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Autore: lady lina 77    18/08/2018    3 recensioni
Una nuova fanfiction, una AU (che sarà molto lunga), che parte dal tradimento di Ross della S2. Cosa sarebbe successo se Elizabeth si fosse accorta prima di sposare George, della gravidanza del piccolo Valentine? Cosa sarebbe successo se avesse obbligato Ross a prendersi le sue responsabilità?
Una storia dove Ross dovrà dolorosamente fare i conti con le conseguenze dei propri errori e con la necessità di dover prendere decisioni difficili e dolorose che porteranno una Demelza (già incinta di Clowance) e il piccolo Jeremy lontano...
Una storia che, partendo dalla S2, abbraccerà persone e luoghi presenti nelle S3 e 4, pur in contesti e in modalità differenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Nuovo personaggio, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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"Levati di mezzo!".

Era iniziata così, la sua discesa verso l'inferno. O forse no, era iniziata prima ma in quel momento, quando Ross aveva pronunciato quelle parole, si era portato a compimento un processo iniziato tanto tempo prima, da prima che Francis morisse.

Levati di mezzo... Voglio andare da lei...

Ross da sempre aveva voluto andare da lei. Aveva creduto di amarla, forse ci aveva provato ma il suo cuore aveva sempre pulsato d'amore solo per Elizabeth. Era solo questione di tempo, Demelza lo aveva sempre saputo.

L'amore vero non vince ogni ostacolo? L'amore vero non è quello che da sempre sa trionfare?

Demelza lo aveva sempre saputo, era stata un ripiego. All'inizio del suo matrimonio era semplicemente felice di essere la moglie di Ross, non si aspettava nulla in cambio da un uomo che riteneva tanto superiore, perfetto e irraggiungibile, era solo orgogliosa che lui l'avesse sposata e ingenuamente convinta che il suo amore per lui sarebbe bastato. Poi gli angoli si erano smussati, si erano innamorati, erano stati felici ed era nata Julia. E ci aveva creduto, aveva creduto in loro due, coppia nata per caso e per i motivi sbagliati ma forse destinata a brillare come una stella. Eppure, anche nei momenti più belli, silenziosa come un fantasma, Elizabeth era sempre stata fra loro due.

Poi Julia era morta e l'incantesimo che si era creato fra loro si era sgretolato. E dopo che era morto anche Francis, il cuore e la mente di Ross erano andati definitivamente verso Trenwith, verso Elizabeth, verso Jeoffrey Charles.

Ross era un uomo buono, generoso, che si faceva in mille per gli altri. Aveva aiutato i minatori, i suoi amici, aveva aiutato Dwight e Caroline a ritrovarsi e si era fatto in mille per Elizabeth. Era una persona dall'animo altruista e votata agli altri. Solo lei veniva sempre dopo tutti, per lui. Lei e Jeremy.

Ross non aveva mai voluto Jeremy ma si era illusa che lo amasse. Si era illusa finché non aveva scoperto che, con lo spettro di due anni di prigione davanti, suo marito aveva pensato unicamente al sostentamento di Elizabeth e Jeoffrey Charles per il periodo in cui non ci sarebbe stato, senza la minima preoccupazione per lei e soprattutto per suo figlio, lasciato con calcolo senza sostentamento e nell'indigenza. Le faceva male pensare a questo fatto, le faceva male esserne venuta a conoscenza tramite altri e soprattutto le avevano fatto male le scuse assurde a cui Ross si era aggrappato.

In fondo, il vero tradimento fisico, non era nell'aria già da tanto? Era una questione di tempo ormai...

Nampara non interessava più, a Ross. Né lei, né Jeremy, né il nuovo bambino che stava aspettando. Nulla di tutto questo lo aveva fermato, quella notte. E ora vivevano sotto lo stesso tetto, in un limbo doloroso dove ognuno stava sulle sue, dove si respirava astio, dove Ross vagava confuso senza sapere cosa fare o dire e lei scattava come una molla alla minima provocazione.

