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Autore: _RockEver_    01/09/2018    2 recensioni
Erin è una ragazza misteriosa e molto intelligente che da anni si nasconde dal governo mondiale.
Un giorno, per fuggire dai marines che intendono catturarla, si imbatte in una nave con la polena a forma di balenottera azzurra: la nave di Barbabianca.
Si ritroverà contro ogni aspettativa a bordo del veliero e, inizialmente non sopportata da tutti, si ritroverà a scoprire il valore dell'amicizia e conoscerà delle persone che le cambieranno la vita, in particolare lo stesso Barbabianca e un ragazzo moro dal viso tempestato di lentiggini.
Almeno fin quando la verità sul suo passato non verrà alla luce...
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Dal capitolo #22:
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- E tu da quanto tempo sei lì?! – chiese basito rivolgendosi al ragazzino, il quale sorrise sornione e lo fissò con aria di sfida.
- Da un po’… - rispose – So essere molto silenzioso.
- Vedo… - commentò Ace seccato, facendo qualche passo in avanti per andar via prima che Xan saltò dalla cassa sul parapetto di poppa – in modo decisamente pericoloso – e gli si parò davanti.
- Senti un po’ – riprese, avvicinando il viso a quello del moro e fissandolo negli occhi – Tu fai cose con mia sorella?
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aokiji, Barba bianca, Ciurma di Barbabianca, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Durante tutto il tragitto per tornare alla nave, lo sguardo di Ace si spostava continuamente da Erin e Xan a Izo e Sore, per poi indugiare sulla fitta vegetazione che costeggiava l’intero litorale dell’isola.
Gli altri non sembravano farci più caso, ma era da quando erano sbarcati che aveva avuto l’impressione di non essere soli. Aveva notato che anche Erin se n’era accorta, ma ora era troppo distratta per prestarci attenzione.
In ogni caso, riuscirono a tornare alla nave senza problemi, assolutamente nessun ostacolo. Il che, per il moro, era peggio. Il sentirsi osservato senza poter affrontare di petto la causa del suo sinistro sesto senso lo rendeva inquieto.
Cercò di smettere di farci caso nel momento in cui raggiunsero finalmente la meta.
Xan spalancò letteralmente la mascella alla vista di tale magnificenza: la Moby Dick era una nave enorme, decisamente una delle cose più grandi che avesse mai visto oltre le ville di Marijoa. Le vele erano talmente grandi da sembrare mongolfiere e gli alberi che le sorreggevano sembravano gigantesche torri che si ergevano a toccare il cielo. Fu mentre ammirava il jolly roger che sventolava fiero sull’albero di mezza che scorse un’imponente figura stagliarsi contro la balaustra per guardare in basso. Riconobbe immediatamente quei baffi a forma di mezzaluna e i suoi occhioni castani parvero brillare di luce propria.
 -  Woooah!!! – urlò con un acuto, mettendosi le mani sulle guance come una ragazzina.
 -  Ma che… - borbottò Marco con un sopracciglio inarcato, guardando uno strano ragazzetto che correva come un forsennato lungo la passerella seguito da Erin che gli intimava di stare fermo.
Xan salì a bordo della nave e trotterellò un po’ qua e là tra lo sgomento di tutto l’equipaggio, prima di fermarsi di fronte a Barbabianca a guardarlo dal basso verso l’alto.
 -  Oh mio Dio! Ma tu sei Edward Newgate! Uno dei quattro imperatori! L’uomo con una taglia da un miliardo e cinquecentomilioni di berry! Uno dei pochissimi pirati che hanno saputo tener testa a Gol D. Roger! Quello che… Ahi!
Erin intervenne a fermare il fiume di parole del fratello tirandogli una guancia:  -  Questo lo sa anche lui, Xan.
 - Gurarararararara! – scoppiò a ridere il capitano, accasciandosi comodamente sul suo trono e facendo loro cenno di avvicinarsi -  Ma lascialo fare! Mi piace il ragazzo! Gurarararara!
Quando anche Ace, Izo e Sore furono saliti a bordo, Marco si avvicinò al moro e lo colpì amichevolmente sulla spalla, sorridendo:  -  E’ andato tutto bene? Avete avuto problemi? – chiese il biondo, leggermente in disparte.
Ace ricambiò il gesto dell’amico e disse: -  Diciamo di sì, è stato tutto fin troppo tranquillo, forse. Sarà meglio partire il prima possibile, comunque.
