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Autore: AdhoMu    21/08/2018    6 recensioni
Dicono che, quanto ad effetti soporiferi, le lezioni di Storia della Magia tenute dal professor Rüf siano più efficaci di un intero flacone di Rivotril.
Può capitare, però, che qualche volta le pieghe della storia nascondano segreti succulenti. Come, ad esempio, una versione alternativa del mito dei fondatori che, oltre a spiegarci come mai Grifondoro e Serpeverde si detestano (senza per forza andare ai massimi sistemi con la questione del sangue puro), ci rivela perché i Tassorosso "sanno sempre godersi la vita, pur mantenendosi naturalmente defilati".
Tosca Rules :)
Genere: Avventura, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Godric Grifondoro, Ignotus Peverell, Salazar Serpeverde, Tosca Tassorosso
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Si narra che un dì. (1)

L'arte nel suo mistero
Le diverse bellezze insiem confonde
Ma nel ritrar costei
Il mio solo pensiero
Ah! Il mio sol pensier sei tu!
Tosca sei tu!
(Puccini - Tosca, Recondita Armonia)


Nell'aula soleggiata, il ronzio degli alunni dormienti è sovrastato soltanto dal risoluto grattare della penna di Hermione Granger che prende appunti.
Il professor Rüf parla e parla e parla, sciorinando senza sosta la sua ininterrotta litania di nomi, fatti, date e avvenimenti; nel frattempo in un angolo recondito della classe, le giovani teste celate dalla ribalta dei banchi, alcuni alunni giocano di nascosto a Gobbiglie.
Questione di un attimo e il gruppetto rumoreggia: la coppia punitiva Macmillian/Finch-Fletchley ha letteralmente sbaragliato i mediocri Finnigan/Thomas ed ora, esultanti, i due Tassorosso si approprieranno legittimamente del malloppo dei rossooro.
- Se non me la prendo - commenta Dean Thomas, depositando a malincuore le sue preziose sferette nelle mani di Ernie - è solo perché non siete dei subdoli Serpeverde.
- Tosca ce ne scampi! - ride Justin, scuotendo la testa. - Sarebbe quantomeno intollerabile.
Sulla scia della comune antipatia nei confronti degli eredi di Salazar, i quattro ragazzi si lanciano quindi in una discussione infervorata circa le colpevoli manchevolezze della Casa verdeargento. Ben presto altri studenti e studentesse si uniscono al dibattito, e il volume cresce forse un po'troppo.
Disturbato, il professor Rüf interrompe la sua tediosa tiritera monocorde e domanda, seccato:
- Perché tutto questo chiasso, signor Ginnifan?
- Colpa dei Serpeverde, professore - risponde prontamente Seamus. - Come sempre, del resto.
Un mormorio di approvazione accompagna le sue parole.
- Questione controversa - ribatte il fantasma, un filino più vivace del solito.
- Ora che ci penso, signore - interviene Ernie con la sua caratteristica voce impostata - esistono forse ragioni storicamente accreditate che spieghino la rivalità fra le case?
- Ma certo! - s'intromette Calì Patil, agitando la mano. - Serpeverde e Grifondoro discordarono sulla questione del sangue puro...
- Anche, signirina Catì Lapil. Ma non solo.
- Cos'altro potrebbe essere avvenuto, allora?
A questo punto Hermione Granger fa una risatina e, strizzando l'occhio con un'aria furbetta che non le si addice, butta lì:
- Se qualcuno avesse letto le appendici di Storia di Hogwarts, saprebbe che il vero motivo del dissidio è ben altro...
- Spiegati meglio, Granger.
Ronald Weasley, come sempre, guarda la brillante compagna con fare imbronciato. Lei non se la prende, limitandosi a contraccambiare il suo cipiglio con un'occhiata che trasuda ovvietà.
Gli altri studenti, nel frattempo, si sono svegliati e tendono le orecchie, incuriositi.
Il professor Rüf, incredulo dinnanzi a cotanta dimostrazione di inedito interesse, non può certo esimersi dal prendere la palla al balzo. Cosicché si schiarisce la voce, si siede sulla cattedra (o meglio, fluttua qualche centimetro al di sopra della cattedra, in posizione seduta) e, conscio del fatto che finalmente l'intera classe pende dalle sue traslucide labbra, comincia a raccontare.


