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Autore: ClodiaSpirit_    31/08/2018    1 recensioni
- Si alzò in piedi, insieme all’onda del pubblico coinvolto dall’esibizione, applaudendo.                                                                                                                                     
[...]  Nonostante quello sguardo fosse lontano, Alec poté indovinare che erano diversi rispetto a quelli che aveva visto tante volte. -
Alec è un ragazzo intelligente, giovane, eppure gli manca qualcosa di fondamentale: vivere.
Ma cosa succede quando Alec comincia a fuggire e a rintanarsi a Panshanger Park, durante uno spettacolo dato dal circo? E soprattutto, chi è l'acrobata che si cela e cerca dietro tutti quei volti?
Cosa succede quando due mondi opposti ma simili per esperienze di vita si incontrano?
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Isabelle Lightwood, Magnus Bane
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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prologo
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Clodia's: Good morning, guys.
Oggi non so cosa scrivere qui perché sinceramente mi sento
molto emo e questa volta lo intendo come sadness.

Per quel che mi riguarda io vi auguro
un inizio Settembre buono e migliore
(nel caso avesse avuto tre di questi mesi
non proprio fantastici o come avrebbe voluto fossero)
Oggi è il 31 agosto e niente è già triste così.

Un piccolo indizio che posso darvi sul capitolo è
la parola
aria.
Grazie ancora e non aggiungo altro.






Erano ormai passate le undici e la notte, le varie roulotte e l’erba erano stati bagnati da una pioggia fitta che da poco, si era calmata.
L’aria era umida e la terra saliva alle narici inebriandolo completamente.
Magnus si era tolto tutto ciò che riguardasse il costume di scena, si era attentamente seduto sullo spazio incastonato a mo’ di panca alla finestra. Forse non si era struccato, ma non gli pesava affatto. Molte volte dopo gli spettacoli andava a dormire indossando quel velo colorato o scuro – a seconda del suo umore.
Amava scegliere i colori e abbinarli a quei pochi abiti di scena che indossava per i suoi numeri. Mentre guardava fuori, qualcuno bussò con furia alla porta. Magnus sollevò un sopracciglio e quando quello si ripeté, fece attenzione ad alzarsi dalla piccola sporgenza alla finestrella della roulotte e andò ad aprire trovandosi una Candace dallo sguardo sospettoso e abbastanza irritato.
« Buonasera, Mags! » sbottò. Magnus la guardò preoccupato.
I capelli della ragazza erano raccolti in una crocchia di riccioli ricadenti ai lati del viso, in mezzo a questi portava una spilla - che di solito metteva con uno dei tanti vestiti sul palco – il pigiama o quello che poteva esserne uno, dato le maniche lunghe e i leggins felpati. Ai piedi invece, aveva due pantofole chiuse come se fossero due scarpe da ballerina.
« Buonanotte a quest’ora » la ragazza sembrava profondamente segnata « Candace, stai bene? E’ successo qualcosa? » la voce gli uscì premurosa anche se stanca. Candace lo squadrò andandosi a sedere esausta sul suo letto.
« Non fingere di non sapere, » lo indicò col dito.« so di come sei andato a parlare con Mr. Sanders l’altro ieri, » deglutì la ragazza con il terrore nel tono « ti ho visto sgattaiolare fuori dal suo ufficio e non eri in te » sentenziò.
Magnus cercò di evitare di sentire il dolore all’altezza del fianco e su, sopra, all’addome. Pensò che fosse stato spiato ma in fondo si stava solo creando una visione di come erano andate le cose: l’ufficio angusto, il buio, la vista che gli si annebbiava mentre ritornava alla roulotte quella tarda serata. Finse un sorriso che però si spense subito dopo.
« Candace, ti posso spiegare, » cominciò portando una mano alle tempie per pensare, la testa gli martellava come un tamburo « ho soltanto provato a chiedergli di annullare le ore doppie di allenamento, » allargò le braccia « tutto qui »
Candace aveva i capelli annodati lungo uno chignon mal fatto, alcuni ricci scappavano ricadendo ai lati della sua faccia.
« Tutto qui? Senza dirmelo? » gli fece il verso con voce atona. L’altro scrollò le spalle.
