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Autore: Flos Ignis    19/08/2018    3 recensioni
E se Edward fosse stato una ragazza?
In questa storia ripercorrerò le vicende di Brotherwood, con la principale variante che Edward, nella mia storia, si chiama Edith Elric.
Cosa potrebbe comportare questo cambiamento? Non molto, forse direte voi.
Ebbene, venite a scoprire come un solo dettaglio possa andare a cambiare le sorti di così tante vite.
Perchè Edith, per il semplice fatto di essere una ragazza, stravolgerà molti avvenimenti fondamentali.
Contemporaneamente, il suo cuore d'acciaio metterà a dura prova un certo Alchimista di Fuoco...
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Riza Hawkeye, Roy Mustang, Un po' tutti | Coppie: Roy/Ed
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender
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Ferro, Acciaio, Ossigeno




La stazione dei treni quel giorno era meno caotica del solito.

Voci su un pericoloso criminale che aveva dichiarato guerra all'esercito, più specificatamente contro uno dei suoi corpi d'èlite quali erano considerati gli Alchimisti di Stato, aveva fatto passare la voglia di compiere viaggi non necessari alla maggior parte della popolazione.

Nonostante il potere detenuto dall'esercito era stato impossibile mettere a tacere una novità tanto inquietante: questa, a parere di Edith, non era una buona notizia, poichè si rischiava di scatenare inutilmente il panico...

In fondo, erano solo i "cani dell'esercito" gli obiettivi di Scar.

Ma poi il dolore la colpì come una frustata al pensiero che anche Nina era stata uccisa. Non aveva già sofferto troppo per essere così piccola? Perchè la sorte le aveva riservato anche una fine tanto orribile?

La giovane alchimista si passò l'unico braccio rimastole sul viso, cercando di scacciare i pensieri che non la smettevano di arrovellarsi nella sua testa. Avrebbe tanto voluto poter chiacchierare un po' con Alphonse, ma a causa della sua situazione attale era stato ritenuto più prudente chiudere i pezzi della sua armatura in una grande cassa di legno e caricarlo come bagaglio nel vagone merci.

Aveva protestato sentitamente quando il Colonnello Mustang le aveva proposto quella soluzione, appena poche ore prima, ma lo stesso Al aveva confermato che non avevano alternative e che per lui non c'erano problemi.

Per aggiungere la beffa al danno poi, ritrovandosi senza il suo braccio meccanico, era di fatto completamente inerme: non una situazione rosea, con l'uomo di Ishval ancora in circolazione. Questo aveva scatenato una nuova discussione, condita da sentite maledizioni agli avi del militare suo superiore, che si era categoricamente rifiutato di permetterle di partire da sola. Aveva cercato di convincere il Colonnello che il suo paese natale distava poche ore di treno e che quindi lei e Al non correvano grossi rischi, ma l'uomo era stato irremovibile.

Ed ecco il perchè il Maggiore Armstrong in quel momento si trovava al suo fianco come scorta. Non che non le stesse simpatico, l'aveva visto combattere il giorno prima e, nonostante le stranezze che aveva urlato con incredibile orgoglio parlando dell'arte alchemica della sua famiglia, aveva intuito che era un uomo forte e affidabile.

Certo, ancora non si era ripresa del tutto dalla visione dell'uomo a petto nudo - per chissà quale ragione, tra l'altro - che piangeva come una fontana cercando di abbracciarla, inseguendola per tutto l'ufficio del'Alchimista di Fuoco, strillando su quanto fosse commosso dall'amore fraterno che l'aveva portata fino ai limiti estremi dell'Alchimia per cercare di riavere sua madre e in seguito per riportare indietro l'anima del fratellino.

In suo soccorso era intervenuto di nuovo Mustang, che aveva fatto uno strategico passo di lato per coprire a metà Edith col suo stesso corpo, indossando con nonchalance estrema uno dei suoi guanti.

Edith grugnì di disappunto: in un modo o nell'altro, la sua irritazione era sempre legata a doppio filo alla presenza, alle parole o anche al solo pensiero del suo superiore.

Appena poche ore erano passate da quegli istanti di assurda follia, ma Edith ancora si stava chiedendo cosa diavolo gli fosse preso. Perchè aveva cercato di proteggerla da un uomo che poco dopo le aveva assegnato come scorta?

