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Autore: Voglioungufo    01/09/2018    5 recensioni
|NaruSasu| AU | Light-Horror
“Stanno cominciando a credere che io mi sia innamorato di un fantasma, non ci facciamo mai vedere insieme e…”
“Se volevi un ragazzo trofeo da sbandierare in giro credo che tu abbia sbagliato persona” lo interruppe secco.
Naruto si ammutolì, rendendosi conto di aver parlato troppo e, soprattutto, di essere stato frainteso. Sasuke aveva serrato la mascella e tutto il suo corpo si era irrigidito, poteva avvertire la tensione dei muscoli contratti sotto la pelle.
Si alzò dal materasso e salì su di lui a cavalcioni, stendendosi un poco in avanti. Appoggiò una mano sulla sua fronte e gli tirò dietro la frangia sudata e cercò il suo sguardo, ma Sasuke lo stava evitando accuratamente.
“Io non voglio un ragazzo trofeo” disse seriamente “Io voglio te” e gli baciò la fronte “Voglio te anche con le tue fisime mentali sulle persone e i luoghi affollati”.

Naruto non ha nessun ricordo. Sasuke cerca di nascondere qualcosa.
[La storia partecipa alla Challenge estiva del gruppo facebook SASUNARU FanFiction Italia.]
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Iruka Umino, Itachi, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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I
Yes, I know that love is like ghosts
 
 
 
