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Autore: _aivy_demi_    23/08/2018    13 recensioni
Eccomi qui, con una nuova ship nel fandom di Naruto: la KakaObi.
Ho approfittato di sperimentarla in una nuova OS, che fa parte della challenge "la Cocomerata" indetta dal gruppo FB "Boys Love - Fanfic & Fanart's World".
Mi auguro abbiate voglia di godere di un po' di sano angst e di sentimenti repressi e difficilmente gestiti. Buona lettura a tutti! :3
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kakashi Hatake, Obito Uchiha, Rin Nohara
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Questa OS partecipa alla challenge "La Cocomerata" del gruppo Facebook

Boys Love - Fanart & Fanfic's World


Canzone:

Katy Perry - Rise


Parole scelte:

Cocomero (obbligatoria) - Caldo - Freddo - Primo bacio -


Genere: Angst, introspettivo, malinconico

Personaggi: Kakashi, Obito

Coppia: KakaObi




RIALZATI


Dedico questa OS a BlueRoar, Mahlerlucia e Miryel.

Grazie a voi, il progetto ha finalmente preso vita!




-Sapevo ti avrei trovato qui.

La voce di Kakashi risultava quasi un sussurro, un flebile sospiro che si sentiva a malapena al di sopra dello scrosciare delle onde a riva.

-Perché ti ostini? Lei non c'è più.

Obito non rispose. Dal momento della morte di Rin, non era stato più in grado di affrontare l'argomento: era diventato un vero e proprio tabù. Kakashi ricordava ancora il giorno della cerimonia funebre: pochi intimi, qualcosa di semplice. Rare parole di commiato avevano accompagnato il momento della sepoltura, lì accanto, assieme ai saluti dei gabbiani. L'Uchiha non era stato in grado di fare più di così, il suo cuore non aveva retto alla notizia della scomparsa; però aveva scelto per il riposo ultimo dell'amica una collinetta sovrastante la spiaggia. "Avrebbe voluto così", si ripeteva spesso, osservando verso la direzione di quel tumulo innalzato troppo presto.

Il moro osservava l'orizzonte con sguardo perso: l'iride sana, di un meraviglioso rosso scarlatto, si perdeva nell'immensità di quello spazio aperto, così infinito da schiacciare il respiro, opprimere i polmoni. Sospirava, forse in cerca di espandere un petto troppo stretto nel fallimentare tentativo di contenere tutto ciò che aveva provato, e che stava provando ancora. Le dita tra i granelli di sabbia si muovevano seguendo un itinerario immaginario, fermandosi e riprendendo il tragitto.

-Venivamo qui ogni volta che potevamo.

L'Hatake si avvicinò, sostando in piedi accanto a lui.

-Lei correva a piedi nudi sulla sabbia, proprio lì, sul bagnasciuga. Correva e mi chiamava, per poi prendermi la mano e accompagnarmi tra le onde. Lo facevamo spesso, questo gioco così stupido: rincorrerci, lanciarci sull'acqua bassa, fare finta di esser tornati bambini.

Si fermò.
Il respiro irrequieto gli stava chiudendo la gola.

Deglutì vistosamente, tentando di ingoiare il residuo di un ricordo così doloroso da voler essere rigettato. L'amico non poteva fare altro che stargli accanto, non sapendo come intervenire senza ferirlo ulteriormente. Gli sfiorò la spalla con un tocco delicato, quasi impercettibile: un gesto che avanzava la pretesa di affermare "sono qui, non ti lascio solo." Avrebbe voluto fermarsi, ma sentiva il bisogno di dover chiedere una cosa, una soltanto, nonostante il dolore provocato da una questione simile. La presa si fece più intensa.

-Obito, glielo hai mai detto?

Un tremito leggero anticipò la risposta che Kakashi già presumeva di conoscere.

-No.

Voleva continuare? No. Doveva farlo? Per il suo bene, sì.

-Perché non lo hai fatto?

L'uomo voltò lo sguardo, ridendo sconsolato. Cosa avrebbe dovuto rispondere ad una domanda del genere? "Perché non immaginavo potesse morire così giovane" sarebbe andata bene? Sospirò, ritenendo di optare per una risposta un poco meno decadente.

