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Autore: Sinden    28/08/2018    1 recensioni
Visto il buon successo avuto su altri siti di FF, ripubblico anche su EFP questa storia. Roswehn è la nipote del Governatore di Pontelagolungo. Dopo la battaglia delle cinque armate, la sua vita cambierà completamente.
Estratto:
"Io credo che voi siate un grandissimo sovrano. Conosco la storia della vostra vita, l'ho letta. E conosco le gesta di vostro padre. Ho molto rispetto per la nobile famiglia di Bosco Atro." disse d'un fiato, abbassando di nuovo lo sguardo. Suonava tremendamente forzata, lo riconosceva lei stessa, ma doveva provare a convincerlo della sua buona fede. Provare ad ammorbidire quella tensione fra loro due che rischiava di diventare molto pericolosa.
🌟
Fanfiction genere Fantasy/Horror basata su Lo Hobbit - La battaglia delle cinque armate.
Matching: Thranduil e nuovo personaggio.
Genere: Avventura, Fantasy, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Bard, Bilbo Baggins, Elrond, Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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La prima cosa che Regan vide, al risveglio, fu Bard che si aggirava per il dormitorio improvvisato, quello che rimaneva di un palazzo una volta imponente ed elegante.

Il pianto dei bambini affamati e i lamenti dei feriti l'avevano svegliata. Era già incredibile che fosse riuscita ad addormentarsi, in quel freddo e in quelle condizioni. Non c'era un solo muscolo del suo corpo che non fosse indolenzito, per via della corsa a perdifiato lungo i pontili e fra le casette in legno di Pontelagolungo, mentre il Drago si avvicinava da Erebor.

Non aveva mai provato un terrore simile in vita sua, seguito dallo smarrimento di fronte alla devastazione che aveva visto qualche minuto più tardi. Tutta la popolazione di pescatori ed ex contadini si era riversata a Dale, dopo il disastro compiuto da Smaug. Moltissimi avevano raggiunto la terra a nuoto, qualcuno era purtroppo affogato. I suoi genitori erano lì con lei, suo padre, Hannes Monrose, con una profonda ferita a un braccio e sua madre, Yohlande, che l'aveva vegliato tutta la notte, appariva assonnata, ma lucida.

Regan sentì una voce roca che ben conosceva. "E cosa mangeremo ora? Non abbiamo provviste..." Era Edith, che vendeva fiori al mercato cittadino. Una ruvida donna di cinquant'anni, che si vantava di essere l'ultima discendente di una famiglia che aveva contribuito grandemente all'economia cittadina, grazie ai vasi in terracotta e alle piante coltivate nel grande giardino dietro la sua casa sulla collina ad Est, quando il mercato di Dale era grande e famoso e richiamava visitatori dai molti angoli delle Terra di Mezzo. Edith era anche l'unica persona della comunità a chiamarla con il suo vero nome, Roswehn, che nell'antica lingua Dalish del posto significava "rosa bianca". Ma, crescendo, la ragazza aveva deciso che Regan le piaceva di più, era più facile da pronunciare ed era stato il nome di una regina dei tempi remoti di cui la giovane aveva letto, una meravigliosa donna che si diceva avesse amato molto la natura e che, dopo aver rinunciato alla corona del decaduto regno di Arnor, era fuggita nel Lindon, a Nord Ovest, e si era stabilita in un'area popolata fino a quel momento solo dagli Elfi. Era una figura che la giovane Roswehn ammirava per la scelta di lasciare un palazzo meraviglioso e il potere assoluto per dedicarsi ad una vita riservata e umile. La considerava in qualche modo simile a lei.

"I bambini...i poveri bambini..." continuò la fioraia.

