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Autore: Justice Gundam    21/08/2018    1 recensioni
Quello che per un variegato gruppo di avventurieri comincia come un viaggio in incognito e una missione di recupero di poche pretese, si rivela essere invece soltanto una parte di un vasto intrigo che li porterà a confrontarsi con il lato oscuro del loro paese, e con antichi misteri che si credevano ormai dimenticati. Ispirato alle sessioni di Pathfinder che gioco assieme ai miei amici.
Genere: Avventura, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Pathfinder: L'Ascesa Della Follia

Una fanfiction di Pathfinder scritta da: Justice Gundam

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Capitolo 7 – La Casa della Pietà

Il ritorno alla taverna che il gruppo di avventurieri usava come ritrovo temporaneo, e la notte successiva al loro primo incarico, e la mattina dopo, i ragazzi si erano ritrovati di buon ora nella sala principale, per discutere della loro prossima mossa, e se possibile, per cercare di sentire qualche altra notizia.

“Hmm… buongiorno, ragazzi…” mormorò Maria, passandosi una mano sulla faccia per cercare di scrollarsi di dosso gli ultimi rimasugli di sonno. Del gruppo  era lei quella che aveva avuto un po’ più di difficoltà quando si trattava di svegliarsi presto. Dario, Iaco e il gruppetto di Pandora erano già svegli da un po' quando lei scese le scale e si sedette vicino a loro. “Scusate… ho dormito un po' troppo…”

“Cerca di essere un po' più pronta, Maria… non sempre avremo il lusso di poterci svegliare con la luce del sole.” Affermò Gunter, prima di addentare un pezzo di pane. Quando la ragazza mora si sedette al suo posto, con un'espressione un po' imbarazzata sul viso, il nano pistolero si schiarì la voce e continuò il discorso che stava facendo. “Stavo dicendo ai nostri compagni… che con quell'incarico non solo siamo riusciti a guadagnare un po' di soldi, che magari useremo per comprarci un po' di equipaggiamento, ma siamo anche riusciti a scoprire qualche possibile indizio. Sappiamo che c'è in ballo un traffico di animali rari, ma chi li compri e per quale motivo, non lo sappiamo ancora.”

“Per adesso, immagino che dobbiamo indagare su quello che abbiamo.” Proseguì Dario, dopo aver dato una rapida occhiata ai pugnali che portava rinfoderati alla cintura, ben nascosti sotto la sua mantella scura, ma comunque a portata di mano. “Dobbiamo cercare di indagare… con discrezione, si intende… su dove potrebbero essere tenuti animali come quelli in una città come Grisborgo. Non credo che sia tanto facile tenerli nascosti, vero?”

“Beh… animali del genere hanno bisogni particolari, e certo non è facile farli passare inosservati.” Spiegò Pandora, ringraziando tra sé Nisa per le lezioni sulla natura che le aveva dato. “Dobbiamo cominciare a cercare… e vedere quali posti in questa città possono andare bene allo scopo.”

“Miao… se è per questo, tutto quello che dobbiamo fare è dare un'occhiata e vedere se ci sono delle tracce di animali particolari, da queste parti.” Suggerì il gatto-famiglio Sotero, non senza darsi un po' di arie. “Dopotutto, miao… per quanto attenti siano stati a non lasciare tracce, immagino cge ci sarà qualcosa con cui possiamo lavorare.”

“Pandora ragione, però… dove iniziare noi?” chiese Iaco, dando un'occhiata a Nisa che sembraca persa nei suoi pensieri, a leggere un piccolo foglio di pergamena dove era scritto qualcosa in un alfabeto sconosciuto, che tuttavia lei riusciva a leggere senza problemi. Era un linguaggio molto particolare, i cui simboli erano composti da linee rette e curve che si intersecavano in modo da creare un tutt'uno artistico, con lettere eleganti e allo stesso tempo difficili da leggere. “Nisa, tu hai qualche idea?”

“Ah? S… Scusa, Iaco, ero completamente presa da questo messaggio…”  rispose rapidamente Nisa. “È un messaggio che mi è stato consegnato dal mio maestro, l'arcidruido … di Carnia, prima che io e i miei compagni partissimo per questo viaggio.”

“Strana lingua. Mai vista prima.” Commentò il coboldo, sporgendosi per dare a sua volta un'occhiata alla pergamena.

