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Autore: jinkoria    26/08/2018    1 recensioni
[ShiIta; modern!AU][A Happy_Pumpkin, tanti auguri ♥]
«Lo sai, mi ferisce che questo tuo animo afflitto salti fuori solo quando maltratto una lingua passata a miglior vita. Perché ogni tanto non pensi alla mia, di lingua, per esempio?». In realtà non avrebbe voluto concludere la frase in quella maniera, gli era sorta spontanea durante la formulazione ed era certo che l’altro non avrebbe gradito. O magari sì, considerando il tempo trascorso senza vedersi in quelle ultime settimane, ovvero la causa primaria che aveva spinto Shisui a vagliare sul serio quell’ipotesi che vedeva lui e Itachi a letto insieme, ogni mattina come ogni sera. Qualcosa di fisso, stabile, un pensiero che da ironico – Chi ammazzerà prima chi? – era diventato pericolosamente personale, di un’accezione affettuosa – Chi si sveglierà prima dell’altro?.
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Itachi, Shisui Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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A Zucca,
l’insostituibile Afuro per eccellenza.
Immensamente in ritardo, di nuovo auguri!

 






 

A Shisui era sempre piaciuto il detto “prendere il toro per le corna”, gli infondeva un senso di determinazione inscalfibile, di fermezza mentale, una siffatta forza di spirito da indurre a un gesto tanto estremo come afferrare le appendici ossee di un animale notoriamente poco propenso alle coccole e più che favorevole allo sventramento di un potenziale rompicoglioni, ossia Shisui, che non temeva di certo lo scontro diretto col proprio personalissimo toro, tale Itachi; Shisui era il matador che infliggeva giorno per giorno sulla salute psicologica del suo bos taurus – lo aveva letto su Wikipedia perché era uno che si informava, lui – e Itachi il povero cornuto sorteggiato per esigenza narrativa. Metaforicamente, s’intende. Si sarebbe cavato gli occhi a mani nude piuttosto che macchiarsi di adulterio, neanche se fosse stato necessario, era Itachi quello dal peccato facile con motivazioni fiacche e dalla dubbia moralità. Il che, in effetti, poneva dinanzi un problema: per quanto Shisui ne infilzasse impavido la psiche, Itachi rimaneva un toro, socialmente parlando, il quale lo avrebbe incornato senza starci troppo a pensare se lo avesse infastidito oltre il tacito limite concesso. Nel senso violento del termine, non sessuale, anche perché un altro che sopportasse le sue ambigue creazioni culinarie e non chiamasse la polizia dopo averlo beccato a parlare con un corvo – per la quarta volta consecutiva, al di fuori del raggio della coincidenza – non lo avrebbe trovato neppure clonando Shisui stesso.
Poteva considerarlo un punto a favore, una garanzia? Il salvavita nel caso in cui Itachi avesse cercato di fulminarlo con i cavi scoperti della PlayStation, più detonanti del TNT in Crash Bandicoot? Dopotutto aveva bisogno di Shisui, era l’unico a conoscenza dei suoi più reconditi e immondi segreti; in lui aveva trovato un confidente, oltre che un amante. E un cugino. In un certo senso gli era capitato a caso perché sì, era quello che succedeva con la parentela, a ogni familiare piacevole ne corrispondevano dieci più indisponenti del ciclo mestruale. Ovvio, Shisui rientrava nella categoria piacevole – in senso lato, ammiccò a se stesso – ma Itachi era… particolare, complicato. Chiedergli ciò che aveva deciso di osare a proporre non avrebbe dovuto preoccuparlo così tanto eppure c’erano delle incognite che non riusciva a togliersi dalla testa, per esempio il modo in cui gli aveva bruciato i calzini senza avvertirlo – in realtà lo aveva messo in allerta con un “Al prossimo paio che trovo sul pavimento inizio a buttarli automaticamente nel camino” ma cosa poteva saperne che avrebbe eseguito alla lettera?! Era Sasuke lo squilibrato promettitore di vendette lente e insaziabili!
Rimaneva comunque un chiaro segnale di ostilità nei suoi confronti e dunque una mina per le sue intenzioni, dato che il delitto si era sempre verificato in casa propria, su un suolo che avrebbe dovuto considerarsi neutrale, dove poteva fare qualsiasi cosa volesse; se fossero andati a vivere insieme, Itachi sarebbe riuscito ad andare oltre la maniacale ossessione per l’ordine, la pulizia, l’igiene? Avrebbe accettato le briciole sulle coperte, la polvere accumulata agli angoli di ogni stanza perché troppo pigro per raggiungerli? E l’odore di Shisui dopo più di due giorni senza essersi avvicinato al sapone? Si sarebbe accontentato del cibo d’asporto tre giorni su sette, digiunando il resto della settimana? Perché Itachi era, come già detto, un terrorista culinario e Shisui faceva il giornalista ed era stanco dei necrologi, quindi si sfiancava dietro articoli che non avrebbero mai visto la luce del sole e si nutriva il giusto indispensabile per non morire e finire su quel riquadro insignificante del quotidiano che gli avevano affibbiato per zittirlo al suo “Madara Uchiha è un mio cugino!”.