« Cosa volevi, che mi desse un premio in cambio? » scherzò Magnus « È ovvio che non sia servito a nulla, però almeno ho provato-»
« Non è divertente, Magnus » disse seriamente la ragazza « Non si scherza con quell’uomo » lo ammonì « lo sappiamo tutti »
« Non ho scherzato con lui, » ribatté Magnus convinto « ho provato a dirgli come stanno le cose, tutto qua » alzò leggermente la voce e si sentì tirare la pelle, istintivamente si portò una mano al ventre.
Candace se ne accorse e si fece ancora più preoccupata.
« Magnus, ti sei...che ti sei fatto? » la ragazza ebbe paura anche a chiederlo.
Magnus scosse la testa, la mano libera che accennava a un gesto tranquillo.
« Sono solo caduto un po’ di volte dalle corde, mi sono distratto e ho perso la concentrazione » sospirò.
Muovendosi di poco, si andò a sedere al suo angolo di qualche minuto prima.
Candace lo guardò torvo.
« Magnus se è un ematoma, è meglio che qualcuno lo controlli » Candace aveva studiato infermieristica prima di diventare un artista da circo, aveva seguito lezioni e corsi ma non era mai arrivata a diplomarsi per via del declino economico della famiglia.
« Non sarà niente, » la rassicurò Magnus, arricciò le labbra « solo qualche livido »
La ragazza si alzò dal letto e afferrò i bordi della maglia a maniche lunghe del ragazzo.
« Candace- »
« Se è davvero un livido e devo ancora credere al tono e a ciò che ricordo di aver visto alcuni giorni fa, » dichiarò lei alterata « Voglio vederlo con i miei occhi »
In un solo gesto, la ragazza alzò la maglia di Magnus fino al suo petto, scoprendo la sua pelle fino ai pettorali.
Candace si coprì la bocca con una mano. Magnus sviò lo sguardo cercando di non incontrare quello della ragazza.
Due grossi ematomi si trovavano a destra dell’addome, il rosso porpora e il viola si mischiavano al nero, più giù verso il fianco scendeva una riga, forse causata da un oggetto appuntito, sembrava in fase di infezione.
A sinistra c’erano lividi viola e alcuni più piccoli di colore giallo.
« Dio mio, Magnus… » la ragazza adesso aveva la voce bagnata, sconvolta « Questo non è ciò che si ha con una caduta... » Candace aveva visto e avuto modo di studiare molte ferite, contusioni durante i vari corsi e capiva che quello, quello che attraversava la pelle del suo amico era frutto di una violenza. La ragazza spostò con il pollice sotto il mento, il viso di Magnus per far in modo che la guardasse.
Magnus era una statua di cera, impassibile, dipinta nel vuoto. Però una statua dagli occhi lucidi. « Magnus, » disse piano « è stato lui a farti questo? »
Magnus sussurrò, senza un minimo di emozione nella voce.
« Che importanza ha?»
« La ha eccome, » a giudicare dalle ferite che aveva subito, non era la prima volta che Magnus provasse quelle torture, la pelle era un ammasso di lividi anche all’altezza della schiena, adesso che la ragazza lo faceva girare « la ha se ti ha ridotto così, » Candace sembrava sull’orlo di crollare « Quel verme schifoso, quel figlio di puttana...»
Magnus raggiunse la mano dell’amica e cercò di farle forza.
« Candace sono vivo... »
« Per quanto?! » la ragazza si irrigidì, gli occhi si dipinsero di scuro come se immaginasse il peggio « C’è una cosa per i bastardi così: si chiama prigione » sillabò la ragazza « Ed è dove finirà lui, dove finiscono tutti quelli come lui »
Magnus non rispose, rimase in silenzio.
La ragazza si mise a cercare lungo la piccola porzione di spazio, andandosi a cacciare nel piccolo bagno di servizio, convinta nella sua decisione di allievare il dolore dell’amico.
Magnus non le chiese cosa stesse cercando e la lasciò fare. Sembrava impotente.Qualsiasi cosa avrebbe fatto in quel momento, non avrebbe cambiato di certo le cose.
Finalmente Candace ritornò da lui con una cassetta medica che ognuno aveva sempre con sé in caso di graffi o infortuni. Tirò fuori un flaconcino, del disinfettante, delle bende, qualunque cosa potesse servire.