Il primo comandante annuì e si rivolse all’equipaggio, al quale urlò:  -  Ammainate le vele! Si riparte!
 
 -  Capitano, ciurma di Barbabianca, questi sono mio fratello Xan e Sore, il mio tutore – spiegò la ragazza indicando la sua famiglia, i quali si presentarono con un profondo inchino all’uomo che avevano di fronte.
 -  Non c’è bisogno che io mi presenti! Questo ragazzino pare saperne di più di me di quanto ne sappia io stesso! Gurararara! – ironizzò Newgate, ridendo in modo così scomposto da far sorridere Erin e Xan - Beh, finalmente posso conoscere le persone di cui Erin ci ha così difficilmente e affettuosamente raccontato. Vi dò il benvenuto a bordo della Moby Dick! Voglio che sappiate che potete restare qui per tutto il tempo che vorrete! Anche per sempre, se lo desidererete! – concluse, gentile come al solito.
 -  E’ un vero onore per me poter incontrare una personalità di tale livello – disse Sore, facendo un passo avanti.
 - Oh! E lo è anche per me!! E’ tutto così fico! – si intromise Xan, tornando a guardarsi intorno e a presentarsi a tutti.
 -  La curiosità del ragazzo sprizza da tutti i pori! Erin, tu ormai sei di casa qui, perché non accompagni Xan a fare un giro della nave per ambienarsi? Così avrà anche modo di conoscere il resto della ciurma – propose infine il capitano, rivolgendosi alla giovane.
Erin accettò di buon grado e, seguita dal fratello e circondata dall’equipaggio, cominciò a raccontare tutto quello che sapeva della nave.
Sore stava per raggiungerla prima di venire richiamato dal capitano: - Se non ti dispiace, Sore, gradirei scambiare qualche parola con te. Scommetto che Xan sarebbe felice di ripeterti fedelmente tutto ciò che avrà imparato in un altro momento.
 - Ma certamente, ne sarei lieto.
 - Andiamo nella mia cabina, staremo più tranquilli – ordinò Newgate facendogli strada, allontanandosi da quella masnada che i suoi figli erano soliti creare.
Una volta arrivati nella cabina, Barbabianca si sedette aldilà di una grossa scrivania, la quale era quasi completamente ricoperta di scatole di medicinali, e fece cenno all’uomo di accomodarsi.
Sore si chiese per un momento quale fosse la reale differenza di età tra lui e il capitano della Moby Dick, poiché non gli sembrava affatto così grande come aveva pensato.
 - Devo ammettere che il mio stato di salute non è affatto dei migliori. Odio profondamente tutte queste schifezze, ma qualcuno più in gamba di me a tal proposito si preoccupa della mia salute, per mia fortuna – disse alludendo alle medicine di fronte a loro e ad Erin.
Sore sorrise e incrociò le braccia al petto: -  Noto con piacere allora che la mia figlioccia ha proseguito a dovere i suoi amati studi.
 - Devo a Erin la mia vita e quella di uno dei miei figli. E’ una ragazza davvero eccezionale, la considerò già come una figlia e sarei davvero onorato se diventasse un membro della mia ciurma. Intendo chiederglielo ufficialmente, non appena se ne presenterà l’occasione.
 - Io credo che ne sarebbe felice. Non ha più nulla a trattenerla, ora che siamo insieme.
 - Beh, come potrebbe! A maggior ragione ora che qualcun altro sulla nave non ha occhi che per lei! – confessò il capitano, alludendo al suo secondo comandante.
Il tutore della ragazza rimase perplesso per un po', prima di scoppiare a ridere e grattarsi la nuca, quasi imbarazzato:  - Ci avevo visto giusto allora, c’è del tenero tra quei due!
Dopo qualche secondo, però, Newgate chiuse gli occhi pensieroso e assunse un tono serio:  - Venendo al punto della questione, c’è una cosa che mi frullava per la testa da un po'. Erin, raccontandoci la sua storia, ci ha detto che sei stato uno dei Rivoluzionari di Dragon. Ha detto che è stato grazie a lui se siete riusciti a fuggire. Presumo che anche questa volta sia stato così, o sbaglio?
 - Sì, è esattamente così.
 - Allora la mia domanda è: com’è possibile che un rivoluzionario sia finito a lavorare per i Draghi Celesti a Marijoa senza destare il minimo sospetto? – domandò il capitano, sporgendosi in avanti.
