Capitolo 12: Little talks
There's an old
voice in my head that's holding me back
Well tell her that I miss our little talks
Soon it will all
be over, and buried with our past
We used to play outside when we were young
And full of life and full of love
Some days I
don't know if I am wrong or right.
Your mind is playing tricks on you my dear
You're gone,
gone, gone away, I watched you disappear
All that's left is a ghost of you
Now we're torn, torn, torn apart, there's nothing we can do,
Just let me go, we'll meet again soon
'Cause though
the truth may vary
This ship will carry our bodies safe to shore…
(“Little talks”
– Of Monsters and Men)
Tony e Peter ritornarono nel laboratorio
del quartier generale degli Avengers, dopo la loro passeggiata e danza tra le
stelle, un modo originale e indimenticabile che Stark aveva pensato per
dimostrare al ragazzo la funzionalità della sua nuova tuta.
Dopo il primo momento di sbalordimento,
Peter non aveva fatto altro che chiacchierare per tutto il tragitto fino al laboratorio,
ringraziando Stark, ripetendo quanto si fosse divertito, esclamando che quella
tuta era la cosa più fantastica che potesse desiderare e tante altre
dimostrazioni di una gioia fanciullesca che era una delle caratteristiche che
Tony amava di più in lui.
“E soprattutto sono contento che la mia
tuta sia così simile alla sua armatura, signor Stark, così tutti potranno
vedere che siamo… beh… insomma…” a quel punto Peter si interruppe, consapevole
dell’enormità di ciò che gli era appena scappato di bocca.
“Sì, in effetti credo che finiranno per
chiamarti Iron Spidey, o qualche
altra cosa del genere” fece Tony, scegliendo di sorvolare sul significato che
le parole di Peter avrebbero potuto avere.
“Wow, sarebbe pazzesco! Allora sì che
sembreremmo mescolati!” esclamò di
nuovo il ragazzino, beatamente candido e ingenuo sulle eventuali e chiarissime
implicazioni di quella frase.
Stark non poté fare a meno di ridere:
Peter proprio non si rendeva conto di quello che diceva… oppure se ne rendeva
conto e lo diceva proprio per quello? Sarebbe stato da lui: in molte cose
dimostrava più buonsenso e sensibilità di lui, che sarebbe dovuto essere l’adulto, e insieme conservava
quell’ottimismo e quella fiducia nel prossimo e nel futuro che lo rendevano
incantevolmente fanciullesco.
Giunti al laboratorio, i due smaterializzarono
i loro costumi, le cui nanoparticelle ritornarono ad alloggiare nei dispositivi
appositi, poi Stark tese la mano per riprendere il dispositivo che conteneva la
tuta di Peter.
“Oh, ma come? Adesso se la vuole
riprendere?” domandò il ragazzo, con una punta di delusione nella voce. Chissà,
forse aveva sperato di dormirci, quella notte?
“Te la restituirò quando… beh, quando
dovremo andare su Titano, non preoccuparti, ragazzo. La tuta ormai e tua e
nessuno te la porterà via” lo tranquillizzò Stark. “Al momento è meglio che il
dispositivo stia al sicuro qui, nel suo scomparto.”
“Pensavo che lo avrei tenuto io” tentò
di protestare Peter.
“Certo, magari ti procuro una bella
catenella e te lo lego al collo, così non lo perdi” ironizzò Tony, sempre più
divertito. “A meno che tu non voglia fare quello che ho fatto io e
impiantartelo addosso.”
Peter parve disorientato da quell’idea.
“Anzi, sarebbe proprio la soluzione
giusta: te lo potrei impiantare in fronte, tanto per passare inosservato” lo
prese nuovamente in giro Stark. Era un momento di dolce e tenera intimità e lui
sentiva che il cuore gli si riempiva così tanto che nemmeno tutti i Reattori
Arc che aveva costruito nel corso degli anni avrebbero potuto sprigionare una forza
altrettanto dirompente… “Dai, mettiamolo a posto, prometto che te lo renderò
appena ce ne sarà bisogno. L’ho fatto per te, chi vuoi che te lo porti via?”
Ma, guardando l’espressione delusa di
Peter mentre gli rendeva il dispositivo, Stark aveva già deciso di lavorare al
più presto su qualcosa che permettesse al ragazzo di portarlo sempre con sé,
magari una specie di orologio da polso, perché no? Sì, avrebbe iniziato a
lavorarci il prima possibile.
Rendere felice quel ragazzino e vedere
la luce del suo sorriso era diventata una sorta di missione, per lui, insieme a
quella di tenerlo al sicuro e cercare di proteggerlo da ogni pericolo.