 
A trentadue anni, Sakura Haruno poteva vantarsi di aver realizzato la sua vita: era indipendente, aveva una famiglia che amava e il lavoro per cui si era laureata. Negli alti e bassi nella sua vita questi tre punti erano i galleggianti che le impedivano di affondare nei momenti bui. E ne era orgogliosa.
Aveva dovuto lottare con le unghie e con i denti per essere presa sul serio, per riuscire a trovare il suo posto nell’ospedale di Konoha come psicologa. Un po’ per l’ancora presente diffidenza nei confronti di quella materia fraintesa dai più, un po’ per la ristretta mentalità maschilista del luogo del lavoro e un po’ per la sua giovane età. Era stata una vera e propria guerra, ma alla fine aveva vinto.
Ovviamente non era un lavoro tutto rosa e fiori, c’erano periodi in cui la pesantezza emotiva le rendeva difficile separare il lavoro dalla vita privata, a volte restava coinvolta un po’ più del necessario.
Era, per esempio, il caso del paziente che aveva davanti in quel momento. Quando le avevano detto che avrebbe dovuto relazionarsi con un uomo che aveva perso la memoria aveva seriamente tremato, temendo di non essere all’altezza.
Naruto Uzumaki era un ragazzo di ventotto anni con il sorriso più luminoso e spontaneo che avesse visto e forse era stato proprio quello a convincerla ad accettare. Sorrideva anche se non aveva un singolo ricordo del proprio passato, conosceva il proprio nome solo perché era scritto nella carta d’identità. Per scoprire il resto avevano dovuto cercare.
Naruto non era nato a Konoha, ma a Uzu, un’isola sperduta immersa nella natura e con un solo paese. Lì aveva passato l’infanzia con il nonno a causa della prematura morte dei genitori. Aveva frequentato le elementari, le medie e le superiori serenamente, senza che nessun evento particolare venisse segnalato. Poi, suo nonno era morto d’infarto e, forse per scappare dal dolore di quella perdita, aveva venduto tutto per fuggire a Konoha, la grande città portuale e universitaria. Si era iscritto all’università, ma nemmeno dopo un anno la sua permanenza nella città era stato coinvolto in un incidente. L’incidente che gli avrebbe cancellato la memoria, l’incidente causato solamente da una stupida distrazione alla guida. Il guidatore del piccolo camion stava mandando un messaggio con lo smartphone, così da non notare il ragazzo attraversare la strada sulle strisce pedonali. Il resto era facile da immaginare.
Grazie un pronto intervento dell’ambulanza era riuscito a sopravvivere, anche se era caduto in un lungo coma. Si era risvegliato due anni dopo, quando tutti credevano che non ci fossero più speranze. Si era risvegliato, ma senza sapere nulla, né il proprio nome o la propria lingua. C’era voluto un anno di riabilitazione perché tornasse a ricordare le conoscenze basilari, come scrivere o leggere o le nozioni imparata alle elementari. Un anno perché diventasse un essere umano autonomo, ma senza ricordi di chi fosse.
Una situazione davvero delicato che Sakura aveva seguito dall’inizio e continuava a seguire tutt’ora a distanza di quattro anni dal suo risveglio. Era rimasta intenerita da quel ragazzo spaesato, che chiedeva spiegazioni su ogni cosa, anche quelle che Sakura aveva imparato a dare per scontate. In un certo senso era stato come accompagnare un bambino per mano alla scoperta del mondo. Naruto non aveva ancora recuperato la memoria, ma ormai in quei quattro anni era riuscito a formare dei ricordi su cui sostenersi.
Erano riusciti a ricostruire comunque il suo passato, ma Sakura sapeva che non era la stessa cosa di ricordare personalmente. Chissà quanti dettagli erano ignorati nel resoconto che avevano stilato, soprattutto perché c’erano buchi enormi. Ma la cosa che più aveva incuriosito la psicologa era che nessuno era mai venuto a trovarlo durante la sua permanenza in ospedale.
Era vero che Naruto era ormai un orfano senza famiglia e che si era trasferito da poco a Konoha, ma a Uzu doveva esserci per forza un amico, un insegnante, qualcuno a cui importasse di lui.
Zero.
Naruto sembrava letteralmente privo di qualcosa che lo legasse al suo passato. Ma Sakura non aveva mai voluto farlo notare, temeva una brutta reazione da parte del paziente, che invece si mostrava sempre più reattivo a ogni seduta. In quattro anni aveva fatto passi da giganti, ormai Naruto era un perfetto essere umano funzionale. Da un anno e mezzo aveva ottenuto anche il permesso di vivere da solo e aveva trovato lavoro come commesso in una libreria non poco distante dal suo appartamento.
Andava decisamente tutto bene, ormai le loro sedute assomigliavano sempre di più a chiacchierate fra amici, in cui le raccontava quello che succedeva durante la giornata,i propri sogni e insieme cercavano indizi che potessero aiutarlo a sbloccare la memoria.
Sakura era certo di poterlo fare.
“Domani è il mio giorno libero” disse Naruto seduto sul divanetto con fare sciolto “Sono felice, potrò fare quello che voglio per tutto il giorno”.
“Lo passerai con Sasuke?” gli domandò facendo un piccolo sorriso, mentre il volto del ragazzo si illuminò.
“Credo di sì, non lo so. Fra un po’ inizia la sessione per lui, è un po’ nervosetto” ridacchiò.
Perché tra le tante novità che erano successe, c’era anche quella di aver trovato l’amore della sua vita – come sosteneva teatralmente Naruto ogni volta che ne parlava.
Sasuke era un universitario poco più giovane di Naruto, nonché il suo fidanzato. Per Sakura all’inizio era stata una sorpresa scoprire che il suo paziente preferito fosse gay, ma poi aveva accolto serenamente la novità e aveva seguito quella storia d’amore con interesse.
All’inizio Sasuke si era presentato solo come uno scorbutico cliente che lo faceva sempre andare ai matti con le sue richieste assurde su libri sconosciuti, ma poi a una seduta Naruto le aveva rivelato che gli aveva chiesto di uscire.
“Perché lo hai fatto?” aveva chiesto Sakura sorpresa.
“Perché mi piace quando non fa lo stronzo” era stata la risposta, poi aveva fatto una faccia imbarazzata, quella che faceva quando pensava di aver fatto qualcosa di sbagliato “Ho fatto male?”
No, aveva fatto bene perché Sasuke aveva accettato e ormai stavano insieme da otto mesi. Quella era la prima relazione che aveva, almeno che ricordasse, quindi ci si era buttato a capofitto senza nessun paracadute, come si fa a ogni primo amore. Quel suo gettarsi con cuore e anima aveva fatto preoccupare Sakura, temeva come il novello fidanzato potesse reagire una volta scoperta la situazione di Naruto, temeva lo ferisse.
Non era mai stata così felice di sbagliarsi, non solo Sasuke si era dimostrato comprensivo e tranquillo con la faccenda, ma aveva supportato Naruto nel suo percorso e, recentemente, era perfino riuscito a sbloccargli un ricordo.
Era il primo ricordo da quando si era risvegliato.
Da un lato Sakura era stata gelosa che a riuscirci fosse stato un ragazzo conosciuto nemmeno tre mesi prima, ma in realtà quella era stata una delle telefonate più belle della sua vita.
Era un ricordo molto breve, di Naruto da bambino e riguardava quando i genitori erano ancora vivi, perché lo vedeva protagonista mentre diceva loro una poesia che aveva imparato a scuola. A quanto pare Sasuke l’aveva accennata mentre conversavano e lui si era ricordato di averla già sentita.
Una meravigliosa coincidenza che Sakura sperava avesse reso la memoria di Naruto più elastica.
“Sono certa che troverà del tempo per te” gli assicurò intenerita.
“Ma certo, dattebayo!” confermò con quell’espressione che aveva coniato quando ancora faticava a pronunciare certe parole “Anzi, appena finisce la seduta ci troviamo”.
“Viene a prenderti?” domandò interessata. Nonostante i due si frequentassero da otto mesi, lei non lo aveva ancora incontrato. A sentire Naruto era un tipo davvero solitario che non parlava mai con nessuno e odiava stare nei luoghi affollati, li evitava come la peste. In più non aveva ancora fatto coming out e aveva proibito a Naruto di andare a trovarlo all’università o passare nell’appartamento che condivideva con un collega.
Infatti scosse la testa. “No, ci troviamo da me. oggi facciamo la serata thailandese e Disney”.
“Ogni tanti potreste andare in un ristorante…” buttò lì casualmente.
Naruto le sorrise imbarazzato. “No, non importa. Mi piace stare a casa con lui” e fece un sorriso imbambolato, come se la sua mente si fosse persa in mari profondi. Mari che Sakura non voleva approfondire, almeno non in veste di psicologa. Aveva deciso da tempo di non voler sapere nulla dell’intimità tra i due, nonostante la curiosità.
“Allora direi che è arrivato il momento di lasciarti andare” scherzò indicando l’orologio “Vorrai prepararti”.
Naruto allargò il sorriso scendendo dal lettino. “Prima devo passare in libreria, ho dimenticato le chiavi di casa lì” ridacchiò.
Ridacchiò anche Sakura, perché nonostante tutto la sbadataggine di Uzumaki in quei quattro anni era rimasta invariata.
“Allora a venerdì?”
“Solita ora, solito posto” confermò alzandosi a sua volta. Invece di stringergli la mano come faceva con gli altri pazienti lo abbracciò affettuosamente. “Mi raccomando, comportati bene”.
Naruto le rivolse un ultimo sorriso smagliante prima di uscire. “È quello che faccio sempre” assicurò.
 