Sore sospirò e si mise più comodo sulla sedia, prese dalla tasca un foglietto ingiallito e lo spiegò sul tavolo. Newgate ipotizzò che quello che aveva davanti doveva essere il suo avviso si taglia, ma qualcosa non andava.
 - Non capisco,- obiettò, soffermandosi a osservare meglio l’immagine – il nome di  quest’uomo somiglia al tuo, ma non sei tu – quando però sollevò lo sguardo verso il suo interlocutore sgranò gli occhi: al posto di Sore c’era un’altra persona, vestita in modo identico ma con un viso e una corporatura completamente diversi.
 - Ma che diamine?!
 - Sono sempre io – disse l’uomo, i cui tratti somatici mutarono nuovamente in un secondo e riapparve il Sore che aveva appena conosciuto – Ho mangiato il frutto Muta-muta quando avevo dodici anni. Posso cambiare i tratti somatici del mio viso e la mia corporatura come voglio e ogni volta che voglio. Solo il colore dei miei occhi e il sesso restano gli stessi.
 - Capisco, ora è tutto chiaro – annuì il capitano, avendo chiaro nella sua mente come avesse fatto l’uomo a non farsi mai riconoscere – Erin sembra non sapere nulla di tutto ciò…
 - E’ una cosa di cui sono a conoscenza solo i rivoluzionari. E’ un’abilità che ci fa molto comodo. E inoltre non volevo che Erin lo sapesse, non volevo metterla in pericolo. Così è stato meglio per lei.
 - E per quale motivo un rivoluzionario avrebbe mai voluto diventare la talpa tra gli affari della Città Sacra?
 - E’ stato Dragon ad affidarmi questo compito, poiché ero l’unico che avrebbe potuto portarlo a termine – spiegò pacatamente Sore – L’idea era quella di intrufolarsi a Marijoa, tra i Draghi Celesti, per riuscire a ottenere informazioni riservate che potessero essere utili alle causa che Dragon vuole portare avanti. Isole su cui sarebbero gravate più tasse, rotte per le tratte degli schiavi, segreti di stato… Gli ho fornito innumerevoli informazioni, sebbene siano state molto poche rispetto a quelle che Erin è riuscita a recuperare dopo la permanenza da Akahito.
 - Quindi l’esistenza di Erin non era prevista nel vostro progetto?
L’uomo ci pensò un po’ su, sentendo un dolce tepore nel petto al ricordo del fatto che Erin l’aveva cresciuta lui: - No, non lo era. Sono rimasto a Marijoa anche una volta che ebbi svolto il mio compito. Mi sono affezionato a lei come se fosse stata mia figlia, l’ho cresciuta come tale. Non potevo lasciarla sola in balia di quel mondo schifoso, a maggior ragione dopo la nascita di Xan. E nonostante mi penta di non essere riuscito a proteggerla da Akahito, mi pento ancora di più del fatto di averle permesso di sapere troppo – disse portandosi una mano sul petto, pensando con dolore a tutto quello che la ragazza aveva e avrebbe dovuto subire per colpa di quelle informazioni – Se lei fosse stata all’oscuro di tutto, ora il Governo non le darebbe la caccia. Sarebbe una persona libera, come merita di essere.
 - Non è colpa tua, non potevi impedirlo. Ci ha spiegato la situazione nei dettagli…
Sore scosse la testa:  -  Non si cancella il fatto che non abbia tenuto fede alla mia promessa. Spero di potermi redimere, un giorno…
Barbabianca si alzò alla sedia e gli si avvicinò, stringendogli una spalla:  - Io credo che il modo migliore per redimerti sia dimenticare questo triste passato e pensare al futuro. Restate a bordo della mia nave, entrate a far parte della mia ciurma. Cercate di recuperare il tempo perduto e di ricostruirvi una vita felice, ve lo meritate, tutti e tre.
L’uomo si commosse a quelle parole, ma non lo diede a vedere. Non poteva certo versare lacrime di fronte ad un uomo come Edward Newgate, no?
 - E’ quello che farò. Lo farò per loro, che sono la mia famiglia.
 - Questo è lo spirito! – esclamò l’imperatore, avvicinandosi alla porta della cabina – E ora vieni con me in cambusa! Ti farò assaggiare il rhum più buono di questo mondo! Questa sarà una sera da festeggiare alla grande!
 
Una volta che Erin ebbe mostrato a Xan ogni centimetro cubo della nave questi, più gasato che mai, aveva deciso di tornare a curiosare per i fatti suoi mentre la sorella si concedeva un bagno caldo per distendere i muscoli.