Squilli di trombe, campane a festa, tintinnio di calici. Udite udite, illustri membri della Comunità Magica: Madama Corvonero, Priscilla la bella, ha preso marito. Accorrete, streghe e stregoni, maghi e fattucchiere, druidi, fate e negromanti; accorrete, a cavallo di scope, ippogrifi, therstal, zucche volanti e qualsivoglia cavalcature, vili o nobili che siano; il banchetto è tutto vostro, venite!
Venite e festeggiate degnamente il lieto evento.
Sotto la pergola di un giardino segreto, amorevolmente coltivato sul limitare del bosco, è stata allestita la festa. Quattro lunghe tavolate disposte all'ombra, rivestite da tovaglie di organza nivee e spumeggianti come cumulonembi: al di sopra, ceramiche bianche e blu di fattura olandese, calici e stoviglie di rame lustro lustro, tovaglioli di lucida seta ricamata, grandi vasi di cristallo pieni di fiori di campo azzurri, blu, indaco e violetti. La Dama Corvonero, si sa, è ovunque conosciuta per il suo gusto squisito e il suo novello marito, pazzo di lei, ha catturato una manciata di stelle per farle un regalo. Appese alla volta di verdi frasche brillano le piccole luci, intense come fulgide gemme di fattura elfica.
Incantevole è la sposa, vestita di cielo: le gote arrossate per la gioia, gli occhi grigi velati d'amore, la pelle di luna che riluce nel chiaroscuro delle frasche. Leggera ed eterea come una nuvola, si muove con somma grazia fra gli invitati; sul suo capo regale, scrigno di una mente dall'acume prodigioso, scintilla il meraviglioso diadema forgiato dai folletti - ancora caldo di fucina e già leggendario. E la Dama Priscilla riceve gli invitati, sorride e si guarda intorno. Il suo sguardo acuto le conferma il sospetto: Tosca, l'amica più cara, non è ancora arrivata.
"Perché indugi, mia allegra sorella?" si domanda, pensierosa.
I festeggiamenti proseguono, allegro è il convivio. Strimpellano i musicanti, cantano i bardi, brindano gli sposi, tracannano gli invitati, si affaccendano gli elfi domestici.
Il VinMagico scorre a fiumi e i risultati già si vedono: Messer Grifondoro, nonostante la stazza da orso dei Pirenei, oramai straparla (il prode ha già attaccato e sconfitto il terzo bariletto); allegro e irruento, beone impenitente, tiene banco col suo vocione che fa tremare i cristalli, deliziando la tavolata con amene trivialità.
Salazar Serpeverde, suo malgrado coinvolto, alza al cielo i verdi occhi e si liscia svogliatamente i lunghi baffi, evidentemente seccato da cotanta cafoneria.
Quei due già si detestano (assai poco) cordialmente, e la tenzone va avanti da anni; ma oh, il bello ha ancor da venire.
Seduti poco lontano Merlino e Morgana, cappello a punta lui, ampia gonna di veli lei, battono le mani e si divertono al suono dei pifferi; in breve, quatti quatti, raggiungeranno la pista e apriranno le danze. Altresì invitati, i Gaunt, i Prewett, i Bones, i Prince e i Peverell scambiano chiacchiere e cortesie, e tutti si chiedono dove accidenti si sia cacciato il giovane Ignotus, che non si vede da nessuna parte.
E il banchetto impazza, e tutti quanti gozzovigliano sensierati. Fioccano incantesimi, crepitano baciamani, si accennano incerti ed entusiasti passi di danza e si e tessono le lodi degli sposi novelli. Quand'ecco, improvviso, un fruscio di seta smorza il brusio.
È primavera, magica stagione d'incanti e profumi; e con essa, complice lo sposalizio dell'amica carissima, Madama Tassorosso fa ritorno dal bosco, seguita dalla sua formosa ancella vestita di rosa.
Tutta abbigliata di giallo oro, caldo colore dei pollini e del sole, Tosca cammina e con lei la natura si risveglia: cinguettano gli augelli, sberluccica la rugiada, fremono le bestiole e sbocciano fiori al suo passaggio, laddove lo strascico della sua lunga gonna accarezza l'erba smeraldina. Spande riflessi d'ombra luminosa (oh felice ossimoro!) la chioma corvina, investita dai raggi del sole che penetrano attraverso il fogliame; e la coroncina di bottondoro riluce, più fulgida del prezioso metallo tanto bramato dagli alchimisti.
