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Autore: Hookina90    17/08/2018    1 recensioni
Dopo una grossa perdita Amy decise di abbandonare la sua città, i suoi amici e il suo lavoro. Durante il suo viaggio però si imbatterà in una piccola cittadina con abitanti particolari dove conoscerà persone che le cambieranno la sua vita, ma il passato quando meno se lo aspetta la riuscirà a trovare di nuovo. Dovrà fare scelte difficili e dolorose.
Cosa farà alla fine Amy? Starà legata al passato o si farà una nuova vita?
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Piccolo estratto del primo capitolo
Seguì Mr Gold in silenzio verso il suo negozio. Ci mettemmo poco ad arrivare. Notai subito che dentro c’era un sacco di roba e molti oggetti erano anche molto interessanti perché sicuramente ognuno di loro avrà una proprio storia. Sembrava una di quelle botteghe di antiquariato o di mercatino dell’usato.
“Bene, ora può parlare”, affermai determinata.
Ero curiosa di sapere perché lui si comportasse così nei miei confronti. Ero una persona normale o almeno non credevo di spaventare al tal punto le persone.
“Ok, come si chiama tuo padre?” , domandò girandosi verso di me.
“Bobby Singer, perché?”
“No, intendo il nome del tuo padre biologico?”, chiese lui serio.
IN REVISIONE
Genere: Angst, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Baelfire, Killian Jones/Capitan Uncino, Neal Cassidy, Neal Cassidy/Baelfire, Signor Gold/Tremotino
Note: Cross-over, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1: Storybrook
 

Erano ormai passati tre giorni dalla mia partenza e stavo cercando di placare il dolore che mi stava lacerando l'anima guidando senza sosta e senza meta. Non volevo più soffrire e quindi l'unica opzione che mi venne in mente era di andarmenre e allontarmi il più possibile dal Kansas e più precisamente dall'abitazione che avevo definito come “casa” in cui erano rimasti troppi ricordi dolorosi .
Durante il viaggio avrò dormito quattro ore a notte e mangiato un paio di panini, più che altro il mio stomaco era pieno soprattutto di alcool. Bevevo per dimenticare. Bevevo per non ricordare. Ero consapevole che mi stavo facendo solo del male e non potevo andare avanti in quel modo, anche perché prima o poi avrei potuto fare un incidente, ma non riuscivo a smettere perchè l'alcool, anche se per poco, mi riempiva quel vuoto che si era creato nel mio animo tormentato. Ormai avevo perso ogni possibilità di essere felice.

17 Settembre 2014

La sera del quarto giorno di viaggio arrivai nel Maine e decisi per la prima volta di fermarmi nella prima cittadina che avrei attraversato. Non appena sarei giunta a destinazione avrei cercato subito un motel dove poter sostare tentando di fare una lunga dormita in modo da riprendermi e ripartire più riposata. Avrei comprato anche qualcosa da mettere sotto i denti cercando qualcosa di diverso dai soliti panini, qualcosa di più nutriente. Sarei però rimasta solo per un paio di giorni al massimo e poi sarei ripartita verso un'altra meta.
Stavo guidando sulla provinciale quando all’improvviso sentii suonare il cellulare che si trovava sul sedile affianco, così mi girai per vedere chi potesse essere. Era di nuovo Sam. Era l'ultima persona con cui volevo parlare. Non volevo rispondere. Non volevo discutere di nuovo di quello che era successo, perché ogni volta che ricordavo quella scena sentivo una fitta al cuore. Io volevo dimenticare. Volevo solo cercare di iniziare una nuova vita. Non appena ritornai a guardare davanti vidi però qualcuno in mezzo alla strada. Non riuscii a frenare in tempo. Lo presi in pieno e persi il controllo della macchina andando a schiantarmi contro l’albero sul lato destro della strada. Quello fu l’ultima cosa che vidi prima di svenire.
Quando riaprri gli occhi mi guardai subito intorno per capire dove mi trovavo. Ci misi poco per inutire che mi trovavo su un letto di ospedale. La stanza era piccola e dalla finestra potevo vedere una torre con un grosso orologio che segnava le ore 6 e 15 del mattino. Ero rimansta incosciente per varie ore e mi ero risvegliata praticamente all'alba, infatti il cielo aveva ancora colori opachi come il violetto che man mano si stava sfumando in un delicato rosa pesca per finire con il giallo che incorniciava il sole che stava sorgendo. Era sempre così emozionante vedere l’alba. Quell'attimo mi fece ricordare tutte quelle volte che le avevo guardate insieme a lui, ma repressi subito quel pensiero per evitare di soffrire di nuovo.

L'incidente mi aveva sicuramente provocato delle ferite, infatti non mi sentivo bene fisicamente, avevo un gran mal di testa e un po’ di nausea. Non appena poi cercai di muovermi sentii anche un dolore acuto all’addome e capii che avevo qualche costola incrinata. Alzai leggermente il camice e intravidi delle fasciature sotto il seno. Ero stata fortuna, me ne ero cavata con ferite superficiali.


