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Autore: nikita82roma    28/08/2018    7 recensioni
Ambientata dopo la fine della serie. Kate Beckett e Richard Castle sono al loft, si sono da poco ripresi dal conflitto a fuoco con Caleb, si stanno riabituando ad una loro nuova quotidianità quando Rick legge una notizia sul giornale che attira la sua attenzione e le loro vite saranno di nuovo messe sotto sopra da un passato sconosciuto che viene a galla.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Quasi tutti, Rick Castle, Sorpresa | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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New York

 

L’odore di caffè appena fatto si era diffuso velocemente in tutto il loft. Era una mattina tranquilla, una di quelle che dopo i fatti degli ultimi tempi cercavano di ritagliarsi spesso dopo che avevano ripreso la vita di sempre, dopo la convalescenza affrontata insieme ed un periodo durante il quale erano stati sballottati da una parte all’altra, interrogati da agenzie di stato delle quali ignoravano l’esistenza, richieste di interviste in tv e quella pressione insistente su Kate perché si dedicasse ad altro, perché considerasse di nuovo la possibilità del suo ingresso in politica.

 

Beckett aveva, però, scelto di prendere tempo, di pensarci, di rifletterci. In fondo era stata per poco tempo a pieno capitano del dodicesimo e voleva capire se quello era il tipo di lavoro che le piaceva oppure no. Per ora l’unica cosa che aveva deciso era di fare un passo indietro, evitare di essere sempre in prima linea, lo aveva fatto per se stessa, ma soprattutto lo aveva fatto per Castle. Aveva visto nel suo volto la preoccupazione durante tutto il periodo del suo recupero, più lento di quello del marito, aveva capito quanto mettere in gioco la sua vita lo facesse star male e non voleva più farlo soffrire. Rick valeva quel cambio, valeva più di tutto il resto ed era giunto il momento di dimostrarlo, di trovare un compromesso. Era così tornata al distretto, al suo distretto, a quel dodicesimo del quale si sentiva sempre parte, ma forse non si era mai sentita veramente il Capitano, impegnata fin dall’inizio del suo incarico più a cercare LokSat che a fare il resto. Essere dall’altra parte della barricata, quella che comanda, quella che non agiva ma delegava agli altri era difficile e spesso si chiedeva se ne era veramente capace o se era portata per quel tipo di vita. Più di una volta aveva avuto l’istinto di prendere pistola e distintivo ed uscire sul campo con i ragazzi, soprattutto in quelle azioni più complesse. Poi pensava agli occhi di Castle, sentiva quella nuova cicatrice che ancora spesso le faceva male e si mordeva il labbro e capiva che non doveva farlo. Non era un limitarsi, era proteggersi: se stessa, suo marito, la sua vita ed il suo matrimonio. Lui non le aveva mai chiesto nulla, non le aveva mai imposto niente. Era lei che lo voleva fare, per loro, per quello che erano, per quello che sarebbero stati.

 

Aveva due tazze di caffè in mano, non le sarebbe mai venuto buono come quello che preparava lui, lo sapeva, però quel sorriso che le regalava ogni volta che glielo portava faceva illuminare anche lei, come la prima volta, come sempre. Ora aveva capito cosa voleva dire quando le aveva detto che ogni mattina le portava il caffè solo per vederla sorridere, aveva capito tante cose Kate in quei mesi difficili, lunghi, dolorosi. Mesi nei quali aveva dovuto rivivere in parte quello che già aveva passato anni prima, con traumi vecchi che riaffioravano e si aggiungevano a quelli nuovi e il non essere da sola se da una parte era stato d’aiuto, dall’altra l’aveva obbligata a fare i conti con tante cose di se stessa e del suo matrimonio che non aveva mai voluto considerare a pieno. Non le erano mai piaciuti i bilanci ed invece era stata costretta a farli e non le era piaciuto nemmeno quello che aveva visto come saldo finale. Erano più le volte che avevano rischiato di morire dei giorni di vacanza che avevano fatto insieme e di fatto quella convalescenza era stato il periodo più lungo trascorso insieme senza aver corso il rischio di farsi sparare di nuovo, forse solo perché per lungo tempo non erano stati nemmeno in grado di essere autosufficienti. Era stato frustrante per entrambi, c’erano state lunghe notti insonni fatte di pianti sommessi, di mani che si sfioravano silenziose ed era tutto quello che potevano concedersi come contatto. Erano lì, erano vivi, ce l’avrebbero fatta ed era stata quella certezza a farli riemergere ancora.

Era tutto finito adesso, almeno sulla carta, suo marito era lì, sorridente, prendeva la tazza di caffè dalle sue mani, giocando volutamente con le sue dita, invitandola a sedersi sulle sue gambe. Lo accontentò ed accontentò se stessa. Appoggiò la testa sulla sua spalla, il caffè avrebbe potuto aspettare, e si godeva il suo abbraccio mentre era intento a leggere il giornale, una vecchia abitudine riscoperta proprio nei mesi di convalescenza.

 

- Hai trovato qualche notizia interessante? - Gli chiese vedendolo leggere un articolo parecchio concentrato.

