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Autore: ArtemisiaSando    30/08/2018    0 recensioni
[Arkhamverse]
April, giovane medico di Boston, a soli ventinove anni capisce di aver messo in pausa la propria vita per perseguire una carriera che l'ha condotta ormai alla solitudine di un appartamento vuoto fra i mattoni cotti dal sole della capitale del Massachusetts.
Quel bisogno di amore e famiglia che per anni, dopo la morte di suo padre, ha allontanato come una malattia senza mai desiderarlo per se stessa, torna con insistenza alla porta del suo cuore imponendole un cambiamento di rotta.
Ingoiando la paura che per una vita intera ha guidato i suoi passi, decide di accettare un lavoro nella famigerata metropoli del crimine, lasciandosi alle spalle un passato logoro e le vecchie abitudini.
Si trasferisce così a Gotham City. Una città che, con le sue contraddizioni, i suoi miti e le sue tetre leggende, riuscirà a coinvolgerla in modi inaspettati cambiando il corso della sua esistenza per sempre.
[Questo racconto è ispirato all'opera videoludica Rocksteady "Batman: Arkham Knight" e fa riferimento agli avvenimenti accaduti nel gioco e nel relativo prequel comic.]
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alfred Pennyworth, Batman, Joker, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
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~19~ Gordon for Mayor 1

James Gordon era sempre stato un individuo estremamente pratico. Il tipo d'uomo che sa di poter dubitare di qualunque cosa, tranne che della propria marmorea testardaggine.

Proprio quello sguardo disilluso e affilato da tutta la necessaria diffidenza gli aveva permesso di restare per anni a galla nel marcio in cui sguazzava la sua città.

La sua città.

Il cumulo di pigra avidità che era diventata, perlomeno. I cittadini di Gotham si sarebbero affidati a chiunque purché riuscisse a mantenere una sola promessa, per quanto piccola, per quanto meschina.

Era stato quel putridume a risputare fuori la carcassa percossa e masticata di Batman, più volte di quante Jim ne potesse contare.

In quello schifo ci era nato, il Cavaliere Oscuro. E Gordon era piuttosto sicuro che, in quello stesso pattume, un giorno o l'altro, ci avrebbe tirato le cuoia. Troppa colpa, troppo onore in quel precario gioco di guardia e ladri. Il confine continuava ad assottigliarsi, giorno dopo giorno, inesorabile, finché non sarebbe più esistito un noi o loro.

Per questo non si era mai ritenuto degno di ricoprire carica alcuna, fra i seggi concavi e impolverati di Gotham, così come avrebbe rifiutato l'incarico di commissario se avesse potuto, se le pressioni politiche non gli avessero accartocciato il cervello fino a costringerlo ad accettare.

E per questo stesso motivo il ticchettio dei suoi pensieri si era bruscamente inceppato quando gli occhi acquosi e affilati di Bruce Wayne si erano piantati nei suoi quella mattina di ottobre, nel bel mezzo del suo ufficio, fra il cartone di una pizza unto e impolverato e un bicchiere dall'alone giallognolo di quell'ultimo scotch consumato a tarda notte.

Lo guardò attentamente aggiustarsi i polsini del completo italiano, come se fosse atterrato appositamente da un altro pianeta per comunicargli quell'assurda fesseria.

- Il fatto è, commissario, che sto pensando di investire i miei soldi su di te. –

- Di che diavolo stai parlando, Wayne? –

Sorrideva con il piglio soddisfatto di un gatto lasciato a poltrire al sole, per questo gli occhi di Jim vagarono immediatamente alla ricerca dello sguardo terreno e occhialuto di sua figlia Barbara.

Avrebbe dovuto sospettarlo. Sospettare che si trattasse di un'imboscata nel momento in cui la sua zazzera rossa era comparsa fra le porte d'acciaio dell'ascensore. Barbara non lasciava nulla al caso, tantomeno era mai venuta a mettere il naso fra le sue cose alla stazione di polizia senza qualche testardo proposito in mente.

L'avrebbe rimproverata, se ne avesse avuto la forza, ma il più delle volte sapeva che sarebbe stato come parlare a un muro. Un muro con la stessa ostinata potenza d'intenti che gli aveva reso vita difficile in molteplici occasioni.