-Sai, forse perché sono sempre stato un vigliacco. Non ho mai trovato il coraggio di espormi con lei. Vedendola felice così, come avrei potuto rischiare di rovinare tutto?
Kakashi si inginocchiò di fianco a lui, osservandolo con una lieve punta di malinconica ironia nello sguardo.

-Quindi vuoi dirmi che sarebbe meglio rinunciare a se stessi, piuttosto che mettere in discussione un rapporto che sarebbe potuto sfociare in qualcosa di più? Non è da te, non ci credo.

Una nota di disappunto stava tingendo amaramente quelle poche parole scambiate: continuare sarebbe stato rischioso, maleducato, inadatto.

-Temevi d'essere rifiutato?

Decisamente fuori luogo.

-O di perderla perché non le interessavi affatto?

Probabilmente esagerato.

Aveva superato quel sottile confine tra l'essere semplicemente cinico e dimostrarsi un gran bastardo.

-Senti, Kakashi, sai quanto io ti rispetti. Diciamo però che in questo momento sei tutt'altro che delicato, anzi: quasi quasi penserei d'avere a che fare con uno stronzo.

Sorrise: era riuscito a pungerlo sul vivo, scavare e superare quello strato sempre più pesante, spesso, di apatia e straniamento. Aveva raggiunto lo scopo di scuoterlo, scrollargli di dosso quella tremenda mancanza di reazioni; d'accordo, s'era spinto un poco oltre, ma lo rincuorò rivedere di nuovo una luce in quello sguardo. Nell'ultimo periodo non aveva fatto altro che seguirlo nelle sue indecisioni, nell'eterno ciondolare tra le lacrime trattenute a malapena e la rabbia inespressa per un amore perso per sempre. Finalmente lo vedeva riaccendersi, d'ira d'accordo, ma pur sempre brillare di nuovo.

-Sempre delle belle parole per me, eh? Come ai vecchi tempi, come quando venivamo qui tutti insieme. Quanti anni saranno passati?

-A giudicare da quanto sei invecchiato, direi un bel po', Kakashi. Sei irritante come al solito.

La voce dell'altro si trasformò in una risata sincera.

-Tu invece finalmente hai ricominciato a parlare. Ad un certo punto ho pensato perfino tu avessi dimenticato come fare.

Risero entrambi.

La presa sulla spalla di Obito non si era ancora sciolta. Kakashi lo osservava, stampando nella mente ogni singolo lineamento di quel viso distrutto da poche ore di sonno, e troppe lacrime trattenute.

L'uomo si bloccò, le labbra schiuse, gli occhi fissi su quelli dell'amico. Fermi, immobili uno di fronte all'altro.

-Ehi, tutto bene?

L'Hatake si avvicinò lento, spostando il peso dal braccio alle ginocchia, riducendo la distanza così rapidamente da cogliere l'altro di sorpresa. Si bloccò solamente trovandosi ad una spazio infinitesimale dal suo viso: la tentazione di non arrestarsi crollò nel momento in cui l'occhio di Obito si offuscò di un leggero velo liquido.

-Scusa, non avrei dovuto.

Si alzò, voltando le spalle, provando a nascondere un eloquente imbarazzo quanto una tale rabbia da fargli tremare le dita chiuse a pugno. Cosa diavolo gli era saltato in mente? Non riusciva neppure a spiegarsi l'accaduto, e non era in grado di reggere eventuali domande inquisitorie sul comportamento strano che aveva appena preso il sopravvento. Non era assolutamente da lui perdere il controllo, farsi travolgere da una situazione simile: approfittare della debolezza di Obito, cedere ed essere a tanto così da rivelare ciò che stava davvero pensando, provando, desiderando. Si sentiva destabilizzato, al ricordo di quello sguardo così intenso ed amareggiato: come avrebbe potuto rivelarsi per ciò che era, ora che la persona a cui teneva più di chiunque altro, si trovava in uno stato simile?

Un errore, un semplice errore.

Non avrebbe dovuto più avvicinarsi in quella maniera. La maschera austera di finta indifferenza, bastardaggine orgogliosa che lo aveva aiutato a reprimere anni di sensazioni sbagliate, s'era incrinata davanti a quelle lacrime ricacciate indietro a fatica.