“Ah… beh, questo è il linguaggio segreto di noi druidi. Lo usiamo per comunicare tra di noi, e non abbiamo il permesso di insegnarlo a nessuno che non faccia parte del circolo dei druidi.” Spiegò l'elfa. “Comunque, non mi è proibito dirvi cosa mi ha scritto. Questo… è un contatto che mi ha raccomandato nel caso ne avessi avuto bisogno. Potrebbe essermi utile per giungere a capo del problema con cui abbiamo a che fare, ma spero non dobbiamo mai giungere al punto di dovergli chiedere aiuto.”

“Anche perché se accadesse, vorrebbe dire che la minaccia riguarderebbe tutta Tilea…” commentò Pandora. “Ma pensiamo ai problemi un po' più immediati. Abbiamo detto che dobbiamo cercare dei posti in cui è più facile che vengano nascosti animali di contrabbando.”

“Possiamo cominciare dando un'occhiata alle contrade meno frequentate.” Affermò Maria mentre riprendeva fiato tra un boccone e l'altro. “Ma già che ci siamo, perché non torniamo in Piazza del Popolo e non cerchiamo qualche altro impiego interessante? Ci potrebbe dare la scusa che ci serve per andare a dare un'occhiata nei quartieri bassi senza attrarre troppa attenzione.”

“Beh… effettivamente, potrebbe essere un'idea. Prima andiamo a comprare un po' di equipaggiamento, in caso ci serva, e poi vediamo cosa si trova.” Rispose Dario. “Non so voi… ma io ho la vaga impressione che avremo fortuna. E se lo dice un disilluso come me…”

Sotero ridacchiò con voce nasale. “…vuol dire che andiamo a colpo sicuro, miao!” disse, sollevando un breve momento di risate generali.

 

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Grazie alla paga per il lavoro del giorno prima, i ragazzi erano stati in grado di fermarsi in un negozio di ferramenta e comprare un po' di oggetti utili. Ognuno di loro si era procurato un paio di fiale di antitossina, mentre Dario aveva comprato qualche pugnale in più,  aggiungendolo ai già numerosi esemplari della sua collezione.

“Non si possono mai avere troppi coltelli di scorta.” Aveva commentato il giovane vagabondo quando Gunter gli aveva chiesto se fosse davvero necessario tenerne con sé così tanti.”

Per quanto riguardava Pandora e Iaco, i due esperti di magia arcana del gruppo si erano procurati dei piccoli sacchi di tela che contenevano alcuni componenti per i loro incantesimi… e nel caso di Pandora, anche diverse erbe medicinali per provare a fare qualche infuso. Una volta sicuri di essersi procurati tutto quello di cui potevano avere bisogno, i ragazzi proseguirono verso Piazza del Popolo, trovandola affollata ed indaffarata come sempre.

Facendosi man mano largo tra la folla, i ragazzi raggiunsero il grande albero al quale erano affissi gli avvisi di offerte di lavoro, e tra di esse, la vista acuta di Gunter notò immediatamente un manifesto che non c'era la volta precedente.

“Hey, gente, perché non date un'occhiata a questo?” esclamò, chiamando attorno a sé i suoi compagni con un gesto della mano. “Credo che lo abbiano messo soltanto stamattina, l'altro giorno non c'era.”

“Che cos'è? Un nuovo avviso?” chiese Dario un po' stupito. Poteva essere interessante, e il ragazzo cercò immediatamente di leggere l'avviso, nonostante la sua carenza in questo campo. “Hm… un attimo che provo a… er… bam… bam… bini… scom… parsi…”

“Ehm… forse è meglio che lo faccia qualcuno di noi che sa leggere un po' meglio, Dario. Senza offesa, ma se aspettiamo te, ci mettiamo troppo tempo.” Commentò Nisa con un po' di imbarazzo. Il ragazzo, ben cosciente delle proprie limitazioni, sospirò e si mise da parte, in modo che la sua compagna di squadra potesse leggere l'avviso… che in effetti si rivelò essere qualcosa di interessante.

“Vediamo un po'… Due bambini scomparsi dall'orfanotrofio La Casa della Pietà , cercasi disperatamente notizie e/o volontari per ritrovamento…” lesse Nisa, e si sentì immediatamente in pensiero per quei due bambini che si ritrovavano da soli in quella città così vasta e quasi sicuramente ostile. Anche gli altri del suo gruppo apparivano quantomeno dispiaciuti. “Per chi volesse maggiori informazioni, presentarsi all'orfanotrofio in Via delle Risaie, numero 24, e chiedere di Nerenzio… ottima ricompensa, astenersi perditempo… beh, questa la leggiamo in quasi tutti gli avvisi…”

Per qualche secondo, il gruppo restò in silenzio, come se stesse ponderando quella proposta di lavoro, ma il fatto che si trattasse di due bambini in pericolo faceva già propendere per accettarla, anche se a guardarla così non aveva molto a che fare con l'investigazione che stavano facendo. Finalmente, Iaco si fece avanti e disse quello che serviva a tutti loro per prendere la decisione definitiva.

