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Autore: Tony Stark    21/08/2018    1 recensioni
Gavin lo odiava. Lo avrebbe sempre fatto, ma ad Elijah andava bene così.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Elijah Kamski, Gavin Reed
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Detroit Become Human
Personaggi: Elijah Kamski, Gavin Reed
Generi: Angst, Drammatico, Introspettivo
Avvertimenti: What if
Coppie: Nessuna
Introduzione: Gavin lo odiava. Lo avrebbe sempre fatto e ad Elijah andava bene così.

My dear little brother

 
Alle volte si chiedeva se... se suo fratello lo avrebbe odiato anche ora.
Altre volte invece si chiedeva se quelle parole, quelle che gli aveva detto prima che... prima di quello che era successo, fossero vere o se gliele avesse gridate solamente perché era arrabbiato con lui.
Non che importasse ora, non sarebbe mai potuto cambiare niente.
Elijah Kamski era solo. E questo normalmente non lo infastidiva, anche se aveva solo venticinque anni era piuttosto abituato ad essere lontano da qualunque altro essere umano era per questo che si circondava con i suoi androidi, ma oggi c'era qualcosa di diverso. Neanche la presenza delle Chloe riusciva a distrarre la sua mente abbastanza dalla colpa.
Perché in giorni come oggi a quindici anni da quel giorno, Elijah si chiedeva se era colpa sua se suo fratello era morto.
Forse se fosse stato più attento, per l'amor di Dio aveva sedici anni ma... ma era abbastanza intelligente da sepere che era stupido correre fuori solo per uno sciocco litigio  ̶
Adesso non ricordava neanche perché avevano litigato in primo luogo. ̶
Forse se avesse deciso di parlare, di risolvere le cose invece di correre via come un ragazzino viziato che faceva i capricci. Forse suo fratello sarebbe stato ancora vivo, forse... anche se Elijah lo dubitava, adesso sarebbe stato con lui a festeggiare l'uscita di quella nuova serie di androidi.
Un sorrisetto divertito per quando triste piegò le labbra del CEO di Cyberlife, suo fratello avrebbe odiato trovarsi ad una serata elegante come questa, con tutti questi arroganti riccastri, d'altronde anche Elijah lo odiava, ma fingeva di apprezzarli solo per l'immagine della compagnia, oltre che la sua.
---
Fu dopo quella serata che Elijah cominciò a lavorare su un nuovo androide, unico nel suo genere, non ci sarebbe stato nessuno altro col suo modello.
Una parte di lui si chiese se suo fratello sarebbe stato orripilato dal diventare il modello per quel mostro di frankenstein totalmente meccanico che aveva intenzione di creare.
Un androide perfetto nel suo essere imperfetto, programmato per essere un essere umano in ogni singolo dettaglio, programmato per essere in grado di fare errori e avere difetti.
Un androide creato senza un led, senza la capacità di ritirare la sua pelle sintetica, né di connettersi alla rete Cyberlife.
Un androide che avrebbe creduto di essere umano, che avrebbe avuto i ricordi di una persona impiantati nei suoi processori. Un androide il cui thirium scorreva rosso come il sangue umano.
Un androide che, sapeva, avrebbe odiato il suo creatore con una forza non paragonabile a nulla se avesse scoperto la verità.
Eppure Elijah lo progettò e assemblò, ogni pezzo progettato solo ed esclusivamente per lui. Sì, lui... perché non era una cosa come gli altri. Non importava se avessero superato il suo test, sapeva che gli androidi erano solo macchine, quello che stava creando però... non riusciva a pensarlo come tale.
Impiantò l'ultimo ricordo, accuratamente creato, ingegnerizzato solo per lui e scritto nel suo codice dalla mente geniale del creatore degli androidi.
E poi lo attivò.

«Elijah?» per un secondo il CEO di Cyberlife fu preso di sorpresa, quasi come se non si aspettasse di sentire quella voce... scioccamente, visto che lui stesso aveva inserito i campioni di dialogo perché il modulatore emettesse quel tono. L'androide lo guardò con sospetto e poi la sua espressione si fece rabbiosa «Che cazzo ci fai nel mio appartamento, Elijah?!»
Nonostante la rabbia rivoltagli contro non poté fare a meno di sorridere, un piccolo triste sorriso che gli piegava le labbra, sperava che sfuggisse alla sua creazione «Perché, Gavin, non posso visitare mio fratello?»
«Non ci vediamo da sei anni, scusa se pensavo che non ti interessasse vedere quel fallito del tuo fratellino minore» rispose Gavin, il suo tono ora tanto amaro quanto sarcastico. «Ora mi puoi dire come cazzo hai fatto ad entrare?»

