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Autore: lady lina 77    23/08/2018    2 recensioni
Una nuova fanfiction, una AU (che sarà molto lunga), che parte dal tradimento di Ross della S2. Cosa sarebbe successo se Elizabeth si fosse accorta prima di sposare George, della gravidanza del piccolo Valentine? Cosa sarebbe successo se avesse obbligato Ross a prendersi le sue responsabilità?
Una storia dove Ross dovrà dolorosamente fare i conti con le conseguenze dei propri errori e con la necessità di dover prendere decisioni difficili e dolorose che porteranno una Demelza (già incinta di Clowance) e il piccolo Jeremy lontano...
Una storia che, partendo dalla S2, abbraccerà persone e luoghi presenti nelle S3 e 4, pur in contesti e in modalità differenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Nuovo personaggio, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Si sentiva come un condannato a morte, quella mattina, mentre si dirigeva verso Trenwith. Ad ogni passo del cavallo era come se un nodo alla gola gli impedisse sempre più di respirare e l'ansia era sempre più opprimente nel suo stomaco.

Demelza aveva ragione, doveva andare! Lo doveva ad Elizabeth, gli doveva delle spiegazioni e delle scuse. Gli doveva dire cosa lo aveva spinto ad agire come un folle quella notte, cosa provasse e cosa volesse.

La verità però, era che nemmeno lui sapeva cosa si stesse agitando nel suo animo in tumulto. Elizabeth era sempre stata il suo sogno, incarnava la donna ideale da amare e ammirare e rappresentava tutto ciò che per lui era giovinezza e spensieratezza. Poi era arrivata Demelza, sposata per ripiego ma che poi aveva saputo dargli serenità, felicità e un nuovo amore che avrebbe dovuto soppiantare i vecchi fantasmi del suo passato. Era felice con lei, lo aveva reso uomo e padre eppure quell'ombra di Elizabeth, quell'ombra di qualcosa a lungo sognato e mai avuto, era lì, pronta a riespodergli nella mente e nel cuore.

Dopo la morte di Francis si era preso cura di Elizabeth perché certo, era suo dovere come capo della famiglia Poldark ma Ross, in cuor suo, sapeva anche che era stata la sua antica passione per lei a spingerlo sempre più spesso a Trenwith a discapito della sua famiglia, cammuffando il suo comportamento egoista per un atto di generosità disinteressato. Aveva abbandonato a loro stessi, per lunghi mesi, Demelza e Jeremy, adducendo mille scuse. Era stato un pessimo marito e padre per loro perché era sempre impegnato con Elizabeth e Jeoffrey Charles a giocare al marito e padre della sua famiglia dei sogni.

Era quello che voleva? Era Trenwith? Era Elizabeth? Non aveva pensato in quei mesi, lui stesso e vergognandosene un pò, che se Demelza, Jeremy e il nuovo bambino in arrivo non fossero esistiti, lui avrebbe potuto finalmente avere la donna da sempre amata?

Eppure era scappato, dopo averla finalmente avuta! Era andato via, mancando di rispetto a lei, oltre che alla sua famiglia.

Cosa voleva allora?

Che razza di uomo era diventato?

Aveva fatto del male a lungo alla sua famiglia, aveva disonorato, per poi sparire senza prendersi alcuna resposabilità, una giovane vedova, e ora si sentiva come un ragazzino incapace di far fronte alle conseguenze generate dai suoi atti sconsiderati.

Si vergognava di se stesso, tanto... Talmente tanto da chiudersi a riccio con chiunque, in silenzio, aspettando che per magia passasse la burrasca e tutto tornasse come prima.

Demelza aveva ragione anche su un'altra cosa, la miniera in cui passava tante ore da quando quella notte maledetta aveva distrutto le vite di tutti, era diventato il suo rifugio. Come i topi, si nascondeva sotto terra per evitare di vedersi riflesso nella luce del sole e vedere quanto in basso fosse caduto.

Faceva male constatare che lui, che spesso aveva giudicato severamente l'operato di altri, era diventato a sua volta quel tipo d'uomo che aveva a lungo detestato. Non voleva essere così, voleva essere un bravo marito, un buon padre, costruire una famiglia serena accanto alla donna che aveva sposato e reso padre e invece...

E invece la sua mente vagava fra Trenwith e Nampara, fra due donne che si contendevano il suo cuore: una era sua, per legge. L'altra era un suo antico desiderio e Ross non capiva se ora, dopo averla avuta, fosse ancora tale oppure se si fosse trasformata nella fine di un'illusione...