Ma quello, ora, a causa di Thanos, non
sarebbe stato più possibile.
Poteva solo godersi la vicinanza di
Peter in ogni istante che era loro concesso e cercare di farlo felice in tutti
i modi che gli venivano in mente.
Una volta riposto il dispositivo, Stark
e Peter uscirono dal laboratorio e si incamminarono lungo il corridoio che
portava alle camere da letto.
Camminavano lentamente, adeguandosi
l’uno al passo dell’altro. Era come se entrambi cercassero di far durare quella
notte magica il più possibile, come se non volessero separarsi…
“Sono contento che non sia arrabbiato
con me, signor Stark” disse ad un certo punto Peter, quando si trovavano dalle
parti della stanza da letto dell’uomo. “Credevo davvero di averla messa a
disagio…”
Ecco, quello era proprio il momento meno
adatto per tirare di nuovo fuori l’argomento… o forse Peter lo aveva fatto
apposta? Ma certo, Tony tendeva a sottovalutare quel ragazzino, ma era proprio
lui che, con la sua innocenza e la sua semplicità, sdrammatizzava quello che
c’era stato tra loro. Stark si era fatto tanti scrupoli, aveva temuto di averlo
legato troppo a sé e di avergli fatto del male, mentre per Peter, così ingenuo,
innocente e pieno d’amore, era stato un atto spontaneo e quasi logico
nonostante la sua inesperienza.
“Io avevo solo paura di spaventarti, di
farti del male” ammise Stark, disarmato dal candore del ragazzo.
“Ero spaventato… un po’… lo sono ancora,
ma so anche che voglio stare con lei, signor Stark, qualunque cosa questo possa
significare!” buttò fuori Peter, tutto d’un fiato, prima che gli venisse voglia
di rimangiarsi le sue parole.
Ancora una volta Stark era preso in
contropiede da quel ragazzino. Capiva che era sciocco costringersi a rinunciare
a lui, che i suoi sensi di colpa erano proprio ciò che lo feriva.
“Tu vuoi stare con me e non sai nemmeno
cosa voglia dire” replicò, con un mezzo sorriso intenerito.
“No, magari no, però so che cos’era la
mia vita prima di incontrare lei e non mi piaceva per niente!” ribatté il
ragazzo, più sicuro. “Si ricorda che cosa le dissi due anni fa, in camera mia, quando
ci siamo conosciuti? Che quella per me era una buona giornata perché non avevo perso il treno, avevo fatto bene il
compito di algebra e avevo trovato un lettore CD in buone condizioni nella
discarica. Questo le sembra il concetto di buona
giornata per un ragazzino di quattordici anni? Eppure per me era così,
perché c’erano giornate anche molto, molto peggiori di quella. Poi ho
conosciuto lei… ed è cambiato tutto. Perciò sì, è vero, non so cosa possa voler
dire stare con lei, ma è quello che voglio, è quello che mi fa sentire bene,
felice, completo e… sì, lo so che sto parlando troppo…”
Peter divenne tutto rosso e si zittì.
“Ma non sai cosa potrebbe accadere in
futuro. Sei ancora così giovane e io voglio darti la possibilità di cambiare
idea…” riprese Stark.
“E invece lei sa cosa potrà accadere in
futuro, signor Stark? Tra un anno, cinque anni o anche dieci minuti, se è per
questo?” replicò il ragazzo, con una logica che metteva quasi paura. “Io so che
cosa voglio qui e ora, non posso prevedere il futuro. Lei sì?”
Non c’era molto altro da dire. Peter era
così innocente e adorabile nel suo entusiasmo quasi infantile, ma con la
consapevolezza di una persona più matura di lui che sarebbe dovuto essere l’adulto. Quella forza gli veniva dalla
capacità di amare e dal bisogno di sentirsi amato e accettato.
Tony si arrese. Lo prese tra le braccia
e, baciandolo, lo condusse verso la sua camera. I suoi baci si fecero più
profondi e intensi mentre lo spingeva sul letto, gli sfilava la maglietta e lo
accarezzava. Tutto il suo universo era lì, nel corpo liscio e tiepido di quel
ragazzino che voleva solo stare con lui. Continuò a baciarlo e accarezzarlo
mentre lo faceva suo con la maggior delicatezza e tenerezza possibili, mentre
tutte le stelle del cielo erano lì, nella luce che brillava dentro gli occhi di
Peter e non c’era bisogno di altra luce al mondo.