Qualche minuto dopo il mio risveglio nella mia camera entrò una ragazza bionda, sulla trentina e indossava lo stemma da sceriffo. Iniziai a pensare di essere nei guai seri e che sarei finita sicuramente in prigione, anche perchè avevo investito una persona. Dovevo però trovare subito una via di fuga. Non volevo rimanere in questo paesino troppo a lungo.
“Salve, sono Emma Swan. Sono lo sceriffo di Storybrook. Non ti preoccupare non ti metterò in carcere”, puntualizzò dopo aver visto la mia faccia spaventata.
“Volevo solo sapere se durante l’incidente avessi visto qualcosa di strano”, aggiunse non appena si avvicinò al mio letto.

“In che senso strano?”

“Delle luci da colori particolari”, rispose secca
“No, niente. L’unica cosa che ho scorto è la persona che ho investito, a proposito dove è? Come sta?” domandai agitata cercando di mettermi comoda anche se era difficile perchè più mi muovevo più mi facevano male le ferite
“Tranquilla sta bene. Sta dormendo nell’altra stanza. Ora ti lascio riposare” , rispose facendo un mezzo sorriso prima di andare via.
Mi sembrava tutto così strano. Che cosa intendeva per strani luci e poi avevo appena investito qualcuno e lo sceriffo non mi sembrava tanto sconvolta dall’accaduto. Stavano nascondendo qualcosa. I miei sensi da caccatrice si attivarono provocando l'annichilmento della mia voglia di partire verso un altra meta. Decisi così di restare e di indagare non appena sarei riuscita ad uscire, anche perhcè ero ormai certa che in questa cittadina c'era qualcosa di soprannaturale e io l'avrei scoperto, in caso poi fosse qualcosa di pericoloso l'avrei ucciso.
Ora però ero costretta a rimanere in ospedale almeno fino a che le ferite non sarebbero guarite, intanto non ci avrei messo molto tempo per ristabilirmi. Ora però nonostante il dolore fisico non volevo rimanere sdraiata su un letto così decisi di non rimanere sdraiata a non fare niente. Non mi piaceva stare ferma, quindi aspettai un paio di minuti e poi andai a scusarmi dell’incidente.
Non appena scesi dal letto notai però che mi iniziò a girarmi la testa, ma non era niente rispetto alle ferite che mi ero procurata nella mia lunga carriera da cacciatrice. Potevo farcela a fare due passi fino ad arrivare alla sua stanza.
La camera la trovai subito, anche perchè quell’ospedale non era molto grande. Entrai e intravidi subito che aveva delle ferite alla testa ed era senza una mano. Vedendo la mia espressione dubbiosa disse: “E’ da un po’ che ne ho solo una” poi aggiunse cercando di mettersi in una posizione più comoda: “Chi sei?”
“Ehm, sono quella che ti ha investito. Sono venuta qui per scusarmi. Non era mia intenzione ridurti in questo stato. Mi sono distratta solo un secondo”, affermai abbassando lo sguardo imbarazzata. Non so perché ma i suoi occhi azzurri mi facevano uno strano effetto.
“Tranquilla non ti preoccupare”, ribadì lui facendo un sorriso sofferente.
“Se hai bisogno di qualcosa, chiedimelo pure. Mi sento in debito”
“Mmm so cosa potresti fare per me, potresti farmi compagnia …solo se stai bene”, rispose amicando.
“Ok, molto volentieri” replicai sedendomi sulla sedia che si trovava vicino al letto. Era una richiesta abbastanza semplice da soddisfare.
“Scusa la mia maleducazione, non mi sono nemmeno presentato. Mi chiamo Killian Jones”, disse ponendomi la mano verso di me.
“Piacere, io sono Emily Singer” ribattei io stringendola, ma appena la sfiorai notai che era ammanettato al letto.
“Perché sei legato al letto? E perché ne hai una sola?” gli chiesi incuriosita. Non aveva l’aria di un criminale, anzi sembrava solo un bravo ragazzo, sapevo però che non dovevo fermarmi all’apparenza e che sarei dovuta rimanere in allerta.
“E’ un storia lunga…”
“Quindi potresti essere un criminale che potrebbe anche tentare di uccidermi?”, domandai sarcastica interrompendolo. Non avrebbe potuto farmi nulla perché in pochi minuti lo avrei messo al tappeto.
“Ma no…che vai a pensare io sono un angioletto. Lo sceriffo però ha preferito tenermi …in “custodia” per qualche bravata che ho compiuto recentemente”
Non potevo giudicarlo perchè io stessa non ero una santa, anzi avevo commesso vari crimini nella mia vita alcuni anche gravi soprattutto dopo le varie morti e poi non riuscivo proprio a fidarmi dello sceriffo dopo la conversazione di prima perchè sicuramente non mi aveva detto tutta la verità, anzi stava nascondendo qualcosa di grosso e quindi potrebbe averlo ammanettato ingiustamente come era successo a me o anche a lui.
“Ah proposito la ragazza …cioè lo sceriffo mi sembra che mi stia nascondendo qualcosa…”, dissi pensierosa qualche secondo prima dell’arrivo di un’infermiera. Lei appena mi vide mi disse subito che dovevo tornare di nuovo a letto per riposare. Non mi piaceva l’idea, ma alla fine obbedì, anche perchè non volevo rogne già il primo giorno del mio arrivo.
“In che senso?”, domandò lui mentre stavo raggiungendo la ragazza dai capelli neri e corti
“Se dovessimo rivederci te lo spiegherò”, risposi istintivamente girandomi verso di lui prima di uscire.
Stavo tornando in camera quando ad un certo punto mi scontrai con un uomo anziano dai capelli grigio scuro e lunghi che appena mi vide impallidii. Non capii perché aveva avuto quella reazione, ma non mi soffermai a pensarci. Subito dopo essermi scusata tornai nella mia stanza e mi sdraiai sul letto. Mi addormentai poco dopo, ma all’improvviso a causa di alcuni rumori che provenivano dal corridoio mi svegliai. Incuriosita dal sapere che cosa avesse disturbato il mio sonno andai a vedere che cosa stesse succedendo. Sbirciai dalla porta cercando di non farmi vedere e notai subito che c’erano delle persone dalla parte opposta della mia camera che stavano discutendo e tra queste c’erano lo sceriffo e l’uomo anziano di prima. Cercai di origliare qualcosa, ma captai solo poche parole perché poi se ne andarono. Compresi solo “tua figlia” e “meglio parlarne in un altro posto”. Saranno questioni loro private e non indugiai molto a pensare al loro significato.