« Se c’è una cosa di cui non sono fiera, » cominciò sempre sulla stessa modalità scossa « è che tu non me lo abbia detto subito, Magnus, » deglutì a forza di ricacciare giù il dispiacere di non aver potuto fare niente prima. « Da quanto tempo va avanti? » lo incalzò mentre applicava il disinfettante delicatamente tamponando la ferita in basso con del cotone.
Magnus strinse forte i denti, contraendosi, il dolore si trasformò in fuoco all’istante, sentì tirare il tessuto, l’alcool gli bruciava la pelle « Va tutto bene, » Candace sembrò riacquistare un tono quasi normale « È normale che bruci »
« Da luglio… »
Candace si rabbuiò completamente.
« Cinque mesi? Cinque mesi e non hai pensato neanche lontanamente di dirlo a qualcuno? A nessuno? »
Magnus si sentì la gola secca e la colpa salirgli in bocca. Odiava il tono con cui la ragazza si stava preoccupando, odiava di aver tenuto dentro quel segreto.
« E che mi dici di Alec? » sussurrò la ragazza. Magnus non voleva nemmeno pensarci in quel momento ad Alec. Un immagine troppo bella di era disegnata intorno a quel ragazzo e non voleva certo sporcarla con... quello. Era come macchiare col fango un opera d'arte, o quasi.
« Non l’ho detto nemmeno a lui, » confessò « Non doveva saperlo nessuno »
Candace lo guardò male, Magnus soppesò di nuovo la sua colpa « So che almeno avrei dovuto confidarmi con te e mi dispiace, avrei dovuto dirlo all’unica che qua dentro sembra volermi veramente bene, » Magnus sembrava inciampare nelle sue stesse emozioni « l’unica che sembra ascoltarmi quando parlo, l’unica che mi capisce»
Magnus scoppiò: lacrime come rivoli d’argento gli bagnarono le guance, mentre la linea nera di matita che prima portava colò sbiadendo due linee troppo perfette.
Candace passò ai suoi lividi, cercando il prodotto per le contusioni.
Lo sentì singhiozzare e allora pensò di essersi lasciata troppo andare, nonostante odiasse sapere che quella bestia lo avesse percosso chissà quante volte e che Magnus non glielo aveva detto, era pur sempre il suo amico.
« Anche Alec sembra volerti bene,» lo guardò con dolcezza « altrimenti non sarebbe qui per te tutte le volte che può, beccandosi le occhiatacce degli altri »
Magnus deglutì, mentre un altro singhiozzo lo scuoteva.
« Alec non deve saperlo » buttò fuori « Non voglio che p-provi pena per me, sai quanto odio che.. v-vedere quello sguardo che ha la g-gente quando insomma... »
« Ma Mags, » Candace gli sollevò il viso asciugandogli una lacrima « credi che proverebbe davvero quello che vedono tutti gli altri? A me non sembra scontato, né tanto meno come tutti gli altri. »
Magnus guardò Candace dritta negli occhi, riflettendo su cosa aveva appena detto. Scosse la testa.
« Non lo è, no… » mormorò tra le scosse del suo petto « Ma non voglio che comunque lo sappia, » sottolineò deciso « Inoltre, posso ritenermi fortunato, » tirò su col naso, cercò di ricomporsi « ho resistito per mesi, perché non potrei resistere ancora per un a-anno? » disse e Candace cercò di interromperlo ma non ci riuscì « Se racconterò questa cosa, voi tutti finirete di nuovo senza niente, per colpa mia e non voglio che succeda… » si asciugò il viso « Non voglio essere la causa e il problema di tutti, se posso fare qualcosa, è questo » terminò alzando il mento in un piccolo spasmo.
« Mags ma non lo sei, » Candace gli accarezzò piano la guancia « Non capisci che devi essere protetto? Non puoi andare avanti così! »
Magnus portò lentamente uno dei ricci di Candace annodandolo al suo dito.
« Candace, » disse Magnus saggiamente, guardandola con quel bene che solo a lei voleva « ognuno ha il suo numero, la sua parte: questa è la mia »




**




« Credo che la lontananza ti farà bene, mi farà bene Carl. Forse diventerai finalmente ciò che meriti di essere » sentiva l’eco delle parole dell’ex moglie e sembrò sussultare appena in tutta la confidenza costruitasi in anni di rimproveri e di osservazione della figura paterna. Non ricordava più nemmeno l’ultima volta che il padre lo aveva guardato fieramente, se non per i suoi quasi trent’anni quando aveva deciso di partire e andarsene dalla Carolina del sud, luogo amabile ma fin troppo poco per la sua scarsa intelligenza e prontezza, come affermava il padre. Uomo di alta stima, imprenditore, fattosi da sé e per sé. Le origini del capo circo erano per metà britanniche e metà americane, infide e velenose.
