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Autore: _Agata_    15/08/2018    1 recensioni
Brevissima one-shot molto liberamente ispirata alle parole della canzone "la solitudine" di Laura Pausini.
Storia partecipante al Contest "Dalla Canzone Alla Storia " indetto da _Ayaka_ sul forum di EFP
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Nome autore EFP: _Agata_
Nome autore Forum EFP: _Agata87_
Titolo: Begonie rosse
Canzone scelta: La solitudine di Laura Pausini
Fandom: Originale 
Breve introduzione: Canticchiando fra me e me questa canzone, mentre scorrevo quelle proposte nel contest di _Ayaka_, mi ha colpito la possibilità di rielaborarla e riutilizzarla in modo totalmente diverso dal contesto iniziale... Quindi grazie _Ayaka_ per avermi permesso di scriverla. Spero abbia funzionato. 
Dovendo comunque essere breve per il tipo di narrazione, ho aggiunto di mio il gioco di restare sulle 700 parole esatte, il minimo per il contest. 
Note: Storia partecipante al Contest "Dalla Canzone Alla Storia " indetto da _Ayaka_ sul forum di EFP




Avrebbe potuto essere un mattino grigio e freddo, plumbeo come una periferia di città irta di palazzoni, con una pesante coltre di nubi ad oscurare il sole e l’azzurro del cielo. Sarebbe stato meglio, forse. La pioggia avrebbe potuto sferzare, piangendo, strade e cortili, mascherare le lacrime. Il fragore del tuono avrebbe potuto riempire il cielo e distorcere lo strazio.

Invece, era un tiepido pomeriggio di metà giugno, già caldo, già assolato, la quiete della campagna percorsa dal frinire delle cicale. I banchi di scuola, lasciati solo pochi giorni prima, erano già dimenticati; i compiti di inglese e matematica, malamente buttati in fondo al cassetto della scrivania e destinati a non essere toccati mai. Di studiare durante le vacanze, rinchiuso in camera, non se ne parlava di certo.

Mancavano soltanto due settimane alla maggiore età di Marco, e lui aveva già scelto il suo regalo: una moto. Non i motorini dalla carrozzeria allargata che aveva guidato fino ad allora, una moto vera. Sua madre aveva protestato, ma si era rassegnata in fretta accorgendosi che il padre, consultato preventivamente e con discrezione, aveva già dato parere favorevole.

Laura stava spolverando un album piuttosto datato, quando una fotografia ne scivolò fuori e cadde a terra. Ritraeva Marco pochi mesi prima, nel garage, circondato da poster della moto GP, una bandiera rossa col cavallino rampante sullo sfondo. Lui sedeva sulla motocicletta preferita, in abbigliamento da lavoro. Non sorrideva, il suo bambino, ma non lo faceva quasi mai nelle foto; gli occhi, invece, si fissavano dritti in quelli dell’osservatore. Il  vecchio album non era il posto adatto per quello scatto, doveva esservi stato infilato di fretta senza attenzione. Lo depose sulla mensola, dopo averlo carezzato e stretto al cuore senza avvedersene.

§§§

Non c’era cancello, a casa di Marco, e il vialetto d’accesso arrivava quasi fin sotto la porta, accompagnato ai lati da due ordinate aiuole di begonie rosse in fila indiana. In quel tiepido pomeriggio di metà giugno, il rumore di un’auto che lo percorreva calpestando la ghiaia incrinò il silenzio irreale della campagna, percorso dal dolce respiro del vento. Laura attendeva invece, da un momento all’altro, il rombo di una moto che annunciasse il ritorno del figlio. 

La gazzella dei Carabinieri si arrestò. Gli uomini in uniforme che ne uscirono silenziosi come ombre avevano l’aria seria e compunta di chi è chiamato ad un lavoro ingrato. Troppi pensieri si affollarono alla coscienza di Laura, troppe idee, ma non riuscì a metterne a fuoco nessuna. Un'inquietudine cui non poté dar nome si fece strada in lei; si sentì d’un tratto confusa, stordita. Uscì per farsi incontro agli ospiti inattesi, come per abitudine, come in trance.

Un grido straziante violentò il greve silenzio della campagna, riempendo di agonia l’azzurro del cielo. Le cicale tacquero, il vento si posò, il sole si spense lavando via ogni colore. Un atroce grido interminabile risuonò fra le case e i cortili di quel piccolo nucleo isolato, riecheggiando nei muri e nelle ossa di ciascuno. L’intero quartiere ristette, immobile, silente, pietrificato nel dolore. Laura si accasciò sul cofano dell’auto, gridando, gridando ancora. La sua voce strideva come metallo che si accartoccia contro metallo, come pneumatici sull’asfalto, come lamiere spezzate e vetri infranti e... Non era possibile, non lui, non il suo bambino... Santo Dio, no!

“Marco! Marco!!”

Gridò come se Marco potesse ancora sentirla. Come se gridando forte abbastanza, la sua anima potesse raggiungerlo e riportarlo da lei. Gridò perché dentro al suo petto il cuore era deflagrato con la potenza devastante di un’esplosione, e la sua sofferenza gridata al cielo non ne era che un’eco pallida e smorzata. E ciò nonostante, il suo cuore a brandelli continuava a battere ad onta del dolore, mentre il cuore del suo giovane Marco non batteva più. 

Infine, il silenzio; dentro di lei, attorno a lei. Una distanza enorme, incolmabile per tutta la vita, l'avrebbe divisa da Marco, da quel momento in poi; da quel pomeriggio, in ogni pomeriggio sarebbe mancato. Marco se n’era andato, e non sarebbe tornato più. 

§§§

La tomba di Marco è un’aiuola ordinata di rosse begonie, in file indiane. E lui, seduto sulla sua motocicletta, guarda davanti a sé senza sorridere. Non posso farcela senza di te, Marco, aspettarmi, ti prego.
  
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