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Autore: Ashcasak_2k2    01/09/2018    2 recensioni
A tutti, almeno una volta nella vita, è capitato di sentirsi soli, abbandonati, come quel bicchiere graffiato che si conserva all'angolo della credenza e che non sia mai venga tirato fuori quando ci sono ospiti.
Questa storia parla di un uomo, un bicchiere graffiato come tanti altri, circondato da calici troppo nuovi con cui confrontarsi.
[Questo racconto ha vinto il "riconoscimento shock" del contest "Piacere, sono Dio" indetto da Not_only_fairytales]
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Un altro e basta”
Era la decima volta che sentiva quella frase quella sera; senza considerare che il turno era iniziato da meno di un’ora.
“Mi dispiace abbiamo finito tutto”
Il tono conciliante che solo un barman esperto può avere nei confronti di un cliente che, dopo aver alzato troppo il gomito, inizia a dare seccature.
“Che razza di bar è mai questo se alle dieci sono già finiti gli alcolici?!”
In effetti la domanda era più che lecita, ma perdeva di valore se pronunciata a fatica da una mente annebbiata dall'alcool. Seguendo il filo di quel suo ragionamento a Daniel scappò una risata. Altro che barman esperto! Si era ritrovato a sostituire suo cugino che era rimasto a casa con l’influenza la sera della Vigilia. 
“COSA DIAVOLO RIDI? Ne voglio solo un altro po’, poi me ne vado e sarà come se non fossi mai esistito...”
Il tono alticcio ed alterato dell’uomo non l’aveva intimorito, mentre lo turbò sentire la parte finale del suo discorso, pronunciata quasi in un lamento strozzato. Ripeté mentalmente quello che gli aveva detto Matthew, così da non commettere errori.
1. Prepara il drink che ti chiedono, 
2. Ricordati il ghiaccio, 
3. Se li vedi sbronzi non dargli più da bere. 
Alla domanda “E se insistono che faccio?” il cugino gli aveva risposto come se fosse la cosa più ovvia del mondo:
“Falli parlare. Quasi nessuno viene al bar per bere. Vengono per staccare dai problemi, per mettere in stand by la testa dal licenziamento improvviso, dal divorzio, dalla morte del gatto o dall’amante che vuole diventare moglie”
Aveva terminato quell’assurda enumerazione ridendo e Daniel in quel momento aveva riso con lui, ma, ora che si trovava faccia a faccia con il problema, non sapeva che discorso prendere.
“Cosa ci fa qui stasera?”
“Perché, scusa, che giorno è?”
Si grattò il capo confuso.
“Ma come: è la sera della Vigilia”
“Ah, capirai: un giorno come un altro”
Ogni sua parola, pausa o minima inflessione della voce trasudava cinismo e totale disillusione. Daniel cercò di non perdere il sorriso di fronte a quell’uomo che sembrava aver perso la capacità di gioire. Il barista improvvisato non demorse: “Oh andiamo, avrà pure qualcuno da cui tornare! Se non ce la fa da solo, mi dice dove abita e le chiamo un taxi. Comunque piacere, mi chiamo Daniel”
E detto questo gli allungò una mano in modo rassicurante che venne però ignorata. 
“Piacere, io sono Dio”
Dicendo quelle parole, l’uomo, aveva assunto un’espressione serissima, in netto contrasto con l’idiozia che aveva appena detto.
“Come scusi?” Chiese il ragazzo credendo di aver capito male. 
“Sono Dio. Sì, sono proprio come lui!” 
Iniziò quel folle discorso con il tono di un’ottava più alto, per poi scendere sempre di più il volume della voce: “Sono solo. Tutti mi sono dannatamente vicini a parole, tutti vogliono essermi amici – sì, insomma, Dio qua, Dio là, mi affido a te – pff… ma per favore che ipocriti”
Alternava il solito tono aspro a insulse vocine, intente a imitare quelli che dovevano essere i suoi falsi amici o i suoi “credenti”.
Poi continuò ancora più acido, come se si fosse risvegliato da un lungo torpore: “Mi chiedono aiuti e favori – Ascoltami, ti prego - ma non appena li ottengono… Puff! Spariscono tutti… e… sono… solo… di nuovo. Sono solo, come Lui… ” 
Daniel lo osservò attentamente, l’uomo aveva lo sguardo basso fisso sul bicchiere che, come lui, aveva qualche graffio, ma non per questo era da buttare. E Daniel glielo avrebbe voluto dire, avrebbe voluto urlare a quello sconosciuto che i graffi sono segni di un vissuto e che bisogna portarli con dignità. Avrebbe voluto rassicurarlo che un bicchiere lucente, seppur con qualche graffio, era ancora buono per essere usato. Eppure non disse nulla, rimase in silenzio a guardarlo, senza ricevere nessuna attenzione da parte dell’uomo. 
“Mi scusi, ma cosa le è successo di preciso?” 
Non ce l’aveva fatta a trattenersi e finalmente era riuscito a calamitare a sé lo sguardo scuro e stanco dell'uomo. Per un attimo quel velo di rancore e malinconia scomparve per lasciare il posto a un divertimento vuoto:
“Sono qui per bere, ma credo che tu non possa essermi d’aiuto.”
Si alzò, si infilò il giaccone, pagò il conto ed imboccò l’uscita senza mai voltarsi. 
Certo, come no! Quasi nessuno va al bar per bere!? Grazie Matthew per i tuoi preziosi consigli…
 
 
 

 


ANGOLO AUTRICE:
So che può sembrare un parallelismo assurdo quello tra l'uomo e Dio, ma avevo quest'idea che mi frullava per la testa e niente... Ho deciso di buttarla giù, come mia personalissima visione della frase "Piacere, sono Dio". Fatemi sapere cosa ne pensate nelle recensioni.
Un bacio e alla prossima,
Ashcasak_2k2

 
   
 
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