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Autore: Ghostclimber    26/08/2018    4 recensioni
Quanti gatti c'erano nel mondo? Milioni? Miliardi? Gazilioni? E l'unico gatto che se lo filava doveva somigliare a quell'idiota patentato.
Rukawa decise che non gli interessava a chi somigliasse quel botolo: lui gli voleva bene, punto.
Coppie: RuHana (logicamente)
Genere: Demenziale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Haruko Akagi, Kaede Rukawa, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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A Kaede Rukawa, i gatti piacevano moltissimo.
L'unico problema è che la sua era una storia d'amore a senso unico.
Nessun gatto gli aveva mai dato confidenza, neanche per soffiargli contro, ma lui non si arrendeva e continuava ad approcciare ogni felino che incrociasse la sua strada.
Per questo, ora se ne stava accovacciato di fronte ad un vicolo puzzolente, a schioccare le labbra come un deficiente per chiamare un micio dal colore indefinito che lo fissava incavolato.
Finalmente!
Successo!
Il micio gli si avvicinò, gli annusò un po' le dita e gli leccò l'indice. La sensazione di quella linguetta ruvida fece quasi ridere Rukawa, ma si costrinse a trattenersi: non voleva spaventarlo. Il micio si strusciò contro la sua mano -diavolo, se puzzava!- e poi gli si arrampicò in braccio, artigliando la sua felpa. Lo fissò negli occhi a un paio di centimetri di distanza dal naso, e per un istante Rukawa temette che la bestiola gli avrebbe ficcato gli artigli nei bulbi oculari; invece no, il micio si limitò a dargli una musata in testa.
-Vieni a casa con me?- chiese al gatto. Nessuna risposta giunse dalla bestiola, e Rukawa decise di prenderlo come un silenzio assenso; si alzò, tenendo in braccio il gatto che lo fissava con aria stupita, e si diresse verso casa.
Appena entrato, lasciò cadere il gatto che, meno agile dei suoi simili, barcollò un po' toccando terra: forse aveva qualche problema alle zampe, pensò Rukawa. Vedendolo avvicinarsi al divano bianco del salotto, gli si ghiacciò il sangue nelle vene: balzò in avanti, lo agguantò prima che potesse insozzarlo e lo portò in bagno. Finalmente, alla vista dell'acqua che riempiva una bacinella, il gatto emise un suono, un “mieeeooow!” stridulo di indignazione che per qualche motivo risvegliò qualcosa nella mente di Rukawa, il quale però era troppo occupato a lottare con quello che era appena diventato una specie di bestia satanica per soffermarsi a pensare.
In un modo o nell'altro riuscì a lavare il gatto, che risultò essere di un bel colore fulvo, perdendo almeno mezzo litro di sangue tra morsi e graffi, e lo strofinò alla bell'e meglio prima di lasciarlo uscire dalla stanza. Sfiancato e sanguinante, ripulì il bagno e andò verso la cucina, in cerca di qualcosa da dar da mangiare al micio; allungò lo sguardo verso il salotto, e vide che si stava leccando i testicoli, con una zampetta posteriore alzata. Il gatto interruppe le abluzioni per rivolgergli uno sguardo di rimprovero che di nuovo fece tintinnare un campanello nella mente di Rukawa, un campanello bello grosso e rumoroso: per un istante, aveva temuto che il gatto l'avrebbe apostrofato con un “Baka Kitsune!”
Sakuragi. Quel gatto gli ricordava Sakuragi.
Il micio cambiò espressione sotto lo sguardo di Rukawa; sembrava chiedere “Beh? Che hai da guardare?”. Rukawa si voltò, indispettito, e cercò del tonno nella dispensa. Quanti gatti c'erano nel mondo? Milioni? Miliardi? Gazilioni? E l'unico gatto che se lo filava doveva somigliare a quell'idiota patentato. Lo guardò nuovamente, di nascosto, nella speranza di essersi confuso a causa della perdita di sangue, e sotto il suo sguardo il gatto, che aveva ricominciato a leccarsi i testicoli, si ribaltò e cadde dal divano. -Do'aho...- bofonchiò Rukawa.
-Mieow?- rispose il gatto, come se fosse stato interpellato.