Obito amava Rin, l'aveva sempre amata.

Kakashi provava il medesimo sentimento per l'amico, conscio di non essere corrisposto, di non aver possibilità di capovolgere la situazione attuale. Da quanto andava avanti? Anni. Decisamente troppo tempo. Chiunque avrebbe rinunciato al suo posto, ma non lui: dedicare la propria mente, il proprio cuore, desideri e sogni, sensazioni e tremori ad una persona che non se ne accorgeva neppure. Questo era lui, non poteva essere altrimenti. Sbagliato, esagerato, vigliacco.

-Mi stai ascoltando?

L'Uchiha riprese l'amico, riportandolo al presente, alla sabbia calda sotto le dita dei piedi scalzi, alla brezza leggera ed all'odore salato nell'aria.

-Sei strano: quello apatico dovrei essere io, non tu.

Di nuovo quel sorriso: amaro, un poco sghembo, a tratti difficile da decifrare.

-Senti, stasera faranno una falò sulla spiaggia, qui accanto. Lo so che ti sembrerà strano, ma ho davvero bisogno di staccare un po'.- La breve pausa si sollevò, ricreando una strana atmosfera: definirlo un appuntamento sarebbe stato poi così tanto strano, viste le circostanze? -Da quando... Sì, insomma, da quando se n'è andata non ho mai fatto nulla per tentare di reagire. Non chiedo tanto, solo un poco di svago, qualche ora per potermi ricordare come si vive, senza...

"Senza tentare di nascondere il pianto continuamente?" Kakashi avrebbe voluto intervenire e concludere la frase, ma si morse la lingua girando il viso di lato. Comprendeva le sensazioni dell'altro, avrebbe voluto stringerlo, accarezzarlo, aiutarlo a sfogare tutto quanto e farsi carico del suo dolore, per poterlo veder sorridere ancora.

-D'accordo.



°




L'espressione meravigliata di Obito davanti alla pira accesa risvegliò qualche cosa, in un indefinito punto distante nel petto di Kakashi: qualcosa di ovattato, lieve, delicato. Al minimo tocco sarebbe potuto cadere in frantumi e disgregarsi. Un accenno di tensione, misto a spaesamento: non s'era mai trovato in una situazione simile. I capelli scuri dal riflesso aranciato, le fiamme che si dipingevano sull'occhio nuovamente vivo ed interessato, quel sorriso imbarazzato di chi si ritrova nuovamente ragazzino, stupito davanti ad uno spettacolo così semplice e coinvolgente. Alzò il braccio, avvicinandolo a pochi centimetri, quasi a sfiorarlo: ricadde, nascosto dietro la schiena. Lo guardava lì, in piedi, ed accanto a lui rivedeva Rin, la loro più cara amica, la persona che si era insinuata sotto la pelle di Obito, al di là dei muscoli, tra le sue costole, fino a raggiungere la parte più profonda del suo essere. Quasi fisica, la sua figura stava sorridendo, poggiando le mani sulle spalle dell'uomo: mimò qualcosa con le labbra, poche parole che l'Hatake comprese. D'altronde, trattandosi della sua fantasia, sapeva benissimo cosa sarebbe potuto uscire dalla bocca della donna prematuramente scomparsa: "sarà sempre soltanto mio."
La sua coscienza aveva pienamente ragione. Scacciò il pensiero a fatica, invitando Obito al chioschetto.

-Ti va un pezzo di anguria?
-Ne vado pazzo, lo sai!

L'atmosfera era meno tesa rispetto a qualche ora prima: era riuscito nell'intento di distrarlo dai soliti, tristi pensieri. Tornò con due fette fresche del rosso cocomero, cedendone una con un debole sorriso; il moro l'addentò, mugugnando mentre ne inghiottiva un secondo ed un terzo pezzo.

-È buonissima, vero?

