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Autore: Daydreamer    31/08/2018    2 recensioni
Sono passati tre anni dall'avventura nel Labirinto. Ora Sarah frequenta un collegio prestigioso e vive serena la sua vita di normale adolescente con i suoi amici. Finchè un giorno strani incubi cominciano a turbare il suo sonno.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 19

Capitolo 19

I danzatori piroettano intorno a me, sento i loro risolini sussurrati, i loro occhi che mi osservano da dietro le grottesche maschere che indossano; sembrano maligni, è questa la prima impressione che ho, ma non mi sento a disagio né in imbarazzo in mezzo a quegli sconosciuti, è come se li avessi già incontrati e non li temo. La musica che pervade la sala è dolce e ipnotica, io mi aggiro tra le coppie che ballano in cerca di qualcuno, sento un desiderio nel cuore, uno struggimento, l’unico mio pensiero è che devo assolutamente trovare colui che cerco. “Dove sei!” esclamo, con una nota di disperazione nella voce che neanch’io mi so spiegare.


“Eccomi Sarah,” dice una voce dietro di me.

Mi volto e mi ritrovo davanti un uomo con i lineamenti affilati e i capelli biondissimi che gli ricadono sulle spalle in una cascata selvaggia.

“Jareth!” esclamo.

In quel momento la musica si interrompe, sento un rumore di vetri infranti e una nebbia oscura comincia a pervadere la sala. Le persone intorno a me gridano terrorizzate, ma quel che è peggio è che Jareth si accascia a terra, coperto di sangue.

******

Spalanco gli occhi con il cuore che mi martella nel petto. Ci vuole qualche minuto perché mi calmi, perché io realizzi che quel che ho vissuto era solo un sogno.

Sono nel mio letto e tra le mie braccia c’è la bambola del Re dei Goblin, la stringo convulsamente al petto, come se avessi paura che qualcuno la portasse via da me. E’ da quando l’ho ritrovata che la tengo nel letto insieme a me, ed è da quando l’ho ritrovata che sogno quella sala da ballo. Solo stasera, però, che ho finalmente trovato quello che ho cercato disperatamente nelle ultime settimane, un uomo che aveva le sue stesse identiche fattezze.

Mi alzo a sedere di scatto, rovesciando le coperte, e mi ritrovo a rabbrividire perché sono madida di sudore gelato. Cerco di razionalizzare: il sogno deve essere un semplice frutto della mia immaginazione, dopotutto avevo ritirato fuori i miei giocattoli dell’infanzia da poco e poi gli abiti e le maschere dei ballerini erano dannatamente simili ai costumi del negozio di abiti usati in cui ero andata con Amy e Natalie.

Cerco di convincere me stessa, dopotutto ho sempre avuto una mente molto fantasiosa e non era la prima volta che mescolavo esperienze che avevo vissuto durante il giorno con cose che avevo letto o ascoltato. Ma in fondo al mio cuore non riesco a togliermi dalla mente che quel sogno era diverso, quel senso di deja vù davanti ai Cortigiani –la parola mi balena nella mente senza che io ci abbia nemmeno pensato- lo avevo provato quando ero nel negozio a cercare la mia maschera, non il contrario.

No, i Cortigiani del mio sogno erano persone che avevo già incontrato, persone che mi avevano intimidito e confuso, ma che in seguito avevo imparato a conoscere meglio; loro erano in qualche modo veri – per quanto assurdo poteva essere – così come era vero il dedalo nebbioso in cui vagavo, sempre alla ricerca di quel qualcuno che avevo scoperto essere Jareth.

Mi giro a sedere sulla sponda del letto. I piedi nudi sul pavimento, le mani sulla fronte a stringere convulsamente le ciocche di capelli che mi ricadono davanti al viso. Sento di nuovo l’emicrania farsi strada nella mia testa. E’ come un muro che devo abbattere, come una barriera che mi impedisce di ricordare. Il Re dei Goblin governava il Labirinto, il Labirinto era il titolo di quel libretto rosso che mi portavo sempre appresso prima di iscrivermi alla Prescott.