**

La libreria in cui lavorava Naruto si chiamava “Sotto il mare” a causa della sua vicinanza alla spiaggia. Konoha era una città marittima, che in estate attirava frotte di turisti per l’ampio litorale tra le scogliere; mentre l’inverno era sempre presa d’assalto dagli studenti, visto che era una delle poche città della regione del Fuoco ad avere un’ampia scelta universitaria.
A Naruto piaceva il posto dove lavorava, perché aveva un’ampia vetrata che si affacciava direttamente sul lungomare e nei momenti di noia era piacevole osservare fuori il via e vai dei passanti.
All’inizio il proprietario, Kabuto, lo aveva assunto solo per un motivo di integrazione e riabilitazione, perché era stata la direttrice dell’ospedale in cui era ricoverato a chiederlo, ma doveva aver fatto una buona figura perché non lo aveva ancora cacciato. Era un bel posto e aveva fatto amicizia con i colleghi.
Quando entrò era quasi l’ora di chiusura, quindi tra gli alti scaffali non girava quasi nessuno. Riuscì a trovare subito Ino, una delle sue colleghe, appoggiata a una stipite con un sorriso sornione sul volto, su un dito faceva roteare un mazzo di chiavi.
“Cercavi queste, ragazzo meraviglia?”gli domandò compiaciuta.
“Ops” ridacchiò “Allora sono rimaste davvero qui”.
Ino gliele lanciò e lui le prese al volo.
“Dovresti fare più attenzione, un giorno rischierai di perderla davvero” lo rimproverò. Teneva i capelli biondi legati in una coda alta, ma alcuni ciuffi sfuggivano a coprirle parzialmente un occhio azzurro contornato da matita nera e mascara.
Spesso i clienti chiedevano se fossero fratelli. Anche Naruto aveva scompigliati capelli biondi che sembravano non vedere un pettine da anni e gli occhi del colore dell’oceano, un volto attraente e squadrato. In più entrambi erano accumunati da un carattere frizzante ed esplosivo.
“Vai dal tuo ragazzo?” domandò Ino lisciandosi una ciocca. Probabilmente si stava annoiando e voleva qualche pettegolezzo per aspettare più serenamente l’orario di chiusura.
Annuì. “Si mangia thailandese oggi”.
“Ogni tanto potresti anche portarlo qui e presentarmelo, sai?” si lagnò “Anche solo per capire com’è la sua faccia, per approvartelo, ecco”.
“È venuto qui un sacco di volte” le fece notare esasperato “Non ci credo che tu non lo abbia mai visto”.
“Negativo” incrociò le braccia al petto “Nemmeno Kabuto l’ha mai visto. O Shikamaru, o Choji… sicuro che sia reale?”
Si permise una risata compiaciuta. “Fidati, è molto reale” disse con un tono carico di sottintesi.
Il volto dell’amica si illuminò immediatamente di malizia. “Reale come? Andiamo, raccontami”.
Scosse la testa ridendo e cercò una rapida fuga, ma Ino lo afferrò prontamente per la maglia.
“Dai, non lasciarmi così, voglio sapere!”
“Ti lascio immaginare” le suggerì.
“Ti lancio un libro dietro!” lo minacciò.
“Così Kabuto ti licenzierà”.
Ino sbuffò dal naso, ma almeno lo lasciò andare.
“La prossima volta che trovo qualcosa di tuo in giro lo butto via” asserì seria “Così impari”.
“Andiamo, Sasuke è riservato. Si arrabbierebbe se dicessi certe cose in giro…”
“Uffa” lo guardò contrariata “Almeno portalo domani sera”.
Naruto corrugò gli occhi, sorpreso dalla proposta. Il 31 Agosto ci sarebbe stata una festa nella zona del lungomare, con bancarelle e artisti di strada, al porto erano state anche montate delle giostre da lunapark. Loro con gli altri due commessi della libreria avevano pensato di andarci, visto che erano liberi.
Si immaginò con Sasuke in mezzo alla gente, a comprare lo zucchero filato, provare i giochi con le freccette e andare poi sulla ruota panoramica. Era una bella scena.
“Gli chiederò” promise.
Ino esultò stringendo le mani a pugno. “Fantastico, finalmente sapremo chi è la persona che ti ha rubato il cuoricino”.
Le sorrise accondiscendente e la salutò, riuscì finalmente a lasciare la libreria. Sasuke era un pignolo assurdo ed era capace di infuriarsi per un solo minuto di ritardo.
Certo, però, era strano che Ino non lo avesse mai visto. Prima di uscire insieme, quando Sasuke era solo il cliente stronzo, era entrato molto spesso nella libreria. Per dire, anche solo al loro primo incontro avevano fatto abbastanza confusione che era impossibile che la collega non li avesse notati.
 
Naruto stava sistemando i libri appena arrivati sugli scaffali, salendo e scendendo dalla traballante scaletta in metallo. Mentalmente cantava una canzoncina che aveva sentito alla radio ed era estraniato dall’ambiente circostante. Era il tramonto e loro stavano per chiudere, infatti nel negozio c’era solo Ino alla cassa per registrare i conti di quella giornata. O almeno così credeva.
Agilmente scese la scaletta fischiettando. Qualcosa gli si parò improvvisamente davanti. Sussultò per lo spavento e fece un passo all’indietro, rischiando di inciampare sulla scaletta.
Era un ragazzo, forse un liceale visto i tratti giovani ed eleganti del volto dalla pelle liscia, pallida e priva di qualsiasi imperfezione. I capelli erano lisci, lucidi e scuri come le ali dei corvi, e dello stesso colore erano anche gli occhi a mandorla, grandi e profondi come l’abisso dell’oceano. Il naso era una linea dritta e sottile, equilibrato e poco vistoso in quel volto d’alabastro e le labbra sembravano essere state disegnate con un pennello.
Naruto pensò che quel ragazzo fosse bellissimo e inquietante, perché continuava a guardarlo fisso in volto senza dire niente, senza mostrare una sola espressione.
Deglutì, chiedendosi se gli servisse qualcosa, ma prima di riuscire a porre quella domanda ad alta voce, il ragazzo parlò.
“Naruto?”
Provò un secondo di smarrimento nel chiedersi come conoscesse il proprio nome, ma poi ricordò che Kabuto aveva preteso portassero una targhetta con il proprio nome sulla divisa e si maledì per essersi lasciato suggestionare.
“Sì?” domandò pronto ad ascoltare la richiesta di quello che sembrava essere un potenziale cliente.
Il ragazzo rimase zitto e continuò a fissarlo da capo a piedi, studiandolo con sguardo critico. Cominciava a sentirsi in imbarazzo.
“Ti serve qualcosa? Cerchi un libro? Posso aiutarti?” snocciolò a disagio.
Gli occhi scuri tornarono a puntarsi su di lui e Naruto avvertì un brivido di disagio scivolare lungo la schiena.
“Mi chiamo Sasuke” disse lentamente alla fine il ragazzo. Aveva una voce più dura e secca di quello che aveva immaginato. Prima di riprendere fece una lunga pausa che lo lasciò sulle spine “Puoi aiutarmi, sì. Sto cercando il libro The tale of the ghost on the shore. L’autore è Jeremiha Huron e voglio l’edizione della casa editrice Trails del 1887”.
Lo guardò sbigottito qualche secondo. “Uhm… io…” esitò guardandosi tra gli scaffali titubante “Non so se lo abbiamo…”
“Non te lo ricordi?”  domandò sprezzante.
Fu un’infelice scelta di parole, perché accostate a quel tono lo fecero sentire mortificato, ma ebbero anche il risultato di farlo infuriare. Il che era ridicolo, quel ragazzo era solo arrogante, non poteva minimamente immaginare la sua situazione.
“Non ricordo tutti i libri presenti nel negozio” rispose cercando di rimanere professionale, nonostante volesse gridargli contro “Dammi un secondo e vado a controllare nell’archivio”.
Fumante di rabbia si diresse da Ino e le chiese di guardare al computer, dandole le informazioni ricevute dal ragazzo.
“Non lo abbiamo” rispose dopo qualche minuto.
“Possiamo ordinarlo?”
“Mh, è per un cliente?” domandò incerta “Perché non lo ristampano da più di vent’anni, devo vedere se riusciamo a trovare qualche copia…”
Annuì. “Ho capito. Tu provaci, nel caso gli diremo che non è più disponibile”.
Tornò dal ragazzo, che lo aveva diligentemente aspettato dove lo aveva lasciato.
Gli spiegò brevemente la situazione, lo stomaco chiuso in una morsa che non riusciva bene a comprendere.
“Se ci lasci il tuo numero di telefono ti chiameremo o ti manderemo un messaggio quando ci arriverà” gli propose.
Ma Sasuke scosse la testa. “Passerò io”.
“Ma…”
Non aveva potuto protestare oltre, perché lo aveva salutato con gesto della mano e chiamandolo per nome, le labbra piegate in un sorriso compiaciuto.
Ed era stato di parola, nel mese successivo era passato in libreria ogni giorno con altre assurde richieste, spedendo Naruto ai matti, ma facendolo anche innamorare di lui.
Il libro, in ogni caso, non era ancora arrivato.
 
