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Autore: Solas    27/08/2018    1 recensioni
Il sole stava calando lentamente dietro le montagne, tingendo la vallata di migliaia di sfumature cremisi, ponendo fine a quella torrida giornata estiva. Quello era il momento della giornata che Eileen preferiva, quando le foglie degli alberi riflettevano i colori del tramonto, gli stessi dei suoi occhi, facendo sembrare la foresta in fiamme.
Genere: Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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01.ADDIO


Il sole stava calando lentamente dietro le montagne, tingendo la vallata di migliaia di sfumature cremisi, ponendo fine a quella torrida giornata estiva. Quello era il momento della giornata che Eileen preferiva, quando le foglie degli alberi riflettevano i colori del tramonto, gli stessi dei suoi occhi, facendo sembrare la foresta in fiamme. Era uno spettacolo unico in tutto il regno di Mellt, reso possibile grazie alle foglie che crescevano sugli alberi del cielo, in grado di riflettere il colore della volta celeste dall'alba fino al tramonto. Solitamente, amava ammirare quel momento fugace dal tetto della sua piccola casa, dove viveva con la madre, ma quel giorno, purtroppo, avrebbe dovuto fare a meno di quel magico spettacolo. Infatti, le era stata lasciata in custodia la bottega, se così poteva essere definito il minuscolo negozio situato sotto la loro camera da letto e dove ora si trovava in compagnia di un ragazzo nervoso.

Era da diversi minuti che era entrato nella minuscola stanza, ma non aveva ancora proferito parola. Si limitava a dondolare sul posto, spostando nervosamente il peso del corpo da un piede all'altro, facendo vagare lo sguardo ovunque, tranne che su di lei.

Erano anni che Eileen assisteva a quel tipo di comportamento, ma non riusciva proprio a farci l'abitudine. Non aveva mai visto il ragazzo al villaggio, doveva essere arrivato da poco e a giudicare dalle macchie di fuliggine e dalle bruciature della sua camicia, si trattava del nuovo apprendista del fabbro, Radt. Cercando di scaricare la tensione, la giovane prese a tamburellare le dita affusolate sul minuscolo bancone in legno, ma questo, se possibile, parve peggiorare la situazione.

Con un gemito strozzato il ragazzo fece un balzo indietro, cercando di mettere più distanza possibile tra loro. A quel punto Eileen emise uno sbuffo irritato, la sua pazienza era definitivamente terminata. -Sei venuto per una ragione, o ti piace perdere tempo nelle botteghe altrui?- domandò in tono caustico.

Finalmente il giovane osò alzare lo sguardo su di lei ed emise uno squittio terrorizzato. Eileen si morse le labbra sottili, cercando di dominare l'irritazione. -Ti manda Mastro Radt?- chiese allora cercando di prendere in mano le redini di quella triste conversazione. Il suo interlocutore annuì lentamente, mentre la pelle del volto iniziava ad assumere un colore grigiastro. Ora che aveva puntato gli occhi su di lei non riusciva più a distoglierli. Era sempre così.

La ragazza sistemò una ciocca ribelle dei suoi capelli rosso fuoco dietro le orecchie, per lo meno ora sapeva cosa fare e, soprattutto, come liberarsi di quella sgradita presenza. Senza aggiungere altro si volse, cercando di ignorare quello sguardo invadente che le perforava la schiena, e prese a frugare tra gli affollati scaffali alle sue spalle. Non le ci volle molto a trovare quello che cercava e dopo pochi attimi depositò sul bancone un piccolo vaso in terracotta sul piano del bancone.

-Sono tre monete di rame e ricorda a Mastro Radt che una volta terminato l'unguento dovrà restituirci il contenitore- disse Eileen in tono piatto.

A quel punto il giovane parve riscuotersi improvvisamente dal torpore. -Tre monete?- esclamò esterrefatto fissando incredulo il vasetto sigillato. La ragazza strinse le labbra in una linea severa. -Esatto, questo è il nostro prezzo. Sono sicura che Mastro Radt ti abbia dato esattamente quello che ho chiesto- replicò lasciando trapelare senza troppi riguardi la propria seccatura. Con le mani tremanti il ragazzo frugò all’interno delle tasche delle sue brache recuperando un piccolo sacchetto di pelle consunta. Un tintinnio metallico accompagnò gli spostamenti del giovane, che si allungò in modo ridicolo per depositare quanto chiesto sul bancone, tentando allo stesso tempo di restarle il più distante possibile.

Questo portò la camicia malconcia che indossava a scoprirgli parte del petto e della spalla destra, mostrando una serie di macchie rosso fuoco che Eileen squadrò con aria critica. Il mutamento della sua espressione non dovette passare inosservato, perché l'apprendista si ritirò così velocemente da rischiare di perdere l’equilibrio, sbattendo rumorosamente la schiena contro l’uscio della bottega. Roteando gli occhi esasperata Eileen decise di non commentare l’assurdo comportamento e si affrettò ad esaminare il contenuto del sacchetto constatando soddisfatta che conteneva esattamente quello che aveva richiesto. D’altronde Radt era loro cliente da prima che lei nascesse e anche un caro amico. Fatto non indifferente, dato che il resto del villaggio, se poteva, evitava lei e sua madre come la peste. Non a caso, la loro minuscola casupola si trovava ai margini della foresta, su un tratto di terreno sopraelevato, lontano da qualsiasi altra abitazione. L’unico motivo per cui non le avevano ancora scacciate e parte della loro rovina, era l’incredibile abilità di sua madre. Deana era la guaritrice più brava di tutta la Fàinne, la dorsale di montagne al centro del quale sorgeva la collina su cui era nato Nead, il loro villaggio. Sotto la sua protezione avevano evitato numerose malattie e pestilenze. Tuttavia, tale bravura, era spesso accompagnata da paura, diffidenza e, talvolta, invidia. Parecchi guaritori avevano iniziato a spargere malelingue sul suo conto, che nel corso del tempo, si erano rafforzate, fino a cerare attorno alla sua figura un'aura pericolosa e sinistra. Perciò, ora sua madre era conosciuta da tutti come la Strega.