“Io dico… che giusto accettare.” Affermò il coboldo stregone, stando ben attento a non farsi vedere bene dalle persone lì attorno. “Credo… che quell'uomo avere ragione, noi dover dare esempio. Far vedere a gente che problemi non essere ignorati. Due bambini bisogno di aiuto, e giusto che noi aiutare, no?”

“Non posso darti torto, Iaco. Anche se la grammatica lascia un po' a desiderare…” rispose Dario scherzandoci un po' su. Il coboldo brontolò qualcosa a denti stretti, ma Maria vide che stava cercando di non ridere. “Io sono cresciuto sulla strada, vivendo alla giornata, arrangiandomi come potevo assieme ai ragazzi della mia banda. Se posso fare qualcosa per evitare che altri due bambini si trovino nella mia stessa situazione, beh… mi sembra giusto farlo.”

“Contate anche su di me.” Continuò Maria. “Da quando ho cominciato a viaggiare per Tilea e ho incontrato Iaco, ho giurato che avrei cercato di fare il possibile per rendere questo paese migliore, e questa sarà una piccola cosa, ma può cambiare le vite di due bambini… e forse non soltanto quelle.”

Il terzetto composto da Gunter, Pandora e Nisa non ebbe nulla da obiettare. “Okay, ci stiamo anche noi.” Rispose la giovane fattucchiera dagli occhi di colore diverso. “Io sono una figlia adottiva, dopotutto, e non oso pensare a come sarebbe andata la mia vita se non fosse stato per chi mi ha cresciuta come se fossi loro… Gunter, Nisa, a voi va bene?”

“Nessun obiezione, direi.” Affermò l'elfa druida, gettando un'occhiata al suo compagno nano, e sperando che questa volta non avrebbero finito per ficcarsi in un battibecco. Gunter disse di sì con la testa, e una sollevata Nisa fece un sorriso e indicò una delle strade principali che si immettevano in Piazza del Popolo, tra gente che si affaccendava, bambini vestiti di stracci che correvano qua e là, e venditori ambulanti che sedevano alle loro bancarelle improvvisate, gridando per attirare l'attenzione di qualche potenziale cliente. “Allora, la prossima cosa da fare è cercare questa Casa della Pietà. Non credo che sarà tanto difficile cercare un orfanotrofio, vero?”

“È quello che spero…” rispose Dario alzando le spalle.

 

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Come Nisa aveva sperato, non era stato troppo difficile trovare la Casa della Pietà. Era un edificio di dimensioni notevoli, rispetto alla maggior parte degli edifici di Grisborgo,  consistendo in un grande blocco dall'aspetto abbastanza ben tenuto che si sviluppava su tre piani, compreso il piano terreno. La muratura mostrava soltanto qualche segno di usura, e si vedeva che era una costruzione solida ed affidabile. Rispetto alle condizioni non proprio eccelse in cui si trovavano molti altri edifici della città, era un posto decisamente gradevole.

“Però… è una mia impressione, o questo orfanotrofio è davvero molto ben tenuto?” si chiese Pandora, mentre il gruppo si avvicinava all'ingresso. “Dario, tu… ehm… scusa se te lo chiedo, ma… che tu sappia, queste strutture fanno molti soldi? Non sono finanziate dai governi locali?”

“In effetti è vero.” Rispose il ragazzo biondo, mentre controllava i suoi coltelli e faceva in modo che fossero tutti ben nascosti sotto la sua mantellina nera e il resto dei suoi vestiti. “Un orfanotrofio ha un bel po' di spese da sostenere, in fondo.”

“Anch'io pensava fosse meno bello.” Fu il commento di Iaco, che si schermò gli occhi dalla fastidiosa luce del sole mentre si avvicinava alla porta d'ingresso, affiancata da un paio di piante di rosmarino che erano state piantate in altrettanti vasi, uno a ciascun lato della porta. “Strano che tutto così nuovo… Forse loro hanno preso più soldi di recente?”