18 Settembre 2014

Prima di pranzo Killian mi venne a trovare in camera. Aveva ancora il camice azzurro dell’ospedale e riusciva a malapena a camminare. Non aspettò molto a venire da me per sapere che cosa intendessi prima di tornare a letto. Dovevo ammettere che non mi dispiaceva il fatto che fosse venuto, anche se nelle sue condizioni era meglio stare a letto.
“Ciao Emily”, disse non appena entrò nella camera.
“Ciao, ma non è meglio se stai a letto a riposare”, risposi io mettendomi seduta anche se con difficoltà.
“Volevo venire a trovarti… e poi sto bene”, rispose lui sedendosi vicino a me. Notai subito che non aveva più la manetta.

 

Come si era liberato? oppure era stato lo sceriffo a togliergli le manette?
 

“Quale è il vero motivo per cui sei venuto?”, domandai seria, anche sapevo già dove voleva andare a parare.
“Sono solo curioso…Vorrei sapere che cosa volevi dirmi ieri su Swan…”, rispose sorridendo avvicinando il suo viso al mio. Sentii subito il suo profumo inebriante. Mi ricordava l’odore della brezza marina che avevo sentito da piccola quando una mattina d’estate mio padre mi aveva accompagnato per la prima volta a vedere l’oceano che aveva le stesse sfumature degli occhi di Killian. Ero così assuefatta. Dovevo però cercare di riprendermi. Non potevo mica comportarmi come un'adolescente nella sua fase ormonale.
“Solo questo?”, domandai scettica
“Si solo questo..Allora ti va di parlarmene oppure non ti garba la mia presenza?”
“No va bene…puoi restare”, replicai allontanandomi leggermente da lui e appoggiando la schiena sul cuscino morbido poi aggiunsi: “Non capisco comunque il comportamento dello sceriffo perché non mi ha interrogato sull’incidente? Mi sembra strano, mi ha trattato come se non avessi fatto nulla di sbagliato e poi ho la sensazione che mi stia nascondendo qualcosa”
“E’stato solo un incidente. Nessuno si è fatto male…o almeno si è procurato ferite gravi”, ribadì lui facendo un mezzo sorriso
“Si, ma il mio sesto senso mi dice che c’è qualcosa che non quadra..”, risposi pensierosa mettendo un dito sul mento. Cominciai a cercare di capire che cosa stava accadendo in questa piccola cittadina. Era tutto così bizzarro. Avrei dovuto affrontarlo come se fosse un vero caso oppure stavo esagerando e qua non c'era nulla di strano.
“Io non ci vedo nulla di strano e poi perché non cerchi di rilassarti..”
“Nah voglio scoprire la verità! Sono quasi certa che in questa cittadina ci sia qualcosa che va oltre il razionale”, affermai vaga. Non volevo assolutamente parlare con lui del soprannaturale, anche perchè sarei passata per pazza.
“Sei un tipo che non si arrende vero”, ribattè fissandomi con i suoi occhi così profondi. Sembrava che stesse cercando di leggermi dentro come se volesse capire di più le mie parole. Io lo fissai ma non risposi, anzi cambiai discorso.
“Dimmi che cosa c’è di interessante qua a Storybrook?”, chiesi evitando il suo sguardo e guardando fuori dalla finestra
“Ci sono varie cose… un bella spiaggia da dove si può osservare il mare, la trattoria da Granny dove puoi mangiare ottime lasagne e se ti interessano i libri c’ è anche una grande biblioteca”, affermò dopo avermi osservato per qualche secondo.
“Ti piace il mare?”, domandai sorridendo voltandomi verso di lui
“Molto. Ho navigato per molti anni e ho visto terre lontane con odori e gusti esotici”, rispose lui e notai subito che i suoi occhi gli si erano illuminati. Si vedeva che la sua passione era veramente immensa e vera.
“Beato te. Anche io ho sempre desiderato viaggiare”, ammisi tornando a fissare l’orizzonte. Con il mio lavoro non avevo mai avuto la possibilità di visitare posti nuovi, non avevo mai avuto la possibilità di avere giorni di pausa in cui potermi rilassarmi. C’era sempre un problema. C'era sempre un nuovo caso da affrontare e nonostante avessimo avuto un anno di pausa in cui iniziare una vita normale decidemmo di non allontanarci perchè decidemmo comunque di continuare le ricerche su Sam. Io non volevo controbattere, anche perchè stava soffrendo e così decisi di accontentarlo e stare al suo fianco provando ad alleviare il suo dolore.
“Beh si potrebbe organizzare qualcosa per il futuro”, replicò facendo l’occhiolino.
“Non ti allargare ora…Non so neanche per quanto tempo rimarrò in questo posto..”, affermai incrociando le braccia
“Beh vedremo. Ora però ti lascio riposare. Alla prossima”, disse lui prima di alzarsi.
Dopo aver salutato Killian iniziai a pensare a tutto quello che era successo nelle ultime settimane. Non sapevo se avessi fatto la scelta più giusta. Avevo tentato varie possibilità, ma non avevamo trovato nessuna soluzione. Non riuscivo più a restare nell’attesa del suo ritorno, per poi rischiare di perderlo di nuovo. Non ne avevo più le forze. Non potevo nemmeno essere un peso per Sam e per questo dovevo trovare un posto nuovo, un luogo dove essere un’altra me, così una mattina decisi di lasciargli un biglietto dove lo informavo della mia partenza e i motivi di questa mia decisione e dopo non lo sentii più perchè sarebbe stato troppo doloroso.
Ora mi ritrovavo in questo piccolo paesino. All’inizio il mio piano era restare una sola notte e poi ripartire, ma avevo cambiato idea. Volevo sapere i segreti di Storybrook. Sentivo che questa città era diversa dalle altre e questo mi incuriosiva. Il mio sesto senso mi stava dicendo di rimanere.