E Peter, questa volta, non più confuso e
traumatizzato dal sogno, poté vivere ogni istante, ogni bacio, ogni tocco, ogni
movimento di Tony, amplificati mille volte dall’acutezza dei suoi sensi di
ragno che mai come in quel momento gli erano sembrati preziosi. Aveva la
consapevolezza della presenza di lui, del suo corpo che lo sovrastava e lo
portava ad una nuova danza tra le stelle, una danza che avrebbe voluto non
finisse mai. Due anime solitarie si erano ritrovate nell’oscurità e adesso
brillavano, finalmente unite in un universo tutto loro, dove potevano
espandersi e bruciare, mentre i loro corpi diventavano una cosa sola come se
fossero nati per quello, come se soltanto insieme potessero completarsi.
Peter si sentì ancora una volta
sollevato tra le stelle, abbandonato ad un incantesimo che lo faceva fremere e
tremare, finché gli parve che l’universo intero esplodesse in una luce
accecante, inondando sia lui sia Tony di una pioggia luminosa di polvere di
stelle… e restò così, abbandonato nell’abbraccio protettivo di Stark, ansimando
come dopo una maratona.
Tony si sentiva sempre responsabile per
ogni reazione del ragazzo e volle sincerarsi di non avergli fatto male o averlo
sconvolto.
“Ehi, Peter, riprendi fiato” scherzò.
“Finirai per andare in iperventilazione… stai bene, ragazzo?”
“Le assicuro… mai stato meglio, signor
Stark!” rispose Peter, con voce rotta dall’affanno, ancora stupito di come un
atto per lui quasi sconosciuto avesse potuto dargli tanto piacere.
Quanta innocente spontaneità in una
risposta così tenera! Tony era commosso da tanta dolce ingenuità e lo divertiva
anche il fatto che il ragazzino si ostinasse a chiamarlo signor Stark, nonostante… beh, nonostante tutto! Si sentì venire le lacrime agli occhi, ma non volle darlo a
vedere e, per darsi un contegno, buttò là una battuta, baciando affettuosamente
Peter sulla fronte e arruffandogli i capelli già spettinati.
“Attento, Pete, se dici così finirò per
montarmi la testa!” scherzò, ma la battuta di spirito era addolcita da quel
nomignolo tenero che Stark non aveva mai usato prima.
Da questo e dal tono della voce Peter
capì quello che Tony non diceva. Sorridendo, si strinse a lui mentre gli ansiti
andavano attenuandosi.
“Io sono stato solo sincero, signor
Stark” disse.
“Bene, allora… meglio così, no? Dormi,
ora, è tardi” replicò l’uomo, insieme divertito e intenerito.
Peter si sistemò meglio nel cerchio
protettivo e affettuoso delle braccia di Tony e, pian piano, scivolò in un
sonno tranquillo e sereno.
Tony rimase sveglio più a lungo per
guardare il ragazzino addormentato, pensando a quanto fosse sciocco a volersi
privare di quella fortuna. Sì, lui era capace di distruggere ogni cosa bella e
non meritava di essere felice… ma poteva cercare di cambiare per quel raggio di
sole che dormiva teneramente stretto a lui, con la testa sul suo petto. Peter
non aveva paura: nonostante le sue insicurezze era più forte di lui
nell’affrontare i sentimenti. Tony gli aveva insegnato tanto… ma questo doveva
impararlo da lui: la fiducia nell’amore, la capacità di lasciarsi andare alle
emozioni positive, la dolcezza che regala la gioia di sentirsi amato da
qualcuno di speciale. Peter riusciva a restare sereno anche nel mezzo delle
battaglie e dei pericoli; riusciva a risollevare lo spirito di tutti i compagni
con la sua allegria e vivacità; mostrava l’entusiasmo e l’ottimismo di un
bambino, ma per certi versi era molto più saggio di qualsiasi altro ragazzo
della sua età. Certo, forse Tony non si meritava una simile fortuna e non
capiva perché Peter avesse scelto proprio lui… ma era ciò che aveva fatto e lui
doveva rispettare la sua scelta e godersi la gioia di vivere accanto a una
persona unica e incantevole come il suo Bimbo
Ragno.
Il mondo sarebbe stato un posto
peggiore, vuoto, senza Peter. Stark giurò a se stesso che avrebbe fatto
qualsiasi cosa per proteggere quel prezioso ragazzino, per farlo felice, per
preservare la sua dolce innocenza e per far risplendere ogni giorno il suo
sorriso caldo e luminoso.
Questa era la sua missione più
importante, l’ultima e fondamentale missione della sua vita, come supereroe e
come uomo. Questa volta non avrebbe potuto permettersi di fallire.
Fine capitolo dodici