“Non ne ho idea. È probabile… ma comunque, non stiamo a pensarci, e vediamo di rispondere a quell'offerta.” Fu la risposta di Maria. La giovane donna mora si avvicinò alla porta e bussò energicamente, ottenendo risposta qualche istante dopo quando uno sportellino sulla parte alta della porta si aprì scivolando di lato. In risposta, un paio di occhi, chiaramente appartenenti ad una donna, fissarono Maria con aria un po' spaesata dall'interno dell'orfanotrofio.

“S… salve…” mormorò, con voce così sommessa che Maria fece fatica a sentirla. “Voi… voi siete…?”

“Va tutto bene. Vorremmo solo parlare con il signor Nerenzio.” Rispose la mora, alzando le mani per far vedere che non aveva armi sfoderate. “Siamo qui per quell'offerta di lavoro… per cercare quei bambini scomparsi.”

“Ah… va bene… aspettate un momento che… vi faccio accomodare… e parlo con il signor Nerenzio.” Rispose la donna dall'interno. Maria sentì il rumore metallico di una chiave che girava nella serratura, e poi la porta che scricchiolava mentre veniva aperta, permettendole di dare una prima occhiata all'interno. Dalla sua posizione, sembrava un posto relativamente pulito e tranquillo. “Prego… entrate pure, signori, e… vi prego di non badare troppo alla confusione…” continuò la donna, ora apparendo agli occhi di Maria e dei suoi compagni come una giovane di non più di venticinque anni, dall'aspetto anonimo, vestita con un abito grigio molto semplice, dalle maniche larghe, che scendeva fino alle caviglie e comprendeva un cappuccio che nascondeva quasi del tutto i suoi capelli neri. Sembrava molto tesa e intimorita dai forestieri che si erano presentati.

Mentre entravano, ognuno salutando rispettosamente, Dario e i suoi compagni si chiesero che cosa volesse dire la ragazza con confusione. Per quanto non certo appariscente o lussuoso, l'interno della Casa della Pietà era un luogo accogliente, dal pavimento in legno ben levigato, i muri che non presentavano crepe o altri difetti, e anche l'aria che si respirava era buona, senza il pesante odore di chiuso o di sporcizia che molti avrebbero potuto aspettarsi. Il solo suono che si sentiva era un vociare confuso di bambini che giocavano in altre stanze dell'edificio. Tuttavia, e questo fu Pandora a notarlo per prima, c'era nell'aria uno strano, intangibile sentore. Una tensione di fondo che aleggiava su quel luogo, e che la giovanissima fattucchiera attribuì agli stati d’animo dei bambini e del personale del  luogo, dopo che due dei piccoli ospiti erano scomparsi.

L'iniziata fece sedere i sei amici su una panca di legno duro nella sala d'ingresso e fece loro cenno di aspettare mentre andava a dare l'annuncio al direttore della Casa della Pietà… e in silenzio, quasi avessero paura di turbare la quiete del luogo, Dario e i suoi compagni si misero ad attendere.

Dario non poté fare a meno di guardarsi attorno, ammirando il luogo semplice ma pulito e funzionale che dava l'impressione di poter offrire ai suoi piccoli ospiti un'infanzia senza eccessivi problemi, ben lontana dai suoi giorni di monello di strada costretto a rubare frutta e verdura per sopravvivere. Doveva ammettere che un po' invidiava i bambini ospitati là dentro. Se non altro, potevano ben dire di vivere in un ambiente protetto. E a questo proposito, cosa poteva spingere due degli orfani di quel luogo ad allontanarsi?

Il carattere sospettoso e un po' cinico del giovane riemerse non appena quella domanda sorse nella sua mente. In effetti, questa era una cosa a cui non si era fermato a pensare. Quei due bambini si erano allontanati da soli? Guardando la cura con cui la Casa della Pietà veniva gestita, era difficile pensare che qualcuno volesse andarsene. Forse erano stati rapiti… ma da chi, e perché? Cosa avevano da guadagnare a rapire due orfanelli qualsiasi?

Mentre Dario era impegnato in questi pensieri, un paio di piccole figure – due bambini di non più di otto o nove anni, vestiti con delle camicette grigie, pantaloni di stoffa leggera di colore un po' più scuro, e sandali di cuoio – fecero capolino da un piccolo corridoio laterale, e si avvicinarono incuriositi al gruppo di avventurieri, che rivolsero a loro la loro attenzione. Pandora fu la prima a salutare, muovendo una mano e facendo ai due bambini un sorriso gentile. Sotero, il suo gatto nero famiglio, si grattò con una zampetta posteriore e si sforzò di comportarsi quanto più possibile come un gatto normale.