-C'è da mangiare.- gli annunciò Rukawa, e la bestiola, proprio come avrebbe fatto Sakuragi, saltò su felice e lo raggiunse. Gli si strusciò contro i polpacci, facendo delle fusa rumorosissime, mentre Rukawa spezzettava del tonno e lo metteva su un piattino; lo mise in terra e il gatto gli si fiondò sopra famelico, come se non mangiasse da una settimana. E probabilmente era così, povero cucciolo, pensò Rukawa, combattuto tra la tenerezza che gli ispirava l'animale e il ribrezzo che provava nel paragonarlo a Sakuragi: era un po' come provare tenerezza per quell'altro Do'aho, quello umano, e un po' gli faceva impressione. Rimase a guardarlo mangiare, e poi leccarsi le zampine e pulirsi il musino. -Piaciuto?- chiese. Il micio lo guardò con un'espressione che sembrava imbarazzata e Rukawa decise che non gli interessava a chi somigliasse quel botolo: lui gli voleva bene, punto. Lo prese in braccio e il gatto gli mollò una zampata, poi lo leccò. -Bel modo di dimostrare gratitudine, Do'aho.- il micio gli tirò una testata sulla spalla, poi vi si accoccolò e cominciò a ronfare. Probabilmente, oltre ai problemi alle ossa, aveva qualche difetto alle vie respiratorie. Il gatto più sfigato di sempre. L'indomani l'avrebbe portato dal veterinario per denunciarne il ritrovamento, farlo microchippare e vaccinare.
Lo portò in camera propria, lo depositò sulla felpa dello Shohoku e si sdraiò sul letto; tolse i pantaloni con un movimento fluido, per una volta poco assonnato a causa dell'emozione di aver finalmente fatto amicizia con un gatto e si coprì. Pochi secondi dopo, un tonfo. Rukawa riaccese la luce e vide che il gatto era caduto dalla sedia su cui l'aveva posato. -Do'aho.- lo apostrofò.
-Mieow?- ancora una volta, sembrava che il gatto considerasse quello come il suo nome.
-E va bene... vieni qui.- il micio saltò felice sul futon, e si addormentò all'istante nell'incavo del corpo di Rukawa.

-Ehi! Rukawa! Cos'è, hai fatto a botte con un gatto?- chiese Sakuragi, notando i segni rossi sugli avambracci del compagno di squadra, che gli rispose con un pugno in faccia.
-Ehi! Porca puttana, era solo una domanda!- protestò, per una volta nel giusto.
-Svegliati con un gatto abbarbicato alle palle e vediamo se non ti passa la voglia di scherzare.
-Tu non ce l'hai mai avuta, la voglia di scherzare!- Rukawa nemmeno si degnò di rispondere. Era ancora traumatizzato dal risveglio di quella mattina: si era ritrovato a pancia in su, con una zampa del gatto allungata sui boxer, e aveva guardato con orrore i suoi artigli uscire e ritrarsi, a pochissima distanza da una zona in cui un graffio avrebbe fatto davvero male. Ci aveva messo un quarto d'ora per convincersi a spostare piano la zampina del gatto, che si era svegliato all'istante e gli aveva graffiato il basso ventre con astio.
Insomma, la giornata era cominciata a suon di bestemmie.
-Oooh, hai un gatto, Rukawa?- pigolò quella leccaculo della Akagi; Rukawa la ignorò e un pugno da venti megatoni si abbatté sulla sua testa. Tra gatto e Sakuragi, sarebbe stato fortunato a tirare la fine della settimana senza ritrovarsi in ospedale. -E rispondile, Baka Kitsune! È la nostra seconda manager!
-Ho un gatto.- bofonchiò. Il graffio sul basso ventre faceva un male atroce, e la prospettiva che nel fare a botte con Sakuragi avrebbe potuto strofinare contro l'elastico dei pantaloncini gli faceva arricciare i capelli.
-Oooh, e da quando?- chiese ancora la Akagi, al settimo cielo per aver finalmente ottenuto una risposta, dopo un anno di tentativi.
-Da ieri.
-Oooh, e come si chiama?- “adesso la ammazzo, porca troia”
-Do'aho.
-EEEH?- sbraitò Sakuragi, frantumandogli un timpano.