23 Settembre 2014

Dopo un periodo interminabile rinchiusa in una stanza minuscola mi fecero uscire dall’ospedale e intanto che non potevo dormire in macchina perché era sfasciata decisi di prendere una stanza nel bed and breakfast da “Granny”.
Entrai e scorsi che la locanda era molto carina e piccola. L’arredamento era molto antiquato. Sul pavimento in parque c’era un grosso tappeto rosso scuro e vicino alla parete alla mia destra notai una piccola poltrona scura con appoggiata sopra una coperta di lana a quadri marrone e nero.
Non appena fui di fronte al bancone in legno suonai il campanello della receptionist che era a sinistra di una piccola antica lampada con ricami aurei luccicanti. Stavo continuando ad osservare la stanza quando a un certo punto arrivò una signora anziana dai capelli corti e biondi. Mi sorrise.
“Buongiorno, ha deciso di fermarsi?”, chiese lei gentilmente
“Si un paio di giorni”
Lei si girò e prese una delle chiavi che erano appese al muro davanti a me e poi mi disse: “Buona permanenza”
“Grazie”
Andai a vedere subito la camera. Non era grandissima, ma per me andava bene. Davanti a me c’era un letto a due piazze con delle bellissime coperte bianche avorio con delle decorazioni a forma di fiore di color rosa pallido. Mi sdraiai subito ed dovevo ammetterlo era molto comodo e dopo giorni in cui ho dormito sul sedile posteriore della mia macchina avevo proprio bisogno di un letto morbido . Non mi ricordavo quanto tempo era passato dall’ultima volta che avevo riposato su un vero e proprio materasso.
Mi girai e vidi che alla mia destra in alto poco distante dal comodino di legno, c’era una finestra dalla quale si poteva vedere la strada principale della città, mentre di fronte a me c’era un armadio enorme forse troppo grande per me perché avevo portato il minimo indispensabile e quindi non sapevo proprio come riempirlo. La stanza per fortuna aveva anche un piccolo bagno con una doccia perché avevo bisogno di farmi una lunga doccia calda in modo da eliminare ogni tipo di stress e anche il dolore che continuava a premere sul mio cuore.
Dopo aver riposato per qualche ora sistemai le mie cose nella nuova camera. L’unica cosa che non trovai fu il mio cellulare. L'avrei però cercato poi con calma, anche perché intanto ora non mi sarebbe servito perchè la mia priorità era rilassarmi e girare per la città assaporando la pace di questo paesino.

24 Settembre 2014

Quella mattina decisi di fare un giro per la città. Avevo bisogno di fare due passi senza pensare ai mostri, anche se sapevo che avrei indagato su quelle strane luci di cui mi aveva parlato lo sceriffo in ospedale perchè non era una domanda normale da fare a una persona che aveva appena investito una persona. Avevo pensato a che cosa potesse riferirsi, ma sinceramente non mi venne nulla in mente perchè non avevo mai visto una cosa del genere.