Sospirò, decretando che gli uomini erano decisamente una razza strana cui era molto felice di non appartenere. E di cui Al faceva eccezione, naturalmente.

-Credo ci siano visite per te, Edith Elric.- la voce profonda del Maggiore la distrasse dai suoi pensieri, facendola voltare verso l'esterno del treno che sarebbe partito entro pochi minuti. 

Davanti al finestrino stavano due soldati che le erano molto familiari, ma che non avevano alcun motivo di essere lì.

Stupita, si affrettò a tirare giù il vetro che la divideva dalle sue conoscenze e, soprattutto, da risposte che temeva non le sarebbero minimamente piaciute: -Che cosa ci fate qui?-

Il Tenente Colonnello Hughes le fece un sorriso affettuoso e divertito insieme, sistemandosi gli occhiali rettangolari e scostando un ciuffo corvino dalla fronte con un gesto che alla ragazza ricordò terribilmente il migliore amico del militare di fronte a lei.

-Al quartier generale sono tutti molto indaffarati, perciò hanno mandato me a salutarti.-

-Non ce n'era bisogno, ma li ringrazi da parte mia.-

-Inoltre porto un messaggio di Roy per te: "detesto compilare scartoffie, perciò non azzardarti a morire mentre sei sotto il mio comando".-

L'altro militare, anch'esso moro e con gli occhiali, ma dai tratti molto più giovanili e il fisico che conservava ancora tracce dell'adolescenza, si strinse la testa nelle spalle, quasi imbarazzato dalle parole scortesi del suo superiore.

Una volta di più, Edith si chiese come facesse un bravo ragazzo come Fury ad essere finito nell'esercito e, ancora peggio, nella squadra del Colonnello bastardo, ma c'erano misteri al mondo che evidentemente non toccava a lei svelare.

Ben lungi dall'essere offesa da quelle parole, ma anzi, divertita da quel modo particolare di comunicare tipicamente e solamente loro, rispose.

-Riferisca al suo amico bastardo: "ricevuto, prima di morire mi accerterò che lei sia già stato seppellito!".-

Hughes scoppiò a ridere alla sua risposta e persino il Maggiore Armstrong e Fury azzardarono una risata, sotto sotto tutti sollevati nel notare in Edith lo stesso spirito battagliero di sempre che, dopo la notte precedente, temevano affievolito.

­-Il mondo è davvero pieno di strani e meravigliosi casi umani, e di certo tu e Roy siete due tra i più sorprendenti che abbia mai conosciuto! Se non vi ammazzate prima a vicenda, scommetto che avrete una lunga e interessante vita!-

-Confermo, Tenente Colonnello... ma vorrei sottolineare la postilla del "se prima non ci uccidiamo tra noi".-

Questa volta Edith stessa lasciò libera la sua risata, ma il fischio che annunciava la partenza del suo treno coprì qualsiasi altro suono per un paio di secondi.-

-Beh, è stato un vero piacere incontrarla! Fury, quando torno ti aiuto a riparare la radio di cui mi hai parlato l'altro giorno.-

-In verità, Edith, io non sono venuto solo a salutarti...- il ragazzo sembrava imbarazzato, così sbagliato il suo atteggiamento remissivo dentro quella divisa blu troppo rigida da far storcere il naso a Edith.

-Anche tu porti un messaggio?-

-Non proprio...-

Hughes sospirò, capendo che se non avesse fatto qualcosa lui stesso il treno sarebbe partito prima che il giovane soldato al suo fianco riuscisse a trovare le parole per esprimersi.

Lo afferrò dunque per i fianchi, e all'urlo di: "lo prenda, Maggiore!", lo scaraventò con poca grazia all'interno del finestrino aperto, travolgendo Edith e facendo nascere due urli gemelli di sgomento dalla ragazza e dalla povera vittima del lancio a sorpresa del Tenente Colonnello.

Fury era talmente minuto che un uomo medio poteva tranquillamente sollevarlo, cosa che il suo compagno di squadra Havoc faceva di continuo, ma era dai tempi dei bulli dell'Accademia che nessuno lo usava al posto della palla di piombo usata per il lancio del peso.

Aveva dimenticato quanto fosse deprimente la sensazione, ma almeno il Maggiore aveva avuto i riflessi pronti e lo aveva afferrato al volo, impedendogli di rompersi il naso.