-Non è colpa mia se risponde solo se lo chiamo così.
-Di che razza è?- chiese ancora la Akagi, seconda manager un cazzo, se lo fosse davvero non interromperebbe gli allenamenti per un dannato gatto idiota.
-Non lo so.
-L'hai già portato dal veterinario?
-Oggi.- adesso basta, però. Rukawa le voltò le spalle, ritenendo di aver compiuto il proprio dovere in quanto a rapporti sociali, e per un istante colse lo sguardo di Sakuragi. Si stava mordendo un labbro, guardando la Akagi, e sembrava sofferente, ma si riscosse quasi subito quando lei gli sorrise, estasiata; tuttavia, il sorriso del rosso sembrava falso, lo sguardo coraggioso ma disperato di un soldato che sta per lanciarsi nella terra di nessuno e sa che la sua ora è giunta. Rukawa sbuffò con sdegno.

Il veterinario decretò che il gatto era in perfetta salute, solo particolarmente imbranato.
Eseguì le vaccinazioni di rito, con la bestia che si divincolava come un'anguilla e miagolava a tutto spiano, registrò l'animale nel database con il nome di “Do'aho Rukawa” e rimandò a casa micio e umano con un opuscolo informativo sull'alimentazione e sui ritmi biologici della razza, che aveva decretato essere Ragamuffin. Si era sperticato di lodi per il colore fulvo della pelliccia del gatto, striata di nero attorno alla maestosa gorgiera, e per un particolare che Rukawa non aveva notato, l'eterocromia degli occhi: uno era castano e l'altro blu scuro.
Rukawa entrò, col gatto sottobraccio, in un negozio per animali, e la commessa, dopo un parziale svenimento, gli procurò del cibo per gatti, una lettiera e un trasportino, nel quale Rukawa aveva subito ficcato il gatto, guadagnandosi un'altra dozzina di graffi.
-Ehm... vuoi anche del disinfettante?- propose la commessa.
-Nh... è meglio, sì.- la commessa posò un flacone di acqua ossigenata sul nastro. Una zampa di Do'aho uscì dal trasportino e affettò una nocca di Rukawa, che disse sconsolato: -Faccia due.

Do'aho gli aveva tenuto il broncio fino alla cena, ma Rukawa non riusciva a rimanere serio: il gatto si era piazzato in un angolo del salotto, rivolto verso il muro, e si lappava alacremente; ogni tanto, però, si voltava a guardarlo storto, con le spalle curve e la testa bassa, ed emetteva dei suoni di gola che sembravano un mugugnio. Dopo una buona dose di pappa “superbuona”, come l'aveva definita la commessa, si era però ricordato che la mano che lo ficcava nel trasportino era la stessa che gli apriva le scatolette, ed era saltato sullo schienale del divano per ringraziarlo con una testata; naturalmente, quando si era sporto per reclamare l'attenzione della mano che Rukawa aveva allungato per accarezzarlo, gli era rovinosamente caduto in grembo. Rukawa gli fece i grattini sulla pancia e il gatto cominciò a fare le sue fusa casiniste: -Sei proprio uguale al mio Do'aho.- gli disse Rukawa.
Passarono venti minuti prima che se ne rendesse conto, poi il mondo gli crollò addosso.
Mio?
Il MIO Do'aho?
L'unico suo Do'aho era quel gatto, che ora lo fissava curioso dalla soglia del bagno.
-Non può essere...- gli disse Rukawa disperato, dopo l'ennesimo conato.
-Miao?- chiese Do'aho.
-Cioè, non posso essere così coglione!- il gatto sollevò un sopracciglio, come a dire: “Ma tu sei coglione.”
-Sicuramente non intendevo quello.- decretò. Il gatto si alzò e andò ad accomodarsi nella lettiera; ecco una cosa che la commessa del negozio aveva omesso: quella pappa faceva fare ai gatti della cacca molto puzzolente. Per buona misura, Rukawa assecondò un altro conato.