Improvvisamente sento il bisogno di trovarlo ad ogni costo. Non riesco a capire il perché, fino a qualche giorno fa non ricordavo neppure di averlo avuto, e invece ora mi sembra la cosa più importante del mondo. Accendo la luce e comincio a cercarlo, apro i cassetti, butto all’aria i miei vestiti e i miei libri di scuola, ma niente.

Non è possibile che non ci sia, ho portato con me il Re dei Goblin, il mio nano di legno, il carillon… tutti gli altri oggetti della mia infanzia che ho scelto di portare con me alla Prescott sono legati tra loro, me ne rendo conto solo adesso, sono tutti legati a quel libro.

Mi fermo in mezzo alla stanza, quello non era non semplice libro fantastico, era qualcosa di più importante, di più potente, che mi riguarda direttamente. Il mal di testa aumenta, è come se il mio corpo non volesse ricordare, come se sapesse che quello che scoprirò –realizzo improvvisamente- mi farà male.

Ma questo non mi importa, devo trovare quel libro, solo allora troverò una risposta a tutte le mie domande. Mi infilo le scarpe da ginnastica sui piedi nudi, poi mi metto una felpa sul pigiama per ripararmi dal gelo dei corridoi della scuola e sgattaiolo fuori dalla stanza.

Se il libro non è in camera, c’è un solo luogo dove posso averlo lasciato: il Pensatoio.

Rapidamente raggiungo la biblioteca e, da lì, la nostra stanzetta segreta. Un nuovo capogiro mi costringe a sedermi.

Ricordi improvvisi mi balenano nella mente, questa stanza la conosciamo solo io e i miei amici, allora perché ho l’impressione che qualcun altro sia stato qui? Un uomo affascinante ma terribilmente irritante, un uomo biondo con i lineamenti da gatto e due occhi straordinari e ipnotici…Jareth.

Ma come è possibile che lui sia stato qui? Che abbia parlato con i miei amici? Lui è un personaggio inventato, non può essere venuto nel Mondo di Sopra (ancora una volta mi ritrovo ad usare con familiarità parole che in teoria non doveri nemmeno conoscere), lui esiste solo nella mia fantasia…o no?

Un tuono squassa il silenzio notturno e, all’improvviso, comincia a diluviare. Il vento sbatte contro la porta finestra, facendola tremare sui cardini, fino a spalancarla. Una folata di vento gelido e di pioggia mi investe e io istintivamente alzo le mani per proteggermi.

“Jareth!” chiamo.

Finalmente ricordo, Jareth era colui che avevo chiamato una sera di quattro anni fa, quando Toby era ancora in culla, perché ero arrabbiata con mio padre e Karen che erano usciti e mi avevano lasciato a casa a badare a lui.

Ricordo la frustrazione che provavo in quel periodo, il senso di impotenza nel vedere che la mia famiglia non era quella che volevo io, che mio padre aveva trovato un’altra donna da amare dopo che mia madre ci aveva abbandonati, spezzando ogni mia speranza che tutto potesse tornare come quando ero una bambina. Ricordo che quella notte diluviava, come adesso, e che Jareth mi era apparso, entrando da una finestra spalancata sottoforma di barbagianni.

Istintivamente mi aspetto che succeda la stessa cosa, ma i minuti passano e non vedo altro che pioggia e lampi. Esco fuori alla ricerca di una figura ammantata di nero, oppure di un uccello.

“Jareth!” chiamo di nuovo, ma nessuno risponde al mio richiamo. Come mai? Penso preoccupata, il Re dei Goblin doveva venire quando veniva richiamato. No? Che gli sia successo qualcosa? Una inspiegabile morsa di terrore mi attanaglia il petto. Non so perché, ma questo pensiero mi riempie di dolore.

Perché provo questi sentimenti? Jareth era stato il mio antagonista, l’avversario da battere. Era colui che aveva portato via mio fratello…

Un lampo illumina la notte e qualcosa di rosso attira la mia attenzione. Il mio libro. Il libro del Labirinto è sull’erba bagnata a pochi passi da me, come è possibile? Lo afferro e rientro. Comincio a scorrere le sue pagine con avidità e finalmente la mia memoria si schiarisce.