Jeremy, di cui si occupava prevalentemente Prudie, era fin troppo buono e tranquillo per i suoi due anni e mezzo ma avvertiva anche lui la tensione che aleggiava in casa e la notte spesso si svegliava in lacrime.

Lei invece, portava avanti una gravidanza che sembrava non darle più gioia. Era al quinto mese di gestazione, si sentiva perennemente stanca e svuotata di ogni emozione e nemmeno i calcetti del bimbo che aspettava, sembravano regalarle un sorriso. Che vita avrebbe offerto a questo nuovo figlio? Avrebbe avuto un padre? Avrebbe avuto amore? E lei, sarebbe stata capace di ritagliarsi la serenità necessaria a crescere anche da sola due bambini?

Demelza aspettava... Che Ross parlasse, che Ross decidesse, che Ross aprisse la porta per andarsene definitivamente o la chiudesse per restare.

Ma lui sembrava inerme, lontano, perso quanto lei. Lontano da tutti, lontano dalla sua famiglia come lo era, stranamente, anche da Elizabeth.

E Demelza non chiedeva, non osava rompere quel silenzio per la troppa paura che dalla bocca di suo marito uscissero parole che potessero distruggerla definitivamente. E non poteva permetterselo, non poteva crollare, aveva Jeremy e un altro bimbo in arrivo a cui pensare.

E allora si trascinava stancamente per la casa, aspettando che venisse sera e l'oscurità inghiottisse ogni cosa, nella speranza che il nuovo giorno fosse migliore del precedente.

Nel silenzio e nella penombra dell'imbrunire, strofinò con fatica un grosso pentolone sporco di grasso. Era un lavoro che avrebbe dovuto fare Prudie ma la serva si stava occupando di Jeremy che quel giorno non era stato fermo un attimo e lei, troppo spossata dalla nausea, non era riuscita a prendersi cura di lui.

Ross, chiuso in un mutismo impenetrabile, era seduto all'altro lato del tavolo, intento ad osservare una mappa della Wheal Grace. Alzò gli occhi su di lei, sospirò e poi scosse la testa. "Non dovresti farlo!".

Lei lo guardò, con la mente assente e lontana. "Perché?".

"Perché è da stamattina che stai male e non dovresti stancarti".

Lei lo fissò con freddezza. "E' da maggio che sto male, non da stamattina" – disse, intenzionata a ferirlo. "Ma ti ringrazio per l'interessamento" – concluse, sarcastica.

Ross, con un gesto secco, picchiò la mappa sul tavolo. Evidentemente lo aveva capito anche lui che stava cercando di provocarlo per avere una qualche reazione. "Demelza, questo tuo atteggiamento non ci è di nessun aiuto!".

"Nemmeno i tuoi di atteggiamenti, ci sono stati d'aiuto, Ross".

Lui si morse il labbro. Demelza lo conosceva, sapeva quanto si sentisse frustrato, in trappola e in difficoltà in quel momento. Ross era un uomo d'azione, un uomo del fare, ma gli era sempre risultato difficile aprire il suo cuore, parlare dei suoi sentimenti e affrontare le conseguenze dei propri errori.

Demelza era rimasta, sarebbe rimasta finché avesse sentito che c'era speranza per loro. O finché Ross non avesse deciso cosa fare della sua vita, del loro matrimonio e della loro famiglia. Ma lui taceva e lei, che pur conosceva a memoria ogni angolo della sua mente, non riusciva più a leggergli dentro. E quindi cercava di provocarlo, di ottenere una reazione, di spingerlo a parlare, a urlare o a dire qualcosa di dannatamente necessario per loro.

Ross, sfinito in volto quanto lei, sospirò e abbassò il capo. "Demelza, sto cercando di fare del mio meglio".

"Mi sembra che tu non stia facendo niente. Stai quì, zitto! O scappi in miniera e ti nascondi sotto terra come farebbe un ladro... E il tempo passa e mi sembra che, sempre più, io e Jeremy siamo diventati fantasmi fastidiosi per te".