-Beh, buona fortuna per il tuo braccio e per il corpo di tuo fratello, Edith, spero davvero di rivederti presto!-

Furono queste le ultime parole che Edith udì dal militare, dopodichè il treno partì e di lui rimase solo il ricordo del suo ultimo sorriso impertinente e divertito.




C'era voluto un po' di tempo prima che la situazione tornasse ad una parvenza di normalità, durante il breve volo l'attrezzatura che Fury portava sulla schiena si era un po' dispersa e ammaccata, per cui si erano messi tutti di buona lena per raccogliere i vari circuiti e ingranaggi che erano finiti un po' ovunque. La gente accanto a loro in quel vagone li aveva guardati un po' storto, ma quando avevano visto le divise blu dei militari e una bella ragazza bionda senza un braccio si erano sentiti rassicurati e commossi al tempo stesso, lasciandoli con discrezione alle loro faccende.

-Dunque, Fury, adesso mi spieghi cosa diamine ci fai qui?-

-Per farla breve, il Colonnello mi ha ordinato di accompagnarti a Resembool e ritorno.-

-Ci ero arrivata fino a qui, ma perchè? C'è già il Maggiore a farmi da scorta e già questo mi pare troppo, ma tu per quale motivo sei stato mandato?-

-Mi è stato detto che, nel caso in cui succedesse qualcosa, specialmente se Scar si fa di nuovo vivo o se ti trovi in pericolo per qualsiasi altra ragione, io devo essere presente per comunicare subito al Colonnello la situazione in modo che resti aggiornato.-

-Un comportamento insolito da parte del Colonnello. Deve tenerci davvero molto alla tua incolumità, Edith Elric.-

La giovane Alchimista però era di tutt'altro avviso. Quell'uomo voleva controllarla!

E lei aveva controllato la sua rabbia anche troppo, decise.

-Al diavolo Mustang e le sue manie di onnipotenza!- si alzò di scatto, decisa a trovare ovunque Al fosse stato caricato per poter finalmente stare con la sola compagnia su quel treno che riteneva davvero affidabile.

Ah, ma gliela avrebbe fatta pagare cara al bastardo non appena avesse riavuto indietro il suo braccio!

E lei che gli aveva persino lasciato un regalo creato con la sua alchimia, la mattina prima, per ringraziarlo della sua premura.

Altro che preoccupazione, quello è un maniaco del controllo! Non mi lascerò ingannare mai più da quei maledetti occhioni scuri, parola mia!




-Etciù!-

-Si sta forse ammalando, Colonnello?-

-Non credo, Tenente Hawkeye... credo piuttosto che qualcuno stia parlando di me.-

Osservando l'orologio d'argento che lo identificava come Alchimista di Stato, Roy fece un piccolo sorriso soddisfatto che non avrebbe per nulla sfigurato sui lineamenti di un bambino dopo aver rubato la marmellata da sotto il naso della madre.

Sospirando, Riza si disse che conosceva fin troppo bene quell'espressione: applicata al bambino con cui aveva quotidianamente a che fare, poteva significare solo una cosa.

-Non credo capirò mai la sua strana necessità di tormentare quella povera ragazza.-

-Mandarle dietro Fury non è certo un tormento, è stato un atto ragionato.-

-Con un divertente tornaconto personale, dato che sa benissimo quanto sia insofferente all'autorità e al controllo.-

-Touchè, Tenente.-

La donna sorrise al piccolo cenno che le rivolse, sorrise per il semplice motivo che conosceva tanto bene quell'uomo da leggere le parole che quegli occhi scuri e la piega delle labbra le stavano silenziosamente comunicando.

La preoccupazione per Edith, il piano che aveva architettato per tenerla più al sicuro possibile, la copertura che aveva creato per mantenere la sua facciata di divertita indifferenza.

Trovava estremamente tenera la cura che il suo capo aveva nei confronti della piccola alchimista, ma si guardava bene dal dirlo ad alta voce.

Per per quanti anni potessero passare, per quante idiozie compisse e per quanto infantile potesse dimostrarsi, quell'uomo rimaneva per lei il ragazzo pieno di sogni e ideali che aveva conosciuto prima dell'inferno di sabbia che infestava tutti i loro incubi, ma anche l'uomo che da esso l'aveva salvata dandole uno scopo e con il quale cercava redenzione da un peccato imperdonabile.