Elijah si trovò a ridacchiare, infastidendo ulteriormente il suo fratellino «Non avrebbero lasciato il CEO di Cyberlife fuori, ad aspettare che qualcuno aprisse la porta. Quindi mi hanno dato le chiavi»   ̶ inoltre ho comprato quest'appartamento, quindi è ovvio che io abbia le chiavi ̶  pensò, ricordando a se stesso che nonostante l'illusione... non era veramente Gavin.
Per un'istante pensò di disattivarlo, bastava che pronunciasse un codice e l'androide si sarebbe disattivato, ma d'altra parte... gli era mancato davvero tanto, che c'era di male nel indulgere in una piccola follia ogni tanto?
Perché diamine aveva tutti i soldi che un uomo poteva avere se non era nemmeno in grado di riavere suo fratello?!
Quindi si lasciò avvolgere dalla stessa finzione che aveva creato e si permise di credere che quello fosse veramente suo fratello, non un androide che aveva creato per somigliargli, ma Gavin in carne ed ossa.
Suo fratello che non era morto quindici anni prima per colpa sua.

Gavin stava ridendo sarcasticamente, il suo tono aveva quel pizzico di amarezza gelosa che Elijah ricordava perfettamente «Certo che ti hanno dato le chiavi, se chiedessi ti darebbero qualunque cosa in questa cazzo di città, è praticamente tua!»

«Ora stai sopravvalutando la mia influenza, Gavin» rispose con un sorrisetto, mirato ad infastidire l'altro.

«No, sai che non lo sto facendo. E smettila con quell'espressione, mi fa venire voglia di caricarti un pugno!»

«Caro il mio fratellino, sai che se avvisi qualcuno prima hai lo 0% di possibilità di riuscire effettivamente a portare a segno la tua minacci avero?» lo stuzzicò. Gli era davvero mancato parlare con lui, era l'unico con cui non doveva mantenere una maschera indifferente tutto il tempo.

«Oh, fantastico, ora hai anche cominciato a parlare come quelle scatole di latta che produci...» sospirò irritato Gavin, anche se che fosse involontario o meno un piccolo sorriso gli piegava le labbra «Comunque, sul serio, perché sei venuto?»

Per un secondo Elijah pensò di non rispondere, sapeva di non doverlo fare, ma c'era qualcosa nel suo cuore che gli chiedeva di farlo. «Sono qui venuto qui per scusarmi» disse, sebbene gli ci fosse voluto un po' per formare quelle parole e riuscire a pronunciarle.

L'espressione rilassata di Gavin scomparve in una più seria, un principio di rabbia nei suoi occhi. «Questa si che è bella, il grande Elijah Kamski è venuto a scusarsi! E per cosa? Sai non riesco proprio a pensare per cosa dovresti scusarti, visto che sono così dannatamente tante!» ringhiò la sua voce che andava alzandosi parola dopo parola.

Quella stessa parte di Elijah che aveva dubitato della costruzione dell'androide, si chiese se per caso, si odiasse tanto. Perché non aveva avuto altre ragioni per programmare dei ricordi che lo mettevano sotto una luce tanto negativa agli occhi del fratello. Quella parte si chiedeva se lo avesse fatto perché voleva che Gavin lo odiasse, perché pensava di meritarlo per quello che gli aveva fatto.
Elijah prese un respiro prima di rispondere, cercando di mantenere una maschera imperturbata, quando tutto quello che voleva fare era piangere come aveva fatto quando a sedici anni si era reso conto che suo fratello non sarebbe mai più tornato e rispose, con un tono che stupì anche lui per la sua fermezza: «Sai una cosa, hai ragione, Gavin. Non devo scusarmi. Volevo farlo, ma a quanto pare non sei cambiato di una virgola in questi anni»

'Lascia che ti odi' pensò il CEO 'Così non potrai più metterlo in pericolo, lasciagli vivere la sua vita'

«Sai una cosa, Elijah, fottiti! Sei venuto solo per insultarmi? Perché potevi farlo anche per telefono sai, stronzo?! Almeno non sarei stato costretto a guardarti in faccia o ascoltarti»

«Sai, Gavin. Credevo mi mancassi, ma ora che ti rivedo, voglio solo dirti una cosa. Ti odio, non ho smesso di farlo per un momento da quando avevamo sedici anni» sibilò velenoso in risposta all'urlo di suo fratello, mentre sentiva il suo cuore dolere a quelle parole false a cui non credeva. Avrebbe dovuto chiedere scusa invece... invece di questo... perché diavolo lo stava facendo?!
Si era creato una seconda possibilità. Perché cazzo stava rovinando tutto in questo modo?!

«Esci. Elijah, esci.» ringhiò Gavin, il suo sguardo era freddo, le sue mani strette a pugno.

Con il cuore che gli doleva e la voglia di girarsi e chiedere perdono a suo fratello, Elijah fece come gli era stato detto.

Gavin lo odiava. Lo avrebbe sempre fatto, ma ad Elijah andava bene così.
Perché finché lo odiava era al sicuro.
   
 
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