Quando arrivò ai cancelli di Trenwith, il piccolo Jeoffrey Charles che stava giocando nei giardini, gli corse incontro contento. "Zio Ross, mamma e zia Agatha mi hanno detto che oggi saresti venuto!".

Ross si sforzò di sorridere, guardandolo, ricordando quante attenzioni gli avesse riservato in quei mesi e quanto invece avesse ignorato suo figlio Jeremy. "Sì, devo parlare con lei di qualcosa di importante".

"Ti accompagno!" - si propose il piccolo.

Ma Ross declinò l'offerta. Avere accanto il bambino poteva essere una buona scusa per non affrontare certi argomenti, ma quegli argomenti andavano affrontati ed era arrivato fin lì per quello. Non poteva più scappare. "Dobbiamo parlare di cose da grandi, cose molto noiose. Credo che ti divertirai di più quì fuori a giocare".

"Va bene! Sono contento che sei venuto, zio Ross! Era tanto che non mi venivi a trovare, prima era sempre quì da noi".

Ross deglutì. "Mi spiace, ma ho avuto molto da fare in miniera".

"Alla Wheal Grace? Mamma dice che avete trovato un grande giacimento e che ora potrai guadagnare molti soldi".

Ross sorrise amaramente pensando a quanto avesse inseguito quel sogno con Demelza e a come ora tutto apparisse lontano, senza importanza o gioia. "Speriamo..." - rispose, vagamente. "Dov'è la mamma?".

"A letto, in questi giorni non sta molto bene".

Ross si allarmò. "E' malata?".

Jeoffrey Charles alzò le spalle. "Non proprio, ha solo la nausea. L'ha spesso, da inizio settimana".

Sospirò rinfrancato, non doveva essere nulla di grave, solo una banale influenza. "Vado da lei, grazie per la chiacchierata".

Il bambino alzò la manina per salutarlo, mentre si allontanava. "Grazie a te per essere venuto a trovarci!".

Ross annuì, prima di entrare in casa. La servitù lo guardò con aria torva, ma ignorò i loro sguardi. Sapeva che loro sapevano, quella notte aveva buttato giù a calci la porta di Trenwith, aveva gridato come un pazzo e difficilmente quanto successo con Elizabeth e il fatto che aveva dormito lì, erano passati inosservati.

Era stato sulla lingua di quelle persone e oggetto dei loro pettegolezzi per tutti quei due mesi, poteva scommetterci la sua miniera.

Cercò di passare velocemente dal salone principale per evitare zia Agatha che, seduta al suo tavolino, giocava a carte, ma fallì miseramente.

"Nipote, era da tempo che non venivi da queste parti. Troppo, viste le circostanze...".

Ross abbassò lo sguardo. "Buongiorno zia Agatha. Sono quì perché devo vedere Elizabeth" – sussurrò, chinandosi a baciarle la mano rugosa.

L'anziana donna girò una carta dei tarocchi, la osservò, la mise sul tavolo e annuì seria. "Vedere Elizabeth, sì... Certe cose vanno fatte. Hanno la priorità, nipote. E tu hai aspettato anche troppo".

Ross la guardò senza capire se si riferisse a qualcosa di astruso visto nelle carte o se stesse parlando di quanto successo fra lui ed Elizabeth. Fantastico, pure lei sapeva e di certo non se ne stupiva...

Imbarazzato, farfugliò un saluto. E poi salì a grandi falcate le scale.

Quando fu davanti alla stanza di Elizabeth prese un profondo respiro, ricordando con vergogna, passo passo quanto successo fra quelle mura solo due mesi prima, la sua furia, le urla, la litigata e quella passione furiosa che ben poco aveva di amorevole, scoppiata fra loro.

C'era tanto da ricostruire nella sua vita e Ross sapeva che doveva ripartire da quì per farlo. Bussò e quando lo voce di Elizabeth lo invitò ad entrare, si fece coraggio e andò da lei.

Elizabeth era a letto, con i capelli raccolti in una lunga treccia, poggiata con la schiena contro il cuscino e aveva indosso una camicia da notte di seta rosa decorata sul petto. Era bella, bella come quei quadri che si ammirano nei musei...