**
 
Nonostante il calore di fine estate e l’aria umida che caratterizzava la città di Konoha, a Naruto piaceva stare sotto le coperte leggere e sfatte, a contatto con il corpo nudo del suo ragazzo.
L’orologio digitale segnava le 20:56, ma loro due non avevano ancora cenato, appena Sasuke si era presentato alla sua porta con le borse di plastica del thailandese e la maglietta in cotone leggero aveva saputo fare solo una cosa: tirarselo contro e baciarlo. Sapeva che erano finiti in camera da letto in qualche modo, ma tutto quello che ricordava erano le sue mani che si muovevano frenetiche sul suo corpo, le sue labbra voraci che gli divoravano prima la bocca e poi il collo e i loro corpi a contatto in cerca di una frizione.
Naruto non sapeva se fare sesso fosse così bello in generale o solo con Sasuke, certo era che sentiva il costante bisogno di toccarlo e assicurarsi che fosse davvero lì con lui, che non stesse sognando.
Gli baciò una spalla, strofinando poi la guancia contro la curva del collo. Sentì Sasuke intrecciare le loro dita e poi ruotò la testa a guardarlo con un sorriso sbieco.
“Già stanco dopo un solo round?” lo derise.
“Io? Ma figurati” ricambiò il sorriso impertinente “Posso continuare tutta la notte”.
“Eccellente” approvò con finta serietà, forse imitando un qualche suo professore universitario “Era la risposta che volevo sentire, signor Uzuamaki”.
Naruto rise e si sporse a baciarlo, appoggiando una mano sulla guancia liscia dell’altro, sembrava non gli crescesse mai la barba e un po’ lo invidiava per questo.
Sasuke aveva un odore pungente che lo faceva sempre impazzire, era lo stesso che si respirava in spiaggia alle prime luci del mattino o la sera tardi. L’odore del mare, un odore salato e umido che gli solleticava sempre le pupille gustative e gli provocava un languore allo stomaco. A volte la pelle ne era talmente pregna che sembrava fosse appena tornato da una lunga immersione nell’oceano. Era un sapore così buono che spesso desiderava poterlo divorare, farlo entrare sotto pelle e incastrarlo nei propri vestiti per sentirlo sempre con sé.
Sasuke rispose al bacio con altrettanta voracità, spalancando le labbra e lasciando che loro lingue si rincorressero fra loro, gli accarezzò a sua volta una guancia immergendo la punta delle falangi tra i ciuffi biondi ribelli.
Quando si staccarono aveva sul volto un’espressione pacifica, mentre Naruto aveva un sorriso sognante che gli illuminava lo sguardo. Gli scoccò una lunga serie di baci soffici e casti sulle labbra, finché non sbagliò mira e finì a baciargli il mento.
Si sistemò meglio su un fianco, reggendosi la testa con una mano e appoggiando l’altra sul petto glabro e pallido del fidanzato, dove con le dita cominciò a disegnare invisibili ghirigori.
“Com’è andata oggi?”
Sasuke fece un verso poco impegnato. “Studiato, studiato e studiato. Aspetta, ho anche tentato di uccidere il mio coinquilino”.
Rise. “Niente di nuovo, quindi” lo guardò di sottecchi “Potresti venire a stare qui, lo sai”.
Sasuke non lo guardò nemmeno. “Casa tua è un buco, dobe”.
“Ma non c’è il tuo coinquilino rompicoglioni” gli sorrise smagliante.
“Però ci sei tu, come rompicoglioni” lo canzonò, ma pensò bene di farsi perdonare con un bacio a stampo “Stai troppo lontano dall’università, dovrei prendere la metropolitana”.
Già, la metropolitana, un altro dei luoghi che Sasuke evitava come la peste.
“Potrei farmi la patente e comprarmi una macchina. Ti accompagnerei io” buttò come proposta.
Ricevette un’occhiata divertita. “Un dobe al volante è un pericolo costante” lo baciò ancora prima che potesse protestare, dopo otto mesi aveva imparato che quello era l’unico modo per zittirlo “Lascia stare, un anno ancora e poi saluterò anche la magistrale”.
Naruto mugugnò qualcosa e per dispetto gli pizzicò il fianco.
“Tu, oggi?”
“Lavorato e cercato di far ragionare alcune madri assatanate” sospirò, con la fine dell’estate la libreria era stata presa d’assalto dai libri di testo scolastici e genitori che cercavano di comprarne il maggior numero al minor prezzo possibile “Poi sono stato da Sakura, per la solita seduta… Quando hai intenzione di conoscerla?” gli domandò con tono scherzoso, anche se era una domanda a cui ci teneva avere una risposta.
Lo sguardo di Sasuke si fece improvvisamente evasivo. “Magari una delle prossime volte ti verrò a prendere e la conoscerò” borbottò disimpegnato.
Naruto non ci credeva molto, perché erano mesi che riceveva quella risposta e poi non succedeva mai.
“Sai chi altro vorrebbe conoscerti? Ino e gli altri” si rispose prima che potesse farlo l’altro “Domani sera andiamo in centro per la festa, vieni?”
“Devo studiare…”
“Di sera? Come no” sbuffò, lo punzecchiò al fianco “Dai, cosa ti costa? Stare in mezzo alla gente non è poi così terribile…”
Sasuke lo guardò come se lo avesse appena schiaffeggiato.
“Non voglio” s’impuntò con la sua voce capricciosa.
“Ma dai” strinse le labbra in una linea “Ogni tanto sarebbe anche carino uscire con te. E intendo: uscire fuori, non rintanarci sempre a casa mia. Nessuno dei miei amici ti ha mai visto, vogliono conoscerti”.
Sasuke fingeva di non ascoltarlo, guardando con insistenza il soffitto, ma Naruto non si lasciò scoraggiare e provò a buttarla sullo scherzo.
“Stanno cominciando a credere che io mi sia innamorato di un fantasma, non ci facciamo mai vedere insieme e…”
“Se volevi un ragazzo trofeo da sbandierare in giro credo che tu abbia sbagliato persona” lo interruppe secco.
Naruto si ammutolì, rendendosi conto di aver parlato troppo e, soprattutto, di essere stato frainteso. Sasuke aveva serrato la mascella e tutto il suo corpo si era irrigidito, poteva avvertire la tensione dei muscoli contratti sotto la pelle.
Si alzò dal materasso e salì su di lui a cavalcioni, stendendosi un poco in avanti. Appoggiò una mano sulla sua fronte e gli tirò dietro la frangia sudata e cercò il suo sguardo, ma Sasuke lo stava evitando accuratamente.
“Io non voglio un ragazzo trofeo” disse seriamente “Io voglio te” e gli baciò la fronte.
Sasuke continuava a evitare il suo sguardo, ma era avvampato sulle guance come ogni volta che si imbarazzava o emozionava.
“Voglio te anche con le tue fisime mentali sulle persone e i luoghi affollati”.
Vedendo che continuava a non ricambiare lo sguardo e che restava chiuso nel suo silenzio offeso si mise a canticchiare.