“Hey, ragazzini!” li salutò bonariamente Gunter. “Salve. Volevate chiederci qualcosa?”

“Purtroppo non abbiamo dolcetti.” Rispose Nisa. “Averlo saputo, andavamo prima a comprarne qualcuno…”

“Guarda, Giovanni!” disse uno dei due bambini, un tipetto smilzo a cui mancavano due dita alla mano destra. “Avevo ragione! Il signor Nerenzio ha davvero chiamato degli avventurieri per ritrovare Bastiano e Matilde!”

“Foooorte! Dei veri avventurieri!” rispose il bambino di nome Giovanni, biondo, magro e con il viso lentigginoso. Si avvicinò rapidamente a Iaco, cercando di guardarlo sotto il cappuccio, e allarmando un po' il coboldo stregone. “Hey, guarda questo com'è piccolo! È anche più basso di noi! E perché non si fa vedere? Ha il viso deturpato?”

“Ah… aspettate, bambini… aspettate un momento…” Nisa cercò di intervenire per non far scoprire il suo compagno, ma a quel punto era già tardi – il biondino aveva già alzato a Iaco il cappuccio quel tanto che bastava per rivelare il volto da rettile coperto di sottili squame azzurre del coboldo, che rimase a bocca aperta, imbarazzato. Dario strizzò un occhio in segno di disappunto, mentre i due bambini e Iaco continuavano a guardarsi stupiti…

“Un… un coboldo?” chiese il bambino con la mano mutilata.

“Ah… ehm… ecco… Iaco può spiegare…” cominciò a dire il diretto interessato… poi, pensando che forse avrebbe ottenuto di più con un altro sistema, si ricompose, alzò una mano e si concentrò per mezzo secondo, richiamando a sé una piccola quantità di energia magica, e sprigionandola dalle dita in forma di una brillante scarica di luce azzurra che danzò in aria per qualche istante prima di esaurirsi e ricadere giù sotto forma di piccole scintille. I due bambini restarono ancora più sorpresi di fronte a quello spettacolo, e Iaco sorrise astutamente, soddisfatto di aver fatto una buona impressione. “Iaco è grande stregone! Sangue di draghi scorre in coboldi!”

“Bellissimo! Sei forte, Iaco! Sai fare altri trucchi?” esclamò il piccolo Giovanni con entusiasmo, applaudendo assieme al suo compagno. “Ce ne fai vedere qualcuno, dopo?”

“Anche ora, se voi vuole!” fu la pronta risposta di Iaco, che usò di nuovo i suoi poteri per creare un piccolo arcobaleno attorno alla sua mano, e farlo poi dissolvere in una fine nebbia multicolore, con grande gioia dei due piccoli spettatori… e sollievo del resto del gruppo.

“Sei forte, Iaco, lo sai?” commentò il bambino senza due dita. “Eppure sento tutti dire male dei coboldi… dicono che mangiano i bambini, che sono ladri, che adorano Tiamat…”

“Ohohoh, Iaco no, Iaco diverso da molti. Purtroppo sì,  molti coboldi fanno così…” rispose lui, cercando di sdrammatizzare con un cenno della mano. “Ma no tutti. Iaco vuole trovare altri come lui.”

Maria rise tra sé e alzò le spalle. In effetti, l'idea di Iaco era qualcosa di più che semplicemente trovare dei suoi simili disposti a lasciarsi alle spalle le parti peggiori del popolo dei coboldi, ma queste erano considerazioni per il futuro…

“Wow! Voi sì che siete un gruppo di avventurieri in gamba!” rispose Giovanni. “E poi, gli altri chi sono? Vorremmo conoscerli!”

“Hehehee… tranquilli, bambini, avremo tutto il tempo più tardi per conoscerci meglio.” Rispose Maria. “Piuttosto… avete detto che si chiamano Matilde e Bastiano, i vostri compagni scomparsi?”

“Sì, proprio loro.” Disse l'altro bambino. “Matilde è la più forte di tutti noi! Batte tutti a braccio di ferro, e si allena a tirare di spada! E Bastiano è il suo migliore amico, non stanno quasi mai separati.”