Chi fosse questo Madara mica lo sapevano, ma Shisui aveva continuato a sbraitarlo e l’aveva avuta vinta per esasperazione. A parte questo, restava la lunga, interminabile lista di abitudini – difetti – poco gradite dal fidanzato e ormai radicate in sé; non c’era Shisui senza immondizia, soprattutto televisiva, almeno tanto quanto non c’era Itachi senza Chanteclair. Di recente era addirittura passato alla fazione di Mastro Lindo, forse un modo velato per rivelargli le sue preferenze? Stava cercando di dirgli di mettere su qualche decina di chili in muscoli, altrimenti lo avrebbe lasciato per fuggire insieme al pelato sgrassante? Che bastardo ricattatore, mettere l’amore e la palestra sullo stesso piano. Di sicuro entrambi lo sfinivano in maniera irreparabile, cercare di far contento Itachi era sfiancante come sollevare con due dita un bilanciere olimpico da venti chili – e Shisui sveniva dalla fatica anche solo per portare una bottiglia piena d’acqua dalla cassetta al frigorifero.
Lo scatto della serratura della porta di casa gli fece prendere un accidenti e, in un attimo di panico, distratto dalla cogitazione, si rannicchiò protettivo, istintivamente, con le mani sopra la testa e gli occhi strizzati.
Magari l’invasore, vedendo un simile deficiente, si sarebbe impietosito e tornato da dove era venuto.
«Posso sapere cosa stai facendo?» udì, «Sono tornato».
La voce di Itachi sarebbe parsa incolore a un orecchio poco esperto; Shisui, invece, sentiva piombare il peso dello sconcerto del più giovane su ogni singola lettera pronunciata. Nonostante ciò non poté trattenersi dal lasciarsi andare a un sospiro di sollievo, specie dopo aver sbirciato la figura familiare con un occhio appena schiuso. Voleva chiedere all’infido manipolatore di convivere quando si dimenticava persino di avergli dato una copia delle chiavi del proprio appartamento? C’erano modi più discreti per suicidarsi.
Si risollevò con uno scatto degno di una pulce-rana, trotterellando verso di lui con un sorriso smagliante per stampargli un bacio sulle labbra e rimase sorpreso di come l’altro non si scansò – Itachi era fisico solo in determinate occasioni, persino pomiciare diventava difficile senza che sfociasse per forza di cose in altro: era quel genere di persona dotato della capacità innata di uccidere l’atmosfera con quelle domande dirette, del tipo “Stiamo per farlo?” o “Ti sei lavato, prima?”. Non che a Shisui dispiacesse l’idea di rivoltarlo come un pedalino ogni volta che gli veniva voglia di baciarlo. Quel gesto così semplice, però, insolitamente accolto come fine a se stesso, gli trasmise un senso di quotidianità, di routine di coppia. Pensò che non gli sarebbe dispiaciuto se fosse diventato un’abitudine, salutarsi con un Ci vediamo dopo e ritrovarsi con un Sono a casa, Bentornato. Si fece risoluto tutto d’un tratto a quella rosea prospettiva che lo incentivò, mentre Itachi, bloccato da lui all’ingresso, si toglieva le scarpe per poi superarlo come nulla fosse e andare a prendersi da bere in cucina.
In trappola.
Doveva farlo, lo decise l’istante in cui vide il cugino muoversi tra gli spazi della propria casa con la naturalezza che avrebbe avuto se fosse stata la sua, ben consapevole di dove trovare ciò che cercava, persino più di Shisui, alle volte perso tra la marea di cianfrusaglie in cui non riusciva a raccapezzarsi. Perciò, ora o mai più. Era giunto il momento di prendere il fatidico toro per le corna e dargli il colpo di grazia con un’offerta più convincente di qualsiasi proposta mai fatta dal Padrino.
Fu forse un po’ troppo letterale nell’avvicinarsi di scatto a Itachi intanto che questi si versava del tè fresco, afferrandolo per le tempie – in assenza di, beh, corna sporgenti vere e proprie a cui aggrapparsi. Si ritrovò così gli occhi spalancati del più giovane a un palmo dal naso e Shisui era indeciso se attribuire quello stato di dilatazione allo stupore o all’istinto omicida. Non che avesse importanza; non sarebbe mai morto prima di portare a termine la missione. Gonfiò il petto per prendere fiato, pronto a sganciare la bomba, ignorando le mani di Itachi sui propri polsi e la forza esercitata su questi ultimi per allontanarlo.
«Ma che dia-»
«Convivimus!»
«...»
«...»
«Dimmi che è un nuovo incantesimo di Harry Potter e che non hai usato l’indicativo come imperativo» esordì Itachi con voce sottile, quasi non avesse il coraggio di pronunciare una domanda di cui conosceva già la risposta, del tutto allibito; la stretta sui polsi si allentò, sfibrata dall’idiozia del compagno. L’espressione esaltata di Shisui morì simultaneamente, cascata dal volto del ragazzo per essere sostituita di netto con un cipiglio contrariato.
«Lo sai, mi ferisce che questo tuo animo afflitto salti fuori solo quando maltratto una lingua passata a miglior vita. Perché ogni tanto non pensi alla mia, di lingua, per esempio?». In realtà non avrebbe voluto concludere la frase in quella maniera, gli era sorta spontanea durante la formulazione ed era certo che l’altro non avrebbe gradito. O magari sì, considerando il tempo trascorso senza vedersi in quelle ultime settimane, ovvero la causa primaria che aveva spinto Shisui a vagliare sul serio quell’ipotesi che vedeva lui e Itachi a letto insieme, ogni mattina come ogni sera. Qualcosa di fisso, stabile, un pensiero che da ironico – Chi ammazzerà prima chi? – era diventato pericolosamente personale, di un’accezione affettuosa – Chi si sveglierà prima dell’altro?.