-Molto bene, prendi pure l'unguento e ricorda a Mastro Radt di restituirci il vaso. Ha ancora quello del mese scorso e qui non ne abbiamo una scorta infinita- esclamò Eileen cercando di essere cordiale e facendo scivolare la giara verso il ragazzo. Prima si sarebbe levato dai piedi, prima avrebbe potuto cominciare a preparare la cena.

Senza farselo ripetere il giovane si protese verso di lei e afferrò il vaso, rivelando nuovamente la pelle martoriata sotto la camicia.

-Dovresti evitare di gironzolare attorno alla dimora del Sorvegliante Attis- si lasciò sfuggire la rossa. L'apprendista per poco non si fece scivolare dalle mani il prezioso carico ed Eileen si pentì subito di non aver semplicemente tenuto la bocca chiusa. -Co-come?- balbettò il ragazzo.

-Ho detto, che sarebbe meglio se ti tenessi alla larga dall'abitazione del Sorvegliante. Non gli piace vedere uomini troppo vicini al suo giardino. Soprattutto se appena arrivati- ripeté in tono seccato.

-Non mi sono mai avvicinato alla sua casa- grugnì il giovane innervosito.

Eileen inarcò un sopracciglio scettica, odiava i bugiardi. -Oh sì invece, hai la colpa stampata addosso- ribadì aprendo uno sportello scricchiolante sotto il bancone ed afferrando una fiala contenente un liquido rosso cupo.

-Stai vaneggiando, non ho alcun motivo per stare vicino a quel posto- si difese l'apprendista

Sul viso di Eileen si disegnò un ghigno felino, -Certo, è quello che dicono sempre tutti. Conosco un sacco di persone che sono finite al fresco per il tuo stesso motivo- ridacchiò facendo saltare il tappo di cera a versando il contenuto della fiala in una ciotola. Inavvertitamente parte del liquido schizzò sul bancone disegnando un frastagliato spruzzo cremisi.

-Ma quello è sangue!- urlò il ragazzo arretrando fino a sbattere contro la porta.

La rossa sbuffò. -No, è infuso che ti farà stare meglio- precisò spolverando una manciata di polvere bianca sul liquido prima di tendergli la ciotola -Si tratta di... -.

In preda al panico il giovane prese a scuotere con foga il paletto che teneva chiuso l'uscio. -Non ti avvicinare!- strillò in tono isterico.

-Se non ti lasci curare la situazione peggiorerà. Tranquillo, non ti chiederò di pagarmi- replicò Eileen senza badare troppo al suo comportamento, mentre aggirava il minuscolo bancone per raggiungerlo. Più che altro ora temeva che avrebbe scardinato le povere vecchie assi di legno in preda ad un attacco di panico.

Nello stesso momento il ragazzo riuscì in qualche modo ad aprire la porta e con poca grazia barcollò fuori dall'uscio. -Non berrò mai quella roba! Sta lontano da me, brutta arpia! Mostro!- urlò urtando inavvertitamente la rastrelliera in legno dove Eileen e sua madre mettevano le erbe ad essiccare. L'intelaiatura si staccò dalla parete della casa e cadde rumorosamente, sollevando una nuvola di polvere e spargendo ovunque mazzetti di rosmarino, belladonna e agrimonia.

La rossa trasalì. -Attento a dove metti i piedi, quelle dobbiamo metterle da parte per l'inverno!- esclamò, ma il ragazzo se n'era già andato, correndo in direzione del villaggio come se avesse il demonio alle calcagna.

Sbuffando inferocita, Eileen attraversò il piccolo spazio a grandi falcate per porre rimedio al disastro, ma prima che potesse oltrepassare l’uscio le giunse alle orecchie una fragorosa e famigliare risata.

Questo le fece perdere ancora di più le staffe. -Avresti potuto aiutarmi, invece che restare fuori dalla porta ad origliare come una vecchia comare!- esclamò Eileen posando gli occhi sulla figura di un giovane piegato in due dalle risa.

-E perdermi lo spettacolo? Non se ne parla- sghignazzò il ragazzo alzando la testa per incrociare il suo sguardo. Le sue intense iridi verdi erano velate dalle lacrime, mentre i capelli castani, lunghi fin sopra le spalle, erano completamente arruffati, probabilmente perché aveva corso per arrivare alla loro casa.

Eileen scosse il capo sconsolata, -Non cambi mai Kaleb- borbottò chinandosi per controllare il telaio in legno. Per fortuna la caduta non sembrava averlo danneggiato. Un altro paio di mani si accostarono alle sue ed insieme rimisero a posto l'esile struttura.