"Edith, smettila...non farti sentire. Dobbiamo mostrarci forti proprio per i piccoli, sono già terrorizzati. " Disse sua madre.
La donna non replicò. Dal suo volto trasparivano sfiducia e smarrimento. Regan pensò che non sarebbero usciti vivi da quella situazione. Erano destinati a morire tutti di freddo e di fame. Era inverno, non avevano cibo né sarebbe stato possibile coltivare qualcosa in quei campi gelati lì attorno. Che avrebbero fatto? Certo, potevano nutrirsi con qualche radice e qualche pesce di lago, ma... per quanto tempo? Tutte le scorte di farina erano andate distrutte nell'incendio al villaggio lacustre. Chi poteva sapere per quanto tempo non avrebbero visto del pane. L'acqua fortunatamente non mancava. I vecchi pozzi di Dale erano utilizzabili, bisognava solo rompere le lastre di ghiaccio che si erano formate sulla superficie e filtrare l'acqua con dei panni. Alcuni uomini ci avevano già pensato.

Regan si alzò e fece per andare a scaldarsi vicino a uno dei falò accesi tra le macerie. Poi sentì un a voce maschile "Regan... Regan!" Era Alaisdar, comandante della guardia cittadina. Dietro di lui, un manipolo di soldati. Erano stanchi, feriti e avevano negli occhi un'espressione che alla ragazza non piaceva affatto. "Ascolta, Regan..."

"Roswehn!" intervenne Edith, con fastidio. "Il suo nome è..."

"Basta Edith!" sbottò Regan. Quella donna era incredibile: come poteva puntualizzare sul suo nome in una situazione del genere? Poi si voltò verso il soldato: lo sguardo di Alaisdar le stava facendo tremare le gambe. "Cosa è successo...parla." Il comandante abbassò gli occhi verdi e un ciuffo di capelli gli ricadde sulla fronte. Guardò sua madre, che come lei si era alzata subito. "Cosa è..." stava per chiedere anche Yohlande.

"Il Governatore, tuo zio...e...tuo cugino. Li hanno...trovati nel lago. I loro cadaveri, cioè." Alaisdar guardò le due donne, addolorato. "Mi dispiace." Yohlande soffocò un grido e si girò di scatto verso Hannes, che dall'espressione della donna comprese tutto. Impallidì di colpo e per un attimo lui e Regan, che tanto si somigliavano , assunsero la stessa, identica espressione di dolore, come se una spada avesse trafitto nello stesso istante il petto di entrambi.

🌿🌿🌿

La notizia l'aveva gelata dalla testa ai piedi. Mai aveva provato qualcosa di simile.

Suo zio e suo cugino erano stati letteralmente schiacciati dalla carcassa di un Drago. Smaug era precipitato nel lago dopo che la grande freccia di Bard lo aveva trafitto nel suo unico punto debole. Le sue pesanti ossa e le membra gigantesche avevano fatto affondare subito il corpo, sotto il quale si erano sventuratamente trovati anche i suoi parenti che stavano tentando una disperata fuga in barca...naturalmente, dopo aver trafugato quasi tutto l'oro presente a Pontelagolungo.

Alaisdar non voleva raccontar loro i particolari, ma Regan aveva sentito uno dei soldati raccontare ad un altro di come i loro cadaveri fossero stati ripescati gonfi d'acqua; a suo cugino mancavano entrambi gli occhi, quasi fossero schizzati fuori per via della pressione. Povero Archie. Beh, quel ragazzo non era mai stato un granché in vita, ma se non altro la sua morte sarebbe entrata nella storia.

La ragazza non era affatto legata allo zio, Viktor Monrose, nè al cugino. Suo zio era solo e con lui viveva ancora l'unico figlio, un ragazzone di trent'anni. La moglie era fuggita vent'anni prima, quando, stanca della grettezza del marito, aveva preferito andar via, un giorno d'estate, lontano dallo squallore casalingo e dall'umidità di Pontelagolungo. Nessuno aveva più avuto notizie su di lei da allora. Nemmeno si sapeva se fosse ancora viva. Regan aveva capito la decisione della donna, anche se criticava in cuor suo la scelta di aver abbandonato il figlioletto all'epoca ancora bambino.