L'inverno è passato, il letargo è finito; Tosca si è risvegliata e, quel mattino, ha fatto un lungo bagno nel ruscello, facendosi carezzare la pelle nuda dalla soave corrente.
Risvegliati, Tosca: è tempo di tornare alla vita. Sei invitata ad un matrimonio; e ai matrimoni, si sa, la buona compagnia non manca mai. È tempo di riscuotersi, di mangiar bene, di inebriarsi col vino, di godersi la vita e di amare!
Rallegrata da questi dolci pensieri, Tosca sorride coi suoi denti di perla; la sua risata è fragorosa, travolge cavalli e cavalieri, trascina via i cuori come una frana di morbida e inarrestabile argilla, che ti avvolge e intrappola, delizioso incantesimo delle Pastoie. Nelle grandi iridi castane, velate dalle lunghe ciglia, i gentilmaghi già un poco brilli riconoscono il calore della terra, la forza inarrestabile della materia primordiale, il caldo magma che genera la vita.
E i risultati non si fanno attendere.
All'estremità della tavolata, Warren Macnair, boia di giorno, saltimbanco a tempo perso, ha messo su il suo famoso spettacolo di lame volanti; sguardo di ghiaccio, nerovestito, chiama con un cenno un coraggioso volontario, che si appresta a raggiungerlo per la dimostrazione finale. È Sir Nicholas de Mimsy-Porpington (2), nobile ed ottimista signore delle terre del Devonshire e leale vassallo di Messer Grifondoro. Il giovanotto sorride impavido, si aggiusta la gorgiera di pizzo e prende posto sul palchetto, mentre lo scaltro Macnair si concentra. Tutto pronto, si provvede al lancio: "Oppugno!" grida il boia, e quarantacinque asce perfettamente affilate volano in formazione compatta. Quand'ecco: avanza sull'erba Madama Tassorosso, col suo stretto corpetto giallooro dalla generosa scollatura quadrata, foriera di guai.
E difatti: spesso, nella solitudine delle segrete, l'aguzzino ha rivolto arditi pensieri alla polputa Tosca, fantasticando altresì di intrappolarla in una prigione oscura e mostrarle la sua nutrita collezione di catene. Cosicché, fatalmente, Macnair si distrae e, va detto, Sir Nicholas puranche.
Girano entrambi il capo verso la bella strega giallovestita: zac! Misfatto fatto. Errore fatale, asce fuoriasse, testa (quasi del tutto) mozzata. Confusione, grida, svenimenti. Accorrono speziali e guaritori. C'è poco da fare: Sir Nicholas, semitrasparente, fluttua al di sopra del suo corpo riverso sull'erba.
- Quivi rimango, avanti non vo - dichiara a coloro che lo fissano attoniti. - Non intendo certo perdermi la vista della divina Tosca vestita a festa, orsù.
Avanza quindi la bella con passo morbido; fioccano i sorrisi, si moltiplicano le occhiate, ribollono le viscere.
Quei tre felloni dei fratelli Phleent (3), manco a dirlo, ci cascano come grulli. Boris, il più anziano, quasi s'ingozza con una coscia di pollo e strabuzza gli occhi al passaggio della Dama Tassorosso, che procede carica di soffici promesse. Boris il Basito, verrà quindi chiamato. Il secondogenito Barnaba, abbagliato dal vivido giallo degli abiti della Dama e profondamente turbato dal succulento contenuto, la guarda con espressione memorabile. Barnaba il Babbeo, così verrà indi conosciuto. E infine Gregory, il terzo dei Phleent, intraprendente figlio cadetto: niente sguardi, lui, ma mani rapaci. Si alza in fretta, si accosta alla strega, allunga le mani... sbam! Stramazza al suolo, raggiunto da subitaneo Schiantesimo di Messer Serpeverde, che l'osserva con sdegno. Se però l'intenzione è quella che conta, non stupirà lorsignorie il fatto che Gregory, d'ora in poi, "il Viscido" verrà nominato.
E Tosca guarda e passa, non si cura di loro; avanza a passo aggraziato e deciso, spandendo intorno a sé quella sua sensualità terrena, concreta, che calamita gli sguardi dei prodi gentiluomini come in un'irresistibile attrazione gravitazionale.
E Messer Grifondoro, accalorato, l'avvista e salta in piedi, in un clangore assordante della sua lucida armatura da cerimonia: agita le braccia, la chiama a gran voce.
