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Autore: Rystie_00    26/08/2018    1 recensioni
- Che cos’hai sul naso? – mi chiede. Sorrido.
- Si chiama Bridge: è un piercing. – dico, toccandomi il naso all’altezza degli occhi.
- Ti sta bene. L’oro contrasta bene con i tuoi capelli ramati. -
- Grazie! Invece tu hai il cielo e il mare negli occhi! –
Vi è una pausa dove realizzo la cazzata che ho appena detto.
- L’hai letta da qualche parte. -
- Sì. –.
È il complimento più squallido che abbia mai fatto a qualcuno. Che pessimo.
Ma lui ride. E rimango senza fiato.
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Questa è la mia nuova FF... se volete dare un'occhiata siete i benvenuti! :)
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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V CAPITOLO
 
 
 
Merda.
Merda, merda, merda.
Non posso crederci. Tra tutte le persone su questa terra e in questa maledetta città…
- P-professor Rivera… -
- Gabriel? – domanda lui, riprendendosi leggermente.
- Voi due vi conoscete? – interviene Freddie.
Deglutisco. – Tuo padre è… il mio professore. – Ho la gola secca. In che maledetta situazione mi sono ritrovato?
Vi sono dei secondi di silenzio carichi di imbarazzo e paura. Una sensazione che vi auguro di non provare mai.
- Se non foste così sconvolti la cosa sarebbe esilarante. – continua il mio ragazzo. Sia io che il signor Rivera gli lanciamo uno sguardo di rimprovero, ma ciò gli fa scattare un risolino.
- Gabriel, per favore, possiamo parlare un attimo? -
Sono estremamente teso. Che voglia minacciarmi di lasciare sul figlio?
Il solo pensiero di essere allontanato da Frederick mi fa venire i brividi. Credo che sia difficile separarsi dalla persona che si ama. Non mi ero mai innamorato di nessuno prima di lui, però vivere senza la sua risata e i suoi modi impacciati mi farebbe impazzire.
- Però non metteteci troppo. Io vado in camera mia. – dice Frederick e si ritira nella sua stanza.
Ci sono degli attimi di silenzio. Che dovrei dire?
- Gabriel… non me l’aspettavo. –
Rimango in attesa. Non lo sto guardando in faccia. Sinceramente ne sono terrorizzato.
- Quindi… l’alunno che poco tempo fa era il meno diligente e mio figlio… -
Sospiro, alzando lo sguardo. – Sinceramente, mi chiedo sempre cosa ci faccia un ragazzo come Frederick con uno come me. -
- Me lo chiedo anche io. Cioè… tu? Non pensavo fosse il suo genere di compagno. -
- Però, professore, io non farei mai del male a suo figlio. Non sono così sfacciato quando si tratta della nostra relazione. Se non si fida, può chiederlo a suo figlio… io sono veramente inn-innamorato di lui. Glielo giuro. – devo difendermi. Devo difendere al meglio il nostro legame.
- Non è un problema il fatto che tu stia con Frederick. Sono solo sorpreso… ecco tutto. -
Abbasso gli occhi, torturandomi le dita delle mani.
- Professore. I miei genitori non sanno che io sono… -
- Non avevo l’intenzione di dirglielo. Stai tranquillo. -
Mi gratto la nuca: - Suppongo che dovrei ringraziarla. -
Lui sorride, come se fosse divertito da quelle parole. – Vai pure da Frederick. – detto ciò, torna in cucina dove suppongo stia preparando la cena.
  Mi allontano fino a raggiungere Frederick. Lui è lì che mi aspetta vicino alla scrivania e poi si gira facendo ruotare tutta la sedia a rotelle. Mi sorride. Come sempre.
- Ti ha fatto il discorso? – chiede.
- Una cosa del genere. – rispondo, mentre mi siedo sul letto. - Ma va tutto bene. A parte il fatto che ora sia il doppio più nervoso di quel che ero prima.-
Lui ridacchia e si avvicina. Mi prende una mano e la stringe, poi se la mette sulla guancia, pretendendo una carezza. Mi avvicino per baciarlo. E so che prima di unire le nostre labbra lui ha sorriso ancora. Sono i momenti che mi piacciono di più. Quelli nostri. Quelli che conserviamo nel cuore dove nessuno li guarderà.
- La cena è pronta! – annuncia il professor Rivera dalla cucina.
Ci separiamo, pronti a raggiungerlo.
 