I suoi goblin avevano rapito mio fratello e io avevo avuto 13 ore per percorrere il Labirinto. Era stata l’avventura più fantastica che avessi vissuto fino a quel momento, qualcosa che superava le mie fantasie più selvagge, ma soprattutto, qualcosa che mi aveva fatto crescere, che mi aveva insegnato a fare affidamento sulle mie risorse interiori, ma anche a contare su degli amici fidati quando era necessario.

Ma non era stato solo quello, Jareth il Re dei Goblin mi era entrato nel cuore, come una scheggia fastidiosa all’inizio, come qualcuno che mi irritava e mi confondeva, mi faceva paura e mi affascinava. L’avevo battuto, pronunciando quelle parole che gli avevano tolto ogni potere che aveva su di me.

Ma in realtà avevo fatto molto di più, l’avevo distrutto, rendendolo vulnerabile agli attacchi di qualcuno ancora di più oscuro di lui.

In un attimo tutto mi torna alla mente: gli attacchi di Wysa nel sonno, la mia invocazione di aiuto al Re dei Goblin, la sua venuta nel Mondo di Sopra nei panni del bibliotecario LeFay per proteggermi, nonostante la mia sola vicinanza gli provocasse dolore, il modo in cui il Signore degli Incubi mi aveva attaccato anche nel mondo reale, Jareth ferito e io che mi ero volontariamente sottomessa al potere del Labirinto per salvarlo.

Scivolo a terra: la scoperta di un nuovo Jareth. Non l’arrogante Re dei Goblin, ma il sovrano del Labirinto, determinato nella sua missione di salvare il suo regno e i suoi sudditi, tormentato dalla colpa e dalla rabbia per la morte e la sofferenza della sua gente, angosciato per me…innamorato di me.

Ed io di lui, innamorata e pronta ad aiutarlo, nonostante io non sapessi da che parte iniziare; innamorata e pronta a diventare sua Regina, un giorno.

Avevamo fatto l’amore, solo per scoprire che il Labirinto ci aveva in qualche modo influenzato perché io concepissi un bambino. Porto la mano al ventre, colpita da un’improvvisa realizzazione: io non sono incinta, ho avuto il mio ciclo appena la settimana scorsa. Io non sono incinta, e questo vuol dire una cosa sola: ho perso il mio bambino.

Mi raggomitolo a terra, in posizione fetale, e comincio a singhiozzare. Quando avevo scoperto di essere incinta, ero scappata via non dando a Jareth la possibilità di parlare e dando la possibilità a Wysa di cogliermi di sorpresa e di rapirmi.

Avevo tentato di salvare il mio bambino, anche facendo finta di accettare la proposta di quell’essere rivoltante. Avevo cercato di fare del mio meglio per guadagnare tempo e per cercare di aiutare Jareth, giunto ancora una volta a salvarmi perché io ero stata così sciocca da farmi catturare; ce l’avevo messa tutta, ma avevo fallito.

Stringo gli occhi come per scacciare il ricordo, ma è inutile.

Jareth è immobile in una pozza di sangue e io mi allungo verso di lui, esausta e debole per le ferite, riesco a raggiungerlo ma la pelle che tocco è fredda come il marmo.

Jareth era morto per salvarmi, e io non ero nemmeno riuscita a salvare il nostro bambino.

“Jareth…” singhiozzo per l’ultima volta.

******

“Avete sentito…?” chiede una voce nella penombra.

“Mio signore, avete sentito,” un’altra voce si accoda alla prima.

“Ho sentito,” rispondo, irritato, “non c’è bisogno che me lo diciate voi.”

Seduto sul mio trono mi tengo la testa tra le mani, un dolore lancinante mi attraversa il cranio. Mi sono svegliato giorni fa, nel giardino al centro del Labirinto, senza la minima idea di come fossi arrivato lì. Avevo il corpo a pezzi, e quella voce nella testa che mi chiamava.

Era gioiosa, la prima volta che l’ho udita, quando mi ha risvegliato dal mio sonno; come se il mio nome fosse una cosa che per lungo tempo aveva cercato di ricordare. Mi aspettavo che pronunciasse le parole, che desiderasse che qualche bambino fosse portato via dai goblin, ma non era successo nulla di tutto ciò.