Nei suoi riguardi, lo zio e il cugino erano da sempre stati ostili: la supponenza verso di lei perché era nata femmina, la pessima opinione che aveva lo zio di sua madre, e che non mancava di farle presente
(tua madre viene da una famiglia di pazzi furiosi...e lo è anche lei)
la generale pigrizia che metteva in ciò che faceva. Lo zio poteva passare due ore seduto ad un tavolo a ingozzarsi di frattaglie e di vino...ma non trovava dieci minuti della sua giornata per parlare con la popolazione, e ascoltarne i problemi. Pessimo Governatore. E quel laido Alfrid, da cui non si separava mai. Gli concedeva il diritto di darle degli ordini...a lei, sangue del suo sangue.

Archibald Monrose, detto Archie, era un lezioso e codardo giovane: nominato Consigliere senza averne le qualifiche, bravo nello sperperare il denaro in abiti e preziosi pugnali decorati che non sapeva nemmeno usare. Non sarebbe stato capace di uccidere un orchetto cieco e zoppo, figurarsi. E non era mai stato un cugino per lei, era più...una sorella gelosa. La derideva, quando la sorprendeva nella libreria del Palazzo di suo zio a leggere avidamente i volumi antichi. Favole erano, per lui. Favolette di cui Regan, a suo dire, si riempiva la testa inutilmente. C'erano trattati filosofici, libri di storia e di politica scritti da sovrani illuminati e saggi Stregoni. C'era un'immensa fonte di sapienza in quella biblioteca, dove in pratica solo lei entrava. Quell'ignorante di Archie avrebbe dovuto metterci piede qualche volta.

No, non aveva amato i suoi parenti. Ma la loro improvvisa morte la addolorava e preoccupava. Ora la popolazione era senza Governatore, e suo padre, per quanto uomo buono e intelligente, non poteva prendere il suo posto. Era anziano, e aveva sempre evitato di esporsi al popolo, lasciando suo fratello minore prendere il potere. Molti cittadini sostenevano che fosse Bard, il discendente di Girion, a dover governare e da molto tempo ormai si parlava di elezioni a Pontelagolungo. La famiglia di Bard aveva nobili origini, ma l'Arciere preferiva vivere tranquillo con i suoi figli, che dopo la morte dell'amata moglie Anna erano il centro della sua vita.
Adesso però, Bard sarebbe stato certamente travolto da una nuova responsabilità e stavolta non avrebbe potuto evitarla. Aveva ucciso Smaug. La sua popolarità fra i cittadini era cresciuta smisuratamente. Senza più suo zio, la gente lo avrebbe acclamato nuovo Governatore. O forse Re.

Già, suo zio e Archie.
Come era successo? Regan aveva perso le loro tracce durante l'attacco di Smaug al villaggio. Era intenta ad osservare le acque sporche di Pontelagolungo e a rammaricarsi di quel degrado a cui non sembrava vi fosse soluzione, quando aveva visto nel cielo la terribile sagoma scura avvicinarsi. Poi, in un lampo, tutto era stato avvolto dalle fiamme. Non avrebbe mai dimenticato le urla, lo strazio dei corpi bruciati, il terrore che aveva divorato qualunque cosa in quel momento. E quel calore, quel terribile calore proveniente dalle macerie lasciate da Smaug, quel fuoco che aveva fatto liquefare i portoni delle case, perfino quelli battuti in ferro. Correndo come il vento per salvarsi, era fuggita a casa e aveva ringraziato tutti i suoi dèi quando aveva visto la mamma e suo padre sulla piccola barca che tenevano sotto al pontile. Si erano salvati e le stavano facendo cenno di raggiungerla. Con un balzo era salita a bordo e avevano velocemente preso il largo verso il centro del lago, dove le fiamme non potevano raggiungerli. Avevano sentito in lontananza le urla delle povere persone che non avevano avuto la stessa prontezza nel mettersi in salvo. Quelle urla l'avrebbero perseguitata per molti anni, nei suoi incubi.