« Diventerai un uomo finalmente, quindi. Non dipenderai più da noi e metterai in pratica tutto ciò che ti ho insegnato, ciò che realmente conta nella vita » aveva esordito suo padre alzando il mento, lo sguardo risoluto sul suo unico figlio « non è vero, Carl? »
Se c’erano due cose che importavano per Mr. Sanders sugli insegnamenti di quella figura risonante e ricadente come piombo sui suoi obiettivi presenti, erano la fama, la ricchezza, la sicurezza che avrebbe fatto udire il suo nome fin dove sarebbe arrivato senza contare sull’aiuto e supporto di nessuno, arrivando a schiacciare anche chi deteneva il podio.
E questo contava sia dove si trovava adesso, sia dove sarebbe stato appena la sua testa gli avrebbe costruito l’altra possibile e inimmaginabile meta.
« Tu sarai come me un giorno. Carl, sei padrone della tua vita. Non gli altri, non chi sfrutta il sentimentalismo come arma, quello non vale a nulla »
Il che spiegava perché suo padre fosse stato lasciato in tarda età - ma a dirsi ancora non troppo anziana - alla madre, forse stanca di quell’uomo ancorato a una mentalità troppo ottusa, troppo originale per i gusti coniugali. E di conseguenza questa spiegava l’indole e il destino che era capitato a lui con la sua di coniuge. Erano della stessa pasta, stessa matrice, stessa radice.
Mr Sanders era ciò che era per metà del suo grande esempio e per metà della sua maturata incoscienza.






Magnus sembrò sentirsi meglio. Si svegliò dopo esser crollato, perché Candace aveva insistito per farlo riposare, per fermarlo dalla pazzia che voleva ancora portare avanti. Appena fu certa che si fosse addormentato, era ritornata alla sua roulotte. La luce del giorno lo irradiò portandogli un po’ di sollievo. Anche il suo corpo ne aveva tratto beneficio, l’addome gli faceva ancora male, ma era come se fosse anestetizzato in qualche modo e sentisse il dolore solo a metà dopo i trattamenti premurosi della ragazza.
Magnus pensò di doverle il mondo, letteralmente . Era sempre stato lui a fare molto per tanti, ad ascoltarli, a provare a risolvere in qualche modo i loro dubbi. Persone della sua infanzia, persone della sua adolescenza. Il suo scudo era formato da questo: non sapeva quando fermarsi ad aiutare gli altri, era una sua caratteristica.
Si alzò per bere qualcosa, consumò un succo di frutta la prima cosa che trovò nel mini frigo. Poi, si mise di nuovo in piedi, contento di riuscire a non ricadere indietro e a passi piccoli e lenti, camminò verso il tendone. Nessuno era ancora in giro, il che significava che fossero almeno le otto.
Ancora nessuno aveva deciso di alzarsi.
Magnus sperò solo che quell’uomo non si presentasse a dargli il tormento. Raggiunto il tendone, ad aspettarlo dentro, c’era l’unica persona che Magnus pensava dovesse rimanere il più possibile lontano da quell’orrore: Alec. Si portò le mani lungo i fianchi, sorrise di sua spontanea natura senza filtri.

« Alec » si portò in avanti per andare a salutarlo meglio.
« Magnus » Il ragazzo aveva quel fare distratto forse consapevole, come se sapesse, infatti subito dopo lo chiese. « Scusa se sono venuto così presto, ma proprio non riuscivo a restare a casa, va tutto bene? » Magnus avanzò mentre captava che il suo malumore era percepibile ancora, nonostante fossero passate ore. Sospirò.
« Non è un problema, non lo è mai… » si sfiorò la spalla « Diciamo che è stata una giornata… assolutamente impegnativa » concluse.
Alec inspirò, osservandolo meglio.