Conosceva Kaleb da quando aveva memoria ed era l'unica persona del villaggio che frequentasse volontariamente lei e sua madre, oltre a Radt. I suoi genitori erano morti molti anni prima, quando lei contava solo cinque primavere, e da allora la sua famiglia si prendeva cura di lui, come se fosse sangue del loro sangue, onorando lo stretto legame di amicizia che aveva unito i loro padri. Lei e Kaleb erano stati fin da subito inseparabili. Quando Eileen doveva andare a raccogliere le erbe officinali sulle montagne, lui la accompagnava portandosi dietro arco e frecce per cacciare lepri o anatre selvatiche e spesso la ragazza si era ritrovata a fargli da opponente durante gli allenamenti di scherma, anche se era totalmente negata nell’arte della guerra. Insieme, si erano pure ubriacati per la prima volta, quando a dodici anni avevano rubato le ciliege sotto spirito di suo padre, Aren, che teneva nascoste sotto le assi del pavimento di casa sua.

-È incredibile come tu riesca a complicare le situazioni più semplici- disse il ragazzo senza smettere di ridacchiare.

-O forse vivo circondata da sciocchi. Volevo semplicemente aiutarlo, se solo mi avesse dato la possibilità di spiegare le mie intenzioni- sbuffò Eileen iniziando a raccogliere le erbe aromatiche sparse sul terreno.

-Cosa vuoi dire?- domandò Kaleb aiutandola a sua volta a raccogliere gli steli secchi.

-Aveva un enorme eritema sotto quella sudicia camicia. Merito di un contatto diretto con i frutti di scotano e l'unico posto in cui cresce quella maledetta pianta è il giardino del Sorvegliante Attis- sbottò la rossa sistemando con cura le erbe al loro posto.

-Questo spiega molte cose, povero ragazzo, mi fa quasi pena- ridacchiò il moro passandole gli ultimi mazzi di rosmarino. Lo sguardo di fuoco della compagna non fece che allargare il suo sorriso.

-Se passare la notte tra le braccia della moglie del Sorvegliante, riesce a farti scordare la settimana che trascorreresti nella fetida cella della caserma, significa che quel dannato tugurio è più pulito e spazioso di quanto facciano credere- sbuffò Eileen riferendosi alla cella del piccolo presidio armato che proteggeva il loro villaggio. Uno dei tanti sparsi sul territorio.

Il regno di Mellt si era formato all'incirca trecento anni prima, in seguito a una guerra terribile e sanguinosa, che aveva visto prevalere sopra ogni fazione l'esercito di Re Rasmus, antenato del loro attuale sovrano. In seguito alla sua vittoria, aveva unificato tutte le terre, dalle isole di ghiaccio dell'arcipelago Nix, ai Colli Dorati a sud, includendo anche la Fàinne, l'estesa catena di montagne tra cui si trovava il loro villaggio. In seguito, al centro di tutte le terre, poco lontano dalla costa, aveva fatto sorgere la loro splendida capitale, Sidus, importante snodo per le attività commerciali e anche luogo ideale per spostarsi velocemente in ogni angolo del regno. I menestrelli ancora narravano le gesta del Re, dipingendolo come un uomo forte e giusto, che aveva portato la pace dopo secoli di atrocità. Con il passare del tempo però, Re Rasmus, aveva percepito la necessità di suddividere il proprio territorio in parti più piccole, per poterlo governare con più facilità. Era in questo modo che erano nati i Sorveglianti. Ad ognuno di essi era affidata una parte del regno, che dovevano proteggere e sorvegliare, con l'aiuto di un contingente di soldati. Il Sorvegliante Attis, che aveva tra le mani la giurisdizione di Nead, aveva il compito di badare a quel piccolo angolo di montagne, l'ultimo baluardo abitato all'estremo Est dell'impero. Compito che svolgeva con placida serenità.

Attis era un uomo onesto, appartenente a una piccola famiglia di nobili, amante della tranquillità e del silenzio, per cui, la vita del villaggio era sempre proseguita pacifica e senza turbamenti. Era da sua moglie, tuttavia, che bisognava tenersi alla larga.

Nani, la donna più bella di tutta la Fàinne, a sentire quello che gli uomini dicevano. Per quanto fosse affascinante e delicata d'aspetto, era d'animo crudele, ingannevole e capriccioso. Molti abitanti di Nead ne erano venuti a conoscenza a loro spese. Le sue trame sembravano estendersi ovunque e nessuno voleva trovarsela come nemica, se aveva cara la propria incolumità. Nel corso degli anni si era assicurata la fedeltà delle persone più influenti del villaggio, tra cui Finn, il capitano delle loro guardie. Tutto questo, in modo tutt'altro che rispettabile, cosa che sua madre non mancava mai di sottolineare. Ormai, Nead era in tutto e per tutto il suo piccolo regno personale, dove lei era la regina incontrastata.

-Personalmente spero si trattasse della figlia, dalle voci che mi giungono anche lei sta cercando di inserirsi in quel giro di affari- ridacchiò il ragazzo scuotendo la testa incredulo.

Eileen sentì il proprio viso contrarsi in una smorfia di disgusto.

-Allora avrà non poche difficoltà, per quanto sembri incredibile, già mezzo villaggio passa tra le lenzuola di sua madre- sbottò invitando Kaleb all'interno della bottega, in modo da poter serrare la porta. Dopo aver riposizionato il paletto fece passare un robusto asse di legno su due sostegni in ferro battuto, poi coprì l'unica minuscola finestra con un pannello, sigillando il locale. Ormai non sarebbe venuto più nessuno per quel giorno.

-Come fai ad esserne sicura?- domandò Kaleb seguendola oltre il bancone, verso il retro del locale. -Essere la figlia della guaritrice, ti da l'accesso a un'incredibile varietà di informazioni riservate- sospirò la rossa scostando una pesante tenda di lana, rivelando la piccola scala di legno che conduceva al piano superiore.

-Per esempio, ti ricordi Euco, il figlio del fornaio?- chiese salendo i piccoli gradini scricchiolanti.