Alaisdar chiese un incontro con lei e con i suoi genitori diverse ore dopo aver dato la notizia, e dopo averli lasciati sfogare il loro dolore. Si incontrarono con il soldato in uno degli androni del dormitorio, lontano dagli sguardi degli altri. Suo padre Hannes, con un braccio fasciato e sostenuto da un pezzo di tela, soffriva visibilmente. La morte del fratello e del nipote era stato il colpo finale al suo morale. Aveva il volto pallido e tirato. Sua madre cercava inutilmente di scuoterlo. "Sono dolente di disturbarvi in queste ore terribili" Iniziò il soldato, contrito. "Ma è opportuno mettervi al corrente della situazione". Hannes lo guardò con occhi lucidi. "Cosa devi dirci, Alaisdar? Ti prego di non portarci altre notizie che non potremmo sopportare, amico mio. La mia famiglia è già abbastanza provata."
Il soldato lo guardò, scosse la testa e continuò. "Siete i rappresentanti della famiglia che ha governato la nostra gente negli ultimi anni. Devo informarvi che Bard l'Arciere si è attirato l'ammirazione della gente di qui per aver ucciso il drago. Lo acclamano come legittimo ...capo di questa comunità." Hannes chinò la testa. Sembrò un cenno di rassegnazione.
"E' giusto che sia così. Quell'uomo ci ha salvati tutti. E' comprensibile la loro gratitudine. Anch'io lo rispetto".

Alaisdar annuì e continuò. "Il fatto è, Hannes, che in questo momento sta parlando con Lord Thranduil. Il Re in persona è giunto qui a capo delle guarnigioni elfiche."
Regan aveva infatti visto centinaia di soldati occupare Dale. Un'intera armata, probabilmente giunta durante le prime ore del mattino e silenziosamente in attesa di ordini dal loro re. Perfettamente allineati in formazione, con le loro armature dorate. Era da sempre curiosa di incontrare e vedere da vicino un Elfo, erano creature che vivevano in modo schivo e le leggende su di loro si sprecavano...ma ora che erano lì, la cosa non la emozionava minimamente . Dopo aver visto un Drago attaccare e incendiare Pontelagolungo, dopo ave rischiato lei stessa di morire incenerita, ormai più nulla la soprendeva nè impressionava. Avrebbe potuto ritrovarsi un piccolo gnomo in tasca, e non avrebbe fatto una piega.

"Gli Elfi hanno portato cibo, acqua e perfino olio e vino per la nostra popolazione. Una cosa che mi ha sorpreso: Thranduil ha mostrato una generosità mai vista prima." continuò il soldato. " "...Credo voglia qualcosa da noi. Bard sta discutendo con lui a nome di tutta la cittadina. Probabile che stiano decidendo cosa fare nelle prossime ore...devono stabilire se attaccare Erebor oppure no." Tutti e tre lo guardarono. "E credo che uno di voi Monrose dovrebbe essere presente."

🌿🌿🌿

Suo padre non voleva sentirne parlare.

"Non andrò da quell'arrogante che già in passato ha irriso mio fratello. Thranduil è qui per un unico scopo: vuole garantirsi il nostro appoggio contro Thorin e i Nani. L'aiuto che ci sta dando è interessato. Non gli importa affatto della nostra popolazione. Conosco il suo disprezzo per gli Uomini. Che parli Bard con lui, che sia lui a sopportare il suo sguardo e le sue fandonie. Non ho intenzione di inchinarmi davanti a quel bugiardo!" L'improvviso livore che sentiva per il re di Mirkwood aveva ridato a suo padre un po' di colorito in volto.
Yohlande intervenne. "Già, ma Alaisdar ha ragione. Le guardie di questa città rispondono alla nostra famiglia. Forse la gente sta con Bard, ma l'autorità è ancora in mano a noi, formalmente. Cioè, a te, che sei l'unico fratello del vecchio governatore. Non puoi evitare questo, Hannes."

Regan, nel frattempo, stava ripensando allo zio e ai discorsi che gli sentiva fare spesso sugli Elfi di Bosco Atro, loro vicini. Come suo padre, anche Viktor aveva sempre provato astio per loro. Egoisti, infimi, indifferenti a tutto ciò che esisteva al di fuori della loro oscura foresta, così diceva. Nel tempo, benché non si fidasse molto delle opinioni dello zio, anche la ragazza aveva maturato una certa diffidenza per il "Popolo fatato". Certo, gli Elfi, maschi e femmine, erano creature bellissime e sagge, molto legate alla Natura e avevano il dono prezioso della guarigione...ma erano anche esseri da cui stare in guardia. Aveva addirittura sentito dire che rapissero nel sonno i neonati mortali, per portarli nel bosco e compiere strani riti magici che prevedevano il loro sacrificio. E quante volte l'avevano ammonita di non avvicinarsi al confine con Mirkwood, perché i loro canti e le loro musiche potevano indurre gli umani a seguirli per poi scomparire per sempre?

