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Autore: okiRue    26/08/2018    1 recensioni
Quando un amico chiede a Sam di accompagnarlo su Marte per affrontare la transizione da uomo a donna, grazie all'avanzamento tecnologico che sfrutta alcune proprietà dell'acqua marziana, scoprirà quanto anche un viaggio intrapreso per gioco possa aiutare a scoprire nuove cose su sé stessi.
★ Questa storia partecipa al contest "Living Mars" di Fanwriter.it
Genere: Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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«...E come vorresti chiamarti?»
«Mmh.. Ho qualche idea.. M-ma non voglio dire nulla! Sai.. Per scaramanzia.»

Sam guardava in tralice il suo compagno, aggrottando la fronte; lo conosceva da anni eppure non si era mai immaginato di affrontare un lungo viaggio nel Sistema Solare assieme a lui. In effetti, a pensarci, non aveva mai immaginato di affrontare un lungo viaggio nel Sistema Solare e basta.
In genere la distanza più grande che percorreva erano i 2 km tra casa e lavoro. Una distanza di tempo e spazio che lo vedevano meccanicamente arrancare senza concedersi nessuna distrazione. Durante il tragitto spuntava mentalmente la lista di ciò che avrebbe fatto una volta arrivato, cosa doveva mangiare per pranzo, quali erano i compiti da svolgere nel pomeriggio. Fino a vedersi nuovamente ritornare su quella strada, trascinando i piedi nella direzione opposta. Perciò un viaggio di 58 milioni di km verso Marte era fuori da ogni pianificazione immaginata.

«Ma.. Quindi sei sempre stato così?»
«E tu sei sempre stato così chiacchierone?!»

Lo vide arrossire e, prima che quello voltasse completamente il capo, sul finire di uno sguardo imbronciato notò un piccolo sorriso. Erano molte le nuove sfumature che aveva iniziato a cogliere nel viso e nel comportamento dell'amico, da quando si erano gettati in quell'avventura.
Il giorno precedente alla partenza gli aveva fatto compagnia nella preparazione dei bagagli e aveva visto per la prima volta casa sua: l'appartamento era piccolo, un bianco desolante e impersonale gettato su pareti e mobili. Tra questi, alcuni appena un poco consunti ospitavano foto protette da scure vetrinette, che comunque impedivano di scorgerne colori e ricordi. Tuttavia non appena il padrone di casa aveva aperto l'armadio per sistemare i suoi averi nella valigia che avrebbe portato con sè, aveva notato il cumulo straripante di abiti variamente colorati che vi si nascondeva dentro: stretti al suo interno, come a non voler disturbare l'instabile armonia di quella casa bianca.
Il viso punteggiato di lentigini scintillava in un sorriso oltre i capelli lunghi e chiari, mentre spargeva il contenuto dell'armadio qua e là.
Aveva osservato per la prima volta con quanta cura piegava certi indumenti: pareva infatti avere una predilezione per le calze, un particolare che non aveva mai notato prima. Lo osservava accostarle l'una all'altra per colore con profonda cura e infine passare a un altro indumento.
Nonostante il caos che coinvolgeva ora tutta la stanza, vedeva nascere nella valigia un nuovo piccolo cosmo, ricco di colori e speranze. Quella visione lo aveva riempito di sgomento. Non riusciva a capire nemmeno il perché.

  Le stelle scorrevano placide di fronte ai loro occhi. L'avanzata tecnologia aveva reso piuttosto abbordabili i viaggi nello spazio, nondimeno i tempi di percorrenza erano ancora lunghi. Perciò li aspettava un altro intero mese su quella nave.

 

«Sam? Ehm...»
 

L'amico era tornato a guardarlo ridestandolo dai suoi ricordi. Sentiva di avere un'espressione vagamente assonnata, si girò verso di lui sperando che non lo notasse.

«...Volevo ringraziarti per aver deciso di... Sì, insomma di accompagnarmi. Sei stato l'unico che non abbia avuto nulla da ridire sulla mia decisione.»

La sua decisione.
Sam si domandava se avesse ben afferrato in cosa si fosse gettato, pensava che fare qualche domanda all'amico, durante il loro soggiorno sulla nave, lo avrebbe aiutato a farsi un'idea più chiara, come parevano avercela tutti: "Che cosa sciocca! Ma perché spendere tutti questi soldi??", "Ma non ti vai bene così??" erano state le proteste di molti, indignati dalla notizia. Davano quasi l'idea di non volerci avere nulla a che fare.
"Ma sei un così bel ragazzo!" avevano affermato altri; spesso a quelle parole il suo amico aveva risposto arricciando il naso e assumendo un'aria profondamente triste.
Ancora non capiva tanto diniego e nemmeno la naturale tranquillità con cui lui stesso si era lasciato trascinare in un viaggio lungo 3 mesi.

 

  Erano molte le persone che intraprendevano quel viaggio: i più lo affrontavano perché affetti da malanni o deformità fisiche, ma non era insolito incontrare anche chi, come il suo compagno, soffriva di un profondo disagio. Perciò, sebbene il tutto fosse organizzato da un'azienda sanitaria, sembrava per lo più di fare un viaggio in crociera.
A bordo non venivano offerti pasti liofilizzati e non dovevano combattere con acqua orbitante per lavarsi i capelli; erano dotati di ogni comfort.

Acqua.

«..Sei sicuro che funzionerà?» chiese. L'amico parve un po' disorientato, ma colse la domanda di Sam come una dovuta premura e sorrise di nuovo. Il viso addolcito da quell'espressione candida rassicurò Sam.