Stavo per andare a fare una passeggiata quando però sentii una voce dietro di me. L’avevo riconosciuto. Era Killian.
“Vuoi che ti faccio da guida turistica della bellissima Storybrook?”, domandò lui venendo al mio fianco.
Mi girai verso di lui e notai subito i suoi vestiti che erano abbastanza eccentrici. Indossava una camicia di cotone con un gilè e un cappotto lungo tutto nero e di pelle. Stava benissimo nonostante fosse un abbigliamento un po’ strano ed eccentrico.
Dopo averlo fissato per qualche secondo dissi trattenendomi dal non ridergli in faccia: “Ma come sei agghindato? Non siamo ancora ad Halloween”.
“Non ti piaccio?”, domandò offeso.
“Devi ammetterlo ….è un po’strano come look”, risposi io sorridendo.
“Beh a me piace, comunque vuoi restare qui a parlare dei miei vestiti o posso accompagnarti?”, chiese ironico mettendosi di fronte a me.
“ Non dovresti essere in ospedale?” , domandai notando che stava zoppicando.
“Si, ma non ne avevo più voglia di restare rinchiuso li dentro”
“Avresti dovuto rimanere fino a che non saresti guarito del tutto..”, ammisi istintivamente.
“Ti preoccupi per la mia salute?”, chiese amicando.
“Ehm…si…sei sempre una persona e poi sono stata io quella che ti ha investito, quindi mi sento colpevole!”, ribadii abbassando il viso e subito dopo gli chiesi per cambiare argomento:“Come hai fatto con le manette?”
“Ho i miei trucchetti, però se vuoi fare la parte dello sceriffo vado da solo”,
“Ero solo curiosa..anche tu ti stai comportando come un vero criminale”, ammisi incrociando le braccia e guardandolo con un sguardo di sfida.
“Beh si in effetti non sono un santo, ma non ti farei del male….non ne avrei motivo e poi sono sempre un gentiluomo”, affermò lui serio facendo un mezzo inchino.
“Beh nemmeno io sono una santa…” replicai facendogli l’occhiolino
“Mmm non mi sembri una cattiva ragazza”, disse avvicinando il suo viso al mio come se volesse tentare di leggermi di nuovo dentro.
“Fidati non lo sono, ma tranquillo non ho motivo per farti del male”, ammisi io fissandolo citando le sue stesse parole. I suoi occhi azzurri erano così ipnotici. Intravidi un filo di tristezza o forse mi stavo solo sbagliando e me le ero immaginato.
“Ora mi rubi anche le battute…comunque vuoi rimanere qua a battibeccare o fare un giro?”, ridomandò lui allontanando il suo viso dal mio.
“Direi giro. Dove mi porti?”, chiesi incuriosita
“Mmm partiamo dal mio posto preferito”
“Ok, andiamo”
Iniziammo così a camminare per la cittadina. Era molto carina e rustica. Non era molto grande, ma comunque c’erano vari negozi di vario tipo. C’era un fioraio, pub, ristoranti e notai anche una vetrina dove erano esposti abiti da matrimonio. Avevano tutto lo stretto necessario se non anche qualcosa in più ad altri piccoli paesini.
In giro c’era molta gente che passeggiava tranquillamente. Mi dava un senso di pace, come se tutta la confusione e gli orrori si fossero fermati ai confini della città. Era proprio il luogo che mi serviva al momento, però non sapevo amcora se questa pace era reale o era solo un illusione che volevano mostrare ai nuovi arrivati.
“Quindi hai deciso di fermarti?” mi domandò lui, interrompendo i miei pensieri.
“Si per il momento perchè sembra un posto abbastanza sereno. La tranquillità è una cosa di cui ho bisogno ora”, risposi io continuando ad ammirare la città che era molto pittoresca.
“Si beh è un bel posto per riposarsi. Ti troverai bene”, affermò tenendosi la mano sul fianco. Stava ancora soffrendo per l’incidente. Doveva rimanere ancora a letto, ma intanto non mi avrebbe ascoltato, quindi lasciai perdere.
“Lo spero”
“Sei ancora ostinata a scoprire i segreti di Storybrook?”, domandò lui all’improvviso.
“Ovvio!”, risposi decisa.
“Sei tenace Emily”
“Già, non mi arrendo facilmente!”
“Ho notato...comunque siamo arrivati”, rispose lui fermandosi.
Davanti a me c’era un tipico porticciolo non molto grande. C’erano un paio di piccole barche e una enorme che sembrava la nave di Jack Sparrow. Mi sentivo un’idiota a pensare che potesse essere una cosa del genere, però era veramente strano vedere un vero e proprio veliero piratesco. Un’altra stranezza da aggiungere all’elenco.
“Da una persona che ama il mare non potevo aspettarmi altro. L’imbarcazione è bella però mi sembra molto piratesca”, affermai ironica. Notai subito che lui cambiò espressione. Era diventato particolarmente serio. Non capivo perché stava reagendo in quel modo, non avevo detto niente di offensivo o almeno così credevo.
“Che hai Killian? Ho detto qualcosa di sbagliato?”, domandai girandomi verso di lui.
“No, tranquilla, però intanto che hai deciso di rimanere ho bisogno di dirti la verità. Non voglio che tu lo scopra da qualcun altro, anche perchè in questa settimana in cui abbiamo parlato si è instaurato un certo feelings tra di noi...”, rispose andando vicino al vascello.
“Cosa c’è che ti turba?”, chiesi seguendolo.
“Ho paura di spaventarti..”
“Parla, ti ascolterò fino alla fine”, affermai io cercando di tranquillizzarlo. Da quando l'avevo conosciuto aveva avuto sempre quel sorriso quasi arrogante e non l’avevo mai visto con uno sguardo così cupo. Si lo dovevo ammettere ero un po’ preoccupata.
“Ok, tu ci credi nella magia?” domandò voltandosi verso di me.
“Killian io credo a molte cose, una tra queste è la magia, perché?”, domandai perplessa. Non capivo dove volesse andare a parare.