“Beh… Sapere questo ci darà una mano a cercarli.” Disse Dario, arruffando scherzosamente i capelli al ragazzino. I due orfanelli avrebbero probabilmente aggiunto qualcosa se non fosse intervenuto qualcun altro - un'altra donna con l'abito da suora, questa però era sulla quarantina d'anni, più alta e robusta, e con sul viso i segni di qualche malattia a cui era sopravvissuta. Stava arrivando dallo stesso corridoio nel quale era entrata la suora più giovane, e teneva in una mano un rosario decorato con un simbolo sacro, simile ad un sole stilizzato. Molti membri del gruppo di avventurieri riconobbero il simbolo di Pelor, dio del sole e della guarigione.

“Giovanni, Federigo! Non dare fastidio a quei signori.” Li rimproverò, e i due bambini si staccarono di un passo dal gruppo di Dario, mentre Iaco si rimetteva rapidamente il cappuccio, sperando che la suora non lo avesse visto in faccia.

“Nessun problema, sorella. Questi ragazzi non ci stavano dando alcun fastidio.” Rispose prontamente Gunter, dopo essersi schiarito la voce. “Stavamo… giusto aspettando che il signor Nerenzio fosse pronto a discutere con noi del lavoro da svolgere.”

La suora si avvicinò al gruppo, piazzandosi accanto a Giovanni e Federigo con fare protettivo. Osservò attentamente i sei avventurieri, con un'espressione non proprio amichevole su un volto invecchiato precocemente sul quale Nisa riconobbe, con un brivido, i segni di una rara sopravvissuta alla peste bubbonica. “Hmm… e così, ci affidiamo a voi per ritrovare Bastiano e Matilde…” ripeté la suora, continuando a guardare fissi i ragazzi. Finalmente, dopo alcuni istanti, la suora sospirò, e il suo modo di fare si fece più accomodante. “In tal caso, vi ringraziamo fin da subito per il vostro impegno,  e spero che riuscirete a trovare quei due scavezzacollo… Matilde è quella che si caccia nei guai più di tutti, ma anche Bastiano… di solito è tranquillo, ma quella ragazzaccia ha un’influenza negativa su di lui. Comunque… se volete, due di voi possono venire con me. Vi porterò dal signor Nerenzio, e lui vi spiegherà tutto. Gli altri… se volete, potete andare a dare un'occhiata in giro, se pensate che vi possa aiutare nelle ricerche.”

“Per noi va bene… Dario, andiamo io e te?” chiese Pandora al ragazzo biondo, che disse di sì con la testa. Sotero si avvicinò alle gambe della sua padroncina e guardò sospettoso la suora dal viso butterato, emettendo un miagolio sommesso ma aggressivo.

“D'accordo… voialtri, se volete, cercate un po' in giro.” Affermò Dario rivolto al resto del gruppo. “Ci ripeschiamo qui, quando abbiamo finito?”

“Certamente.” Disse Gunter. “A dopo, gente.”

La suora annuì,  e si rivolse nuovamente ai due bambini. “Giovanni, Federigo… voi due tornate con gli altri. Tra non molto sarà l'ora del desinare.”

Giovanni e Federigo salutarono Dario e i suoi compagni con un gesto delle mani e tornarono rapidamente da dove erano venuti, mentre la suora conduceva Dario e Pandora lungo il corridoio fino ad una porta di legno scuro, a fianco della quale era appesa una targa che recava scritto il nome del direttore di quella struttura, tale Nerenzio Ungaro, lo stesso nome citato nell’offerta che avevano visto in Piazza del Popolo.

La suora bussò gentilmente alla porta, e una voce maschile rispose quasi subito dall'interno. "Avanti!" esclamò il direttore dell'orfanotrofio. "Che succede, suor Tacita? Sono arrivati i nostri uomini?"

"Sì... sì, signor Nerenzio. Li ho... accompagnati io da voi." rispose la donna, poi fece un cenno a Dario e a Pandora, in segno di augurio di buona fortuna. I due giovani amici ringraziarono, un po' nervosamente, e si accinsero ad entrare nell'ufficio.

"Avanti. Prego, accomodatevi. Immagino che siate qui per quell'annuncio." osservò Nerenzio con una voce vagamente aspra, che dava l'impressione di avere un po' di mal di gola. Dario e Pandora entrarono nell'ufficio, trovandolo in condizioni ancora più invidiabili del resto dell'edificio - i mobili in legno pregiato, i quadri ben disegnati appesi alle pareti, neanche un filo di polvere in giro. Per due come loro, abituati alle strade fangose di Tilea e alle campagne della Carnia, era uno spettacolo davvero invidiabile, e restarono per qualche attimo a guardarsi attorno con stupore, prima che Dario riprendesse in mano il discorso.

