENTO: Bisessuale
            AMA: Il caffè, le serie tv a sfondo medico, i gialli
            ODIA: Le grandi altezze, la menta, gli insetti
 
 
* OLIVIA MOREAU *
 
Una delle maghe più giovani e dotate della storia, una leader naturale.
 
            SESSO: Femmina
            PANTHEON: Egizio
            DIVINITÀ OSPITATA: Iside
            ETÀ: 26
            OCCHI: Azzurri
            CAPELLI: Viola
            SEGNI PARTICOLARI: Piercing al naso e al labbro
            ORIENTAMENTO: Bisessuale
            AMA: I profumi, la frutta, i gioielli in argenti
            ODIA: Il disordine, i cibi troppo speziati, l’arancione
 
 
SAMUEL HUGHES *
 
Un ragazzo eccentrico, perennemente in ritardo.
 
            SESSO: Maschio
            PANTHEON: Greco
            GENITORE DIVINO: ?????
            ETÀ: 18
            OCCHI: Verdi
            CAPELLI: Rosa
            SEGNI PARTICOLARI: Nessuno
            ORIENTAMENTO: Indifferente
            AMA: I negozi di antiquariato, viaggiare, il pane alla cannella
            ODIA: I luoghi poco spaziosi, le medicine, i prepotenti
             
 
 
   
 
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