Il mio insegnante è veramente bravo a cucinare. La cena era stata squisita dal primo al dessert.
Ma la parte migliore doveva ancora arrivare.
Io e il professore ci sistemammo sul divano sotto ordine di Freddie. Provavo un certo imbarazzo a stare con suo padre nella stessa stanza che non fosse l’aula scolastica. Mantenni una certa distanza da lui sul divano.
- È arrivato il momento dei regali! – esclama felice il mio ragazzo.
- Quali regali? – scherza suo padre e in risposta il figlio gli tira un pugnetto sul ginocchio. Ridiamo.
Poi prende qualcosa da dietro la sua schiena e lo porge a Freddie.
È un pacco rosso e si capisce che dentro c’è un grande libro. Penso sia un tipico regalo da padre professore.
Freddie lo scarta felice e poi, non appena legge il titolo è ancora più raggiante: - Il libro sulla mitologia nordica! – esclama. – Ma dove lo hai trovato? Non era più in commercio questa edizione! -
Il prof gli sorride e dice che un bravo professore ha sempre dei buoni contatti e che perciò non gli è stato difficile trovarne una copia.
Freddie lo abbraccia.
Poi è il mio turno.
Il mio primo regalo erano i fiori, che aveva già accuratamente messo in un vaso.
Gli porsi una busta, dicendo: - Questa è una sciocchezza prima del regalo vero. - 
Lui la aprì ed estrasse la foto che c’era dentro. Era una nostra foto di quando eravamo al parco insieme per il nostro primo mese. Lui sorrideva alla camera e io invece lo guardavo come un’ebete.  
– Grazie! È bellissima, me ne ero quasi dimenticato. La appenderò in camera. -
Gli sorrisi e poi gli porsi l’altra busta che tenevo con me. Tirò fuori il foglio al suo interno e cominciò a leggerlo dentro di sé. Ero un po’ in imbarazzo perché suo padre intanto aveva preso la foto e l’aveva guardata, ma cercai di concentrarmi su Freddie e studiare le sue reazioni. Poi, mentre leggeva, sussultò e io sorrisi istintivamente: era arrivato a quella parte. La parte importante. E man mano che continuava a leggere i suoi occhi si riempirono di lacrime, finché non la finì, posando la lettera sulle ginocchia e coprendosi il volto con le mani. Scuoteva la testa.
- N- non posso accettare, Gabriel. -
- Devi. – fu la mia risposta. Sicura, certa. Non gli avrei permesso di rifiutare.
- Che cosa è? – chiede il professor Rivera.
Ma Freddie non riesce a parlare, sta singhiozzando troppo. Poi allunga una mano e capisco che mi vuole vicino. Mi fa così tenerezza. – Hey, non serve che tu pianga così. È una bella cosa, no? – dico mentre lo abbraccio. Lui annuisce fra le lacrime e io sorrido accarezzandogli i capelli. Dopo un po’ si calma e mi siedo di nuovo sul divano, contento di averlo reso felice.
Suo papà è ancora lì che aspetta di sapere cosa gli ho regalato.
- Gabriel mi ha pagato una terapia in acqua. – dice.  Al che il professore si gira verso di me, sorpreso anche lui.
- Ho parlato con molti medici e fisioterapisti per assicurarmi di dargli il meglio. Diciamo che sono in contatto con dei bravi dottori quindi non è stato difficile. Oh… e se vuoi possiamo andarci insieme: ci sarà ovviamente un esperto, ma posso assistere anche io. – spiegai.
- Non so cosa dire. -
- Freddie, non devi dire niente. Devi solo essere felice del mio regalo e accettarlo. -
Lui annuisce e sorride, poi allunga una mano di nuovo e io la stringo prontamente, anche se le mie guance vanno a fuoco.
- Gabriel… - inizia il prof – Sono anche io senza parole… l’unica cosa che però voglio dirti è grazie. –
Lo guardo e vedo che anche lui è emozionato. E in quel momento capisco che è così che vorrei sentirmi sempre. Schifosamente felice.
Volevo fare del bene a Freddie e, senza pensarci, ho fatto del bene anche ad un’altra persona.
Sono mentalmente appagato e fiero di me stesso.
E, per una volta, quel giorno non mi è sembrato che stessi lottando contro il mondo.
Quella sera, fu una delle più belle.
 