Eppure ora la vedeva in maniera diversa, aveva smesso di essere un sogno utopistico, l'aveva toccata, fatta sua e aveva spezzato quell'alone di magia che da sempre aveva ai suoi occhi e ora... ora non sapeva ancora cosa provava per lei ma era qualcosa di diverso rispetto a prima.

Elizabeth rimase per un attimo silenziosa quando lui entrò e si avvicinò al letto. Il suo sguardo era muto ed immobile e le sue labbra erano contorte in una smorfia nervosa. "Cominciavo a temere che fossi ripartito per la guerra, come allora..." - disse, in tono sarcastico.

Ross abbassò lo sguardo. "Scusa se sono sparito ma è stato tutto molto difficile per me e sapevo che tu avevi tutto quello di cui avevi bisogno".

"Ti sbagli!" - disse lei, freddamente. "Mi mancava la cosa più importante, mi mancava la tua parola e il suo compimento. Sei venuto quì, hai preso con la forza ciò che volevi e poi sei scappato e se io non ti avessi scritto, oggi non ti saresti ripresentato in questa casa".

Ross non aveva nulla da obiettare, lei aveva ragione su tutto e lui era un pessimo uomo. "Scusa" – ripeté di nuovo – "Devo ringraziarti per avermi scritto oppure non mi sarei mai smosso da dove mi ero rifugiato".

"Non avrei voluto scriverti, Ross! Avrei voluto fare la superiore, avrei voluto odiarti, far finta che nulla fosse successo e sposare George. Ma ho dovuto... E tu ora ti assumerai le tue responsabilità".

Ross sospirò, sedendosi sul letto accanto a lei. C'era tenerezza e gentilezza nei suoi gesti, ora, non era come in quella notte maledetta e tutto quello che desiderava era fare ammenda e magari tornare ad essere amici come prima, perdonandosi a vicenda per l'accaduto. "Elizabeth, credi che potremmo mai superare questa cosa, in qualche modo?".

"No".

"Elizabeth, ti prego!".

Lei gli piantò gli occhi addosso ed in essi ora, assieme alla rabbia, si scorgeva tanta disperazione. "Avrei potuto sposare George, vivere bene, tranquilla, con a disposizione tutto ciò che mi serviva per garantire un futuro a mio figlio. Eppure per te avrei rinunciato a tutto questo se fossi rimasto, se fossi tornato come avevi promesso, se avessi portato a termine quanto iniziato quella notte fra noi. O, in fondo, quanto iniziato prima che tu partissi per la guerra, tanti anni fa".

A quelle parole, ricordando quanta fretta aveva avuto di scappare dopo quella notte maledetta, Ross pensò a Demelza, a Jeremy e al bambino in arrivo. Era tornato da loro, non sapeva cosa lo avesse spinto ad agire così con Elizabeth né cosa lo avesse spinto a tornare a Nampara dopo averla avuta ma il suo istinto e il suo cuore lo avevano ricondotto a casa e immaginava che fosse quello che desiderava, che voleva davvero. Elizabeth era stata una dolce illusione giovanile, Demelza e la famiglia che avevano formato insieme invece erano il suo presente, la sua realtà, la sua vita. E a quella sua vita che amava ma che spesso aveva bistrattato e data per scontata, carico di sentimenti di colpa, era tornato. "Sono sposato, ho una moglie, un figlio e un altro in arrivo. Ho sbagliato a fare quello che ho fatto, ho sbagliato tanto con te quanto con Demelza e ora vorrei solo trovare un modo per superare tutto questo".

Elizabeth lo aveva ascoltato in silenzio, non togliendogli gli occhi di dosso. La sua espressione era seria e contrita e non c'era traccia alcuna in lei, della spensierata ragazza di sedici anni che era stata. "Aspetti un figlio, vero! Anzi, due...".

Quelle poche parole, quella variabile del destino a cui MAI avrebbe pensato, ebbero l'effetto di un terremoto su di lui. Sentì la terra sprofondargli sotto i piedi, la vista annebbiarsi e il baratro aprirsi davanti ai suoi occhi. Le parole di Elizabeth, tanto sibilline quanto schiette, non lasciavano spazio a troppe interpretazioni. No, NOOO!!! Non poteva essere, non poteva dannazione! Se quello era un incubo, sperava di svegliarsi presto. "Cosa stai dicendo?".