-Certo, tutti conoscono la loro famiglia. Sfornano il pane per l'intero villaggio- rispose Kaleb mentre sbucavano nella stanza sovrastante.

-A quanto pare non è loro figlio, o meglio, il povero Niklaas non è il suo vero padre, dato che ha la stessa voglia a forma di luna di Fug, il cantastorie- rivelò Eileen accarezzando con lo sguardo il piccolo locale, non era una reggia, ma la faceva sentire a casa e al sicuro. Al riparo dalle occhiate indiscrete della gente.

Dal soffitto in legno pendevano altri mazzi di erbe lasciate ad essiccare, che davano al luogo un odore fresco e gradevole. Al centro si trovava un piccolo focolare di pietra, sul quale era posizionata una capiente pentola usurata. Lungo due delle pareti erano disposti dei tavoli alti e stretti, coperti di mortai, ampolle ed alambicchi, mentre al di sopra, erano state inchiodate delle mensole in legno, ricoperte oltre misura da vasi di ogni foggia, materiale e dimensione, tanto che Eileen non si sarebbe stupita se un giorno il legno avesse ceduto spargendo ovunque il loro contenuto. Era in quei contenitori che lei e sua madre riponevano i preparati e gli unguenti che servivano per i suoi rimedi. Nell'angolo alla sua destra, invece, erano addossati degli scaffali che arrivano a sfiorare il soffitto. I ripiani in legno custodivano file ordinate di libri rilegati in pelle, alcuni anche molto vecchi, ma tutti in ottime condizioni. Ogni tanto, fra i tomi comparivano meravigliosi oggetti, come un pugnale d'argento con l'elsa incrostata di opali, sassi spaccati al centro che rivelavano un cuore di pietra luccicante e piccole sculture di giada. Accanto ad essi era accostata una sedia con la seduta imbottita ricoperta di velluto rosso. Sul morbido tessuto era deposto un libro, tenuto aperto da una lunga pipa di legno intarsiato. L'angolo di suo padre. Così meticolosamente ordinato da sembrare parte di un'altra abitazione. Da quando era morto, due anni prima, sua madre non aveva toccato nulla, nemmeno il libro che stava leggendo prima di uscire. Come se si aspettasse che un giorno, tornando a casa, l'avrebbe trovalo lì sulla sedia, con il tomo stretto tra le dita intento a sbuffare anelli di fumo dalla lunga pipa. Sull'ultima parete invece si apriva una finestra che dava sulla minuscola veranda della casa. Da lì era possibile vedere l'intero villaggio e godere del panorama magnifico delle loro montagne. Un lungo fischio la fece riemergere improvvisamente dai suoi foschi pensieri.

-Dici sul serio? Euco non è figlio di Niklaas?- domandò Kaleb sbalordito lasciandosi cadere su uno spesso materasso abbandonato accanto alla finestra. Quello su cui lei e sua madre dormivano.

Eileen storse il naso, -Certo, io non dico bugie. Ora però vieni a sederti qui, non voglio che mi sgualcisci le lenzuola. È una cosa che detesto- rispose facendo scivolare uno sgabello di legno verso di lui, prima di volgersi verso l'armadietto che fungeva da dispensa. Il povero mobile se ne stava incastrato sotto uno dei tavoli da lavoro di sua madre ed ora conteneva lo stretto indispensabile per nutrire loro due, ma prima dell'inverno si sarebbe riempito di conserve, verdure sotto sale, radici e un po' di frutta secca.

Il cibo non era mai mancato nella loro casa, ma da quando suo padre era morto erano divenute molto più caute. Dato che quella mattina sua madre era uscita all'alba per andare a raccogliere alcune erbe sulle montagne, toccava a lei preparare la cena, cosa che non passò inosservata.

Con uno sbuffo Kaleb si spostò sullo sgabello. -Speravo che questa sera cucinasse tua madre. I suoi piatti sono decisamente migliori dei tuoi. Desideravo tanto gustare uno dei suoi manicaretti per l'ultima volta- si lamentò.

-Scusa tanto se non sono all'altezza dei tuoi canoni, principino- sbuffò Eileen cercando di ignorare ciò che quella frase implicava. La sua partenza imminente.

-Forse se riuscissi a mitigare il tuo caratteraccio gli abitanti del villaggio sarebbero molto più gentili nei tuoi confronti- azzardò il giovane cercando di rubare il pezzo di una carota dal tagliere.

Eileen iniziò a ridere sguaiatamente -Certo, come ho fatto a non pensarci? Il problema è proprio il carattere, non il mio aspetto spaventoso- esclamò accanendosi con rabbia sugli ortaggi che stava affettando. -Io non ti trovo spaventosa- ribatté Kaleb guardandola di sottecchi.

-Tu non fai testo. Passami i pinoli- borbottò la rossa cercando di dare un taglio a quell'inutile conversazione. Era passato il tempo in cui avrebbe fatto di tutto pur di compiacere i propri compaesani. Con gli anni aveva capito che qualunque cosa avesse fatto, non avrebbero cambiato atteggiamento nei suoi confronti, e dopo un primo momento di smarrimento se n'era fatta una ragione. Non erano solo le dicerie su sua madre a spaventare le persone, ma il suo stesso aspetto, così simile eppure tanto diverso dagli altri.