Yes I know that love is like ghosts

Oh, few have seen it, but everybody talks
Spirits follow everywhere I go
Oh they sing all day and they haunt me in the night”

Prevedibilmente quello catturò l’attenzione dell’altro ragazzo, che gli rivolse un sorriso di riconciliazione.
“Vuoi forse assordarmi? Cos’è questa lagna?” domandò mentre Naruto ridacchiava e si spalmava ancor di più su di lui.
“È una canzone” rimarcò l’ovvio “L’ho sentita questa mattina in negozio, non è bella?”
“Cantata da te decisamente no” soffocò una risata e intrecciò le dita delle loro mani, segno che non ce l’aveva più con lui.
“Sono un cantante provetto” protestò ricambiando la presa “Bah, almeno posso vantarmi di essere tra quei pochi che hanno visto l’amore. E un fantasma” aggiunse ridacchiando, abbassò la testa per baciargli l’angolo delle labbra “Io non ho un ragazzo trofeo, ho un ragazzo fantasma”.
Sasuke sbuffò.
“Non voglio costringerti a fare nulla” continuò con serietà, si morse le labbra “È solo… sono i miei amici, mi hanno aiutato tantissimo in questi anni e vorrei che tu li conoscessi. E che tu conoscessi loro. Siete le persone a cui più tengo al mondo”.
Ottenne una faccia pensierosa e un poco colpevole.
“A che ora vi troverete?”
“Alle otto al porto” rispose efficiente.
Sasuke aveva preso a giocherellare con la stoffa del copriletto leggero.
“Mh, ci penserò” chiosò e Naruto sapeva che quello era il massimo che poteva ottenere, ma che ci avrebbe pensato sicuramente.
Gli rivolse perciò un sorriso enorme, felice, e tornò a baciarlo approfonditamente, stringendo i suoi capelli serici fra le dita, si dondolò contro il suo bacino avvertendo qualcosa cominciare a premere sotto i tuoi glutei.
Ridacchiò quando staccandosi dalle sue labbra ricevette un mugugno scontento.
“C’è qualcosa che si sta risvegliando…” notò con una falsa espressione ingenua, dondolandosi con più insistenza.
Sasuke appoggiò con possessività le mani sui suoi fianchi, dettando il ritmo del suo dondolare.
“Sei nudo, su un letto e seduto sopra il mio pene” gli fece notare “Sono stato già fin troppo paziente” gli rivolse un’occhiata machiavellica prima di invertire le posizioni, facendolo scivolare sotto di sé. Si sistemò meglio fra le sue gambe aperte “Se non sbaglio ora è il mio turno”.
Naruto allacciò le mani dietro il suo collo, spingendolo fino a far sfiorare le loro fronti. “Non dovremmo mangiare prima? Non hai fame?”
In risposta Sasuke cominciò a baciargli il collo, suggendo la pelle sia con le labbra che con i denti.
“Al momento non è il mio bisogno primario…”
 