- Tosca, divina Tosca! Qual buon vento ti porta, o femmina leggiadra; vola, vola qui, fra le braccia del tuo eterno cavalier servente!
E il nobile Salazar stringe gli occhi, si liscia i baffi, si alza a sua volta con un movimento elegante e lo schernisce:
- E a che diavolo serviresti mai tu, se mi è lecito chiederlo? Non dargli ascolto, divina Tosca. Siedi qua, accanto a me.
Le afferra il polso con studiata delicatezza e, chinatosi con eleganza, le bacia la mano; e nel frattempo, nobile Salazar dallo sguardo acuto, non si esime di sbirciare rapidamente la prodigiosa scollatura dell'incantevole strega. Lo scaltro mago ha scrutato la sfera di cristallo e ha scoperto che, in un futuro lontano, le donne per vezzo si aumenteranno il seno con un modernissimo incantesimo chiamato silicone; ma Serpeverde ridacchia fra sé e sé pensando che di una cosa così, la sua bella Tosca, non ne avrebbe certo bisogno.
E la bella Tassorosso ride compiaciuta, ché già le attenzioni dei due magicolleghi le facevan difetto: troppo lungo il letargo nel bosco, troppe notti dormite da sola. Le sue morbide grazie le ha già elargite ad entrambi in passato: in fin dei conti è una strega, non già una pudica donzella; e se, visti i tempi che corrono, rischi di finire sul rogo un giorno sì e l'altro pure, fai almeno in modo di goderti la vita. Ci mancherebbe altro: Tosca è moderna, di ampie vedute, assidua frequentatrice dei sabba boschivi.
Allegramente quindi, senza impegno, ha già ampiamente gustato le attenzioni e il distinto vigore dell'uno e dell'altro, abbandonandosi gioiosa all'impetuosa corrente dell'amore terreno.
Ultimamente, però, le cose sono un po'cambiate: i due maghi si sono fatti sentimentali, e ad ogni primavera la loro disputa si fa sempre più serrata. E subito cominciano a mettersi in mostra, confrontandosi e schernendosi; e a poco a poco il tono si fa più acceso, e inevitabilmente finisce che i due saltano in piedi infuriati e, sguainate le rispettive bacchette, si mettono a duellare in pieno ricevimento di nozze (qual malagrazia).
E Tosca abbassa il capo, contrariata e annoiata: è venuta alla festa per divertirsi e per decretare ufficialmente la fine del digiuno invernale, ma questi due cretini, invece di collaborare, se ne stanno lì a fare la voce grossa e a scagliare anatemi. E le piacerebbe tantissimo piantarli in asso tutti e due, ma non sa come defilarsi senza farsi vedere; è lì che beve vino e si guarda intorno in cerca di una soluzione quando, provvidenziale, una morbida voce le sussurra all'orecchio:
- Ti vedo triste, Madonna Tosca; posso avere l'ardire di fare qualcosa per rallegrarti?
La strega si volta di scatto, ma non vede nessuno.
- Chi sei?
- Ignotus Peverell, al tuo servizio.
- Non riesco a vederti.
- Questa è una lunga storia, Madonna Tosca. Se lo desideri, però, posso rendere invisibile anche te e portarti via da questa patetica lotta di galli.
- Te ne sarei immensamente grata, Messere Peverell - sospira Tosca, immediatamente sollevata.
Detto fatto; una mano si tende e la trascina con delicatezza al di sotto di un lembo di morbida stoffa; è una cappa leggera, attraverso la quale il mondo circostante è visibile come filtrato da un velo di fumo, o di una ragnatela setosa.
A pochi centimetri da lei, un viso sorridente velato dalla penombra: un giovane biondo e ricciuto la guarda, rapito, a metà fra il timido e l'ardito.
- Stammi vicina Madama, giacché qua sotto lo spazio è assai esiguo - mormora il ragazzo, chinandosi appena.
"Bella scusa" pensa Tosca, niente affatto intenzionata a sottrarsi a quel bacio rubato. Ignotus Peverell ha labbra morbide e calde, deliziosamente umide di vino pregiato. Con le braccia, il giovane cinge la vita morbida della sì piacente strega, il cui florido petto si alza e si abbassa in una rapida sequenza di sospiri sorpresi.
E Tosca non sa se credere ai suoi occhi o dare ascolto all'istinto; nel dubbio, comunque, si affida al secondo, ché con quello non sbaglia mai.