Ross fece per replicare ma sembrava a corto di parole, in difficoltà, al muro. "Tu non sei un fantasma! E nemmeno Jeremy!".

Lei scosse la testa, esasperata. "Siamo invisibili da così tanto noi, ormai... Che tu sia quì, che tu sia in miniera, che tu sia a Trenwith, per noi non cambia nulla, non ci vedi, siamo trasparenti ormai ai tuoi occhi".

"Non lo siete mai stati!".

"E invece sì! Da quando è morto Francis, soprattutto... Ma in fondo anche da prima che lui morisse, a ben pensarci, non hai mai smesso di invidiare la sua vita e il suo matrimonio".

Ross avvolse la mappa, la legò con uno spago e la gettò in una cesta di vimini vicino al camino spento. "Elizabeth era sola ed incapace di provvedere a se stessa e come capo della famiglia Poldark era mio dovere prendermi cura di lei e di suo figlio. Tu avevi me!".

Lei strinse con forza i pugni e poi, con un gesto stizzito, gettò la spugna nel pentolone che stava cercando di pulire. "Te? Quando avevo TE? Quando hai pensato a noi? Come ti avrei avuto in quei due anni di prigione? Elizabeth ti aveva, Elizabeth ti HA AVUTO! Non io, non Jeremy, non il bambino che aspetto". Frustrata, con le lacrime che le pungevano gli occhi, riprese la spugna e ricominciò a strofinare con forza.

E a quel punto Ross si alzò dalla sedia, togliendole il pentolone di mano con un gesto secco. "Ho detto di smetterla! Lo farà Prudie! Sei incinta, dannazione! E non stai bene!".

"Come se ti importasse qualcosa" – urlò lei, mentre ormai le lacrime le bagnavano le guance.

Ross fece per replicare, ormai era furibondo e la rabbia sembrava esplodere da ogni suo poro. Ma fu fermato, provvidenzialmente, dall'arrivo di Jeremy e di Prudie.

Il bimbo, preoccupato di vederla piangere, corse da sua madre. "Mamma" – mormorò con vocina stentata.

Demelza si sforzò di sorridere. "Amore tranquillo, mamma si è presa il raffreddore".

"Ecciù" – rispose lui saltandole in braccio, ridendo.

Demelza lo baciò sulla fronte, rimettendolo a terra. Era dolcissimo Jeremy, un vero piccolo principe azzurro in miniatura. E sarebbe diventato un grande uomo un giorno...

Prudie, quasi timorosa, si avvicinò a Ross. "C'è una lettera per voi. Da Trenwith" – mormorò, guardando Demelza con sguardo triste e pieno di sensi di colpa.

Ross divenne di ghiaccio. E anche Demelza. Lei finse indifferenza, lui prese la busta con un gesto veloce e poi, dopo aver intimato a Prudie di andare via con Jeremy, si sedette nuovamente alla sua sedia.

Demelza, sopraffatta dal dolore ma decisa a essere forte, osservò la busta bianca fra le mani del marito. Si aspettava qualcosa del genere, era ovvio che prima o poi Elizabeth si sarebbe fatta viva. Erano passati quasi due mesi da quella notte maledetta e Ross non era più andato a Trenwith da lei e aveva fatto perdere le sue tracce con le persone che vivevano lì.

Scappava, da lei come da Elizabeth...

Scappava e lei non riusciva più a riconoscere l'uomo che aveva sposato. Dov'era Ross, il Ross forte, fiero e coraggioso? Cos'era successo a suo marito? "Non la leggi?".

Ross sollevò un occhio su di lei. "Suppongo che non dovrei".

"Io invece suppongo che dovresti farlo. Sarebbe... cortese... dopo tutto quello che è successo".