Ace era rimasto a poppa per tutto il tempo, invece, per controllare che la situazione alle loro spalle non degenerasse, come invece aveva creduto dal momento che erano partiti dall’isola. Quando il sole cominciò a calare decise che poteva bastare per ritenersi tranquillo. Si alzò dal pavimento di legno del ponte su cui era seduto e si stiracchiò un po’ le braccia. Decise che sarebbe andato da Erin, desideroso di passare un po’ di tempo con lei in tranquillità. Era da un po’ di tempo che lui e la ragazza dormivano insieme, non potè non pensare a cosa ne sarebbe stato di lui ora che c’erano Xan e Sore con lei. Dove l’avrebbero buttato a dormire?
Sospirò sconsolato, conscio che Xan non gli avrebbe lasciato vita facile con la ragazza, e diede le spalle al mare per raggiungere i ponti sottocoperta.
Pensando al diavolo, spuntarono le corna nel momento in cui, non appena si voltò, notò Xan appollaiato sui talloni su una cassa dietro di lui e per poco non ebbe un colpo.
 - E tu da quanto tempo sei lì?! – chiese basito rivolgendosi al ragazzino, il quale sorrise sornione e lo fissò con aria di sfida.
 - Da un po’… - rispose – So essere molto silenzioso.
 - Vedo… - commentò Ace seccato, facendo qualche passo in avanti per andar via prima che Xan saltò dalla cassa sul parapetto di poppa – in modo decisamente pericoloso – e gli si parò davanti.
 - Senti un po’ – riprese, avvicinando il viso a quello del moro e fissandolo negli occhi – Tu fai cose con mia sorella?
Ace sentì le guance andare a fuoco - e non per il frutto Mera-mera – e sgranò gli occhi: - D-di che tipo di cose stai parlando?
 - Non fare il finto tonto con me, fiammifero – sibilò il ragazzino puntandogli l’indice contro – Sai benissimo di cosa parlo.
 - Ma come ti permetti! E pur ipotizzando che lo sapessi, - rispose Ace, decidendo di vincere quella gara di sguardi – che problema ci sarebbe? Non credo che siano affari tuoi.
 - Sono affari miei eccome! – replicò piccato – Lei è mia sorella e la devo proteggere! Non crederai mica che mi stia bene che il primo pirata che passa possa prendersi certe libertà con lei!
 - Ma di che diamine stai parlando?! Io ed Erin siamo una coppia a tutti gli effetti! Credi forse che mi approfitti di lei? Per chi diavolo mi hai preso! – sbottò Ace, offeso dalle insinuazioni di Xan.
 - Ah sì? Siete una coppia? E lei lo sa? Glielo hai mai detto?
 - Beh… Non ne abbiamo mai parlato testualmente, ma lo siamo, è l’unico modo di definire la nostra situazione.
 - Senti un po', Portgasqualcosa – intimò Xan minaccioso, scendendo dal parapetto con un balzo e guardando Ace dal basso verso l’alto, serissimo – Persino Akahito dice sempre di amare Erin. Lei non ha mai conosciuto cosa sia l’amore e non posso rischiare che fraintenda le tue intenzioni solo perché ti dimostri un po' più gentile con lei per ottenere qualcosa!
Il moro era profondamente irritato per quella conversazione, in cui il fratello della donna che amava stava apertamente insinuando che lui si stesse solo prendendo gioco dei suoi sentimenti. Però, mentre Xan parlava, il moro notò che aveva gli occhi lucidi, quasi come se fosse sul punto di piangere. Riuscì a comprendere talmente tante cose da quello sguardo che tutta la rabbia che stava provando scomparve, lasciando il posto ad una grande tenerezza. Xan sapeva di essere solo un ragazzino che non aveva la minima idea di tutto quello che Erin era stata costretta a subire, di tutto il dolore che doveva provare, pur senza darlo mai a vedere. Tutti i sacrifici che aveva fatto per lui, per potergli risparmiare tutta quella sofferenza. Ma nonostante ciò, stava disperatamente cercando di essere lui, per una volta, quello a proteggere, non da proteggere.
 - Non credere che io sia debole solo perché sono un ragazzino! Mia sorella ha fatto di tutto per me! Non permetterò che soffra di nuovo! Credi che non sappia cosa è stata costretta a fare da quel verme? O cosa abbia fatto in questi anni per sopravvivere?! Non ha quasi conosciuto altro che abusi nella sua vita e, dannazione, ora è il mio turno di doverla proteggere! – concluse gridandogli contro, potendosi finalmente fermare a riprendere fiato, respirando pesantemente.