- Papà, è il momento. – sentenziò con la stessa risoluta dolcezza con cui gli aveva parlato da quando era riuscita a mettere insieme un paio di sillabe.

Jim odiava quando i ruoli si ribaltavano a quel modo, ma non avrebbe pure saputo vivere un istante senza quella certezza.

- E' il momento di prendere sul serio la fiducia che i cittadini di Gotham ripongono nel loro amato commissario. Dici sempre che questa città è governata da ombre, che avrebbe bisogno di un nuovo sindaco,  qualcuno che non tema la luce del giorno. Sono anni che parli del tipo di persona che dovrebbe guidare Gotham nel futuro. Papà, noi pensiamo che quella persona sia tu. –

Gordon era più che certo di essersi perso da qualche parte, fra la fiducia e i dannati soldi che Wayne voleva investire, eppure gli sembrò quasi che fossero entrambi lì, in mezzo al caos impolverato dei fascicoli che muffivano sulla sua scrivania, a chiedergli qualcosa che odorava tremendamente di guai.

- Gotham Reborn è ancora troppo giovane, Jim. Spendo venticinque ore al giorno proteggendola da burocrati che vedono Gotham solamente come una cassa in cui riempirsi le tasche. Chi di noi ama ancora questa città, chi ha vissuto tempi migliori, ha bisogno di qualcuno che possa ricordargli quanto le cose possano cambiare. – continuò Wayne allineandosi alla sedia di Barbara, non voleva guardarlo e scoprire di dovergli qualcosa, più onestà di quanta ne stesse mostrando al momento perlomeno.

Invece gli occhi vagarono sui ciondoli viola appesi al manubrio della carrozzina, soffermandosi testardamente sul click ovattato della plastica contro il metallo cromato.

- E di qualcuno coraggioso abbastanza da trascinarci fuori dal passato. O abbastanza stupido. Tendo a dimenticare quale delle due. – sbuffò Barbara con la bonaria teatralità di chi sa di avere la vittoria in tasca, non era mai durato più di cinque minuti con lei, scartava i suoi rifiuti con la testardaggine di un quarterback.

- Di solito non spendo soldi in idee stupide, Jim. Sei l'investimento più intelligente su cui ho messo gli occhi da un po' di tempo a questa parte. –

L'acqua di colonia di Bruce Wayne, invece, lo stava innervosendo. Emanava dal colletto, stirato con cura maniacale, della camicia assurdamente costosa quasi volesse schiaffeggiarlo. Jim faticava a capire perché fosse lì, perché di tutti i pezzi d'oro colato di Gotham si fosse insinuato proprio sotto le sue sottane logore e stanche.

- In breve, vogliamo che sia tu a candidarti per il seggio sindacale, papà. –

La bomba fu sganciata alla velocità della luce, quasi fosse la naturale prosecuzione di una carriera costellata da emicranie e notti trascorse a spaccarsi la schiena per dormire a una scrivania di legno da quattro soldi. L'aveva detto davvero e ora non c'era modo di tornare indietro, di far sì che quelle parole tornassero quatte al mittente per non presentarsi mai più.

Jim Gordon prese un respiro prima di parlare, sicuro che la vena che pulsava frenetica sulla tempia destra sarebbe scoppiata se non avesse dosato le parole. Avrebbe voluto la sua stessa sicurezza, quell'acuta determinazione cristallizzata nelle iridi verdi di sua figlia come in un caleidoscopio.

- Barbara, sai che ti voglio bene. E Wayne, diciamo che tollero la tua presenza e il tuo cuore è generalmente nel posto giusto, ma volete che vi faccia una lista dei motivi per cui credo vi siate bevuti il cervello? – esordì con più veemenza di quanta ne avesse preventivata, le dita che cercavano di allentare frenetiche il nodo della cravatta al collo. Stava soffocando.