Si chiese per quale motivo non si fosse innamorata di lui: per quanto poco propensa a quel genere di sentimenti, se le avessero chiesto chi vedeva al suo fianco nel futuro avrebbe avuto solo un nome in mente, ed era quello di Roy Mustang.

Ma se questo per una donna comune avrebbe significato amore, per Riza Hawkeye era tutt'altro.

Era la terra che la sosteneva, l'ideale per cui combattere e la forza che le consentiva di farlo.

Era il rispetto, la fiducia, l'affetto persino, ma più di ogni cosa era la granitica sicurezza di un legame incorruttibile, qualcosa che neppure l'amore avrebbe potuto rovinare o cambiare in alcun modo.

No, Roy Mustang non avrebbe potuto occupare nel suo cuore il posto che sarebbe spettato ad uno sposo, ma questo non significava che quello che rappresentava per lei non fosse altrettanto fondamentale.

-A cosa stai pensando, Tenente? Non è da te essere così assorta.-

-Pensavo al motivo per cui non potrei mai innamorarmi di lei, Colonnello.-

Sincera di natura com'era, non capì il motivo per cui l'uomo quasi si strozzò con la sua stessa saliva alla risposta che gli aveva fornito.

-Ma cosa vai a pensare?-

-Per quale motivo reagisce così? Si sente offeso perchè qualcuna non cade ai suoi piedi?-

-Per carità, non ho mai pensato a te in certi termini! Per questo sono più che felice che tu non sia "caduta ai miei piedi", come dici tu.-

-Allora qual'è il problema?-

-Nessun problema! Solo un moto di sorpresa per l'argomento alquanto... insolito.-

Soddisfatta per la risposta, tornò a prestare attenzione ai documenti che doveva revisionare entro la fine della giornata, ma poi l'unico altro occupante della stanza tornò a distrarla.

-Giusto per curiosità, per quale motivo credi che non potremmo innamorarci, noi due? Non che non sia d'accordo, ma sono interessato alle tue conclusioni.-

Lei si prese qualche secondo per trovare le parole adatte, ma alla fine si scoprì a parlare prima di deciderle razionalmente, nate spontanee nella sicurezza che emanvano.

-Lei, Colonnello, riveste un ruolo di prim'ordine nella mia vita. A volte mi sembra quasi di essere un'estensione della sua esistenza, qualcosa che ha la medesima origine in un certo senso. Ha la mia piena stima e la mia incondizionata fiducia, ma ne abbiamo passate così tante insieme che se a legarci fosse un sentimento puro come l'amore, finiremmo con il corromperlo, e con esso anche tutto il resto verrebbe compromesso. In un certo senso, è un sentimento troppo instabile da aggiungere ad un legame così intenso. Invece che renderlo più forte, spezzeremmo tutto.-

L'uomo annuì, come se quelle parole le avesse ragionate lui stesso e la sua assistente le stesse solamente esprimendo per lui.

Una realtà non così improbabile, dato il loro rapporto simbiotico.

-Capisco benissimo, è esattamente la conclusione a cui sono giunto io stesso. Se la catena che ci lega è ferro, temprato dalle avversità per essere il più resistente in circolazione, l'amore sarebbe per noi ossigeno. Forse ci farebbe respirare, ma corromperebbe il materiale della catena.-

-Immagino siano paragoni da alchimisti.- scherzò lei di rimando.

L'uomo capì il tentativo di distensione e lo accolse con un sorriso grato.

Ma siccome Riza non gli aveva ancora perdonato di aver mandato via Fury senza averla prima almeno consultata, soprattutto visto il momento problematico, decise di prendersi una piccola soddisfazione personale.

-L'oro e l'acciaio non vengono corrotto dall'ossigeno, giusto?-

Egli la guardò in piena confusione, non capendo dove volesse andare a parare, ma irrigidì le spalle d'istinto, capendo dal tono di sottile insinuazione della sua guardia del corpo che avrebbe dovuto incassare un durissimo colpo per qualche grave motivo che ignorava.

-Non avevo finito di dirle i miei motivi per cui non potremmo stare insieme: lei ha già un legame che l'ossigeno non può deturpare, lo sa? Un legame che la unisce a una tempra d'acciaio dagli occhi dorati...-

Stoccata, affondo.

Vittoria per il Tenente.

Non per nulla, riflettè la donna osservando il suo capo boccheggiare alla disperata ricerca di una risposta adeguata che non avrebbe trovato, sono un cecchino. Non manco mai un colpo.



 
  
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