**

Terminato il secondo round era stato letteralmente impossibile trattenere Naruto a letto, ormai stava morendo di fame e il suo unico pensiero era rivolto al cibo da scaldare con il microonde. Per questo era schizzato veloce ancora nudo verso la cucina, mentre Sasuke era rimasto a impigrire fra le coperte. Il letto era pregno dell’odore dei loro umori, era confortevole e cullante. Fissò i due preservativi usati sul comodino distrattamente, mentre pensava alla faccia che avrebbe fatto Naruto una volta scoperto cos’altro c’era nella borsa del thailandese.
Dalla porta lasciata aperta sentì un tono sorpreso, li aveva trovati quindi.
Si stiracchiò e si alzò dal letto con passo lento e calcolato, pregustandosi già la reazione del fidanzato al regalo e la sua espressione felice.
Invece, trovò Naruto davanti al tavolo della cucina immobile, con l’espressone congelato sul volto di shock e confusione. Come se il tempo avesse improvvisamente smesso di correre.
Sasuke aveva già visto quella faccia una volta: Naruto aveva ricordato qualcosa.
Gli si affiancò immediatamente, ansioso. Teneva fra le mani la composizione di calendule arancioni come se fossero fatte di vetro e temesse di romperle, con una delicatezza che contrastava con il suo irrigidimento.
Non sapeva se toccarlo o meno, chiamarlo o fissarlo solo in silenzio, magari funzionava come con i sonnambuli. Ma la sua espressione congelata e sconvolta non cessava, perciò non resistette.
“Naruto!” lo chiamò appoggiando una mano sulla sua spalla.
Lui sussultò, stringendo di colpo le mani con forza, stropicciando i petali arancioni delle corolle. Aveva il respiro accelerato.
“Hai ricordato qualcosa?” domandò subito ansioso.
Deglutì, faticando a trovare la voce. “No… n-non lo so” balbettò “È una sensazione… questi fiori mi fanno pensare a qualcosa di doloroso” si morse le labbra “Fa male, ma non so perché”.
Il volto di Sasuke si oscurò, gli prese delicatamente i fiori della mani.
“Mi dispiace, non avrei dovuto regalarteli. Credevo che…” s’interruppe scuotendo la testa “Scusami”.
A quelle parole Naruto parve tornare in sé, perché lo guardò come se fosse la sola cosa importante nella stanza.
“Non scusarti!” disse di getto “È stata una sorpresa bellissima, grazie! E poi mi hanno quasi riportato a galla un ricordo…”
“Doloroso” lo bloccò Sasuke “Volevo farti una sorpresa, non stare male”.
Naruto lo abbracciò, schiacciando i fiori sempre più maltrattati tra i loro corpi.
“È comunque qualcosa del mio passato, sono felice di averlo conquistato” gli sorrise fiducioso “Dopo mando un messaggio a Sakura, lei saprà di certo cosa fare”.
Sasuke si mordicchiava il labbro distrattamente, lo sguardo pensieroso ma anche improvvisamente malinconico.
“E se nel tuo passato ci fossero solo cose tristi?” domandò in un sussurro “E se fosse qualcosa di terribile che sarebbe meglio non ricordare? Forse…”
Naruto lo bloccò con un sonoro bacio prima che potesse continuare con quello stupidaggini.
“Non mi importa, voglio comunque conoscerlo. Niente è terribile come non avere ricordi su se stessi” lo guardò dolcemente “Voglio ricordare tutto, le cose belle come quelle brutte, voglio capire meglio chi sono”.
Sasuke svincolò dall’abbraccio. “Io voglio solo stare con te” dichiarò serio.
Le sue dichiarazioni erano sempre inaspettate, quando le riceveva Naruto rischiava sempre di restare imbambolato.
“Questo è sicuro” riuscì a reagire “Noi staremo insieme, non importa cosa è successo nel mio passato, te lo prometto”.
La reazione di Sasuke fu del tutto inaspettate, i suoi occhi si fecero improvvisamente freddi e anche il resto della sua espressione si tese.
“Non fare promesse che potresti dimenticare” sibilò stizzito.
Cosa?
“Non…”
“Lascia stare” tagliò corto, improvvisamente di cattivo umore. Prese la busta di plastica sulla tavola e la portò in cucina “Scaldiamo questa schifezza, non stavi morendo di fame tu?”
Per Naruto a volte era davvero impossibile riuscire a stare dietro al’umore altalenante del suo compagno.
 
 
**

– Dove sei?
Il porto quella sera era ghermito di gente e luci violette, diverse musiche si sovrapponevano fra loro schiacciando il cacofonico brusio delle persone. Era molto caldo in mezzo a quella folla, perciò Naruto aveva legato la giacca in jeans leggera alla vita. Erano lì già da due ore, avevano comprato dolci, giocato con le freccette dove il fidanzato di Ino era riuscito a vincerle un peluche, ed erano stati sugli autoscontri. Ora erano in fila per lo zucchero, oltre a Ino e Sai – il suo ragazzo – c’erano anche altri sui colleghi, Shikamaru con la sua ragazza Temari, Choji e Kiba, e altri due suoi compagni di palestra, Rock Lee e Gaara. Aveva iniziato a frequentare la palestra per la riabilitazione fisica, dopo essersi svegliato aveva i muscoli deboli e anche solo stare in piedi per lui era faticoso, aveva dovuto lavorare duramente per rinforzarli; anche se ora non ne aveva più bisogno continuava a frequentarla.
Si stavano tutti divertendo tantissimo, compreso lui, ma continuava a tenere lo sguardo incollato al telefono e a mandare messaggi a Sasuke.
Gli aveva detto che sarebbe venuto, perché non si presentava? Una parte di lui temeva si fosse perso, ma allora perché non rispondeva ai suoi messaggi?
“Scusate, mi allontano un attimo” disse distrattamente agli altri continuando a tenere lo sguardo sullo schermo. Uscì dalla fila senza attendere una risposta e cercò un punto dove il rumore non fosse troppo frastornante.
Digitò il numero e attese, ma dopo pochi squilli la voce registrata gli disse che il numero era irraggiungibile. Provò ancora, ma il risultato fu lo stesso.
“Cazzo” borbottò sentendo gli occhi che bruciavano dalla delusione. Gli mandò un altro messaggio, pregando qualsiasi dio si trovasse in cielo di ricevere una risposta.
 Ehi, appena ci sei chiamami per favore. Fra un po’ andiamo sulla ruota panoramica, vorrei salirci con te.
Si chiese se fosse troppo melenso, ma poi decise che non gli importava. Voleva solo che arrivasse, voleva  presentarlo ai suoi amici, dividere lo zucchero filato con lui e baciarlo in cima alla ruota panoramica.  Era chiedere troppo?
“Naruto!” Ino comparve al suo fianco, tenendo due stecchetti di zucchero filato rosa. Gliene tese uno scrutandolo un attimo preoccupata. “Il tuo ragazzo…?” domandò titubante.
Fece un sorriso smagliante, scacciando la smorfia delusa.
“È solo in ritardo, ma sta arrivando. Nel frattempo andiamo sul bruco?”
“Ma è una giostra per bambini!”
“A me piace, dai!” la tirò per un braccio per raggiungere il gruppetto.
Sasuke non venne. E non rispose neanche a un messaggio.
 