 
 
EPILOGO
 
FREDERICK
 
Gabriel dorme ancora.
Come sempre, è quello della coppia che si sveglia tardi. Mi isso sugli avanbracci e raggiungo goffamente la sua parte del letto, posandomi infine sul suo petto. Lo guardo ancora da quell’angolazione, studiando il pomo d’Adamo e la barba curata che si lascia crescere solo perché piace a me. Non ne ha molta, ma quel filo giusto che lo rende ancora più attraente. Pochi anni fa si era anche tolto il piercing. “Non sono più un’adolescente” aveva detto. E lo avevo amato anche senza bridge.
Poi si muove e porta una mano al viso per stropicciarsi gli occhi. Li apre e mi vede, poi li richiude, ma posa una mano sulla mia testa.  
- Buongiorno – dice, con la voce ancora roca per il sonno.
- Buongiorno, amore. –
Sorride. – Puoi rimanere a riposare quanto vuoi dopo, ma ho lezione presto oggi, mi aiuti ad alzarmi? – gli chiedo. Lui annuisce, dicendo che avrebbe preparato lui la colazione. Prende la sedia a rotelle e mi aiuta. E quando sono seduto, mi lancia la mia maglia di casa, mentre lui rimane a petto nudo. Bello e muscoloso come un dio.
Spingo la carrozzina e ci avviamo in cucina. È uno dei momenti che preferisco in assoluto. La mattina, dico.
Quando ci alziamo e passiamo insieme attraverso un’unica porta. Tutte le porte della nostra casa sono così. Larghe. Gabriel aveva parlato con il nostro architetto e aveva fatto costruire apposta le porte più grandi. Per me. Per noi.
Avevamo comprato la casa dopo il mio venticinquesimo compleanno. Dopo che Freddie aveva ereditato gran parte della fortuna del nonno e dopo aver detto ai suoi genitori che era gay. Ovviamente non si aspettava una risposta positiva. “In qualche modo sapevano che gli avrei delusi.” Mi disse. Ma non gli importava. Gli importava avere me.
E così vivevamo insieme da cinque anni. Io conseguii la laurea in letteratura classica e ottenni una cattedra facilmente. Un po’ grazie a mio padre, un po’ perché ero davvero bravo.
Anche Gabriel insegna. Non di certo a scuola. In palestra. È un allenatore di boxe. Gli piace e io sono felice.
Non ci manca niente.
- Principessa, a che ora inizi? -
 – Alle nove. – rispondo.
- Ti accompagno. – dice e so che non posso ribattere. Mi accompagna volentieri e non è un peso per lui.
Mi versa il caffè in una tazza e poi torna ai fornelli. – Ti preparo anche il pranzo. – dice.
- C’è la mensa, non ti preoccupare per quello. -
- Ho voglia. – dice soltanto, con un sorriso.
Bevo il mio caffè e lo guardo mentre si occupa del pranzo. Gli fisso il sedere e le grandi spalle. È perfetto.
Si gira e mi coglie in fragrante. Arrossisco come sempre. Dopo anni.
- Questa sera – dice, mentre si sporge verso di me e mi stampa un bacio, per poi allontanarsi e ritornare a cucinare.
È uno di quei momenti. Vorrei alzarmi. Abbracciarlo da dietro. Baciargli il collo.
- Gabriel. - dico
- Mmh? – mi risponde, girando la frittata che sta preparando.
- Alzami. –
E lui spalanca leggermente gli occhi, girandosi verso di me. Poi sorride, spegne il fornello e si avvicina. Mi prende per le ascelle e appoggia il mio corpo totalmente al suo. I miei piedi sopra i suoi, anche se non li sento.
Siamo più o meno alla stessa altezza.
- Balliamo? – scherza e io rido. Poi infilo il viso nel suo collo e inspiro il suo odore.
- Ti amo. – sussurro.
Mi bacia la tempia. – Anche io. – mormora al mio orecchio.
Rimaniamo lì a dondolarci per ancora alcuni minuti.
Nella nostra campana di vetro mattutina.
Poi inizia la giornata.
 