 

Quale era il legame tra la nave e la magia? Che cosa si stava nascondendo a Storybrook?
 

“Gli abitanti di questa città provengono tutti da un posto che si chiama la Foresta Incantata impregnata di magia, però a causa di un sortilegio siamo stati imprigionati qui. Questa che vedi è la mia nave e ti sembra piratesca perché lo è veramente”, spiegò lui con cautela.
“Fammi capire tu sei un pirata?”chiesi io incerta.
“Si lo sono e anche uno dei migliori, ma non ti spaventano il sortilegio e la magia?”
“No te l’ho detto credo al soprannaturale e poi a queste cose è come se ci fossi già abituata”, risposi rimanendo sul vago. Non potevo di certo raccontagli tutta la mia storia da cacciatrice, anche perché sarei stata io a spaventarlo. Un conto era la magia, un altro erano i mostri con cui avevo avuto a che fare. Avevo visto il male puro e per questo ormai non mi spaventavo così facilemente.
“Abituata?” chiese dubbioso
“Si da dove vengo queste cose esistono, quindi non mi fanno paura”
“Di che genere? Sono sempre rimasto nella Foresta Incanta o qua a Storybrook, quindi non so cosa succede oltre i confini”, chiese interessato.
“Tante cose… cose brutte Killian…”, risposi cercando di non dire tutto quello che mi stava passando per la testa. Molte volte mi capitava, anche dopo anni di esperienza, di avere gli incubi. Lui però riusciva sempre a tranquillizzarmi. Ogni volta che stavo male lui era al mio fianco, ma ora non c'era più. La fitta al petto tornò come ogni volta che ricadevo nei ricordi.
“Tu le hai viste?”, chiese allarmato interrompendo i miei pensieri.
“Si direi di si, un giorno ti racconterò qualche aneddoto”, risposi insicura sperando di convincerlo di non farmi altre domande.
“Va bene, me ne parlerai quando sarai pronta. Io però devo dirti ancora una cosa”
“Che cosa?”
“Ti ho detto che mi chiamo Killian Jones, ma il mio nome completo è Killian Jones detto Hook” disse togliendosi la mano finta e al suo posto si mise un uncino.
“Sei Captain Hook?” chiesi sorpresa.
“Vedo che mi conosci già”, affermò sogghignando.
Ero finita in una città piena di personaggi delle favole e per di più stavo parlando con uno di loro. Avevo sempre adorato le loro storie e il fatto di essere appena entrata a contatto con il mondo fiabesco mi emoziono'. Nella mia vecchia vita mi era capitato un caso che riguardava le fiabe, anche se in quel caso erano le versioni più cruente però per fortuna eravamo riusciti a salvare l'anima della ragazza che stava cercando di comunicare tramite i personaggi delle fiabe che suo padre le leggeva mentre lei era in coma su un letto di ospedale.
“Si perché nel mio “mondo” Hook è un personaggio di un film animato”, ribadii ridendo.
“Ah si e come sono?”, chiese con voce suadente avvicinandosi a me.
“Sei l’acerrimo nemico di Peter Pan. Hai lunghi capelli neri e ricci e dei strani baffi. Non è proprio bello”, risposi io facendogli l'occhiolino.
“Beh anche io non sono in buoni rapporti con Peter Pan, però io sono più bello” affermò quasi offeso.
“Si sei decisamente più bello” replicai appoggiando una mano sulla spalla.
“Ora signorina Emily dopo che ha scoperto chi sono veramente vuole ancora fare un giro sulla mia nave?”
“Si molto volentieri”
Lui poi mi prese la mano e mi accompagnò sopra il veliero. Era maestosa. Non appena salii vidi alla mia sinistra un paio scalini che portavano al grande timone in legno, mentre in mezzo alle due rampe c’era una piccola porta che sicuramente portava sotto coperta. Mi sarebbe piaciuto salpare e fare un viaggetto in giro per il mondo. Assoporando la vera libertà.
Stavo per vedere la parte interna quando arrivarono delle persone che stavano chiamando Killian, così scendemmo. Davanti a noi c’erano Emma, il vecchietto e una coppietta.
“Killian cosa ci fai con lei? Come sei riuscito a uscire dall’ospedale?” chiese in modo irritato Emma poi aggiunse: “Amy giusto..meglio se stai lontano da lui”
“Sono un pirata. Non sono delle manette a fermarmi. E’ con me perché le sto facendo un tour della città. Cosa volete?” , domandò beffardo.
“Non mi sembra una cattiva persona e ho deciso io di seguirlo per Storybrook” mi intromisi io cercando di spiegare cosa era successo veramente.
“Con Ho..cioè con Killian?”, domandò sorpresa una ragazza con i capelli neri corti.
“Tranquilli sa già tutto o almeno quasi tutto, quindi potete chiamarmi anche Hook.” rispose Killian mettendosi sulla difensiva.
“Si so della magia, del sortilegio e che lui è Hook”, proferii io avvicinandomi ad lui. Non capivo perchè lo stavano attaccando, non stava facendo nulla di male. Dalle loro reazioni sembrava che io stessi accanto a una persona poco affidabile e pericolosa. Se avesse voluto farmi veramente del male lo avrebbe già potuto fare, anche perché eravamo stati soli per più di un’ora.
“Eh ci credi?”, mi chiese Emma sorpresa.
“Si e come ho già detto a Killian nel mio “mondo” esistono cose soprannaturali” , replicai avvicinandomi a loro
“Fuori la nostra magia non funziona” proferì subito il vecchietto.
“Si può essere vero, ma esistono altri esseri che fidatevi sono soprannaturali”, spiegai ripensando a ogni tipo ti mostro che avevo incontrato nella mia vita. Nonostante ne avevo visto di vari tipi ogni anno incontravamo sempre qualcosa di nuovo, aggiornando così il nostro manuale dei cacciatori.
“Capisco… ma devi comunque stare attenta a quel pirata”, rispose il vecchietto terminando la frase con tono deciso.
“So badare a me stessa!”, affermai mettendomi io questa volta subito sulla difensiva.