- Uhm in verità sì. Hai letto la storia di quella donna? Quella che è stata ritrovata dopo sei anni dalla sua scomparsa? La credevano tutti morta, ed invece era stata rapita.

- L’agente dell’FBI di Boston dici? Sì, ho sentito qualcosa di sfuggita. Una storia assurda. - Rispose Kate visibilmente meno presa di lui da quella storia.

- Assurda ma interessante, avevano addirittura pensato che nessuno l’avesse rapita ma che era lei la serial killer, poi la verità è venuta fuori.

- Sei molto coinvolto Castle! - Gli fece notare guardandolo spostando i fogli, in modo da avere tutta la sua attenzione.

- Beh, potrebbe essere una storia interessante per un romanzo, non credi?

- Vuoi uccidere anche Nikki Heat come Storm? ti sei annoiato? - Gli chiese quasi preoccupata. Nikki Heat era il suo alter ego il pensiero che Castle potesse essersi annoiato di scrivere di quel personaggio le sembrò come se si fosse annoiato di una parte di se stessa ed era buffo perché proprio in quel momento scoprì di non essere mai stata così orgogliosa di essere la sua musa come lo era quella mattina.

 

- Non ucciderei mai Nikki e non mi sono annoiato. Magari potrebbe indagare su una storia simile. Ed in ogni caso non mi annoierei mai di te.

Voleva ribattere a tono a quella sua risata che sapeva di sberleffo mentre pronunciava le ultime parole, ma non poté farlo, perché lui, come sempre, aveva visto dentro di lei più di quanto fosse lei stessa capace di fare. Kate si sollevò e prese la sua tazza di caffè ancora caldo e ne bevve un sorso, facendo cadere l’occhio sullo stesso articolo che stava leggendo Rick.

- Il marito si è risposato e l’aveva ritenuta colpevole del rapimento del loro figlio e della nuova moglie… Praticamente è passata da vittima a ricercata in un attimo! - Kate commentò la notizia letta velocemente che però interessava tanto Rick.

- Io non dubiterei mai di te e non smetterei mai di cercarti. - Gli disse Rick diventato improvvisamente serio.

- Non ho nessuna intenzione di sparire, Castle.

- Ed io non avrei nessuna intenzione di risposarmi se tu lo facessi, Beckett.

- Beh, è una cosa che non dovrai prendere in considerazione. Come vedi, liberarti di me non è così facile. - Disse portando la mano di lui suo suo petto, dove c’erano quelle nuove cicatrici che solo con il suo aiuto aveva imparato a non temere. Rick le sorrise sospirando e poi la baciò teneramente. Non c’era bisogno di dire altro.

 

Finirono i caffè e poi Kate decise di rilassarsi con un lungo bagno: una delle cose che amava di più del loft era proprio quella grande vasca idromassaggio nella quale poteva rilassarsi da sola o rendere tutto molto più divertente ed eccitante quando Castle decideva di raggiungerla, ma quella mattina non lo fece e Kate non potè dire non esserne in parte delusa. Amava quel suo essere sempre presente, quella ricerca di lei che sfociava quasi nel bisogno. Si era accorta nei giorni di separazione forzata in ospedale che ne aveva tanto bisogno quanto lui e quel periodo non aveva fatto altro che amplificare tutto quello che aveva già provato quando aveva deciso di lasciarlo. Aveva un nodo alla gola solo a ricordare quei momenti. Scomparve per qualche istante sotto la superficie dell’acqua, chiudendo gli occhi più che poteva per non far entrare schiuma e sapone, riemerse poi concedendosi un profondo respiro: non doveva permettere a quei ricordi di farle male ancora. Decise di uscire, perché quel bagno ormai tutto era diventato tranne che rilassante. Aveva bisogno di lui e quando si fu sistemata lo trovò alla scrivania del suo studio mentre faceva delle ricerche su internet, segno che aveva qualche nuova idea che voleva sviluppare al più presto. Lo osservò per qualche istante ferma sulla porta che divideva lo studio dalla camera da letto. Gli piaceva vederlo così impegnato, così preso, aveva sempre amato quei momenti in cui la fantasia e la creatività si mettevano al servizio delle sue idee, facendo nascere teorie che erano state utili più spesso di quanto avesse mai voluto ammettere, almeno in sua presenza, o semplicemente le sue storie.

- Stai ancora cercando notizie su quella storia di Boston? - Gli chiese arrivando alle sue spalle.

- Uh uh… ho letto un po’ di articoli ed ho trovato anche questo video. - Cliccò play sul video e quello che videro era uno degli appelli del marito della donna rapita delle settimane passate. Entrambi rimasero ammutoliti quando un’immagine della donna apparve su video: era più magra, con i capelli più corti e più scuri, il viso segnato dalle privazioni della prigionia ma quella donna, quella Emily Byrne era assolutamente identica a Kate Beckett!

 



Chi lo ha visto avrà capito che questa storia è un crossover con Absentia. Non ho mai fatto storie di questo tipo, è un esperimento ed ho qualche capitolo già scritto chiuso nel mio computer, ma non so quanto regolarmente l'aggiornerò.
   
 
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