«Vuoi davvero convivere?» domandò Itachi dopo qualche istante di silenzio. «Con me?»
Il più grande si ridestò con un leggero scossone del capo, sorpreso soprattutto dal fatto che il cugino non si fosse ancora spostato.
«Beh, che ci sarebbe di strano? Stai comunque più qui che a casa tua!» gli borbottò contro, sempre più indispettito, incassando un po’ la testa fra le spalle; non c’era bisogno di farla suonare come una cosa così ridicola e assurda.
«Perché tu sei illegalmente disordinato e la tua sporcizia si diffonde su scala pestilenziale».
«Ora pestilenziale, non esageria-»
«Procrastini il lavoro per giocare per l’ennesima volta a Dragon Age e sfiori il collasso per terminare un articolo per la consegna».
«È Inquisition e zia Mikoto me lo ha regalato per il compleanno!»
«Per il suo».
«Solo perché il mio veniva troppo dopo e avrei avuto ancora meno tempo per giocarci!»
«Non dormi come si deve».
«Ti sei guardato allo specchio per accertarti di avere il diritto di dirmi una cosa simile?»
«Mangi peggio di mio cognato».
«Non essere così caustico, Sasuke non l’ha ancora sposato».
La voce di Itachi si ingentilì. «Ma hai pulito prima che venissi qui».
Shisui sbatté le palpebre spaesato; non comprese il cambio di registro né osò modificare il proprio a sua volta, sicuro ci fosse una fregatura.
«Lo hai capito dal cartone di latte andato a male nascosto sotto il lavello per non fartelo vedere?»
«Hai fatto la spesa – non fare quella faccia, ho preso il tè dal frigo – e c’è la pagina della ricetta dei dango aperta sul tablet che hai lasciato sul bancone».
Shisui aprì bocca per dirgli che stava solo cercando uno sfondo carino per la tavoletta ma dovette richiuderla quando Itachi gli si avvicinò di colpo, strofinandogli il collo con la punta del naso prima di solleticarlo su quello stesso punto col suo mormorio.
«...e hai fatto la doccia».
Si arrese.
Tirò Itachi verso di sé così di colpo che per un attimo temette di aver calcolato male le distanze e tuttavia non gliene importò a sufficienza, neanche quando i denti rischiarono di cozzare dolorosamente, perché le labbra sotto le sue gli erano mancate in modo sin troppo stucchevole ma si sarebbe imbarazzato a morte di quella realizzazione in un secondo momento; adesso che le aveva a disposizione voleva consumarle e invaderle, lasciare l’altro senza fiato, a sua volta ancora aggrappato ai polsi di Shisui, non per allontanare bensì per tenerlo vicino il più possibile.
Quando si separarono, Itachi fu il primo a parlare.
«Studio fino a notte tarda con playlist di musica celtica in sottofondo. Senza cuffie, altrimenti rischio di focalizzarmi sulla musica e non sul libro».
Sulla guancia di Shisui, vicinissimo alla bocca, comparve una piccola fossetta.
«Sento il bisogno di dare una pulita all’ambiente circostante almeno due volte al giorno, tre se, oltre me, vi entra qualcun altro».
«C’è uno stanzino pieno di cose inutili che puoi svuotare e usare come vuoi. Prometto di fare una capatina all’autolavaggio prima di metterci piede!»
«Mi piacciono i corvi e ho delle… incomprensioni con i fornelli».
«Lo avevo notato, fortuna che a capirti ci stanno i corvi».
«Arriverei a trascinarti personalmente in doccia contro la tua volontà pur di farti lavare».
«Non che mi dispiacerebbe ma questa è un’esagerazione bella e buona...»
«Ma lo farei».
«Lo so».
«Potrei mettere mano ai tuoi scaffali per riordinarli. Vuoi comunque andare a vivere con me?»
Il sorriso di Shisui si allargò, impossibile da trattenere, mentre le braccia andavano a cingere il collo di Itachi per riportarlo a una vicinanza più giusta – da visione ciclopica, per rendere l’idea, ma andava bene così.
«Devo solo imparare a usare l’aspirapolvere, nascondere i miei giochi dalla tua maniacale portata, ricordarmi di cucinare e diventare un tutt’uno con l’Amuchina, non mi sembra così difficile».
L’altro sospirò, le palpebre calate, per poi poggiare la fronte contro quella del cugino.
«Ti rendi conto che ho elencato più difetti miei che tuoi?»
«Si chiamano manie di protagonismo, me ne farò una ragione! E smettila con quegli sbuffi, non lo sai che il tempo che impieghi per sospirare è sufficiente per far scappare la fortuna?»
Itachi sollevò gli occhi al cielo in risposta, che dal punto di vista di Shisui, così appiccicato, fu terrificante ma non abbastanza da impedirgli di riderne e tirarselo più addosso. A un certo punto, come fulminato da un ricordo riemerso all’improvviso, sciolse la stretta attorno alle spalle dell’altro per andare a tastargli le tempie con la punta delle dita.
«Che diavolo stai combinando adesso?» ebbe l’ardire di chiedergli la vittima del palpeggio, senza particolare inflessione nella voce; afflitto, assunse l’inutilità di iniziare a lamentarsi degli atteggiamenti inspiegabili del suo fidanzato già da prima della convivenza, deciso a risparmiarsi l’esaurimento nervoso per tempi più maturi – suo malgrado, non riuscì a trovare quella prospettiva così maligna: affrontare un indefinito numero di giorni a venire insieme a quella matassa di ricci ambulante.
«Niente,» gli rispose quello gioviale, ancora intento a tastarlo «ti ho preso!»
Itachi preferì non chiedere e Shisui ritenne non necessario informarlo di star immaginando delle corna sulla fronte del suo appena stabilito coinquilino.