Lei gli piantò gli occhi addosso, furibonda. "Sono incinta Ross e Francis è morto da otto mesi! Sono incinta e questo esclude ogni possibilità di matrimonio con George o chiunque altro. Sono incinta, hai distrutto la mia vita e la mia reputazione, hai distrutto l'immagine di me che ho costruito in tutti questi anni! Sono incinta, aspetto TUO figlio e quando George lo saprà, mi toglierà Trenwith per vendetta, usando la scusa di recuperare i debiti di Francis e io mi ritroverò sola, con due figli, in mezzo alla strada e allo scandalo. Ed è tutta colpa tua...".

Sentì le gambe cedergli. E ora? Ora cosa poteva fare? Elizabeth aveva ragione, aveva distrutto la sua vita e adesso lo sapeva, anche quella di Demelza e dei suoi figli. Come avrebbe potuto guardare ancora in viso quelle due donne? O i suoi figli? O chiunque incontrasse per strada? Era il peggiore degli uomini e ora non trovava strade d'uscita per sistemare il disastro che aveva combinato. Non ne trovava perché non ce n'erano "Io..." - balbettò, shoccato.

Lei sorrise freddamente. "Tu ti prenderai le tue responsabilità! Hai capito? E' colpa tua, è colpa tua se la vita di mio figlio sarà un incubo!".

"Cosa vuoi che faccia?" - chiese, rimettendosi completamente nelle sue mani.

"Il padre, il marito, il capo famiglia. Davanti a me, Dio e tutta la nostra comunità".

Ross spalancò gli occhi. Che stava dicendo? "Io sono sposato, ho un figlio e Demelza ne aspetta un altro".

"E nonostante questo, sei venuto a letto con me" – ribatté lei. "Quindi ora, da uomo, farai quello che va fatto".

"Cosa dovrei fare? Ho due bambini, non c'è solo questo che aspetti tu, a cui pensare...".

"Che Demelza sia incinta, non è certo motivo di scandalo, al momento siete ufficialmente sposati. Ma quando la mia gravidanza sarà evidente, allora per me sarà diverso, sarà un inferno e la mia vita sarà distrutta. Sarò additata come una sgualdrina, come la peggiore delle donne".

"Non lo permetterei mai". Ross le prese la mano, la strinse fra le sue e la guardò con disperazione. "E io farò di tutto per aiutarti, tutto quello che mi chiederai. Ma sono e resto il marito di Demelza".

Lei lo guardò freddamente. "Non legalmente".

"Cosa?".

Elizabeth soppesò i suoi pensieri, prima di parlare. "Una volta, hai detto a me e Francis di aver ingannato il Reverendo Halse per poter sposare subito Demelza. Lei non era ancora maggiorenne e tu hai mentito, sostenendo che aveva diciotto anni quando in realtà ne aveva appena compiuti solo diciassette. Questo, se ne farai richiesta, renderà il vostro matrimonio nullo! E una volta fatto, potrai sposare me e legittimare la mia posizione e quella di nostro figlio. Non è quello che abbiamo sempre desiderato, in fondo, dentro di noi?".

Ross la guardò, era incredulo. Ciò che gli aveva appena proposto era crudele, insensibile, completamente folle e lei ne parlava come si parla di un pettegolezzo di mercato. Era sempre stata così? Tanto fredda, tanto algida, tanto impermeabile ai sentimenti e alla pietà... Oppure era la disperazione della sua condizione a farla parlare così? "Elizabeth, che diavolo stai dicendo?".

"Annulla il matrimonio con Demelza, è l'unica cosa che puoi fare per sistemare questo disastro! Io ti avevo detto NO!".

Ross scosse la testa, questo non era completamente vero. "Tu mi hai detto no ma volevi dire sì! Tu mi hai scritto quella lettera, tu hai voluto che io venissi quì e che fossi fuori di me".

"Tu volevi ME!" - urlò lei, contro la sua faccia – "Mi volevi da tanto, io lo so e lo sai anche tu. Mi volevi ed è per questo che sei venuto quì ed è successo ciò che è successo!".

Ross abbassò lo sguardo, nuovamente preda di sensi di colpa. Era vero, era stato un pessimo marito e spesso si era fermato a pensare a come sarebbe stata la sua vita con Elizabeth. Spesso, l'aveva desiderata, con la bramosìa con cui si desidera un frutto proibito. E l'idea che Francis l'aveva avuta e che persino George l'avrebbe fatta sua mentre lui aveva avuto solo languidi sguardi e ammiccamenti da lontano, lo aveva mandato in bestia. In quella notte maledetta avevano smesso di esistere il Ross di Nampara, il Ross della Wheal Grace, il Ross che lottava per gli amici più deboli, il Ross che si ribellava alle ingiustizie, il Ross marito di Demelza e il Ross padre di Julia, Jeremy e di un altro piccolo in arrivo...