« C’è qualcosa che posso fare per insomma… farti stare meglio, » Alec cominciò a muovere le mani in avanti, gli occhi che erano il doppio della dolcezza « vuoi parlarne magari? » disse finalmente. Magnus respirò aria vuota, la richiuse dentro, sorridendo soltanto.
« Grazie, ma non è niente che non si possa risolvere »
« Sicuro? » Un sopracciglio andò in alto mentre l’altro restò al suo posto. Magnus rise giusto un po’, guardò la piattaforma già pronta con la corda al centro e il peso spostato di lato.
« Sono sicuro, Alexander » e dicendo così, posò il piccolo giacchetto contro la seduta, fu un attimo e si preparò per andarsi a mettere in posizione « Come stai tu, piuttosto… » Alec guardò in basso, sembrava confuso, perso. Magnus lo notò all’istante. Non parlò subito, guardandosi le mani, torturandosi le nocche.
« Potrebbe andare meglio. Tutto, tutto quanto » deglutì buttando giù quel pensiero, frustrato. Le mani sul viso come uno scudo sicuro e le gambe che si erano già sedute per terra. Magnus si allontanò di nuovo e gli si mise affianco, incrociando le gambe.
« Cos’è che non va, che succede? … » non poté mentire in quel frangente. Lo sentì strano, come distante.
« Che cosa non succede, forse sarebbe meglio dire » Alec si grattò la testa, le mani che ricadevano sulle gambe piegate.
« Prova a spiegarmi » lo guardò « Alexander, sono qua » continuò « Non inizio se prima non ne parli » si intestardì, ma la sua voce era colorata di pacatezza, i palmi delle mani aperti all’insù. Alec lo guardò, cercando il modo, allora provò a fissare il pavimento perché gli riusciva meglio non avere gli occhi di Magnus che lo interrogavano.
« Ricordi quando ti ho detto che, beh… la tua era una bella storia? Quella dei tuoi genitori, intendo…» Magnus annuì piano. « Beh, la verità è proprio questa: la fortuna che hai avuto non è paragonabile con ciò che ho avuto io, che continuo ad avere… » Magnus sapeva che la voce di Alec era così bassa e atona per evitare che si spezzasse, gli si mise di fronte allora, inclinò il capo per cercare di notare i suoi occhi grandi « Da quando ho quindici anni, i miei hanno cominciato a litigare. E pensavo, rise amaramente quale non lo fa? Mia sorella, Izzy, mi diceva che era normale. A volte capita di riprendersi per motivi futili, giustificabili »
« Non mi avevi detto di avere una sorella » puntualizzò Magnus
« Sì, credo mi sia sfuggito ultimamente… la chiamo Izzy ma il suo nome è Isabelle...è più piccola di me, ma è la mia roccia. C’è sempre stata, anche se per ora è fuori per lavoro. Quanto vorrei fosse qui… » spiegò.
Magnus annuì, capendo, avvicinando la mano destra inconsapevolmente sul ginocchio di Alec, quella si muoveva disegnando piccoli cerchi inesistenti per calmarlo come poteva. « Comunque, ecco, arrivo a sedici anni. E i miei continuano. Passo i diciassette e mi ritrovo all’età che tutti lodano, che non vanificano perché insomma, diventi un adulto Alec sentì la voce farsi fragile « e come adulto dovresti farti sentire, capire e non continuare a pregare di non sentire le urla dei tuoi alle due di notte e i piatti della cucina rompersi e la porta sbattere » Magnus non ce la fece più e gli sollevò lentamente il viso. Alec sostenne lo sguardo dell’altro « Arrivi ai venti e vorresti solo cominciare a finirla di pensare possa smettere. I ventidue e i ventitré passano in un lampo perché sei fuori casa e quindi vivi. Ritorni ai ventiquattro, cioè adesso e vorresti solo fuggire. E l’unica cosa, l’unica cosa che ti fa stare bene, veramente a tuo agio » Alec stava pensando a come la sua voce si fosse spezzata ma nonostante ciò continuò, come nulla fosse, ridendo mentre si strozzava « è venire in un tendone da circo a pochi metri di distanza » sorrise malamente e deglutì « … Sono ridicolo, tutta questa situazione lo è »
Ridicola è la vita, pensò con l’unico grammo di speranza che gli si aggrappava dentro.