“Scusa siamo venuti e non ci siamo nemmeno presentati”, si intromise gentilmente la ragazza dai capelli scuri cercando di alleggerire l’atmosfera
“Io sono Emily Singer”, dissi più tranquilla
“Piacere io sono Snow”
“Sei Snow White?” chiesi io stupita
“Si e lui e David o Charming.” affermò lei guardando il suo amato. Lui aveva capelli corti e castano chiaro e occhi azzurri.
“Ehm non è che mi sta proprio simpatico il personaggio di Snow”, dissi un po’ dispiaciuta. Nel cartone era veramente una ragazzina stupida. Aveva accolto una signora sconosciuta in casa e aveva accettato pure la mela. Le principesse che ammiravo erano altre.
“Ma intendi quelle delle favole della Disney” chiese Emma dubbiosa
“Si, diciamo che è un po’ idiota, senza offesa”, ammisi titubante.
“Le storie dei cartoni animati che sono diffuse in questo mondo sono diverse dalle loro”, spiegò Emma sorridendo guardando la coppietta.
“Ah si meglio così”
“Io infine sono Mr Gold oppure Rumpelstiltskin detto DarkOne”, intervenne poi in modo tremante il vecchietto. Sembrava emozionato. Ora però ero curiosa perché lui si comportava in quella maniera in mia presenza.
“Piacere di conoscerti, però posso sapere perché ogni volta che mi vedi impallidisci o sei emozionato?”, chiesi incuriosita.
Per un paio di secondi ci fu un silenzio assordante. Gold guardava con cattiveria Hook e lo sguardo era reciproco. Non capivo il perché, ma tra di loro c’era sicuramente dell’astio. Poco dopo il suo sguardo tornò a me.
“In realtà eravamo venuti a cercarti proprio per questo motivo. Non pensavamo però che ti avrei trovato con lui”, rispose Gold grave
“Ah si, allora di cosa si tratta?”
“Posso parlarti in privato, nel mio negozio?”
“Va bene”, dissi seria e poi aggiunsi più dolcemente avvicinandomi a lui: “Killian ci vediamo dopo anche perchè devi finire di farmi vedere la nave e la città”
Vidi Hook fissare Rumple e notai che aveva uno sguardo leggermente preoccupato, però dopo un paio di secondi si girò verso di me e rispose facendo un sorriso amaro: “Va bene ti aspetto allora”
Nonostante avessi percepito l'agitazione di Hook decisi di seguire Mr Gold in silenzio verso il suo negozio. Ci mettemmo poco ad arrivare. All'interno c’era un sacco di roba. Molti oggetti erano molto interessanti perché sicuramente ognuno di loro aveva una proprio storia. Sembrava una di quelle botteghe di antiquariato o di mercatino dell’usato.
“Bene, ora può parlare”, affermai determinata. Ero proprio curiosa di sapere perché lui si stava comportando così nei miei confronti. Ero una persona normale o almeno non credevo di spaventare al tal punto le persone.
“Ok, come si chiama tuo padre?” , domandò girandosi verso di me.
“Bobby Singer, perché?”
“No, intendo il nome del tuo padre biologico?”, chiese lui serio.
Mi pietrificai. Ero scioccata. Come faceva a saperlo che ero stata adottata? Questa cosa la sapevamo solo io, mio padre, Sam e Dean.
Bobby mi aveva trovato sul ciglio della strada. Ero ancora in fasce. Lui anche se non avevamo legami di sangue mi aveva portata a casa sua e mi aveva cresciuta, nonostante i molti problemi che avevamo riscontrato soprattutto a causa del suo lavoro era sempre stato un ottimo padre. Ogni volta che soffrivo lui c’era e poi mi aiutava sempre quando avevo un problema. Ogni volta che cercavo informazioni sui miei veri genitori lui era al mio fianco insieme ai due fratelli.
Era morto quattro anni fa e ancora mi mancava da morire. Ancora oggi i suoi ricordi tornavano alla mente, a volte però nonostante ero consapevole che mi avrebbe fatto male riprendevo l' album delle foto per poter fare un tuffo nel passato
“Come cavolo sa che Bobby non è il mio vero padre?” domandai irritata. All’improvviso però iniziò a tremare tutto. Il lampadario sopra di noi cominciò a oscillare. Forse sarà stata solo una scossa di terremoto oppure c'era un fantasma nei dintorni
“Perché io sono il tuo padre biologico...”, ammise commosso
“Tu sei quello che mi ha abbandonato in mezzo alla strada? Sei quello che se ne è fregato di me per ventisette anni? Tu non sei mio padre”, gli gridai interrompendolo ricominciando di nuovo a oscillare tutto, poi aggiunsi guardandomi intorno: “Perché ora sta traballando tutto?C'è un terremoto?”
“Perché hai ereditato i miei poteri e quando non si sa controllare le proprie emozioni si può espldere”, affermò tremante cercando di venire verso di me
“Cosa? No questo è troppo!”, urlai arrabbiata prima di uscire fuori dal negozio. Incontrare il mio vero padre dopo ventisette anni fece tornare a galla la rabbia che avevo represso con difficoltà e per questo non ero riuscita a rimanere. Non ero riuscita a farlo parlare perché il mio astio nei suoi confronti era ormai troppo alto. In questo momento non potevo affrontare una cosa del genere, prima dovevo cercare di calmarmi e non appena mi sarei tranquillizzata sarei andata a trovarlo, per farmi dire almeno la sua versione. Riuscire almeno ad ascoltarlo e ad avere delle risposte anche perchè era fin da piccola che volevo sapere e conoscere il mio vero padre. Non avendo molte informazioni però Bobby ed io non riuscimmo a trovare delle piste valide. Mi avevano lasciato solo una copertina con inciso il mio nome, perciò ci arrendemmo poco dopo l inizio delle ricerche. Con il passare degli anni però la rabbia nei confronti dei miei genitori era aumentata sempre di più. Mi faceva infuriare il fatto di essere stata abbandonata e che non avevano nemmeno provato a rintracciarmi e ora era tornata più viva che mai.