In quella notte era diventato un uomo che mai avrebbe perdonato! Mai si sarebbe perdonato! Aveva infranto ogni suo ideale, tutti i suoi proponimenti, era andato contro la logica dei sentimenti e della ragione. Aveva spezzato il cuore della donna che gli era accanto e che lo amava e ora avrebbe dovuto infliggerle un nuovo dolore...

Si chiese se mai, a Nampara, sarebbe tornato il sorriso...

"Elizabeth, quello che mi chiedi è pura follia. Come posso fare questo a Demelza? E i miei figli? Cosa ne sarebbe dei miei figli?".

Lei distolse lo sguardo. "I tuoi figli sono nati all'interno di un matrimonio nullo. Non meritano nemmeno di portare il tuo cognome".

Ross si morse il labbro. Era preoccupato e si sentiva in colpa ma allo stesso tempo i modi di fare di Elizabeth lo irritavano. Stava parlando dei SUOI bambini, dannazione! Non di oggetti di scarso valore, dei SUOI FIGLI! "Avrò mentito a Padre Halse, allora! Ma in questi anni lei è diventata ufficialmente mia moglie, ora è una donna adulta e maggiorenne e abbiamo dei figli! Il nostro, il mio e di Demelza, è un matrimonio! Forse traballante, forse problematico ma io sono suo marito e lei mia moglie e questa è una realtà incontrovertibile".

Elizabeth parve andare fuori dai gangheri. Lo prese per il bavero, strinse forte e lo attirò a se. Era una leonessa in quel momento, una leonessa che stava lottando per la sopravvivenza sua e dei suoi figli. "Me lo devi, tu farai quello che ti ho detto di fare! Demelza sarà la povera vittima, cosa credi? Di farle del male? Tutta la comunità coccolerà la povera figlia di un minatore ripudiata dal marito... Lei se la saprà cavare, è abituata a lavorare! Verso i bambini non avrai obblighi, dopo l'annullamento del matrimonio non avranno più diritto al tuo cognome e non saranno un tuo problema. Io sono stata danneggiata dal tuo comportamento, io e Jeoffrey Charles finiremo in mezzo a una strada a causa tua, se non mi sposerai! La gente ti considererà un bastardo, ma a me non importa e in fondo nemmeno a te è mai interessata l'opinione altrui. Ne parleranno e poi si stancheranno di farlo e le acque torneranno calme e placide, dopo un pò!".

"Non posso farlo" – disse lui, con un filo di voce. Non poteva, non per le voci o lo scandalo che ne sarebbero conseguiti, non poteva perché l'idea di fare una cosa simile a Demelza e ai suoi bambini lo annientava...

Si alzò dal letto, si allontanò da lei arretrando verso la porta e guardandola come se fosse la sua peggiore nemica. "Non posso..." - balbettò di nuovo. E poi uscì, correndo verso le scale, sentendo nelle orecchie le grida di Elizabeth che gli urlavano ancora e ancora che glielo doveva!

Quando giunse nel salone, per poco non si scontrò con zia Agatha che sembrava aspettarlo davanti alle scale.

La donna lo guardò con severità e poi scosse la testa sentendo le grida di Elizabeth. Lo fissò come lo fissava da piccolo quando aveva combinato qualche guaio e poi, con la sua voce gracchiante, lo affrontò. "Certe cose hanno la priorità. Sei un Poldark e quello che è in arrivo è un Poldark. Mi spiace per la tua piccola sguattera e per i suoi bambini ma il tuo posto non è con lei".

Ross non rispose, tutto era sempre più cupo e minaccioso. Tutto era sempre più assurdo...

Come potevano quelle persone che tanto amava e di cui tanto si fidava, parlare a quel modo di Demelza?

Senza rispondere, si allontanò da lei. E una volta in giardino, senza salutare nemmeno Jeoffrey Charles, saltò sul cavallo e fuggì via. Di nuovo...

Ma stavolta lo sapeva, né la miniera né il suo cavallo avrebbero potuto condurlo in un nuovo nascondiglio dove nascondersi come un topo.

Sarebbe stata una fuga breve, prima di ripiombare all'inferno...


  
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