Tornando ai fatti della città, quello che aveva detto Alaisdar era vero: qualcuno di loro avrebbe dovuto partecipare a quell'incontro. Thranduil avrebbe potuto usare l'astuzia e abilità persuasiva tipiche del suo Popolo per convincere Bard a fare i suoi interessi. Regan aveva fiducia nell'intelligenza di Bard, ma sapeva che l'Arciere non era un politico. Ci voleva qualcuno che parlasse per la comunità, che conoscesse la situazione economica e le esigenze della gente di Dale. Suo zio, il Governatore, conservava tutti i registri, aveva un archivio in cui Alfrid regolarmente depositava tutti i documenti relativi alle entrate di Pontelagolungo. Si poteva dire qualsiasi cosa su Alfrid, ma almeno era un buon contabile. Ora tutta quella responsabilità passava in mano a suo padre Hannes, che di certo in quelle ore non poteva farsene carico: era molto debole, a stento stava in piedi e il suo odio per gli Elfi non gli avrebbe dato la necessaria lucidità. Suo madre non c'entrava nulla con il governo della città e doveva vegliare il marito. Dunque chi rimaneva....lei? Cosa poteva dire in presenza di un Re Elfo millenario e dell'unico uomo che in tutto quel paese miserabile aveva dimostrato un po' di fegato? Del resto, qualcosa sul governo cittadino sapeva, aveva insistito spesso con lo zio per venire ammessa alle riunioni amministrative. Di certo, era più informata di Bard. Inoltre, era curiosa di sapere cosa Thranduil avesse deciso di fare.

"Vado io." disse. Suo padre la guardò, sorpreso. "Cosa?"
"Vado io" ripetè Regan. "Sarò lì solo per ascoltare e verrò a riferirti le loro intenzioni. Poi, tu e Alaisdar discuterete sul da farsi. La mamma ha ragione: per quanto in gamba, Bard non può essere il solo responsabile di questa città e di ciò che rimane di Pontelagolungo. Gli serve il vostro consiglio."
Hannes e Yohlande si guardarono. "No...no. Lascia perdere, tu non c'entri con tutto questo." provò a dire Hannes. Ma Yohlande non era d'accordo. "Beh, perché no? Regan non è una stupida. E poi, non c'é alternativa."

"E va bene. Proviamo." si arrese il padre. "Ma ricorda: ascolta in silenzio, non perdere una sola parola di ciò che dice il Re, ma non rispondergli. Thranduil è un Elfo molto vecchio e molto furbo, indovinerà ogni tuo pensiero se glielo permetterai. Lascia che sia Bard a condurre la conversazione." La madre aggiunse. "E non scordare di trattarlo con rispetto quando verrai presentata a lui, la sua tenda è il suo territorio, anche se si trova all'interno dei nostri confini. Inoltre...credo sia il caso che tu ti dia una rassettata. Laggiù c'è un secchio d'acqua...è gelida, ma pulita. Non vogliamo che il Re e i suoi superbi Elfi pensino che noi uomini ci comportiamo alla stregua di animali."

Regan si guardò. Aveva in effetti un aspetto miserabile. Il suo abito era logoro a addirittura bruciacchiato in alcuni punti. Il viso, nonostante si fosse sciacquata con l'acqua gelida dei pozzi, era ancora sporco di quella che poteva essere fuliggine. I bei capelli, che sciolti le arrivavano fino alla vita, erano come incollati. Ci sarebbe voluta un'ora di pettine per sistemarli, ma non aveva tempo. Si lavò di nuovo il viso, sistemò la chioma castana in un semplice, ma dignitoso, crocchio e uscì all'aria aperta. Per l'abito, non poteva fare nulla.

Dopo una lunga boccata d'aria fredda, si avviò.
   
 
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