Avevo aperto gli occhi e mi ero trovato circondato dalla mia Corte e dai rappresentanti delle varie creature del Labirinto, tutti al mio capezzale, come se fossero preoccupati per la mia sorte. Dai loro resoconti avevo poi scoperto cosa fosse successo: avevo battuto Wysa e i suoi, avevo ucciso il Signore degli Incubi e i suoi sudditi superstiti si erano rifugiati negli angoli più nascosti del suo regno. Sarebbe passato molto tempo prima che fossero di nuovo in grado di rappresentare una minaccia per qualcuno e dovrei esultare per questo. Ma non riesco a provare gioia per aver battuto il mio più acerrimo nemico. Sento un vuoto nel petto, una mancanza, nessuno ne parla, ma so che è così.

E’ colei che mi chiama, non riesco a ricordarne il nome, ne l’aspetto, ma ne sono irrimediabilmente attratto; è lei ciò che mi manca, anche se non so perchè. Fin’ora ero stato troppo debole per rispondere al richiamo, per trasformarmi, per raggiungere il Mondo di Sopra e andare a cercarla.

Stasera sono riuscito a mandarle il libro ed ora è anche peggio. Un’incredibile ondata di disperazione e tristezza mi ha sopraffatto. Perché quella ragazza sta soffrendo in questo modo? E perché io ne sono così affetto? E’ solo un’umana, dopotutto.

******

Mi risveglio sul pavimento del Pensatoio, con le ossa rotte e il cuore in pezzi. Tutte le mie memorie sono tornate, dalla prima volta in cui Jareth mi salvò dall’attacco in sogno di Wysa, fino al giorno in cui sono stata riportata alla mattina dopo il mio compleanno. Qualcuno, il Labirinto forse, aveva manipolato il tempo e lo spazio per farmi tornare al punto di partenza e farmi dimenticare tutto.

Questo mi da speranza che il nostro sacrificio sia servito a salvare il Labirinto, che nel Mondo di Sotto Wysa e suoi siano sconfitti. Ma Jareth? Il pensiero della sua morte mi scava un buco nel petto. L’ho perso per sempre?

L’idea di aspettare un bambino mi aveva confuso e terrorizzato, ma se era l’unico legame che mi era rimasto con Jareth allora l’averlo perso mi distrugge ancora di più. Non poteva finire così. Jareth era troppo potente per morire. Non potevo accettare che non lo avrei più rivisto.

Il mio destino era accanto a lui, io ero la sua Regina, sarei dovuta restare al suo fianco a governare il Labirinto e diventare genitore insieme a lui. Entrambe le evenienze mi terrorizzavano, ma non tanto quanto mi terrorizzi adesso la prospettiva di vivere una vita senza di lui.

Quando lo avevo sconfitto e lo avevo bandito dalla mia vita e dai miei sogni, in fondo in fondo avevo sempre saputo che prima o poi lo avrei in qualche modo rincontrato. Ma ora, ora tutte le mie speranze erano sparite.

I miei amici mi trovano poco prima dell’inizio delle lezioni. Infreddolita e tremante per il freddo preso e per lo shock. Dai loro sguardi capisco che anche a loro è tornata la memoria. Che sanno di Jareth, del Mondo di Sotto e della nostra lotta per salvare il Labirinto.

Non sanno altro ma la mia espressione è abbastanza eloquente.

“Oh Sarah…” sospira Natalie tristemente e poi mi abbraccia.

Gli altri la imitano e io mi lascio circondare dal calore del loro affetto, scoppiando nuovamente in lacrime.

Nei giorni seguenti non mi fanno domande. Non mi lasciano sola, ma non mi obbligano a parlare e di questo sono loro grata. Come potrei spiegare loro ciò che mi è successo? Hanno visto Wysa e quello che può fare, hanno capito che non rivedranno mai più Jareth. Questo è l’importante; parlar loro del mio rapimento e del mio bambino è un dolore ancora troppo acuto e non riesco a condividerlo con loro, per quanto siano i miei migliori amici, non appartengono al Mondo di Sotto e non capirebbero.