Aveva una corporatura esile ed ossuta, un po' troppo mingherlina per una ragazza che aveva appena compiuto quindici primavere. La carnagione pallida e smunta le dava un'aria perennemente cagionevole, anche se passava molto tempo all'aperto, sotto il sole. Le dita delle mani lunghe ed affusolate, si muovevano sempre agili e veloci, sia che maneggiasse un coltello, che stesse intrecciando un cestino di vimini. Il viso dagli zigomi pronunciati era incorniciato da una cascata di capelli rosso fuoco che le arrivava a metà schiena, trattenuti da una sottile striscia di cuoio, e le punte delle orecchie terminavano leggermente a punta. Ma erano gli occhi che più turbavano le persone. Avevano una forma leggermente allungata e le sue iridi, invece di essere di un comune castano o azzurro, avevano i colori del tramonto. Un tripudio di gialli e aranci che partivano dalla pupilla e sfumavano verso il rosso cremisi, formando un’aureola violacea lungo i bordi. Era il motivo per cui nessuno la guardava mai negli occhi, pensavano che fosse maledetta e portasse il malocchio. Se sua madre era la Strega, lei era conosciuta come il Mostro.

Gli adulti non sopportavano la sua presenza e tenevano i loro figli alla larga da lei, riempiendo la loro testa di ogni genere di bugie, per questo non aveva alcun amico all'infuori di Keleb. In quel quadro orribile, solo il suo naso pareva avere una parvenza di normalità, dritto e proporzionato in mezzo al viso, ben magra consolazione.

La zuppa era ormai pronta quando un trambusto proveniente dalla veranda annunciò l’arrivo di sua madre. I suoi soffici capelli color miele fecero la loro comparsa seguiti dal resto del corpo, mentre finiva di arrampicarsi sulla ripida scala a pioli.

-Kaleb caro, potresti dare una mano a questa povera vecchia?- si lamentò la donna allungando una mano speranzosa. Eileen sbuffò accanto alla pentola che sobbolliva, ma il ragazzo schizzò in piedi senza perdere tempo.

-Certo, è sempre un piacere Deana- disse aiutandola a salire gli ultimi pioli e facendosi carico dell’ingombrante cestino di vimini che stringeva tra le mani. Depositati sopra gli steli intrecciati facevano bella mostra di sé fasci di erbe dalle foglie multicolori e molti funghi dall’aria appetitosa.

-Bravo ragazzo- sospirò esausta. -Per cortesia posa il cestino in quell’angolo. Fortunatamente avete già acceso il fuoco, nonostante il caldo della giornata, si prospetta una notte rigida-.

Una volta che tutti e tre ebbero preso posto attorno al fuoco Eileen distribuì ad ognuno la propria ciotola di zuppa ed insieme iniziarono a consumare il pasto caldo.

-È stata una buona giornata?- domandò Deana alla figlia ingoiando un boccone di verdure. La rossa borbottò qualcosa sottovoce senza alzare gli occhi dalla ciotola e l’espressione della donna si fece accigliata.

-Penso sia andata a meraviglia fino a quando non è entrato Gery, il nuovo apprendista del fabbro. Un po’ troppo sensibile il giovanotto- si intromise Kaleb con un sorriso sornione stampato in faccia. Eileen gli scoccò un’occhiata assassina e il ragazzo fu costretto a scansarsi in fretta per evitare un calcio dritto sugli stinchi. Anche le labbra della donna si piegarono in un sorriso. -Non mi dire, è fuggito a gambe levate?-.

-Puoi scommetterci, sembrava che avesse la morte alle calcagna- ghignò il moro, che questa volta non fece in tempo a scansarsi e ricevette un colpo secco poco sotto il ginocchio. Nonostante il dolore il ragazzo continuò a ridere. -E' già il secondo questa settimana-.

-Spero che almeno abbia pagato il giusto compenso- si informò Deana allungandosi per prendere una fetta di pane.

Eileen sbuffò indispettita. -Certo che ha pagato, o ora sarei sulla soglia di casa di Radt a protestare-.

-Non ne dubito. Sei inarrestabile, proprio come tuo padre- disse la donna con un luccichio nostalgico negli occhi. Per un attimo calò il silenzio, era insolito sentire sua madre parlare di lui. La sua morte le aveva lacerato l’anima e tutti evitavano di toccare l’argomento in sua presenza. Deana parve accorgersi solo in quel momento delle sue parole e dell’effetto che esse avevano sortito sui due giovani. Schiarendosi nervosamente la voce prese la ciotola dalle mani di Kaleb la riempì di nuovo di zuppa fino all’orlo. -Parlando d’altro, mi pare che qualcuno qui si stia preparando a partire- esclamò riconsegnando la pietanza.

-Già, ci metteremo in cammino domani all'alba. Vogliono trovarsi ad Iris prima del tramonto. Non vedo l'ora di iniziare l'addestramento- esclamò Kaleb con un sorriso radioso.

-Domani?- sbottò Eileen rischiando di rovesciarsi addosso la zuppa. -Avevi detto che sareste partiti tra due giorni!-.

Il giovane si strinse nelle spalle. -A quanto pare il Comandante ha finito di discutere con il Sorvegliante Attis questo pomeriggio, quindi ha anticipato la partenza-.

Come poco prima, la rossa sentì qualcosa accartocciarsi dentro di lei. Non si era ancora abituata all'idea che Kaleb se ne sarebbe andato per seguire l'addestramento militare ed entrare a far parte dell'esercito imperiale. Fin da bambino Kaleb non aveva nascosto il desiderio di seguire le orme del defunto padre, diventando un soldato. Ma non aveva mai pensato che un giorno potesse veramente lasciare il villaggio, fino a quando non aveva annunciato che avrebbe partecipato alle selezioni per diventare un cadetto. Questa possibilità era aperta a tutti i figli maschi del regno di Mellt una volta raggiunte le diciassette primavere, cioè nel momento in cui si entrava a pieno titolo nell'età adulta, e il ragazzo non aveva perso tempo. Nonostante le difficoltà, aveva superato tutte le prove con successo ed ora si preparava a partire. Eileen sapeva che avrebbe dovuto essere felice per lui, e lo era sinceramente, ma una parte di sé non riusciva ad accettare quel cambiamento, che avrebbe segnato anche la sua vita in modo irreversibile.