E a quel punto, Ross esplose. Si alzò in piedi, la sedia su cui era seduto cadde con un tonfo sul pavimento e picchiò le mani sul tavolo con violenza. "Cosa vuoi che faccia? Sono quì, con te! COSA DEVO FARE ANCORA???".

Demelza deglutì. Ecco, la reazione era arrivata e lei era talmente sfinita per riuscire a fronteggiarla... E ora dove li avrebbe condotti quell'esplosione di rabbia repressa? "Devi decidere cosa vuoi Ross! Essere onesto con te stesso e con le persone coinvolte in questa storia".

"Sono quì, non ti basta? Il resto si sistemerà, è stata solo una dannata notte Demelza e speravo che tu capissi che non è il caso di fare tutte queste tragedie. È finita, andata! E' successo e non si può tornare indietro, ma ci si può lasciare tutto questo alle spalle, se tu...".

Come se dipendesse da lei, pensò amareggiata... Come se il problema fosse lei... Demelza guardò nuovamente la busta. "Leggi quella lettera! Dopo tutto, lo devi ad Elizabeth... Una qualche spiegazione, intendo!".

Ross le lanciò uno sguardo di sfida. "Lo vuoi davvero?".

"Quello che voglio io conta poco".

Ross la guardò storto e poi, stizzito, tolse la ceralacca e aprì la busta. Lesse quelle che non dovevano essere che poche righe e poi distolse lo sguardo, fingendo interesse per qualcosa di inesistente alla finestra.

"E allora?" - chiese lei, guardandolo insistentemente in viso.

"Vuole che vada a Trenwith, dice che deve parlarmi".

Demelza osservò Ross. Rispetto a quella maledetta notte di maggio, ora suo marito aveva un tono freddo e distaccato. Distaccato da lei ma anche da Elizabeth... "Te ne stupisci?".

Lui la fissò, torvo. "A me stupisce che tu non sia stupita".

Demelza sospirò. "Ross, non le hai detto una parola. Sei andato lì, hai fatto in modo che rimandasse il suo matrimonio con George, hai tradito tutti i voti nuziali che ci siamo scambiati nel giorno in cui ci siamo sposati e poi sei sparito. Certo che vuole parlarti! E onestamente, io la odio ma credo che tu glielo debba! Se non vuoi parlare con me, posso accettarlo! Ma lei non è obbligata a fare altrettanto".

Ross ripiegò la busta, mettendosela in tasca. "Mi stai spingendo... ad andare da lei?".

"Ti sto spingendo a prenderti le tue responsabilità. Prima lo fai, prima forse supereremo questo momento".

Ross scosse la testa. "Sono un uomo sposato, le mie responsabilità sono quì".

"BALLE! Tu stai scappando, Ross".

Lui sussultò, MAI lei era stata tanto diretta e irrispettosa verso di lui. E il suo sguardo ferito sembrava urlare ai quattro venti che lei aveva centrato il bersaglio. "Non sto scappando".

"E allora, va a Trenwith" – rispose Demelza, con sguardo di sfida.

Ross la guardò con malcelato astio. "Andrò domattina" – disse, avviandosi verso la porta della biblioteca dove c'era la brandina che era diventata il suo letto.

Demelza lo guardò freddamente, poi abbassò lo sguardo, riprese la spugna e fece per riprendere fra le mani il pentolone. "Domani...".

Ross fu subito dietro di lei e, nuovamente, le tolse la pentola dalle mani. "Ho detto che non devi farlo! Va a letto! Ora!".

Demelza sussultò. Erano le stesse parole che aveva pronunciato una sera di tanti anni prima, mentre lei indossava un abito di seta azzurro appartenuto a sua madre e cercava un modo per non tornare ad Illugan. Quella sera era iniziato tutto ma ora, sentire quelle parole, aveva un sapore totalmente diverso e amaro. "Ross...".

Lui avvampò e in quel momento lei si rese conto che stava ricordando la medesima cosa. "A letto" – mugugnò, distogliendo lo sguardo.

E lei, a malincuore, fu costretta ad ubbidire.


  
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