- La polizia al momento agisce sul filo del rasoio a Gotham e, ciò che penso il prossimo sindaco debba fare per porre rimedio a questa situazione, va contro tutto quello che ho professato nella mia carriera. Tutto quello in cui credo. La GCPD dovrebbe passare sotto il controllo federale, ma non voglio essere io a fare quella telefonata. Ci sono state giornate storte, parecchio storte, lo ammetto, ma i poliziotti non sono i criminali qui. Se facessi quello che va fatto, li tratterei come se lo fossero. Ho bisogno che tu lo capisca, tesoro. – continuò più dolcemente chinandosi alla sua altezza, odiava quella nuova necessità, l'impossibilità di guardare sua figlia negli occhi e non dall'alto in basso.

Afferrò una mano piccola e tiepida fra le proprie, come in giorni migliori, come se un singolo maledetto proiettile non li avesse mai costretti in quella situazione. Cercò delle parole che morirono nella colpevole dolcezza con cui la ragazza si aggrappò a lui.

- Forse è proprio per questo che dovresti essere tu a ricoprire la carica, papà. Come hai detto, il prossimo sindaco sarebbe comunque costretto a farlo. Almeno saresti nella posizione per fare pressioni e aiutare chi alla GCPD ha bisogno di te. –

Le dita morbide volarono al suo viso ispido e accartocciato, tracciandone i contorni stanchi con una saggezza che non si sarebbe aspettato da qualcuno di tanto giovane. Gliel'aveva fatta di nuovo. Vincere, con lei, era impossibile.

- Okay, okay. Dovreste almeno organizzare uno di quei ... comitati esplorativi, o come diavolo si chiamano. –

Il tono burbero raschiò pericolosamente contro la commozione che gli serrava la gola, rischiando di tradirlo, mentre riacquistava la stazione eretta insieme al proprio orgoglio.  

- Ed è già pronto. Mi serve solo un sì. – chiosò Wayne con la soddisfazione di un felino incastonata negli occhi azzurri. Si era quasi dimenticato che fosse lì, nonostante la stazza da energumeno piantato nelle costose scarpe italiane.  

- Papà, non devi decidere per forza oggi. Abbiamo ancora tanto tempo per venirne a capo. Ed è per questo che lascerò voi grandi a discutere i dettagli. Mi raccomando, non rovinate tutto. –   

La voce acuta di Barbara lo distrasse dai pensieri che, nel suo cervello, si aggrovigliavano ancora attorno a quella disfatta come edera rampicante. Le aveva appena promesso qualcosa di assurdamente pericoloso per la propria sanità mentale, nonché per la sua carriera.

Avrebbe potuto rimangiarsi la parola, rifiutarsi di mettere volontariamente la testa in quel covo di vipere, invece osservò la carrozzina di pelle consunta e metallo cromato scivolare oltre la porta sgangherata dell'ufficio, la mano esile accennargli un saluto prima che le porte dell'ascensore ingoiassero il sorriso storto e la zazzera rossa.

- Lasciare che Barbara facesse il lavoro sporco al posto tuo è stato un colpo basso, Wayne. – borbottò Jim sotto i baffi a spazzola, le mani conficcate così a fondo nelle tasche dei pantaloni grigi da suggerire quasi l'idea che vi stesse cercando il coraggio. O almeno la stessa sicurezza e fiducia che Barbara sembrava riporre ciecamente nei suoi confronti.

- Hey, io sono solo il portafogli. Non è stata una mia idea, te lo garantisco. Ma so come riconoscerne una buona quando la sento. – gracchiò Bruce Wayne senza scalfire il suo entusiasmo, stava fremendo, glielo si leggeva nei chiari occhi azzurri. Si muoveva nel suo territorio d'azione con la sicurezza di uno squalo.

Jim temeva il momento in cui sarebbero rimasti soli, in cui avrebbe dovuto concretizzare i propri propositi e l'idea di passare il resto della giornata a lambiccarsi il cervello su numeri e proiezioni lo esasperava. Per quanto ardentemente l'avesse desiderato, Wayne non svanì magicamente nella nuvola di costosa acqua di colonia che si portava dietro, rimase invece a osservarlo, in attesa.

Svogliatamente Gordon liberò una mano rovinata dalle tasche logore e, dopo un lungo attimo d'esitazione, accennò un invito verso il maciste in impeccabile completo scuro.

   
 
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