Ignorò il gatto, che stava coprendo i propri bisogni, e si fiondò direttamente in camera, cercando di concentrarsi su pensieri positivi: i suoi erano in viaggio e non l'avevano visto andare in crisi, per esempio. Li aveva informati del piccolo ospite, e loro si erano dichiarati felici che avesse trovato un amico peloso, ovviamente sarebbe stato lui il responsabile, e gli avrebbe dato da mangiare e pulito la lettiera e l'avrebbe spazzolato eccetera.
Un piccolo peso incurvò il materasso: Do'aho si sistemò, come il giorno prima, nell'incavo del corpo di Rukawa, contro il suo basso ventre. Cacciava un gran caldo, ma Rukawa era confortato dal suo calore: lo aiutava a sentirsi meno solo nel baratro in cui era precipitato. Gli posò una mano sul fianco, e si addormentò al suono di sega circolare delle fusa di Do'aho.

-Allora, Rukawa, com'è andata dal veterinario?- trillò la Akagi alla fine dell'allenamento.
-Bene.- Rukawa era nervoso. Il sonno non aveva portato consiglio, e per svegliarlo ci era voluto un morso sulla guancia del gatto, irritato dall'incessante suono della sveglia.
-Ancora non andate d'accordo?- chiese lei, indicando il segno del morso sullo zigomo; forse era il nervosismo. Forse era che quella era la sua rivale in amore. Rukawa, cazzo, pensa ad altro. Forse era un principio di infezione. Fatto sta che Rukawa rispose con una frase di senso compiuto: -Quel gatto è la copia sputata di Sakuragi. È come avere lui in giro per casa, solo con le unghie più affilate. Presto o tardi mi ucciderà nel sonno.- la Akagi ridacchiò, imbarazzata da tanta confidenza.
-Ci dovrai far vedere le foto!- disse Ayako, giungendo in soccorso dell'amica. Rukawa prese il cellulare, aprì la galleria e lo porse alle due: -Scorrete.- disse. Tanto c'erano solo centosette foto, e tutte di Do'aho. L'esibizionista l'aveva visto puntargli contro la fotocamera, quel mattino, e aveva posato per mezz'ora, stendendosi ovunque, in qualunque posizione, in qualunque luogo; l'aveva persino convinto a farsi un selfie, sedendosi sulla spalla di Rukawa e artigliandogli l'orecchio finché il poveraccio non aveva capito.
-Wow, ma ci hai fatto anche un selfie!- esclamò Haruko, -Allora gli vuoi bene!
-Tentavo solo di evitare che mi facesse un piercing con le unghie.
-Certo che sembra un gatto intelligente!- commentò Ayako. Rukawa si allungò per vedere da quale foto emergesse tale caratteristica: era praticamente un primo piano delle palle del gatto, spalmato a pancia in su sul bracciolo del divano.
-Se lo dici tu...- di colpo, Rukawa realizzò un fatto strano: stava conversando da dieci minuti con la Akagi e Sakuragi ancora non era corso a reclamare l'attenzione della sua Harukina cara.
Strano.
Rukawa si guardò intorno nella palestra e lo vide in un angolo, che si mordeva un pugno e li fissava da lontano. Sussultò sotto lo sguardo di Rukawa, poi si voltò e andò a parlare con gli amici di sempre; la Akagi restituì il cellulare a Rukawa, che si lanciò il borsone in spalla e uscì. All'ultimo secondo disponibile, rivolse un cenno impercettibile a Sakuragi e disse: -Ciao.- l'altro non rispose, e Rukawa si lanciò a casa alla massima velocità concessa dai pedali, in cerca dell'altro Do'aho, quello che gli voleva bene.

Passare la serata a fare le coccole al gatto aveva un po' ristorato Rukawa, che il giorno dopo si diresse a scuola tranquillo, riposato da un sonno profondo, cullato dalle fusa del micione. Riuscì persino a stare sveglio durante un paio di lezioni, e quando arrivò in palestra non aveva un problema al mondo: dopotutto, poteva sopravvivere ad una cotta non corrisposta, avrebbe solo dovuto prendere le cose con calma e sarebbe passato tutto.
Aprì la cerniera del borsone per prendere i vestiti di ricambio e qualcosa saltò fuori come un tornado in barattolo, miagolando offeso; Do'aho si avvolse intorno alla faccia di Rukawa, che colto di sorpresa urlò e cadde all'indietro. Qualcuno frenò la sua caduta e il gatto si scostò quanto bastava per soffiare contro al malcapitato.