"Ah-ehm... certamente, signor Nerenzio... abbiamo letto di quei due bambini scomparsi, e non ce la siamo sentita di restare indifferenti. Siamo qui... per aiutarvi a cercarli." rispose Dario, riprendendo quasi subito un contegno serio e professionale. Pandora disse rapidamente di sì con la testa, ma i suoi occhi di colori diversi continuvano a spostarsi incuriositi per l'ufficio.

Nerenzio Ungaro era un uomo sulla quarantina d'anni, vestito principalmente di nero e blu, con una giubba pulita sopra una camicia di tela bianca, i capelli neri un po' lunghi e raccolti ordinatamente, e un paio di baffetti affilati, che si lisciò distrattamente mentre osservava i due amici. Nonostante i suoi sforzi di apparire calmi, Pandora e Dario si sentirono strani sotto quello sguardo indagatore.

"Bene, bene. Mi fa piacere poter contare su un po' di aiuto. Spero che siate anche competenti." affermò, mentre giocherellava con un fermacarte. Sulla sua scrivania di legno di mogano erano disposti numerosi fogli, molti dei quali già pieni di scarabocchi e prime stesure di qualche particolare documento. Benchè non fosse capace di leggere molto bene, Dario capì subito che erano scartoffie di una certa importanza. "Quello che mi chiedo è... sarete anche competenti? Grisborgo non è una città piccola, e anche se quei due bambini sono abbastanza visibili... non sarà un'impresa facile ritrovarli."

"Sicuramente faremo del nostro meglio, signor Ungaro." disse Dario. Mentre parlava, il giovane continuava a fissare il suo "datore di lavoro", come sempre restio a fidarsi al cento per cento di qualcuno che non facesse parte della sua cerchia di amici. "Però, per poterli ritrovare, avremmo bisogno di sapere qualcosa di più su di loro."

"Una richiesta legittima." rispose il direttore dell'orfanotrofio. Con studiata lentezza, impilò alcuni documenti e li piazzò ad un angolo della sua scrivania. "Allora... entrambi hanno undici anni, questo forse lo sapevate già. E questa è praticamente l'unica cosa che hanno in comune. Matilde è una bambina molto dinamica, con i capelli castani sempre legati in due trecce, e indossa sempre dei vestiti molto colorati... preferisce il verde, per qualche motivo. Occhi azzurri, un po' di lentiggini sul viso... piuttosto alta e atletica per la sua età... in effetti qui all'orfanotrofio ha fama di essere la più forte, e batte sempre i maschi a braccio di ferro. Ha la passione per le storie di cavalieri e guerrieri, e spesso la si vede allenarsi con una spada di legno... beh, una volta le bambine non avevano tanti grilli per la testa."

"Ehm... credo... credo che queste informazioni ci daranno una mano." affermò Pandora, cercando di memorizzare ogni cosa. Sotero si grattò dietro un orecchio con una zampa posteriore, mentre cercava di memorizzare ogni singola parola che veniva detta. "E il bambino... Bastiano, giusto?"

"Già, lui..." affermò Nerenzio, rivolgendo di nuovo la sua attenzione ai due ragazzi. "Bastiano ha la stessa età di Matilde, ed è sempre stato un tipo timido, solitario... almeno finchè non ha fatto amicizia con lei, e ha cominciato a farsi più audace. Comunque... anche lui è castano, con i capelli arruffati, e si veste di solito con abiti di colori neutri... verde chiaro o marrone. Sì, lo so, è abbastanza anonimo come aspetto... tuttavia, c'è un particolare che ve lo farà riconoscere subito. Cammina con una evidente zoppia, a causa di una gamba rotta che non era guarita bene qualche anno fa."

"Ah... beh, capisco. Anche questo ci dà una mano." affermò Dario, dispiaciuto per quello che era accaduto a quel ragazzino. Date le circostanze, era già tanto che avesse ancora la gamba... "Va bene... allora, penso che io e la mia amica avremo qualche altra domanda da fare, prima di cominciare a cercare."

"Prego, qualsiasi domanda vi venga in mente." disse il direttore dell'orfanotrofio con educazione, e invitò i due ragazzi a sedersi su due sedie di legno scuro davanti alla sua scrivania. Pandora permise a Sotero di salirle in grembo, e accarezzò distrattamente il suo gatto famiglio, ringraziandolo silenziosamente per l'aiuto, e raccomandandosi di continuare ad ascoltare quello che Nerenzio diceva...