Obito si girò, notando che Kakashi non aveva neppure toccato la sua; quest'ultimo se ne stava seduto con le braccia tese sulle ginocchia piegate. Senza dire nulla si alzò, dirigendosi verso il bagnasciuga decisamente freddo, a quell'ora della sera. Ancora stringeva in mano il dolce frutto, sentendone colare il succo tra le dita, completamente indifferente alla sensazione appiccicosa.
"Solo mio."
"Non puoi fare nulla, ci sono solo io per lui."
Era conscio che la sua immaginazione continuava a giocare brutti scherzi, ma era fin troppo sincera: soffriva per quella consapevolezza che lo bloccava in ogni gesto, in ogni singola espressione. Avrebbe voluto osare di più, col rischio di allontanarlo; sapeva esattamente di sentirsi con le spalle al muro. Le dita dei piedi pizzicavano al contatto con la sabbia umida: la temperatura s'era di un poco abbassata, e camminare scalzi a contatto con le onde non era decisamente facile. Perché si era allontanato? Non era successo nulla di male, se non il vociare in sottofondo dei suoi stessi pensieri.

-Ehi...

Si voltò lento, faticando ad alzare lo sguardo verso Obito.

-Giornata no?

Tra i due, sarebbe dovuto essere proprio lui a stare meno peggio. Come poteva essere d'aiuto all'altro, in condizioni simili? Obito aveva bisogno di sostegno, in quel momento più che mai. Chiuse gli occhi, sospirando e voltandosi; trattennne il respiro, trovandolo così vicino.

Iridi nelle iridi, i petti in subbuglio.

Le dita di Kakashi si mossero sul viso dell'amico, carezzando a tratti tremando, a tratti con lentezza febbrile, la linea dello zigomo fino al mento. La fetta di cocomero che ancora stringeva tra le dita cadde mollemente sulla sabbia con un leggero tonfo anonimo. Le estremità fredde contrastavano nettamente con un'improvvisa vampata di calore esplosa in volto: la pelle s'era arrossata, nascosta dal buio. Forse proprio la mancanza di luce spinse l'uomo ad avvicinarsi ulteriormente.

-A... Aspetta.

I nasi quasi a sfiorarsi.

Il battito del cuore a sfondare i timpani, il respiro in fremito a coprire il rumore delle onde.

-Ehi, che ti prende?
Le labbra tremarono, nel poggiarsi sulle altre. Obito rimase senza fiato, spalancando lo sguardo dritto dinanzi a sé. Non incontrò gli occhi di Kakashi, erano socchiusi; le palpebre tremule di tensione, il sospiro trattenuto a malapena. Il grigio s'era spinto fin dove i suoi sentimenti erano riusciti a portarlo, nel piccolo strano mondo rappresentato dall'Uchiha, che desiderava conoscere in ogni sua sfumatura, ogni suo particolare, in ogni suo elemento.

Calore.

Morbidezza.

Tensione.

Il distacco prematuro interruppe a metà ogni singola sensazione.

-Che cazzo ti prende?!

L'uomo rimase lì, in silenzio, stante malfermo sui propri piedi, immersi per metà nell'acqua bassa. Cosa avrebbe potuto rispondere? "Sentivo di volerlo fare, quindi l'ho fatto?", "Sono anni che non so dove trovare il coraggio per dirti quello che provo?", oppure "Vederti soffrire per lei fa soffrire anche me?". Ogni spiegazione risultava scontata fino a dar la nausea. Optò il non dire nulla.

Il silenzio che seguì cancellò ogni suono attorno: le poche persone ancora presenti al falò sembravano lontane, mute, sfocate. In un istante sembrò sparire il mondo intero, a parte loro.

-C'è qualcosa che dovrei sapere...?- La rabbia di Obito si manifestò nel tono roco della voce, e nello sguardo basso; non riusciva a guardarlo in faccia neppure lui. -Kakashi, rispondimi. Per favore.

Le ultime due parole, strascico di una supplica pronunciata sottovoce, entrarono nella sua mente, scuotendolo dal torpore della consapevolezza di essere stato respinto senza remore.

-Perché io...? Stai infierendo?

Kakashi sentì quell'accusa insinuarsi e trafiggerlo lentamente, provocando il maggior dolore possibile; avrebbe dovuto ribattere in qualche modo. Le dita di Obito cominciarono a tremare. Il suo corpo, scosso dalla troppa tensione accumulata, si gettò verso quello dell'amico.

-Perché io?!

L'Uchiha stava stringendo convulsamente le spalle dell'Hatake.

Cadde in ginocchio.