Vivo come in un limbo, cercando di andare avanti nella mia vita quotidiana senza andare in pezzi, anche se dentro mi sento perduta e senza uno scopo.

Prima che Jareth tornasse nella mia vita sapevo ciò che volevo fare: andare all’università, studiare letteratura…ma ora tutti i miei sogni sembrano inutili e sciocchi.

All’avvicinarsi della festa di Halloween Charlie mi chiede se me la sento ancora di accompagnarlo; ma io gli assicuro di si. In questi giorni ho evitato la gente il più possibile, ma questo non ha fatto altro che farmi rimuginare sempre di più sul mio dolore. Magari una festa era proprio quello che mi serviva per dare un attimo di riposo alla mia mente.

Quando vado con Amy e Natalie a prendere i vestiti, però, l’abito anni ’30 che ho scelto non mi sento di indossarlo. Mi sta bene addosso, ed è davvero molto elegante…ma mi guardo allo specchio e vedo che la ragazza che ho di fronte non sono io. Mi sono anche truccata e pettinata i capelli con morbide onde, ma nonostante le mie amiche mi assicurino che sto benissimo, io mi sento goffa e innaturale.

“Ragazze, scusate…ma non credo proprio che indosserò questo abito.” Dico mentre mi rispoglio.

“Sei sicura?” mi chiede Natalie, con il suo abito da Trilli scintillante di brillantini.

“Son sicura ragazze…non, non mi sento di venire vestita così alla festa.”

“Magari possiamo chiedere alle sorelle se ci permettono di dartene un altro. Dopo tutto siamo sempre qui dentro. Son sicura che ci faranno questo favore…”

Mentre le mie amiche vanno a cercare le proprietarie, io mi dirigo con decisione verso l’abito bianco che mi aveva tanto colpito.

Non chiedo nemmeno il permesso, tolgo quello che ho indosso e me lo infilo. Mi sta a pennello, come se fosse stato fatto apposta per me. Era identico all’abito che indossai durante il mio primo e unico reale ballo con Jareth.

Mi sciolgo i capelli e li lascio ricadere liberi sulle spalle, e poi cerco la tiara di perle e argento che indossavo quella volta. Ecco, ora sono perfetta, penso con orgoglio.

Mi guardo allo specchio e finalmente mi riconosco. Questa sono io, la Regina del Labirinto, la sua Campionessa. Se avevo perso Jareth, allora quello sarebbe stato il mio destino: avrei trovato il modo di tornare nel Mondo di Sotto e, se lui e le sue creature mi avessero accettato, avrei governato il Labirinto.

******

Un’improvvisa immagine mi passa davanti agli occhi. Un volto pallido incorniciato da lunghi capelli scuri, due occhi verdi trasparenti, determinati e fragili alla stesso tempo.

Creo un cristallo, vedo quella ragazza, una giovane donna avvolta in una nuvola di tessuto di arabeschi iridescenti.

“Sarah…”

“Che hai detto?”

Tearlag mi si avvicina. “Il suo nome è Sarah, mio Signore.”

“La conosco?”

“Si,” mi risponde la cortigiana con una tristezza trattenuta negli occhi.

“Io…voglio andare da lei, allora.”

“Come desiderate…” mi dice lei, inchinando la testa rispettosamente.

Mi affaccio alla finestra, rimango per un attimo a osservare il mio Labirinto, illuminato dalla luce dorata del crepuscolo, e sono stranamente commosso e sollevato. Non riesco a capirne il motivo, visto che non c’è nulla di diverso dal solito, ma non riesco a capire tante cose da quando mi sono risvegliato.

Mi scrollo le spalle, accantonando quel pensiero per il momento, e mi trasformo in barbagianni, diretto verso il Mondo di Sopra.

“Dove stai andando Jareth?”

Improvvisa, la voce del Labirinto, mi chiama.

“Dove credi che stia andando?” gli rispondo con fare sarcastico, “nel Mondo di Sopra. Cos’è, devo chiederti il permesso ora?”

“Sei pronto ad affrontare ciò che ti aspetta?” chiede.

“Non dire sciocchezze, Labirinto, non ho bisogno di essere pronto, io.” Esclamo prima di superare la barriera tra i due mondi.