-Questo significa che dovrò darti il nostro regalo questa sera- trillò Deana elettrizzata schizzando in piedi e andando a frugare tra una pila di coperte piegate oltre il materasso.

Il moro inarcò le sopracciglia perplesso. -Un regalo?-.

-Certo! Pensavi che ti mandassimo allo sbaraglio in questo mondo pazzo?- ribatte la donna riemergendo tenendo tra le mani una bisaccia di cuoio consunto. -Non sottovalutare il regno di Mellt, è più insidioso di quanto tu possa pensare ed è meglio essere preparati-.

Ancora sorpreso il ragazzo allungò le mani e prese l'inaspettato dono fra le braccia, accorgendosi che il bagaglio era stato riempito con qualcosa. Subito prese a sciogliere le fibbie di metallo che la chiudevano rivelandone il prezioso contenuto, rimanendone strabiliato.

-Davvero volete darmi tutta questa roba?- domandò incredulo facendo scivolare lo sguardo sulle diverse boccette, ampolle e sacchetti.

Eileen drizzò la schiena impettita. -Non chiamarla roba. Io e mia madre ci abbiamo messo settimane per mettere insieme questo equipaggiamento di emergenza- lo rimbrottò senza riuscire a nascondere una punta di orgoglio. Non era stato per niente facile selezionare le erbe e gli unguenti adatti al viaggio e che Kaleb avrebbe potuto portare con sé senza correre il rischio di avvelenarsi o farne cattivo uso.

-Eileen ha anche intrecciato per te una linea del wyrd- disse Deana dolcemente recuperando da una delle tasche una lunga striscia colorata. Il ragazzo trattenne il fiato. -Non ne avevo mai vista una così lunga- sussurrò ammirato -Ci avrai messo una vita ad intrecciarla-.

La rossa scrollò le spalle -Non è così difficile come lo fanno sembrare e poi stavo raccogliendo le foglie già da un pezzo- rispose prendendo dalle sue mani l’inatteso dono. Si trattava di un bracciale fatto intrecciando le foglie degli alberi del cielo, raccolte mentre riflettevano i colori delle notti fiammeggianti. Credevano che in quelle sere invernali gli spiriti dei loro antenati si manifestassero sotto forma di lingue di luce, portando messaggi ai loro cari ancora in vita. In quelle notti il cielo era solcato da sfumature che andavano dal verde al rosa sgargiante, fugaci ed evanescenti come lingue di fuoco. Un dono del genere era raro e carico di significato per la loro gente, un simbolo di protezione e buon auspicio, dato solo a coloro che stavano per intraprendere un nuovo cammino nel mondo.

-In questo modo i tuoi antenati veglieranno su di te e ti terranno fuori dai guai- disse la giovane avvolgendo la fascia intrecciata tre volte attorno il suo polso prima di fissarlo. -E conoscendoti non sarà affatto un compito facile-.

Kaleb osservò affascinato il bracciale che gli avvolgeva il polso ammirandone le numerose sfumature verdi e azzurre che si rincorrevano man mano che l’intreccio procedeva. Deana interruppe con delicatezza la sua contemplazione prendendogli la mano fra le sue, aveva gli occhi lucidi. -Da quando i tuoi genitori se ne sono andati e ti abbiamo accolto nella nostra famiglia, sei diventato come un figlio per me. Vederti andare via mi spezza il cuore, ma so che è tuo desiderio seguire le orme di tuo padre e diventare un soldato per servire e difendere i più deboli- confessò accarezzandogli il viso. -Questo mi rende molto orgogliosa e sono sicura che anche Aren e i tuoi genitori direbbero lo stesso, se fosse ancora qui con noi. So che non sarà la stessa cosa, ma se lo desideri ti darò la mia benedizione-.

-Sarebbe un onore- rispose Kaleb con la voce resa roca dall’emozione. Deana sposto le mani sul suo capo e lo fissò intensamente negli occhi. -Ricorda bene quello che sto per dirti Kaleb Davenson e fanne tesoro per gli anni a venire. Vivi la tua vita senza rimpianti, proteggi le persone che ami e non avere paura di aprire il tuo cuore a chi ti sta accanto. Sii umile e ubbidisci, ma senza perdere di vista la tua coscienza, ricorda, tu sei il solo e unico padrone dei tuoi pensieri. Non considerarti mai migliore degli altri e continua ad imparare dal mondo che ti circonda come un bambino curioso e libero da pregiudizi. Sii forte e lotta per i tuoi ideali, e più di ogni altra cosa, bambino mio, non dimenticare chi sei. Che la luce illumini sempre il tuo cammino e gli antenati guidino i tuoi passi- disse la donna, poi si allungò e depose un bacio leggero sulla sua fronte.

Eileen si accorse di stare trattenendo il respiro solo in quel momento. Una benedizione non era qualcosa che si elargiva a cuor leggero. Era percepito come la trasmissione dei valori più importanti da seguire nel corso della vita. Questo significava che sua madre non si aspettava di vedere tornare Kaleb alla fine del suo addestramento. Il senso di desolazione le trafisse il cuore come una pugnalata.