-Perché io...- Perle liquide caddero dal volto sulla sabbia. -Quello che amo finisce per lasciarmi, e non voglio perdere anche te...

L'istante interminabile che vissero immobili sollevò in Kakashi la questione più importante: lui era sicuro di amare Obito, ne aveva avuto la riprova in passato, come il momento in cui decise di farsi avanti e dimostrargli in un unico gesto tutto quello che portava dentro di sé da troppo ormai. L'amico, esattamente, cosa custodiva? Che significato avevano le parole appena pronunciate? Nel turbinio violento di emozioni contrastanti, l'Hatake si inginocchiò di fronte a lui, poggiando il capo sulla sua spalla. Doveva prendere il coraggio a piene mani, raccoglierlo e utilizzarne fino all'ultimo per poter esprimere totalmente ciò che voleva dire.

Inspirò.

-Perché sei tu, perché sei uno sciocco credulone. Sei uno scriteriato, uno che non riflette prima di agire, una persona che si butta a capofitto su tutto, anche nelle cause perse. Ti innamori troppo facilmente, getti la spugna altrettanto. Dimentichi una cosa su due, sei cocciuto e pure rude, ma sei tu. Ed io non desidero altro che poterti vedere nuovamente felice.- I muscoli tesi, il sentirsi improvvisamente vuotati da un peso troppo grande da potersi portare ancora appresso. -So che tutto ciò che provi ti sta facendo soffrire, lei non c'è più ed io non oso neppure immaginare come puoi sentirti. o che stai male, sento che ti stai sgretolando, e non voglio vederti cadere a pezzi fino ad annullarti per chi non c'è più, non posso. Obito, ti prego, vivi.

La pausa sembrava durare un'eternità.

-Non ti chiedo di vivere per me, o per chi ti pare. Vivi per te stesso, vivi perché lo meriti... Trova un motivo, almeno uno, ma fà in modo che questa unica cosa sia ciò che ti aiuti ad andare avanti, senza perdere ogni singola speranza.

Cosa avrebbe dovuto fare di più? Aveva appena riversato un amore disperato su un amico distrutto. Gli aveva donato un appiglio a cui aggrapparsi, qualcosa per cui lottare; gli aveva consigliato di non mollare la presa da un punto infinitamente lontano. Avrebbe mollato tutto, o resistito e raccolto a piene mani quel bagliore che gli era stato offerto?

Le mani disperate dell'Uchiha cercarono il viso di Kakashi, incontrandolo e chiudendolo tra le dita.

-Non mi abbandonare... Non lasciarmi solo.

Quelle parole entrarono in un debole spiraglio, lasciando trapelare una nuova luce, mostrando che tutto ciò che stava provando Obito era dettato dal terrore della perdita, dal bisogno assoluto di avere qualcuno accanto che lo cullasse, lo stringesse forte abbastanza da non renderlo cenere e polvere. Sarebbe stato corretto tutto ciò? Accontentarsi della paura, del bisogno, della rassegnazione, soffocando il proprio sentimento e reprimendo le gioie di un amore pilotato verso l'altro, non sperando nell'essere ricambiato? Aveva bisogno di lui, in qualsiasi forma: amico, amante, conoscente, confidente. Ognuno di essi, o tutti insieme, senza una linea a dividere nettamente un ruolo da un altro.

"Sarò qui, non ti lascerò andare via; non permetterò più a nulla di scalfirti, di farti del male. Spezzerò ogni dolore mordendolo, graffiandolo fino a disintegrarlo. Mi metterò tra te e il mondo, così che tu non possa più soffrire, più piangere." Il tutto si limitò ad una semplice risposta.

-Non lo farò mai.

Il secondo bacio, il vero contatto tra quelle labbra così incerte quanto disperate, fu caldo, confuso. Le lacrime calde scesero fino al mento, miscelandosi ed inumidendo il collo di Obito, estinguendosi nel tessuto della maglia. Ogni singolo centimetro di pelle toccata, di lingue che si sfioravano a tratti, di ricerca e di fame, tentavano di uccidere la solitudine: Kakashi ne era consapevole, ma non gli importava più. Sentiva bruciare le labbra, ardere dove le dita di lui lo toccavano convulsamente.

