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Autore: sweetneko    21/08/2018    1 recensioni
Tratto dal testo:
In una città del mondo, in un grattacielo della città, in un appartamento al diciottesimo piano del grattacielo, in una piccola stanza dell'appartamento, su una scrivania massiccia nella stanza, c'era una lettera spiegazzata ed aperta, senza firma, macchiata da parole nere d'inchiostro.
"(...)Scrivevo tutta la merda della mia vita, e della mia vita scrivevo le gioie, (...) Ma poi ho conosciuto lei: e lei mi ha consumato come la carta che io riempivo dei miei segni; e allora la carta smise di essere consumata, e io passavo ore seduto, notte e giorno, alla mia scrivania, ma lei era sempre con me e io non riuscivo a concentrarmi sulle parole."
ATTENZIONE: il testo presenta l'utilizzo di parole volgari.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia di uno scrittore malato

In una città del mondo, in un grattacielo della città, in un appartamento al diciottesimo piano del grattacielo, in una piccola stanza dell'appartamento, su una scrivania massiccia nella stanza, c'era una lettera spiegazzata ed aperta, senza firma, macchiata da parole nere d'inchiostro.

Io scrivevo, era “il mio dono di Dio”, come direbbe mia madre. Scrivevo tutta la merda della mia vita, e della mia vita scrivevo le gioie, le cuffie nelle orecchie, perso nel conosciuto paese della mia immaginazione, e me ne fottevo del fatto che i miei amici non scrivessero e me ne sbattevo di ciò che mi dicevano. Mentre loro erano appiccicati ai cellulari, io consumavo carta e le parole si imprimevano a fuoco nella carta; ma la mia penna era lenta, perché le storie di evolvevano dietro ai miei occhi e allora era una cazzo di figata, la vita. Ma poi ho conosciuto lei: e lei mi ha consumato come la carta che io riempivo dei miei segni; e allora la carta smise di essere consumata, e io passavo ore seduto, notte e giorno, alla mia scrivania, ma lei era sempre con me e io non riuscivo a concentrarmi sulle parole. E lei era la mia ossessione, lei a cui io avevo confidato tutte le mie speranze e cazzo lei mi aveva rapito e io ero come una mosca intrappolata dalla pianta carnivora, e non c'era nient'altro che lei, solo a lei riuscivo a pensare. Ma, allora, quei coglioni di telefono dipendenti hanno spostato i cellulari e mi hanno costretto fuori, e io l'ho vista guardarmi dalla finestra, era incazzata, furiosa, ma io non le ho pensato, quel giorno di sballo. E quando sono tornato a casa lei mi aspettava e mi è saltata addosso, insultandomi e cercando di farmi male, ma io l'ho spinta e ho sbattuto quella merda di porta, e me ne sono andato, con lei che mi urlava di tornare, e il mio cuore urlava con lei, ma io sono tornato pochi giorni dopo e lei mi ha riaperto e fummo di nuovo punto a capo e io volevo solo morire, perché lei mi ossessionava e mi incolpava e diceva che dovevo rimediare, e io che potevo fare? Ubbidivo e soffrivo come un bastardo, e stavo zitto, e le chiedevo di perdonarmi, come un peccatore al suo dio, ma lei era incazzata e ha picchiato giù duro, fino a che, un giorno, l'ho confessato, piangendo come un bambino quando lei era uscita, ma con me c'era il suo ricordo. Tutto. Tutta la mia merda è uscita come un vulcano che improvvisamente erutta, ed è stato terribile e meraviglioso, perché lei non c'era in quei momenti e così ho accettato l'aiuto degli altri, e lei oramai è diventata silenziosa, c'è, so che è rinchiusa in camera sua, ma appunto quella puttana si fa vedere poche volte; so che è arrabbiata, ma non la temo. Voglio ricominciare a scrivere e voglio conoscere nuove persone e non la voglio più, e non le permetterò più di ossessionarmi e voglio diventare una persona migliore, voglio avere fiducia nel fottuto futuro che mi aspetta e magari sono solo uno speranzoso coglione, ma chi può sapere cosa succederà?

   
 
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