**

Avere il turno di mattina quando la sera prima eri stato in giro fino a tardi a fare baldoria con gli amici era sempre qualcosa di distruttivo per Naruto, che aveva passato il tempo in libreria con la testa a ciondoloni. Per non parlare dell’umore nero che lo accompagnava come una nuvola pregna di pioggia da quando si era svegliato. Sasuke non si era fatto sentire, nemmeno per rifilargli una scusa, e lui era rimasto con il fiato sospeso per tutta la sera.
Ricevette notizie dal ragazzo solo quando tornò a casa e sentì il telefono vibrare. Vedere il suo nome sullo schermo lo aveva fatto infuriare e per un momento aveva vagliato la prospettiva di buttargli giù, ma non voleva togliersi la possibilità di gridargli contro.
“Oh, Sasuke, stai finalmente rispondendo a una delle mie cinquanta chiamate?” domandò cercando di fare un tono amabile, ma inevitabilmente finì per ringhiare.
Ci fu un’esitazione dietro la cornetta.
“…Sei arrabbiato”.
Fece una risata gelida. “Complimenti per la perspicacia”.
Stavo studiando, avevo spento il telefono” si giustificò.
“Alle dieci di sera stavi studiando” sbottò incredulo “Facciamo finta che ti creda”.
Perché non dovresti credermi?!”
Lo ignorò. “Lo sapevi che ti stavo aspettando, che ti avevo chiesto di venire. Almeno il telefono sottomano per rispondere potevi tenerlo, dirmi che avevi cambiato idea… Mi hai piantato in asso!”
Credevo che il silenzio fosse una risposta chiara” replicò stizzito, anche lui cominciava a scaldarsi.
Naruto prese un lungo respiro per evitare di dirgli qualcosa di cui poi si sarebbe sicuramente pentito.
“Avevi detto che saresti venuto, ti ho aspettato tutta la sera” disse lentamente, mentre gli tornava in mente il modo dispiaciuto in cui lo avevano guardo i suoi amici quando era stato chiaro a tutti, tranne che a lui, che Sasuke non sarebbe venuto.
Non l’ho mai detto” lo corresse Sasuke “Ho detto che ci avrei pensato. Ci ho pensato e la risposta è stata no”.
“Vaffanculo” sbottò.
“Naruto, fra una settimana inizia la sessione e ho cinque esami da dare se voglio riuscire a laurearmi quest’anno. Credi che io abbia tempo da perdere?”
“Era una sera, era una cazzo di sera” inspirò bruscamente “Se ti avessi chiesto di venire da me, solo noi due da soli, non te ne sarebbe fregato niente dello studio”.
Non…”
“Dimmi che non è vero” lo provocò. Sentendo che non rispondeva continuò: “Non è la prima volta che mi dai buca e ogni volta succede quando ti chiedo di andare fuori o incontrare i miei amici. Ogni volta mi lasci come un cretino, oppure disdici all’ultimo”.
Sasuke continuò a restare cocciutamente in silenzio.
“A volte ho davvero la sensazione che tu non voglia essere visto con me” mormorò amaramente “Che tu voglia restare nascosto. Sasuke, perché? C’entra qualcosa la tua famiglia…”
Non gliene parlava quasi mai, poche volte era riuscito a strappargli qualche informazione; non sapeva niente di loro, se non che fossero ricchi e costantemente impegnati all’estero per il lavoro.
La mia famiglia non c’entra niente” disse lui improvvisamente aggressivo “Ti stai facendo solo inutili paranoie. Lo sai che non mi piacciono i posti affollati”.
“Quindi se questa sera chiedessi ai miei amici di venire da me per un film, solo noi, tu verresti?”
Silenzio. La risposta gli fu subito chiara.
Sentì gli occhi bruciare. “Sasuke, sinceramente, fottiti”.
Chiuse la chiamata prima che potesse replicare alcunché e si gettò a peso morto sul divano, desiderando venire inghiottito da esso. Guardò il soffitto sentendosi patetico e con un grumo di lacrime incastrate in gola. Eppure non gli sembrava di star chiedendo troppo, non gli sembravano nemmeno richieste irragionevoli, perché Sasuke doveva essere così… così?
Capiva il suo essere riservato, ma c’erano così tante cose su di lui che non sapeva e aspetti della sua vita dove non poteva entrare. Non era mai stato a casa sua, non lo aveva mai accompagnato all’università e in generale sembrava che la loro storia d’amore esistesse solo fra le mura di casa sua, soprattutto nella stanza da letto.
Si sarebbe lasciato volentieri crogiolare in quelle considerazioni da damina afflitta fino all’ora di cena, ma qualcuno suonò alla porta, costringendolo ad alzarsi.
Nessun riposo per i cuori spezzati, considerò andando allo spioncino. Nel pianerottolo c’era un uomo che non conosceva, dall’aspetto giovane e con dei capelli castani tenuti su in una coda, la pelle era scura e deturpata da una cicatrice orizzontale sul naso.
Aprì titubante.
“Sì? Le serve qualcosa?” domandò facendo la stessa faccia che assumeva con i clienti in libreria.
L’uomo lo scansionò da capo a piedi con interesse, poi tornò a guardarlo in volto.
“Sei Naruto, giusto?”
Annuì nervoso, si grattò una guancia aspettando che aggiungesse altro.
Quello addolcì lo sguardo, come se finalmente realizzasse qualcosa di triste. “Quindi è vero, hai perso la memoria?”
S’irrigidì davanti a quella domanda diretta e non trovò nessuna risposta da dare, si limitò a fare un solo cenno esitante con il capo. Improvvisamente si sentì prendere dall’ansia allo stomaco e desiderò chiudergli la porta in faccia e ripararsi a casa propria. Ma l’uomo riprese a parlare prima che potesse fare qualsiasi cosa avventata.
“Mi chiamo Iruka Umino, sono stato il tuo maestro alle elementari”.
 