Calore.

Quello che desiderava era il calore provocato da lui. Tanto bastava.

Le dita del moro si strinsero al suo petto, dopo aver poggiato la fronte sulla sua clavicola. Chiuse gli occhi, rilassandosi al suono del battito accelerato, lontano e ritmico che proveniva dall'interno del corpo ancora teso che lo stava accogliendo in un abbraccio profondo. Kakashi poggiò una mano su quella testa arruffata, scossa da lievi tremiti: carezzava lentamente la capigliatura che odorava di salsedine, ingnorando la sensazione pungente data dalla sabbia bagnata. Non si sarebbe spostato.

"Combatti, semplicemente combatti. Non abbatterti, non permetterò che tu ti lasci andare, non adesso. Resisti, rialzati!" L'uomo avrebbe voluto scuoterlo gridandogli quelle parole, così da farle entrare in quella benedetta testa, una ad una, ma sentiva che non era il momento.
In silenzio raccolse le sue mani serrate, lo aiutò ad alzarsi sorreggendolo; lo strinse un'ultima volta, avvolgendo le proprie dita alle sue.

Camminarono per un poco seguendo la linea del bagnasciuga, lì dove la sabbia umida si scontrava con quella asciutta, ancora tiepida. La notte inoltrata mostrava un quadro infinito di stelle, immobili e lucenti; il riflesso della luna ballava sul pelo dell'acqua, seguendo una melodia immaginaria, tutta sua.

Obito non osava ancora dire nulla. Ciò che era accaduto lo aveva scosso molto più di quello che avrebbe potuto immaginare, e lo sguardo chino contava un numero spropositato di passi, uno davanti all'altro, sempre uguali. Avrebbe forse dovuto aggiungere qualcosa, ma cosa? Scusarsi per la propria instabilità? Staccare quel contatto e dire che non aveva ancora compreso ciò che gli era stato appena detto? Oppure?

Oppure, continuare a camminare così.

Oppure, bearsi del ricordo di quelle labbra, rimembrando gli occhi vivi che stavano tentando di portarlo fuori dalla tenebra.

Oppure, seguirlo lì dove lo stava portando, lontano dal fuoco, dalla gente, lontano da quell'anguria non ancora mangiata, abbandonata sulla rena.

-Ti aiuterò io.

-Cosa?

L'attenzione dell'uomo venne risvegliata da quell'affermazione improvvisa, decisamente pretenziosa.

-A rialzarti. È una promessa.

Obito voleva crederci, davvero: ci stava provando con tutto se stesso. Dubitava, ma doveva fidarsi, altrimenti non sarebbe più riuscito a risalire da quell'orrido abisso nero in cui s'era visto sprofondare.

"Aiutami..."

Ancora una volta voleva dirglielo, gridarglielo scuotendolo. Strinse di più la presa, fino a far sbiancare le nocche. Kakashi si fermò, posando lo sguardo malinconico sul suo.

-Te lo prometto.

Senza tempo.

Caldo, avvolgente.

L'abbraccio che si scambiarono profumava di promessa, di principio, di dolore. Tutto voleva essere detto, nessun particolare di quei ricordi terribili sarebbe stato omesso: dimenticare non sarebbe stata la soluzione. Affrontare la vita accantonando la solitudine, sarebbe stato il primo passo. Sorridere di nuovo, sentire nuovamente il calore dentro di sé: chissà, Kakashi forse avrebbe reso tutto possibile.

Te lo prometto: tre parole forse troppo grandi, che furono in grado finalmente di fermare i tremori.

"Rialzati. Rialzati Obito!"




Eccomi qui, alla fine di questa prima challenge indetta dal gruppo:

una grande fatica!
Complice un blocco, un fandom che non mi convinceva ancora,

un pairing inadatto.

Eh sì, tre giorni solo per scegliere la coppia travagliata

protagonista di questa triste storia estiva.

Mi auguro di aver mosso un poco di sano

sentimento nel vostro essere:

se è così, sono riuscita nel mio intento!


Come sempre, grazie a tutti voi che siete passati: a chi ha trovato 10 minuti di vita per recensire, e a chi è andato dritto dopo la conclusione della lettura.


Ciao a tutti!
-Stefy-



   
 
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