« Non dire altro…»
Magnus sentì il petto cedere e allora, prese d’istinto Alec e lo coprì in un abbraccio, le mani intorno alla sua schiena, la testa tra la sua spalla e l’incavo.



**




Stettero in quella posizione per un po’ anche quando Alec smise di sentirsi come se l’aria mancasse, gli piaceva respirare l’odore di Magnus, quel profumo di sandalo, lo rilassava. E più lo respirava più si sentiva meglio.
« Magnus, » mormorò nell’aria « grazie »
Magnus però non lo lasciò andare « Mi sento meglio, adesso » continuò Alec.
« Questa volta tocca a me chiedertelo: sicuro? » gli chiese piano.
Alec annuì dentro quella morsa piacevole. Non avrebbe voluto staccarsene. Magnus si staccò piano e lo guardò per accettarsene.
« Puoi smetterla? » ridacchiò mentre Magnus lo guardava attentamente, affilava lo sguardo, dritto, di lato, a sinistra, a destra « Magnus! » lo riprese, le fossette che si formavano per le risate.
Magnus sembrò soddisfatto.
« Ecco, ora, che sono sicuro » confermò. Si alzò e gli tese una mano, Alec la afferrò « Che ne dici di aiutarmi? »
« Aiutarti? » domandò.
« Sì, farmi da assistente » indicò la corda al centro « ho bisogno di qualcuno che tenga fermo il peso, ovviamente ti spiegherò come si fa » « Un ammiratore, un consulente d’immagine, ed ora un assistente » replicò Alec, Magnus scoppiò in una risata, le pieghe attorno alla bocca « Sono curioso di sapere che ruolo avrò la prossima volta »
« Mi piace essere versatile, Alexander » si pavoneggiò quasi, Alec restò con quel sorriso confuso stampato addosso « Allora, vuoi aiutarmi o no?»
« Oh...okay, sì, certo » annuì velocemente.
« Bene » sorrise Magnus, si posizionò sotto la corda e appena l’altro fu vicino, indicò il piccolo peso da quasi 1 kilo e mezzo « Come ti dicevo tempo fa, il peso è difficile da giostrare ma con un po’ d’occhio, » suggerì « puoi capire come non farti fregare. »
« E sarebbe? » chiese attento Alec.
« Ti basta sapere che appena questo sale più della metà continua per conto suo, dato che io, » Magnus indicò la corda « sarò la sopra e secondo la forza di gravità crollerei giù e noi non vogliamo che questo succeda »
« Assolutamente no » replicò Alec.
« Quindi, dovrai solo seguire le mie istruzioni mentre mi arrampico sopra e cerco di fare qualche figura, andrà tutto bene » terminò sicuro. Alec sembrava aver capito. Peso troppo su, Magnus giù. Peso più giù, Magnus su.
Era chiaro. « Ah, un’altra cosa » Magnus cominciò ad arrampicarsi e Alec era già pronto a tenere il peso fermo « molto tempo fa, è successo che il peso si bloccasse, per nessuna ragione, » Ad Alec sembrava un elegante scimmia che si arrampicava per raggiungere qualcosa di luccicante in cima, era così agile che subito il paragone all'animale gli sembrò sbagliato perché mancante di bellezza « se succede non andare nel panico okay? »
« Okay, tutto chiaro » replicò. Magnus era arrivato quasi in cima. Le gambe si avvinghiavano alla corda e le braccia di aiutavano nel movimento.
« Alexander, » Alec si sentì chiamare e allungò la visuale sull’altro « Adesso, prendi il peso e cerca di alzarlo un po’ »
Alec eseguì l’indicazione che gli era appena stata data. Il peso si posizionò e Magnus cominciò a muoversi: portò i piedi annodati sopra e la testa in basso mentre divaricava le gambe creando un arco.
« Perfetto, adesso, » Magnus si spostò piano ritornando alla posizione iniziale, gambe legate attorno alla corda e braccia piegate con le mani che vi si aggrappavano « prova ad alzarlo di più ma non di molto » disse chiaramente, la voce sforzata.
Alec sollevò la sfera del peso con entrambe le mani su, ma questa non si sistemava. Riprovò di nuovo e questa non rispondeva al suo sforzo.