«E' una procedura facilissima. Oramai sono anni che viene praticata. Ho pure conosciuto un sacco di persone come me che l'hanno fatta. Verrò seguito da uno staff medico, che baderà a tutto e non dovrò fare altro che bere la quantità d'acqua che loro riterranno opportuna al mio bisogno.»
«E se fa' schifo??» Con l'animo più leggero, senza remore si fece scappare quel pensiero.

L'amico rise.

«E cosa vuoi che mi importi?? Fosse pure l'acqua più schifosa del mondo, sarebbe sempre meglio di... Di questo...»

Lo vide stringersi i pugni in grembo e non disse altro, eppure Sam non potè fare a meno di immaginarlo mentre, nella sua triste stanza bianca, si lacerava gli abiti, si guardava allo specchio e iniziava a piangere e chiedere perchè era nato con quel corpo.

«E poi sarà permanente?»
«Dovrò fare un richiamo ogni tanto, ma sarà come farsi un vaccino immagino.»

Un vaccino che cambia il tuo corpo, esattamente come lo hai sempre desiderato.

Desiderio.

Gli appariva così strano che un processo chimico potesse prendere spunto da qualcosa di così astratto, ma si era rifiutato di indagare più di quanto avesse potuto capire. Eppure nel suo animo si combattevano curiosità e turbamento. Il suo sguardò indugiò sui molti opuscoli accuratamente ordinati nei vari tavolini da caffè che abbellivano il ponte, ricchi delle informazioni più disparate, riviste specializzate, promesse di cure miracolose.
Mentre continuava a guardarsi attorno, rifletteva sulle parole del suo compagno di viaggio. Il luogo era scarsamente popolato, sembrava che chi affrontava quel viaggio non amasse frequentare gli spazi comuni. Al check-in aveva intravisto persone affette da deformità congenite, brutte ustioni o il sottile sogno di potersi sentire finalmente accettati, nelle forme e sostanze dei loro animi.
Sebbene fosse solo un accompagnatore, tra quelle persone sentiva di non essere totalmente un estraneo.

  Tornò a guardare il suo amico, si rese conto di quanto poco avesse saputo di lui prima di quel viaggio. Dai frammenti di ricordi di quei giorni realizzò che aveva visto di lui più di quanto credeva di conoscere. O forse, più di quanto l'amico avesse mai concesso al mondo di vedere.

«E così.. Presto sarai una ragazza»
«Sì.»
«E non ti spaventa neanche un po' che gli altri possano vederti... Per come sei davvero?»
L'amico si prese un momento per riflettere. Poi, alzando deciso gli occhi verso le stelle, disse con un tenue sorriso:

«Credo sia una cosa che spaventa tutti, però è molto più doloroso continuare a fingere. Richiede sforzi enormi. E poi, vivere desiderando di essere qualcos'altro è praticamente come non vivere.
Per questo costa meno un viaggio su Marte di una vita passata a nascondere sé stessi.»

Sam lo guardava incerto, capiva cosa voleva dire eppure un lieve senso di sconforto e timore lo pervadeva ...Era spaventato anche lui di essere sé stesso?
La superficialità con cui aveva vissuto per anni la sua vita e quel rapporto di amicizia lo lasciarono finalmente interdetto.
Tornarono a godersi lo spettacolo dell'universo in silenzio.
La Terra alle loro spalle galleggiava nel nero mare spaziale indisturbata, sempre più lontana ma sempre visibile e presente nei loro pensieri.

Dentro Sam iniziava a farsi spazio una pervasiva sensazione di distacco: per la prima volta si rendeva conto che quel fortunato viaggio lo coinvolgeva più di quanto avrebbe potuto prevedere. Anche lui si stava lasciando alle spalle una vecchia vita. Come una calza indossata per troppo tempo, che è ora di buttare. Stava finalmente vivendo.

«Sai, a me piace lavorare a maglia.. O meglio, l'ho fatto una volta sola. Mi è piaciuto, però non ne ho più avuto l'occasione. Ti piacerebbero un paio di calze di lana?»
«Moltissimo!»


--

  Il panorama si stagliava rosso e immobile oltre le finestre lucide e vagamente scure della sala d'attesa. L'estraneo orizzonte di Marte, inframmezzato da bianche colonne, appariva in un contrasto quasi spiacevole.
Era l'ultimo giorno di permanenza sul pianeta, non vedeva il suo amico, anzi, la sua amica da più di una settimana.
Le dimissioni erano state fissate per le 12, ora terrestre. Si sarebbero finalmente rincontrati. Come avrebbe reagito?
Non aveva mai provato tanta tensione né apprensione per qualcun altro. E se qualcosa fosse andato storto? E se il suo amico non fosse stato contento del risultato? Scosso da quei sentimenti, si sentiva come destato da un sonno che era durato tutta la sua vita. E così, appeso al centro di un vortice di pensieri, dimenticò del tutto dove si trovava e chi stava aspettando.
«Sam?» Chiamò una graziosa voce femminile piuttosto intimorita.
Finalmente il ragazzo riuscì a svicolare tra i pensieri e si girò in direzione della voce «Oh..» sospirò in un colpo. Riconobbe il volto da piccoli dettagli che conosceva bene ma che ora apparivano del tutto nuovi: le lentiggini erano più fitte, il naso all'insù sfinato, i chiari capelli biondi che erano sempre stati lunghi e setosi ricadevano come sempre sulle spalle, ma queste ora si incurvavano morbide e si concludevano in due braccia sottili che fiancheggiavano un sinuoso e magro corpo di ragazza. Gli occhi dello stesso azzurro pallido andavano da lui a una pianta ornamentale poggiata accanto a un gruppo di sedie, in attesa.

«T-tu sei..»
«Puoi chiamarmi Ilina.» disse la ragazza, lasciandosi andare a un sorriso imbarazzato.
«Ciao Ilina.. Beh, stai benissimo!»

   
 
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