-Ti ringrazio Deana, questo significa molto per me- disse il giovane strappando Eileen dalle sue elucubrazioni. -Vi ringrazio per i vostri doni, li conserverò con cura. Però ora perdonatemi, penso che tornerò a casa, sarete stanche tanto quanto me e ci sono ancora alcune cose che vorrei preparare prima di coricarmi- continuò il moro alzandosi dal basso sgabello di legno. Mentre sua madre lo accompagnava oltre la veranda Eileen si trattenne nella stanza iniziando a ripulire le stoviglie strofinandole con la sabbia. Il lavoro manuale aveva sempre avuto il potere di calmarla e affidandosi a quei movimenti meccanici smise di pensare.

-Non devi essere triste bambina mia, finito il suo addestramento Kaleb tornarà qui a Nead. Non si tratta di un addio- disse Deana alla figlia quando si furono finalmente coricate. Eileen annui meccanicamente, pur sapendo che non c’era verità in quelle parole.

Quella notte faticò ad addormentarsi e quando finalmente riuscì a prendere sonno il suo riposo fu tormentato da ombre e sussurri.

Poco prima dell'alba la rossa rinunciò definitivamente a quel riposo forzato e scivolò fuori dalle coperte senza svegliare la madre. Cercando di non fare rumore, si infilò le braghe di lana sopra una camicia di tela grezza, recuperò un secchio da sopra uno scaffale e si mise i logori stivali di pelle ai piedi. Prima di uscire sulla veranda recuperò il suo mantello da uno dei ganci di ferro battuto inchiodati ai lati della finestra e vi si avvolse strettamente calando il largo cappuccio sul viso, poi uscì.

L'aria frizzante del mattino le fece pizzicare le guance, mentre il cielo cominciava a schiarirsi e gli alberi della vallata mutavano colore iniziando a striarsi di rosa e oro. Senza perdere tempo Eileen si immerse fra le case, attraversando le vie deserte diretta al centro del villaggio. Oltre le tende chiuse delle abitazioni si cominciavano a sentire i primi movimenti dei compaesani appena destati. Lo scricchiolio delle assi di legno, il frusciare dei vestiti o il cozzare della ceramica, segno che di lì a poco le strade non sarebbero state più vuote. Dunque la ragazza aumentò il passo e in breve giunse alla sua destinazione. Facendo attenzione a rimanere all'ombra delle case prese ad osservare la situazione davanti a lei con un cipiglio severo. Circondata giardino rigoglioso e protetta da un muro di pietra che le arriva al petto, si erigeva la dimora del Sorvegliante Attis. La struttura era la più grande e sfarzosa di tutta Nead e anche l'unica ad essere costruita interamente in pietra. Mentre le altre case del villaggio erano per lo più costituite da legno e paglia, il grande edificio era stato costruito con grandi blocchi di pietra bianca, sviluppandosi su due piani. Porte e finestre erano decorati da bassorilievi dai motivi floreali, dai quali, di tanto in tanto, si vedeva sbucare il volto di una volpe. Il simbolo della casata del reggente, visibile anche sullo stendardo viola e rosso affisso sopra la porta principale.

Davanti all'edificio una dozzina di guardie attendevano in formazione, lo stemma reale ricamato con fili d’argento e oro spiccava sulle divise color della notte luccicando ad ogni movimento. I loro corpi erano protetti da una solida armatura d’acciaio e al fianco ognuno di essi portava una lunga spada. Poco distante alcuni ragazzi del villaggio scherzavano tra di loro, o davano un ultimo saluto alle loro famiglie. Dei trenta giovani che si erano presentati, solo sei avevano superato le prove che il comandante Jokull aveva preparato per loro. Con stupore notò che l’unico cadetto che cercava non era ancora arrivato.

Fu in quel momento, mentre setacciava ogni angolo della piazza, che si accorse dello strano capannello di persone rintanate sotto l'ombra della vecchia quercia del villaggio. Dovevano senza dubbio essere stranieri, a giudicare dai lunghi mantelli da viaggio che li rivestivano fino all'orlo degli stivali e dagli strani fagotti allungati che tenevano legati alla schiena. Si trattava di un fatto insolito. Nessuno passava da quelle parti in quel periodo, dato che la festa della mietitura era passata da un pezzo, ed erano troppo numerosi per essere un gruppo di cacciatori. L'ultima visita che si aspettavano al villaggio prima dell'inverno era quella dei nomadi. In quel momento l'attenzione di uno dei forestieri si spostò su di lei, inchiodandola sul posto. Nonostante il pesante cappuccio che gli copriva il capo, Eileen giurò di aver visto lo scintillio di due occhi chiarissimi e in qualche modo familiari.

-Sapevo che saresti venuta- esclamò improvvisamente una voce alle sue spalle. Per lo spavento Eileen quasi perse la presa sul manico del secchio. Con un movimento fluido si volse, trovando il sorriso sornione di Kaleb a pochi pollici dalla sua faccia.

-Sei in ritardo- sbottò corrucciata cercando di nascondere il proprio imbarazzo, non era da lei farsi cogliere alla sprovvista in quel modo e in un attimo si dimenticò degli occhi scintillanti dello sconosciuto. Il giovane corrugò la fronte dando un rapido sguardo alle sue spalle.

-Non credo proprio, stanno ancora aspettando l’arrivo del comandante Jokull-.

-Spero partiate prima dell’alba, altrimenti quei poveretti cuoceranno dentro l’armatura- disse Eileen accennando ai soldati. Il giovane scrollò le spalle. -Non preoccuparti per loro, procederemo a cavallo, ne hanno portati addirittura per noi, anche se la maggior parte degli altri ragazzi non sa cavalcare- rispose mentre il suo sorriso si affievoliva. -Cosa succede? Non vedi l’ora che io me ne vada?-.