Ma inaspettatamente un muro d’aria mi blocca, facendomi perdere l’equilibrio e spingendomi in una planata scomposta verso terra. Mi riprendo appena in tempo per ritrasformarmi in forma umana ed atterrare.

“Labirinto, come osi!” sono furioso; come si è permesso di trattarmi come un suddito qualunque.

Faccio per ritrasformarmi ma una nuova folata d’aria mi ributta giù.

“Ora hai superato ogni limite,” gli dico; nessuno comanda il Re dei Goblin, neppure il Labirinto.

“Jareth, vieni da me. Dobbiamo parlare.”

La nota urgente e preoccupata della sua voce è una novità, non l’avevo mai sentito così prima. Quindi domo l’irritazione e mi reco da lui.

******

I ragazzi sono senza fiato quando mi vedono arrivare. Quell’abito non è certo quello che si aspettavano, ed è in un certo modo fuori luogo per una festa di Halloween in una scuola. Ma non mi importava.

“Wow Sarah…sei bellissima.” Mi dice Charlie, porgendomi il braccio nel suo abito da gangster.

C’è già parecchia gente quando entriamo, e molti si girano a guardarmi. Il mio abito non passa di certo inosservato. Ma io sostengo i loro sguardi a testa alta, dopo i Cortigiani e dopo Wysa non saranno certo dei miei coetanei a mettermi a disagio.

Voglio godermi la festa, stare insieme ai miei amici senza pensieri. Da domani proverò a tornare nel Labirinto. Tornerò nel Labirinto e mi metterò al suo servizio. Se lui mi accetterà, prenderò il posto di Jareth e cercherò di ricostruire quello che era andato perduto. Sarò la nuova Regina dei Goblin.

La festa è al culmine e finalmente anche io sono riuscita a rilassarmi un po’, ho ballato un po’ con Charlie e in gruppo con Amy e Natalie e i ragazzi, ed ora ero seduta, e guardavo con un po’ invidia Amy e Danny che ballavano insieme goffi, ma molto teneri e chiaramente innamorati. Quasi tutti si stanno scatenando al centro della sala, ma improvvisamente la musica cambia. Non il ritmo pop delle ultime hit che tutti noi sappiamo a memoria, volenti o nolenti, ma una melodia che ho ascoltato da sveglia una volta sola…ma che non potrei mai scordare.

Mi alzo di scatto, gli altri studenti sembrano non essersi accorti di nulla. Ma quella musica risuona chiaramente nelle mie orecchie, o forse nel mio cuore. Mi guardo intorno, non potevo fare a meno di ricordare il mio sogno, quello in cui rivivevo l’unico vero ballo che io e Jareth avessimo mai condiviso.

Mi si riempiono gli occhi di lacrime, ho bisogno di aria; sotto gli occhi perplessi di Charlie e Natalie mi dirigo verso le porte finestre che danno sulla terrazza del primo piano.

Non osavo sperarlo…era possibile che Jareth fosse vivo? O era il Labirinto che mi richiamava a se, ora che avevo preso la mia decisione di diventare la sua nuova Regina?

Esco fuori e mi appoggio sulla balaustra, ho il respiro corto e affannoso.

“Sarah…”

Quella voce, quella voce…

Non era possibile che la sentissi veramente.

“Sarah…”

Alzo lo sguardo, tremante, ho paura che sia solo la mia immaginazione.

Ma quando alla fine lo vedo, alto e affilato come lo ricordavo, sul volto c’è una cicatrice sottile che gli attraversa la guancia, e un dolore che prima non c’era. Ma è lui, è il mio Re dei Goblin, bellissimo e sofferente.

“Jareth…”

Il suo nome mi esce in un singhiozzo. Le gambe mi cedono, ma lui afferra e mi stringe a se prima che io cada.

“Jareth!”

Piango, lo abbraccio, nascondo il viso nel suo petto e lo stringo più forte che posso. Lui ricambia con altrettanta forza, e sento le sue lacrime scendermi tra i capelli.

Rimaniamo stretti così per un tempo indefinito, fino a che Jareth non ci porta via dalla Prescott.