« Magnus ho quasi fatto, » provò a sollevare anche le braccia, stringeva i denti, mise più forza. Solo allora il peso si sbloccò « Okay, adesso dovrebb-»
In un solo secondo, Alec vide il peso cominciare a sfuggire dalle sue mani, allora allungò le mani sopra la piccola rientranza - che era il manico- e cercò di riportarlo giù. Non ci fu proprio nulla da fare, Alec fu sollevato istantaneamente insieme al peso e mentre saliva su, mentre si staccava con i piedi, sentiva il battito farsi frenetico, sbattere contro il petto, la testa svuotarsi completamente.
Alec si degnò di aprire gli occhi. Era praticamente alla stessa altezza dell’altro e se lo ritrovò di fronte.
« ALEXANDER! » parlò forte Magnus, scosso, sorpreso. L’altro era praticamente sospeso in aria, gli occhi serrati per l’altezza. « Okay, cerca di non pensarci, respira, respira » gli disse per calmarlo.
Alec deglutì forte e cercò di respirare ma pensava solo ai suoi piedi sospesi e alle gambe che ora praticamente non avevano più il suolo sotto di loro, ma l’aria « Alexander, guardami » d’altronde l’altro non poteva guardare altro in effetti « Adesso mi sbilancerò avanti e indietro, cercando di fare muovere la corda » la sua mano era avanti, Alec muoveva il capo senza una ragione « Cercherò di avvicinarmi a te, » continuò anche se la sua voce era presa dall’ansia « E quando te lo dico io, dovrai saltare, okay? »
Alec annuì anche se pensò di stare soltanto di stare continuando ad agitarsi per inerzia. Magnus mimò un va bene, respirò profondamente e cominciò a muoversi allargando le gambe avanti e indietro, avanti e indietro.
La forza nelle braccia di attivò e le vene si fecero evidenti, scattanti sotto la sua pelle.
Alec pensò che sarebbe rimasto lì volentieri se solo questo non avesse significato avere paura di trovarsi a non so quanti metri da terra.
Con un colpo di reni, Magnus si trovò a protrarre il braccio, la mano in avanti, Alec la guardò e in un solo istante la afferrò.
« Alec, adesso, » disse « SALTA!» gridò Magnus. Alec si diede una spinta in avanti, senti il corpo spostarsi e sembrò non cadere mai...
« Tieniti forte, stringiti a me » mormorò Magnus.
Alec si trovò a girare. La sua testa girava, il tendone girava. Magnus girava. Si concentrò meglio e si trovò praticamente Magnus davanti. Le mani di entrambi erano strette intorno alle loro schiene e la mano destra di Magnus teneva ancora saldamente la corda. Erano in un groviglio stretto, i loro corpi si toccavano, le gambe di Magnus cercavano di tenere Alec il più fermo possibile.
« Devo solo, devo solo muoverla un altro po’ così che il peso si abbassi » lo rassicurò. Alec sembrava fissare tutto, tutto quanto. Sembrava come quegli animali curiosi e spaventati che fissano dappertutto tranne chi vuole aiutarli. « Alec, devi fidarti di me » disse all’improvviso l’altro.
Alec lo guardò, la paura negli occhi ma la sensazione subito densa e vivida che era puramente ovvia e non un mistero.
« Lo faccio. Mi fido di te » sussurrò impercettibilmente. Magnus respirò di sollievo, annuendo. Lo fissò, forse troppo a lungo prima di iniziare a spostare il peso lateralmente.
L’altro distolse subito la sua attenzione e allora tutto sembrò muoversi. Magnus non poté fare a meno di accorgersene lo fermò, rintracciando i suoi occhi. In un altra occasione forse, avrebbe trovato la cosa comica o addirittura fastidiosa, ma appeso com'era con l'altro terrorizzato, aumentò solo il suo sentimento di dover agire e armarsi solo di buona volontà.
« Non guardare in basso, ricordi? » gli disse dolcemente.
« Potrei bloccarmi... e rimettere, s-sì » completò Alec. Magnus annuì sollevato, in qualche modo sereno che almeno Alec rispondesse alle sue parole, voleva dire che si stava riprendendo.
Magnus si ritrovò ad aumentare la velocità dell’oscillazione della corda, nonostante tenesse anche Alec e fosse tenuto da lui. Quel pensiero lo portò ad evitare di pensare a quanto il suo braccio desse i primi segnali di cedimento. La corsa del cordame incominciò a creare semicerchi nell’aria, delle piccole curve che si ingrandivano.