Eileen spostò nervosamente il peso del corpo da una gamba all’altra. -Certo. Non è forse ciò che più desideri? È fin da quando hai imparato a parlare che aspetti questo giorno- sbuffò cercando di ignorare il grumo di amarezza che le si era incastrato in gola, doveva essere felice per lui. Aveva lavorato sodo per arrivare a quel punto. Eppure, non riusciva a scacciare quel maledetto senso di tristezza che l’accompagnava da giorni.

-Hai ragione, aspetto questo momento da una vita, ma pensavo fossi venuta a salutarmi- sussurrò con un filo di voce.

La rossa deglutì a vuoto. -In realtà mi stavo recando al torrente a prendere dell’acqua, vedi?- replicò facendo dondolare il secchio che stringeva nella mano destra. Le tremava la voce, aveva paura di apparire ridicola.

Gli occhi di Kaleb si velarono di malinconia. Fece per dirle qualcosa, ma fu interrotto da due braccia sottili e abbronzate che gli circondarono il busto, iniziando a spingerlo verso la casa del Sorvegliante.

-Ecco il nostro ultimo candidato!- trillo una voce argentina che Eileen riconobbe subito. Sigrid, la figlia di Attis. La giovane aveva in fisico snello e formoso, che quel giorno era fasciato da un lungo vestito color crema, che metteva in risalto la sua carnagione ambrata. I lunghi capelli neri erano trattenuti sulla nuca da un elegante pettine d’avorio lavorato, in modo che non ricadessero sull’ovale perfetto del suo viso. Gli occhi azzurro ghiaccio erano circondati da folte ciglia nere, mentre le labbra piene e rosee erano piegate in un sorriso luminoso, che rivelava i denti bianchi e regolari.

-Presto, manchi solo tu. Non vorrai far aspettare il comandante- continuò la giovane sospingendolo verso gli altri, ignorando la rossa avvolta nel mantello.

Eileen si morse l’interno della guancia così forte da sentire il sapore dolciastro del sangue. Sigrid la detestava fin da quando erano bambine, il suo odio senza fondamento era alimentato dalla madre, che in passato, neanche a dirlo, aveva avuto un brutto scontro con Deana.

Da giovane, la moglie di Attis si era follemente innamorata di suo padre, ma non riuscendo a suscitare in lui alcun tipo di attenzione, aveva cercato di allontanare Deana, l’ostacolo che, a suo parere, si anteponeva tra loro. All’inizio si trattava semplicemente di piccoli sgarbi, scaramucce da poco conto, poi erano iniziate le minacce ed, infine, aveva cercato di attentare alla sua vita. Sua madre era scampata per miracolo all’incendio che distrusse la sua vecchia bottega e sapendo che dietro a tutto c’era la mano di quella viscida codarda, non aveva esitato a denunciare tutto al Sorvegliante. Purtroppo, non aveva abbastanza prove per incriminarla e Attis amava troppo la moglie per prendere dei veri provvedimenti. Così la faccenda era stata messa da parte, ma da quel momento le due donne erano diventate nemiche. Nel corso degli anni Nani si era accanita in tutti i modi nei confronti della loro famiglia, e da quando suo padre era morto, le cose non avevano fatto altro che peggiorare. Aveva addirittura trasmesso il proprio odio a Sigrid, che da figlia esemplare, si era premurata affinché nessuno degli altri ragazzi del villaggio le si avvicinasse, o tentasse anche solo di fare amicizia con lei. Nessuno voleva avere contro la famiglia del Sorvegliante, soprattutto se per coltivare un rapporto con una Strega e il suo piccolo Mostro. Le sole eccezioni erano Mastro Radt e Kaleb, ma anche lui ora se ne stava andando. Cosa che rendeva Sigrid radiosa.

-Aspetta, stavo finendo di salutare- protestò il ragazzo, ma la giovane non si fermò continuando a spingerlo verso gli altri compagni in attesa.

-È ora di lasciarsi alle spalle il passato. Pensa a quanti nuovi posti visiterai e alle centinaia di persone che incroceranno il tuo cammino. Per certi versi ti invidio, quanto vorrei avere la possibilità di visitare il resto del regno- tubò facendo aderire le forme del suo corpo alla schiena del giovane, impedendogli di girarsi.

-Veramente non si tratterà di un’allegra scampagnata. Sto andando ad addestrarmi per diventare un soldato- rispose Kaleb torcendo il collo nel tentativo di guardarsi alle spalle, ma Sigrid posò una delle morbide mani sulla sua guancia costringendolo a tenere dritto il capo.

-La fai sembrare più terribile di quanto sarà- disse prima di iniziare a ridere ad alta voce attirando l’attenzione. Gli occhi di tutti si puntarono su di loro, strappando anche quell’ultimo residuo di riservatezza rimasto. -Prendila come un’avventura. Finalmente potrai farti dei veri amici, delle persone per bene, che potranno aiutarti nel momento del bisogno e rallegrare le tue giornate-.

A quel punto Kaleb puntò a terra i talloni fermando la sua avanzata. Con un sorriso freddo prese gentilmente Sigrid per i polsi e la scostò da sé.

-Ti ringrazio per l’incoraggiamento e la premura. Capisco che possa essere un momento che ti riempie di entusiasmo, ma non ho bisogno di essere accompagnato- le disse prima di alzare lo sguardo per incontrare gli occhi di Eileen, ma la ragazza se n’era già andata.

   
 
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