 

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Nel frattempo, i loro quattro compagni stavano dando un'occhiata al resto della Casa della Pietà, e in quel momento erano nel grande cortile interno dell'edificio, guidati dalla suoretta che aveva loro risposto prima... e affiancati da un gruppo di bambini che li seguivano incuriositi, contenti che ci fosse qualcuna di quelle persone dall'aspetto così forte e al tempo stesso rassicurante a dare una mano.

"E quindi è lui il coboldo? Che piccolo..." commentò una bambina dai capelli neri, passando vicino a Iaco e guardandolo attentamente. Iaco rispose facendo un sorrisetto imbarazzato e salutandola con la mano.

"Ecco... noi qui per cercare vostri amici." affermò. "Voi sapere qualcosa di Matilde e Bastiano, vero?"

Alcuni dei bambini si fecero seri alla menzione dei due compagni scomparsi. "Ah... sì, certo, lo capiamo... non ci erano sembrati strani prima che sparissero... volevate sapere questo?"

"Beh, è una delle cose che ci fa comodo sapere." rispose Nisa sfregandosi la fronte. Lo sguardo acuto dell'elfa druida venne attirato da dei pezzi di legno e dalla figura umanoide che assomigliava ad un manichino da allenamento che giaceva dimenticato in un angolo del cortile in cui si trovavano. Poco lontano, Nisa notò una spada di legno appoggiata vicino ad un arbusto, la cui “lama” mostrava dei chiari segni di usura, e andò a dare un'occhiata. “E questa spada di legno? Questo manichino da allenamento?”

“Ah… quelli li usava Matilde per allenarsi.” Rispose con un po' di esitazione la suora più giovane. Pareva quasi che volesse chiedere scusa a nome della bambina scomparsa. “Lei… ha sempre avuto questa strana passione per le storie di cavalieri e avventurieri, e si divertiva ad allenarsi con quella spada di legno, e con quel burattino.”

Gunter si avvicinò alla spada di legno, e si chinò su di essa, prendendola per l'elsa e tirandola su… con sua grande sorpresa, dovette fare un po' di fatica per tenerla in mano. Era un giocattolo, certo, ma era lunga come una normale spada lunga d'acciaio, e il suo peso era notevole. Non solo, ma la lama aveva perso quel po’ di filo che aveva, e sul manichino di legno e paglia si vedevano dei segni inequivocabili di fendenti sferrati con una forza notevole.

“A… aspettate un momento!” esclamò stupefatta Maria, dando a sua volta un'occhiata al manichino da allenamento assieme a Iaco. Il piccolo coboldo toccò un segno lasciato da un fendente, e si stupì di come il legno fosse scheggiato. “Mi… mi state dicendo che… questi segni li ha fatti Matilde allenandosi con questo affare… e una spada di legno?”

“Ve l'avevamo detto, che Matilde è la più forte di tutti noi.” Rispose Federigo, abbastanza divertito dalle espressioni stupite del gruppo di avventurieri. Nisa sgranò gli occhi incredula, osservando la spada di legno scheggiata tra le mani di Gunter. Che quella bambina fosse forte era una cosa, ma da lì ad essere in grado di scheggiare e danneggiare così un manichino da allenamento… doveva avere una forza davvero stupefacente!  Per qualche motivo, il particolare che Matilde fosse così forte, in quel momento, le dava l'impressione di non essere un particolare tanto secondario…

“E… e Bastiano? Lui ha… qualcosa di particolare?” chiese Iaco dopo essere rimasto qualche secondo a guardare la spada di legno e il manichino.

“Beh, lui zoppica sempre… quando era più piccolo si è rotto una gamba in un incidente e gli è rimasta più corta dell'altra.” Spiegò una bambina bionda con diverse cicatrici sul viso. “Lui e Matilde sono sempre assieme, lei lo ha sempre difeso dai bulletti.”

Maria annuì lentamente, pensando che forse c'era qualcosa in quella faccenda che sfuggiva loro. Non sapeva esattamente come dirlo, ma c'era questa sensazione che la rodeva e non le dava pace, che le diceva che non avevano tutto ciò che serviva loro per capire la situazione. Forse era solo paranoia da parte sua, ma non riusciva a scrollarsi di dosso questa strana sensazione…

 

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CONTINUA…

 

  
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