Epilogo

Siamo seduti nell’alcova di una delle finestre del castello. Stretti l’una all’altra, come abbiamo fatto spesso da quando ci siamo ritrovati.

C’erano tante cose da elaborare, tante cose che dovevamo accettare e tante cose da decidere.

Il consiglio degli Alti Elfi ci aveva convocato per ringraziarci di aver protetto il confine del Crepuscolo. Nel loro palazzo tanto perfetto e magnifico da sembrare una cattedrale, mi ero sentita quasi a disagio, in soggezione, nonostante quelle creature bellissime e terribili ci avessero mostrato una reale gratitudine per il nostro sacrificio.

Ora che Wysa era morto, il confine del crepuscolo sarebbe stato al sicuro per molto tempo. C’era ancora molto da fare perché le cose tornassero come prima, ma la ricostruzione stava andando bene e il popolo del Labirinto era finalmente libero dalla paura a dal terrore che lo aveva attanagliato da molto tempo.

Jareth era ancora debole, le ferite si erano rimarginate quasi del tutto, ma la sua pelle liscia era ricoperta di cicatrici che non sapevo se sarebbero scomparse con il tempo.

Ma in realtà, la cosa che mi preoccupava di più era il suo dolore.

La perdita del bambino era stata una tragedia, ma io ero stata capace di accettarla meglio. Io però ero solo una ragazzina, impreparata e spaventata all’idea di diventare madre. Lui era un essere magico che pensava che non sarebbe mai potuto diventare padre e che quando finalmente ne aveva avuto la possibilità, era stato a causa di una manipolazione dell’entità che aveva il compito di governare e proteggere.

Possibilità che aveva perso ancora prima di poterne veramente gioire.

Per questo ciò che ci avevano detto gli Alti Elfi ci aveva turbato ed emozionato allo stesso tempo. Non erano rimasti indifferenti alle sofferenze e la perdita che avevamo subito, per questo avevano fatto qualcosa per noi.

Non potevano ridarci il nostro bambino, ma avevano fatto in modo che la sua anima non scomparisse nell’aldilà come avevano fatto tutte le altre.

Il Labirinto l’avrebbe custodita.

Avrebbe comportato una grande responsabilità per l’entità, ma gli Alti Elfi avevano decretato che era la giusta espiazione per aver manipolato il suo Re e la sua Campionessa.

“Jareth”

Lo chiamo con la voce che mi trema.

“E’ tutto vero?”

Nonostante tutto quello che avevo vissuto fino a quel momento, il pensiero di non aver perso del tutto nostro figlio era una cosa che ancora non riuscivo a capire del tutto.

“E’ tutto vero.”

Finalmente riuscivo a vedere di nuovo un po’ di speranza e di serenità nel suo volto.

“Jareth io…”

Ora che la prospettiva di poter finalmente iniziare la mia vita come sua Regina si sta davvero concretizzando, e che prima o poi diventerò madre di quel bambino che la crudeltà di Wysa ci aveva strappato, ho paura.

Jareth mi mette un dito sulle labbra.

“Lo so che sei spaventata Sarah…dopo tutto questo tempo pensi ancora che non sappia cosa senti?”

Il suo sorriso sghembo finalmente riappare sul suo viso.

“Abbiamo tutto il tempo del mondo, io e te. Non ti chiederò di diventare la mia Regina adesso. Hai bisogno di tempo…e ne ho bisogno anch’io. Ma questo non vuol dire che, quando finalmente sarai pronta. Verrò nel tuo mondo e ti porterò via.”

Chiudo gli occhi e lascio che le sue dita mi accarezzino la guancia, la magia che emana dalla sua pelle mi riscalda e mi avvolge, prima che le sue labbra si chiudano sulle mie.

Eravamo così cambiati io e lui, all’inizio avevamo messo i nostri desideri e i nostri sentimenti sopra tutto, egoisti e testardi; ma poi il nostro amore era maturato, eravamo stati pronti a sacrificarci l’uno per l’altra e per il bene del Labirinto. Non eravamo ancora pronti per iniziare la nostra vita insieme, non dopo quello che avevamo passato.

Ma non vedo l’ora che quel giorno finalmente arrivi.

  
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