 
GABRIEL
 
- Ragazzi, devo dirvi una cosa. -  
Oh, oh. Max ha un’espressione tesa e si vede che è nervoso. Lo avevo notato dall’inizio della cena.
- Papà, che succede? – chiede Freddie.
Suo padre non ci guarda, guarda il piatto vuoto e balbetta qualcosa. Sono passati anni da quando ho cenato con il mio professore del liceo per la prima volta. E con il tempo, ci ho fatto l’abitudine. Non era più imbarazzante: né per me, né per lui. Ma da come si comportava in quel momento. Mi sembrò di vedere il me stesso di anni prima.
- Spero niente di grave. – dico anche io, guardando perplesso Frederick.
- No, no! – assicura Max. Poi prende un respiro profondo e sostiene lo sguardo mentre inizia a parlare. – Da quando la mamma non c’è più mi sono sempre occupato di te, Fred. E sono stato felice di farlo. Ho preso in mano la situazione e ho cresciuto uno splendido figlio. Poi sei arrivato tu, Gabriel, e un po’, mi sento di ammettere, ho cresciuto anche te. Quando vi siete trasferiti ho continuato a fare il mio, ho insegnato, mi sono occupato di molti altri ragazzi. Ma poi… poi è successa una cosa che mi ha fatto riflettere sulla mia vita. Certo, ero felice, ma forse mancava qualcosa. – raccontava e noi lo ascoltavamo. Era qualcosa di importante, me lo sentivo. – Così mi son detto che andava bene cambiare qualcosa e non sentirsi male nel farlo. E ora è da un po’ di tempo che sto veramente bene. – dice.
- E che cosa hai cambiato? – chiede Freddie, curioso come me.
Max si passa una mano sulla barba e poi annuncia: - Ho incontrato una donna. –
C’è un attimo di silenzio. – L’ho conosciuta per caso, lavora in un negozio di fiori. Dovevo fare un regalo per la pensione di un mio collega e ci siamo conosciuti nel suo negozio. Ci sono tornato un po’ di volte prima di farle capire che le volevo chiedere di conoscerci. Poi ha accettato e… abbiamo iniziato a frequentarci e ora stiamo insieme. – conclude.
Freddie non dice niente. Non so se sia perché è senza parole, o perché l’idea di vedere suo padre con un’altra donna diversa da sua madre lo renda triste. Come se questa visione offuscasse il ricordo della moglie defunta.
- Papà – dice. – È la notizia più bella che potessi darci! – sorride commosso e allunga le mani per prendere quelle di Max, come per rassicurarlo che per lui non ci siano problemi.
- Anche io sono molto felice per te, te lo meriti! Sai, anche se al liceo ero un’idiota, devo dire che avevo capito che eri un figo e che ti stimavo sotto sotto. -
Max ride e anche Frederick. – Quando ce la fai conoscere? – chiede il mio fidanzato.
- Quando volete. – risponde.
Colgo  l’opportunità al volo. – Allora direi che la prossima settimana sia l’occasione giusta.- mi giro verso Freddie, con un sorriso complice. Lui capisce.
- Sì, penso di sì! – risponde, ridacchiando a sua volta.
- Cosa state tramando voi due? – chiede Max, sospettoso.
- Sei invitato ad una festa. – dico – Una festa molto speciale in cui ci sarà un grande annuncio. –
Il ricordo della sera di tre giorni fa mi si para nitido nella mente.
- Ossia??? –
- Lo vuoi davvero sapere? – chiede Freddie.
Max annuisce.
E Freddie allora alza la mano e glielo mostra.
Gli mostra l’anello.
 








NOTE DELL'AUTRICE: Ho ripreso in mano questa storia totalmente a caso e l'ho finita. Mi dispiace di averla abbandonata così, ma ora posso dire di essere soddisfatta. Spero che questa breve storia vi sia piaciuta anche se so che forse c'è una grande differenza di stile tra il primo capitolo e l'epilogo. In ogni caso, se qualcuno ha piacere di lasciare un commento allora è il benvenuto!
Un abbraccio a tutti. 
Rystie_00 
   
 
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