Alec boccheggiò meravigliato. Adesso i suoi occhi si aprivano completamente. Sembrava una danza fluida, ondulatoria, un insieme di giravolte innumerevoli al secondo. Adesso, rideva.
« È... » esitò, vedeva il manto blu sopra la sua testa girare come se quel cupolone imitasse il cielo in pieno vorticare « E’ come avessi le ali, » alzò la voce euforico «Dio, è come volare »
Magnus rise insieme a lui, annuendo in risposta. L’aria creava il vento che a velocità che li colpiva e scompigliava loro i capelli.
« Sì, sì è vero... » I sorrisi si sprecavano e la meraviglia si plasmava, era arte aerea. Alec pensò che nemmeno da piccolo era riuscito a capire così, fino in fondo il significato di avere la testa fra le nuvole e letteralmente adesso, era in alto e ci stava in mezzo, vedendo Magnus che sorrideva e ogni tanto, controllava la presa. Dopo pochi giri in cui la velocità aveva preso il suo ritmo, il peso cominciò a scendere e così come quello scendeva, cominciavano a rallentare anche loro. I cerchi diminuivano, dimezzandosi, azzerandosi.
All’arrivo atterrarono dolcemente a terra, sempre l’uno stretto all’ altro, il respiro corto di Magnus e quello mozzato di Alec. Il peso si era abbassato, ristabilendosi completamente.
Toccarono la terraferma con i piedi, fermi, mentre cercavano di riprendere entrambi fiato.
« È stato... assurdo » sussurrò a malapena Alec. Si sentiva ancora lassù, perso nel volo, neanche fosse un uccello.
« Sì... » Magnus si sfiorò con un dito l’orecchio.
« Hai, hai un… » Alec si interruppe per poi proseguire « aspetta, » allungò una mano allontanandola dalla schiena dell’altro, per spostargli delle ciocche di capelli sudati davanti la fronte « ecco, fatto »
Magnus s’irrigidì un po’ ma il tocco di Alec lo portò a respirare più faticosamente, il petto andava come un treno e l’unica cosa che voleva era concedersi un po’ di felicità. Felicità. Dopo quella giornata, voleva solo smettere di stare male e di dar peso a ciò che non andava nella sua vita. Stare male, soffrire, pensare. Emozioni delicate, stupide emozioni… ma quella che voleva non accendeva il pianto, non era destinata a quello. Alec lo guardava ancora e lui si diede poco tempo, giusto come se sentisse di rivelare un segreto. Uno che nemmeno lui aveva ancora capito.
Guardò le sue labbra e si sporse per baciarlo.
Fu un bacio delicato, leggero, che Magnus pensò di lasciare come si lascia un piccolo fiore sull’ uscio di una porta, un cuore di carta.
Quello che non capì o di cui non si rese conto però, fu che non era ancora finito perché Alec aveva ricambiato il bacio, continuandolo. Cercò di restare lucido ma era inevitabile, Magnus si sentì tanti piccoli fuochi esplodere dentro.
Le loro bocche si cercavano e il bacio si approfondì ulteriormente, mentre Magnus sentiva la mano di Alec dietro l’incavo del suo collo. Tutto era così spontaneo.
Il contatto di Alec era inesperto, come se fosse la prima volta per lui, ma stava dando tutto ciò che aveva. E si sentiva.
Magnus si intenerì, non sentiva di dover reprimere nulla, il sapore di Alec era tutto quello che gli bastava in quel momento... ed era completamente perso. Sentiva il suo calore, la sua presenza, sentiva il suo cuore battere forte contro il petto come se stesse per esplodere ma era così dannatamente bello, così tutto dannatamente forte che avrebbe voluto avere il cuore pompargli in quel modo sempre, tutte le volte.
Era un po’ come salire sulla corda, ma vibrava secondo un ritmo diverso.
La sua lingua si incontrava con quella di Alec e gli venne soltanto voglia di prolungare ancora quell’istante.
Si staccarono per riprendere fiato e Alec giurò di vedere Magnus chiudere gli occhi prima di guardarlo.
Uno di fronte all’altro. Le fronti premute insieme.
Si ritrovarono a ridere entrambi, mentre i loro sorrisi facevano luce sulle loro anime.

   
 
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