 
L’unica cosa che gli era venuta in mente di fare, una volta che l’uomo si era accomodato a casa sua, era stato fare il tè. Aveva anche mandato un frettoloso messaggio a Sakura per chiederle consiglio. Non sapeva cosa fare, sul suo divano c’era un uomo che per lui era uno sconosciuto, ma che in realtà apparteneva al suo passato. Era stato il suo maestro, lo aveva conosciuto da bambino e lo aveva educato.
Aveva così tante domande da fargli, voleva assolutamente sapere qualcosa di se stesso da piccolo, quale fosse il suo coloro preferito, se fosse bravo a scuola e ubbidiente, o se invece fosse una peste. Se aveva amici, quali fossero i suoi giochi preferiti e la materia in cui riusciva meglio. Ma non sapeva da dove iniziare.
Fortunatamente, fu Iruka a toglierlo dall’impiccio e tirò fuori dallo zaino che portava
una busta di plastica.
“Ho ricevuto l’e-mail della dottoressa Haruno dove mi informava della tua situazione, ma in quel momento era all’estero e ho potuto leggerla solo recentemente. Mi dispiace averti fatto aspettare tutti questi anni”.
Naruto si avvicinò curioso con le due tazze di tè, dando all’ospite quella che di solito usava Sasuke.
Iruka sorrise. “Vedo che continua a piacerti l’arancione”.
Si illuminò. “Era il mio coloro preferito?”
“Avevi almeno un vestito con quel colore ogni giorno” confermò, poi lo guardò dispiaciuto “Non ricordi proprio niente? Nemmeno tuo nonno?”
Scosse la testa. “No… da poco mi sono ricordato una scena, io che dico una poesia ai miei genitori” si domandò se parlare delle calendule, ma poi lasciò perdere perché non erano un vero e proprio ricordo.
“Vi facevo imparare molte filastrocche a scuola…” annuì “Ma a volte tu ne imparavi per conto tuo, eri un bambino… speciale” esitò un poco “Vivevi nel tuo mondo con la testa fra le nuvole, ero molto affezionato a te”.
Naruto sentì gli occhi farsi umidi a quelle parole, aveva un groppo in gola e una strana nostalgia. Voleva ricordare, voleva disperatamente ricordare quelle cose.
Ancora una volta fu Iuka a riprendere la conversazione. Gli tese la cartellina.
“Ho cercato qualcosa di tuo a casa. Non è molto, è passato tantissimo tempo, però ho ancora alcuni tuoi compiti, il tuo quaderno dei temi, dei disegni e delle fotografie di classe”.
Lo prese impaziente di riappropriarsi di quei tesori perduti, era la cosa più concreta su cui metteva mano da quando si era svegliato.
Sfogliò il primo quaderno emozionato, sul punto di scoppiare davvero a piangere. Aveva una calligrafia completamente diversa di quella che aveva detto, era ancora disordinata e caotica, ma da bambino aveva tentato di imitare le eleganti lettere stampate, anche se il risultato era del tutto discutibile. Lesse alcune righe con avidità.
Oggi ho aiutato il nonno ha cercare le cose in soffitta. C’era tanta polvere e era buio, quindi abbiamo preso una lampada vecchia. C’era mobili rotti, una bicicletta e tanti libri. C’era anche il  Il nonno ha detto che posso tenere un libro, parla di fate e folletti. Non vedo l’ora di leggerlo.
Cercare di non piangere fu decisamente inutile e una goccia bagnò la carte sottile, sbavando un poco l’inchiostro. Si passò una mano sulle ciglia e tirò su con il naso.
“Scusami, io…” mormorò imbarazzato.
Iruka gli passò comprensivo un fazzoletto. “Va tutto bene”.
Si soffiò il naso, ma poi riprese a guardare il contenuto della cartellina. C’erano tanti disegni dalle proporzioni sbagliate, fatti con i pennarelli o con la matita; erano grotteschi, ma allo stesso tempo erano anche la cosa più bella che avesse visto. Poi arrivarono le fotografie e il cuore gli mancò qualche battito. Fu strano vedersi così piccolo, con i capelli sempre spettinati e il grembiulino. C’era una foto di lui su un’altalena leggermente sfocata, poi lui su un banco a scuola pieno di matite colorati e un astuccio fatto a rana, con la punta del naso sporca di colore azzurro. C’era poi una foto di classe, dove era circondato da tutti i suoi compagni. Studiò minuziosamente i loro volti, probabilmente tra di loro c’erano i suoi amici d’infanzia, magari riusciva a riconoscere qualcuno di loro, ma le facce erano troppo piccole per distinguerle bene.
Passò alla foto successiva e impietrì di colpo. Il se stesso bambino non era da solo, accanto a lui c’era un altro bambino dai capelli neri e il volto pallido, un volto che nonostante la morbidezza infantile conosceva molto bene.
Mostrò la foto a Iruka, un sudore freddo lungo la schiena.
“Chi è questo bambino?”
Guardò appena un secondo la foto, poi fece un sorriso entusiasta.
“Il tuo migliore amico, eravate inseparabili. Si chiama Sasuke Uchiha”.
 
 
 
 
 
Note:
Per la canzone del capitolo qui
 
Buonasera anime belle! Ho fatto una maratona di due giorni di scrittura per riuscire a pubblicare questo capitolo entro la scadenza xD
Come avete letto dall’introduzione, la storia partecipa alla Challenge estiva del gruppo facebook SASUNARU FanFiction Italia a cui consiglio di entrare nel caso non lo abbiate ancora fatto ^^
La storia sarà di tre capitoli che spero di pubblicare a distanze ravvicinate, dipende dal tempo che mi lascia lo studio xD L’ho scritta a cuore aperto, magari trattando un po’ ingenuamente la tematica della perdita di memoria, non mi sono nemmeno documentata a sufficienza su come venga gestita in ospedale e ho sbirciato solo qualcosa in internet. Ma nonostante questo mi sono già affezionata alla storia :’)
Spero vi possa piacere, io sono stata folgorata da questa idea, e sono curiosa di sapere le vostre impressioni!
Un bacio,
Hatta
 
   
 
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