Mi incamminai e non conoscendo però bene la città vagai senza meta. Dopo una decina di minuti trovai dei giardinetti che si trovavano vicino alla spiaggia. Decisi così di sedermi sull’altalena che si trovava di fronte allo scivolo dove erano appoggiate delle foglie color giallognolo.
“Tutto bene?”
Mi girai e vidi che Hook era seduto vicino a me. Mi aveva trovata. Effettivamente avevo bisogno di qualcuno con cui parlare e lui era l’unico con cui ero riuscita a legare in questi giorni. Lo guardai e intravidi subito che nei suoi occhi c'era una vera preoccupazione.
“Ho appena scoperto che Gold è mio padre…si direi che sto bene”, risposi sarcasticamente.
“Il coccodrillo è tuo padre??”, domandò sorpreso
“Coccodrillo?”, chiesi perplessa. Lo aveva chiamato con un soprannome strano. Non riuscii a capire quale potesse essere il collegamento fino a che ripensai al film della Disney. Il coccodrillo aveva amputato la mano del perfido capitano Hook.
“Oddio non sarà stato lui a farti questo?”, ridomandai subito dopo appoggiando la mano sull’uncino. Lui si ritrasse subito.
“Si e non solo. Ora però devo proprio andare”, rispose secco prima di alzarsi.
“Che ti succede?”, chiese agitata seguendolo
“Niente. Mi sono ricordato che devo fare una cosa sulla nave”, ribattè prima di incamminarsi, lasciandomi da sola nel parco. Ero scioccata dal suo comportamento, ma in fondo non ci conoscevamo così bene e non potevo aspettarmi che lui riuscisse a confidarsi subito con me.
Mi risedetti e ascoltai il suono delle onde in lontananza per ore e poi tornai in stanza per riposare sperando di dormire senza incubi.

   
 
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