-Porca troia, Rukawa, è il tuo gatto? Che cazzo ci fa qui?- chiese la voce di Mitsui. Do'aho si spostò dalla faccia del proprio umano e gli si avviluppò al collo come una sciarpa dotata di artigli.
-Si dev'essere infilato in borsa stamattina senza che mi accorgessi...- rispose Rukawa, cercando di strapparsi il gatto dal collo, ma invano: la bestia aveva conficcato a fondo gli artigli nelle sue scapole. Provò con le buone maniere: -Do'aho... cucciolotto... ti sei spaventato, amore mio? Dai, scendi di lì, per favore...- le malefiche unghiette appuntite lacerarono ancora qualche millimetro di carne. -Ahia. Cazzo. Scendi, maledetto mentecatto, altrimenti ti faccio castrare!
-Non chiedermi aiuto, sai? Io a quella cosa non mi avvicino.- disse Mitsui da un angolo lontano.
-A mali estremi...- bofonchiò Rukawa. Se quel gatto era come Sakuragi, solo una persona poteva staccarglielo di dosso: -Come si chiama la Akagi?- chiese.
-Haruko... Minchia, Rukawa, sei un po' una merda coi rapporti sociali...- Rukawa chiuse la porta sulle lezioni di psicologia del dottor Mitsui e attraversò la palestra col gatto al collo. -Haruko!- chiamò, reprimendo un singulto di noia quando la vide sussultare e arrossire.
-Ru... Rukawa... cosa...
-Cosa ci fai con un gatto intorno al collo?- chiese Ayako.
-Lui è Do'aho. Si è nascosto nella mia borsa. Toglimelo, Haruko.
-Io? Perché io?
-Perché si comporta come Sakuragi, e lui fa sempre quel che dici.
-Oh... ok... ehm... Micio?- provò a chiamare Haruko, ma il gatto la ignorò.
-Prova con “Do'aho”.- suggerì Rukawa, voltandole le spalle di modo che il micio la vedesse bene.
-Ehm... Do'aho?- niente. Il nulla più assoluto. Sakuragi entrò in palestra e, dopo un primo istante di smarrimento, attaccò a ridere.
-Ma che cazzo c'è da ridere! Ahia!- esclamò Rukawa. Il gatto gli aveva tirato una zampata sulla schiena. -Piuttosto, perché questo deficiente di un -ahia!- gatto non si caga la Akagi?
-Ma a me lo chiedi?
-Sì, a te lo chiedo, perché si comporta come te!- Sakuragi perse per un istante il sorriso, poi disse: -Non saprei. Prova con Mito.- lo indicò per maggior chiarezza. Rukawa dovette avvicinarsi di poco che il gatto saltò giù e si strusciò contro le gambe di Mito.
-Oh. Bene.- Mito raccolse il micio, molle e docile come mai era stato, e disse: -Vuoi che te lo tengo io mentre vi allenate?
-Sì, grazie.- rispose Rukawa, poi si girò per andare a cambiarsi. Il gatto miagolò indignato e Takamiya commentò: -Adesso capisco, sembra Hanamichi fatto e finito!
-Che vuoi ancora?- chiese Rukawa.
-Mieow!- rispose Do'aho.
-E va bene.- Rukawa si avvicinò e fece un po' di grattini alla belva, che attaccò le sue fusa rumorose: -Adesso stai qui buono buono con Mito, va bene? Dopo gli allenamenti torniamo a casa e ti do un po' di pappa. E poi facciamo la nanna. Fa' il bravo, amore mio.- il micio lo ricompensò con un morso sul naso. -Ingrato...
-Rukawa...- chiamò Sakuragi da dietro le sue spalle, con una voce un po' strana, -Sanguini di brutto. Vieni, ti metto un paio di cerotti.
-Ah... grazie.- rispose lui. Allontanandosi dalla Gundan, fece in tempo ad udire un commento a mezza voce che non capì: -Si comporta esattamente come Hanamichi... se avesse il coraggio, intendo.- Rukawa liquidò l'affermazione come un parto della propria mente, probabile sintomo di una grave infezione da artigliate di gatto.