Il giorno dopo, ancora leggermente intontita dagli effluvi del VinMagico, Tosca si risveglia baciata dal sole. È serena, fremente e soddisfatta: un bellissimo sogno ha allietato la sua notte. In esso, un prestante cavaliere senza volto (per quanto si sforzi, non le riesce proprio di ricordarlo) l'ha amata senza riserve, restituendole la gioia di vivere, tutta, fino all'ultima goccia.
Si stiracchia voluttuosa, scende dal letto e si siede al tavolo da toeletta. Per un attimo, ha come l'impressione che vi sia qualcun altro lì con lei; guardandosi intorno, però, non scorge nessuno.
Sentendola vicina, un antico copricapo posato lì accanto le rivolge la parola:
- Buongiorno, Madama Tassorosso.
- Buongiorno a te, o saggio Cappello.
- Hai passato una buona notte?
- Decisamente sì, o curioso Cappello.
- E dimmi: a quale dei due, divina Tosca, concederai questa volta le tue attenzioni e le tue grazie?
- Speravo potessi dirmelo tu.
- Quale dei due placherà la sua sete dalla tanto bramata Coppa dei Tassorosso?
- Chiudi lo strappo, Cappello Sboccato, o giuro che ti ricucio.
E il Cappello ride e, a gran voce, declama vieppiù ispirato:

Sarà forse Messer Grifondoro,
coraggioso, impavido, puro di cuore
(un po' men di pensieri)
fantasioso, vivace, entusiasta,
focoso cavaliere dalle mani callose?

O forse il nobile Salazar,
elegante, austero, ambizioso
sottile (di modi e intelletto,
non certo sul fatto),
astuto stratega di cose di letto?


Tosca si spazzola i lunghi capelli, deliziosamente indecisa, ma non ha neanche il tempo di riflettere un po', che già la sua formosa ancella vestita di rosa bussa alla porta.
- Madama Tosca, visite illustri ci son per voi.
- Chi è mai costui, Donna Grassa?
- Un distinto gentiluomo dall' armatura luccicante; giunto è in sella ad un ardito pony pomellato.
"Oh, per tutti li faggi delle brughiere del Nord" sospira Tosca, un po' scoraggiata. Il soggetto è noioso e infervorato; la strega è seriamente tentata di dichiararsi indisposta. "Sir Cadogan, fra capo e collo e di primo mattino; la giornata promette male".
E quasi quasi rimpiange la solitudine dei boschi.
- Grazie, Donna Grassa, scendo subito.
E quel "subito" si tramuta in svariate mezz'ore di acconciature e abluzioni. Niente da fare, però. Il baldo cavaliere non se ne va: evidentemente, di tempo da perdere, ne ha fin troppo.
Tosca, rassegnata, discende le scale.
Fortuna vuole che, in un battibaleno, l'uscio si apre di scatto e Messer Grifondoro fa il suo trionfale ingresso. Addocchia Sir Cadogan, si sfila il pesante guanto di cotta di maglia e, con esso, schiaffeggia il malcapitato che vola lontano come foglia nel vento; dopo aver descritto un'ignominiosa parabola, lo sfortunato cavaliere atterra sferragliando sulla groppa del pony, che parte al galoppo.
- Divina Tosca, buondi! - esclama il valoroso Godric, avvicinandosi alla bella. - Ti ho persa di vista iersera, ma sappilo: per tutta la notte, non ho pensato che a te.
Madama Tassorosso gli rivolge uno sguardo di apprezzamento: è davvero un gran bel ragazzone questo Messer Grifondoro, ardito, aitante e fantasioso assai.
Fa per rispondergli, si avvicina di un passo...crack! dal camino spunta il nobile Salazar, un pozzo di fascino nel suo abito scuro.
Dimentichi di Tosca, i due si guardano in cagnesco. Neanche il tempo di salutarsi, che nel salotto giallonero della bella Tassorosso volano senza sosta fatture e incantesimi.
Tosca, furibonda, dà loro le spalle e raggiunge il vestibolo. Quivi, sorpresa, si imbatte in un bel giovane biondo che la guarda sorridendo. L'immagine dura poco più di un secondo, perché lui, svelto svelto, si affretta a celarsi sotto un velo di invisibilità.
Madama Tassorosso, però, l'ha riconosciuto all'istante, e ha anche capito che la bella notte trascorsa è stata ben più di un sogno sfuggente. E così, giocherellando con il cordoncino dello stretto corpetto colore del sole, sorride a sua volta e dice:
- Messer Peverell, dicami un po'. Non ti andrebbe di farmi sparire di nuovo?
Dal salotto, urla, scoppi e imprecazioni si susseguono senza sosta.
- Sempre al tuo servigio, divina Tosca - risponde il giovane, avvicinandosi a lei.
Poscia, presala per la vita, la trascina su per le scale, fino alla stanza dove, nel giro di pochi minuti, avrà inizio una lotta ben più interessante di quella in atto al piano di sotto.
- Ora puoi anche levartelo il mantello, però - ride Tosca, prima di abbandonarsi gioiosa all'abbraccio del giovane.
E Ignotus ride e, con uno strappo deciso, si sfila la cappa. Non sarà certo oggi che la Morte lo scoverà: ne è più che sicuro. Fra le floride braccia di Tosca Tassorosso, del resto, non può che celebrarsi la vita.

- Quindi, il vero pomo della discordia... - dalla sua espressione attonita, si direbbe che Seamus è più basito di Boris. I suoi compagni, va detto, sembrano altrettanto meravigliati.
- Esatto, signor Ginnifan - chiosa il professor Rüf, assumendo una tenue sfumatura rosata. - E questa storia spiega la rivalità fra le case, la morte di Sir Nicholas e il fatto che i Tassorosso siano sempre capaci di godersi la vita, pur mantenendosi naturalmente defilati.


Note:
1) Il titolo è ispirato al cartone animato "La spada nella roccia" della Disney, che comincia proprio così:
Si narra che un dì
L'Inghilterra fiorì
Di audaci cavalieri...

La qui presente os, per temi, spunti e ambientazione, vuole anche essere un omaggio al maestro Boccaccio, al quale ovviamente non son degna neanche di lavare il calamaio.
2) La morte di Nick avviene ufficialmente il 31 ottobre 1492, quindi non all'epoca dei Fondatori. Mi son presa una licenza.
3) Dando un'occhiata alla lista di antiche famiglie magiche, ci ho trovato anche i Flint. Siccome, di solito, amo descrivere Marcus Flint a tinte laide, non ho resistito alla tentazione di associarlo in qualche modo a Gregory il Viscido. Però 'Flint' mi sembrava un cognome molto moderno, perciò l'ho trasformato in Phleent. Boris, Barnaba e Gregory compaiono nella saga sotto forma di quadri (come del resto la Signora Grassa), arazzi e statue.
4) Per ovvi motivi di rispetto, ho ritenuto necessario l'inserimento dell'avvertimento OOC.
   
 
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