 


Ordunque. È praticamente passato un mese e sto spuntando solo adesso con questo regalino un po’ bislacco, frutto di un funesto periodo di magra. Mi dispiace davvero tantissimo del ritardo, sono stati giorni turbolenti e, ahimè, questo è il massimo che riesco a scrivere al momento, ma prometto che tornerò su questi due in futuro (magari con qualche altro genere, abbandonando finalmente questo comico XD, chi lo sa)! Ci tenevo comunque a farti qualcosina, nel mio piccolo, perché sei una persona fantastica e sono tanto felice di averti conosciuta ♥ Spero ti piacciano questi Itachi e Shisui un po’... scemotti...
Ancora (sì, ancora XD) tanti auguri di buon compleanno, con giusto 21 giorni (;_;) di troppo! Che possano le zucche essere sempre a tuo favore! 
Devo far presente solo due cose che altrimenti potrebbero lasciare ??? in che senso ???:
​– Mikoto è nata l’1 giugno mentre Shisui il 19 ottobre, di conseguenza gli ha fatto il regalo in anticipo (...già)
– il cibo preferito di Itachi sono i dango (quindi, nel caso non si fosse capito: no, Shisui non cercava uno sfondo, voleva prendere Itachi per la gola e convincerlo a convivere con i dango, ma mica poteva dichiarare così apertamente la propria tattica di guerra)
Il titolo... beh, il titolo- *scappa via urlando* (è tipo: sei pazzo tu, sono pazzo io, SIAMO PERFETTI!)
Un grazie d’onore alla mia famiglia gorilla, Elisa & Lirin, per avermi aiutata a far nascere e finire qui su questa storiella~


 

PS: il cognato, in teoria, sarebbe Naruto, che è risaputo campi di ramen, ma può essere considerato anche qualcun altro... volendo (?)
   
 
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