Sakuragi spinse Rukawa su una panca e gli alzò la canottiera. Il primo tocco di disinfettante provocò a Rukawa una stilettata di dolore che lo spinse ad emettere un mugolio di protesta.
-Scusa. Sono profondi.- disse Sakuragi, con una strana voce piatta.
-Quasi quasi lo faccio castrare a priori.
-Non capisco se quel gatto ti piace oppure no.- Rukawa rimase in silenzio per un po', a meditare sulla domanda, poi rispose: -È sbruffone, antipatico, megalomane e il suo hobby preferito è cercare di uccidermi... eppure lo amo alla follia.- Sakuragi non commentò.

Do'aho, la palla di pelo, passò la prima parte degli allenamenti a pavoneggiarsi davanti ai ragazzi della Gundan, e il resto del tempo a miagolare ferocemente ogni volta che Rukawa prendeva possesso di palla. C'era anche un'altra costante: non sembrava avere la minima intenzione di legare con la Akagi. Rukawa meditò sulla questione, ma l'unica conclusione a cui giunse fu che il gatto era probabilmente gay, a differenza del Do'aho umano, che per quanto sembrasse aver perso le speranze con lei, negli ultimi giorni aveva continuato a guardarla come se avesse il cuore spezzato ogni volta che Rukawa le rivolgeva la parola. Non che lui lo facesse con piacere, aveva solo seguito le imposizioni di Sakuragi stesso. Ricordò qualche vago accenno ad una presunta cotta della Akagi nei suoi confronti, e di colpo realizzò la portata del sacrificio che Sakuragi stava facendo per lei: la stava lasciando andare e al contempo stava tentando di creare un qualche rapporto tra lei e il suo sogno d'amore. Lui non sarebbe riuscito a fare una cosa simile, mai e poi mai.
Si lavò velocemente, cercando di scacciare quel sentimento crescente, intensificato dall'ultima deduzione, e uscì per tornare dal gatto, con i capelli ancora umidi e una gran fretta di tornare a casa. Ma ovviamente, Do'aho non ne aveva la minima intenzione, tutto intento a farsi coccolare dagli amici di Sakuragi. Reclamò un po' di coccole anche da Miyagi e Ayako, annusò poco convinto Mitsui ma gli concesse di fargli un po' di grattini e persino Haruko riuscì a fargli una coccola, che il gatto accettò passivamente, fissando Rukawa con l'aria di uno che ne ha avuto abbastanza: -Possiamo andare?- gli chiese Rukawa, poi allungò le mani per prenderlo in braccio; Do'aho soffiò, emise un verso di minaccia e si nascose dietro le gambe di Mito.
-E va bene, non andiamo.
-Ehi, ma dov'è finito Hanamichi?- chiese il grassone.
-Dev'essere ancora in spogliatoio, vado a chiamarlo.- disse il tizio con i baffetti, e fu in quel momento che il gatto, apparentemente, ebbe una crisi di nervi. Allungò una zampina e ghermì i pantaloni del baffuto, miagolando in tono basso e minaccioso.
-Ok, ti conviene non muoverti.- suggerì Rukawa, -Quando fa così bisogna assecondarlo, altrimenti gli sale l'istinto da killer.
-Va... va bene, non vado... Noma, vai tu?- il gatto emise un miagolio stridulo.
-Ma anche no!- rispose il biondo, terrorizzato, sotto lo sguardo assassino della bestia.
-Va bene, dicci chi vuoi che vada a chiamare Hanamichi, allora! Razza di rompicoglioni...- disse Rukawa. Il gatto lo fissò con l'aria di chi sottolinea qualcosa di ovvio.
-Io? Sono io che devo andarci?- chiese Rukawa. Il gatto si mise seduto, arrotolandosi la coda attorno ai fianchi, e cominciò a fare le fusa, leccandosi placidamente una zampa.
-Va bene, vado io.- bisbigliò Rukawa. Si alzò e si diresse allo spogliatoio; fedele alla propria natura, si mosse silenziosamente, e fu per questo che Sakuragi non si accorse di lui e continuò a fare quel che stava facendo sotto la doccia, girato verso la parete più lontana, una mano appoggiata al muro e l'altra... beh, qualunque maschio dai dodici anni in su avrebbe riconosciuto quei movimenti ritmici e regolari. Rukawa si gelò sul posto; una parte di lui cominciò a urlare di desiderio, l'altra di imbarazzo, ma ovviamente non un fiato gli uscì dalle labbra. Le vene sul collo di Sakuragi si inturgidirono e la sua pelle si arrossò mentre raggiungeva il culmine; rimase a capo chino per qualche istante, poi bisbigliò: -Maledetta Volpe...- si lasciò ripulire la mano dall'acqua corrente e con calma chiuse il rubinetto. Rukawa udì nitidamente il cigolio della manopola metallica, poi Sakuragi si voltò e lo vide; restarono a fissarsi per un lasso di tempo indefinibile, poi Rukawa disse piano: -Do'aho preferisce me alla Akagi perché tu preferisci me alla Akagi.
-Fai... fai un po' troppo affidamento su quella bestiaccia, lo sai?- sbottò Sakuragi, il volto congestionato dal rossore, -Voglio dire, non è mica un oracolo sintonizzato su di me.
-Quel gatto si comporta esattamente come te.- Sakuragi gli passò di fianco, diretto al proprio armadietto, ma Rukawa lo fermò prendendogli il braccio con poco garbo. Sakuragi voltò la faccia verso il muro e bofonchiò: -Lasciami andare. Mi vergogno abbastanza anche senza che infierisci. Non ce n'è bisogno, davvero.
-Senti...
-Ti prego.- Rukawa lo strattonò; Sakuragi, impreparato, sbatté di schiena contro il muro, ma non reagì. Rimase a capo chino e aprì le braccia, e con voce quasi inudibile disse: -Avanti. Ammazzami di botte perché sono innamorato di te. Non alzerò un dito per fermarti.- Rukawa rimase immobile, in silenzio. Cercava disperatamente le parole, ma erano fuggite tra un battito e l'altro del suo cuore impazzito. Sakuragi aggiunse: -Avanti, fammi questo piacere. Colpiscimi abbastanza forte da farmi dimenticare quello che provo per te.
-Sei una lagna.- commentò Rukawa, poi si scagliò contro di lui. Sakuragi ci mise un po' per realizzare che le mani che lo toccavano non erano chiuse a pugno, ancora di più per rendersi conto che non poteva parlare perché un paio di labbra chiudevano le sue. Quando finalmente capì, si rilassò tra le braccia di Rukawa, osò schiudergli la bocca con la lingua e gemette quando questa incontrò la sua gemella, calda e morbida. Rukawa interruppe il contatto e lo guardò con la solita espressione impassibile: -Te l'ho ben detto, che amo il mio Do'aho alla follia.
-Parlavi del gatto!
-Non solo... Do'aho.- Rukawa si scostò, ma Sakuragi non si mosse dalla sua porzione di muro. -Avanti,- lo incitò Rukawa, -Se esco senza di te penseranno che ti ho fatto fuori.
-Il gatto mi vendicherà.
-Vuoi davvero che quella bestia mi stacchi il cazzo a unghiate, o prima vuoi giocarci un po'?- per qualche istante Sakuragi lo fissò sconvolto, poi Rukawa inarcò le labbra in un piccolo sorriso allusivo. Sakuragi si mosse e si rivestì con gesti rigidi, si gettò il borsone su una spalla e alzò finalmente gli occhi su Rukawa. Con suo sommo stupore, il bellissimo gattofilo sollevò un braccio e gli porse la mano; senza credere fino in fondo a ciò che stava succedendo, intrecciò le dita alle sue e uscirono così dallo spogliatoio.
Il gatto li vide, emise un miagolio di trionfo e, facendo le fusa, ricominciò a leccarsi i testicoli.



Lo so, questa storia è demente.
Ho avuto un attacco di cretinaggine tentando di approcciare un gatto nero con gli occhi blu che gironzola intorno a casa mia perchè mi ricordava Rukawa e mi è venuta in mente la scena in cui lui cerca di avvicinare un gatto e questo non se lo caga.
Per la cronaca, il gatto che ho cercato di togliere dalla strada, fedele alla sua rukawaggine, mi ha mostrato il culo e se n'è andato.

   
 
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