Intanto, nascosta ai piedi del cassero di poppa, Erin aveva ascoltato l’intera conversazione. La ragazza si morse il labbro, percependo il sapore salato delle lacrime sui denti. Si portò una mano sugli occhi e singhiozzò in silenzio, provando ancora un dolore che difficilmente sarebbe stato completamente spazzato via.
Sentì qualcuno alle sue spalle che la abbracciò e le strinse la testa al petto, non curandosi delle lacrime che bagnavano la maglietta. Erin non faticò molto a riconoscere le forti braccia di Sore.
 - Va tutto bene, adesso – sussurrò dolcemente l’uomo accarezzandole i capelli, attento a non farsi sentire dai due – E’ normale che Xan si senta così. E’ come mi sento anche io. Ma adesso è tutto finito, non ci sarà più bisogno di versare lacrime, mai più.
Sul cassero, Ace sorrise e chiuse gli occhi, potendo comprendere alla perfezione quello che Xan stava provando. Se si ama tanto una persona è normale volerla proteggere, a qualsiasi costo.
 - Non penso affatto che tu sia un debole, sai. Anzi, credo che tu sia più forte di quello che credi di essere – disse, allungando una mano per scompigliargli i capelli ribelli – Io amo Erin, Xan. Non è stato un colpo di fulmine o chissà che, ma io la amo. E non so nemmeno perché non gliel’ho mai detto, sono proprio un idiota in queste cose – continuò il moro, grattandosi la nuca sorridente – E non hai motivo di temere che qualcuno si approfitti di Erin, o di voi. Tutte le persone su questa nave vogliono solo potervi proteggere, se glielo permetterete.
Xan rimase immobile a quelle parole, incredulo di fronte al cambio repentino di espressione del moro, nonché di quello che aveva detto. Davvero Ace Pugnodifuoco lo riteneva una persona forte? Davvero amava Erin? Davvero poteva smettere di avere paura?
Xan aveva sentito parlare di Ace, sapeva in realtà che persona gentile, leale e sincera fosse. Sentiva già di potersi fidare, ma aveva bisogno di una prova, aveva bisogno di una reazione, ed ebbe la sua conferma dopo quella conversazione.
Il moro ebbe l’accortezza di superarlo per potergli dare le spalle nel momento in cui si era accorto che una lacrima era sfuggita al suo controllo, per permettere al ragazzino di asciugarla senza essere visto. Perché in fondo Xan era esattamente come Erin: una persona testarda ed estremamente orgogliosa che, pur dilaniata da innumerevoli ferite, preferisce stringere i denti e ricucirle a mani nude piuttosto che coinvolgere qualcun altro nel suo dolore. Che fosse giusto o sbagliato non stava a lui deciderlo.
  - Sappi che ti terrò comunque d’occhio! – sentì ammonirlo alle sue spalle, prima di scoppiare a ridere e rispondere che si sarebbe guardato bene dal farlo arrabbiare.
Erin vide Ace balzare agilmente dal cassero e dirigersi verso prua, senza essersi accorto di loro.
A quel punto Sore liberò la ragazza dal suo abbraccio e la fissò con un sorriso: - Sembra davvero un ragazzo adorabile, mi piace molto!
La giovane sorrise e si asciugò gli occhi con le maniche di una felpa che aveva preso dall’armadio di Ace: - Lo è davvero – ammise, prima di dirigersi verso le scale ce conducevano in cima al cassero dove si trovava Xan.
 - Prendi Xan e poi raggiungeteci in cambusa, il capitano vuole festeggiare stasera!
Erin annuì col capo e raggiunse il fratello, il quale era appoggiato con i gomiti alla balaustra di poppa, pensieroso. Si avvicinò al ragazzino e lo fece voltare, stringendolo al petto prima che questi potesse rendersene conto. Xan non era un grande amante degli abbracci, ma quella volta non vi si oppose. Strinse la sorella a sua volta, posando l’orecchio sul suo petto e cullandosi col battito regolare e tranquillo del suo cuore.
Rimasero così per alcuni minuti, prima che Erin prese parola: - Ci tenevo a dirti che è inutile il tuo senso di colpa. Non cambierei nulla di tutto quello che ho fatto, se questo volesse dire poterti sapere al sicuro. Tu sei da sempre la mia priorità, Xan.
La ragazza sentì il fratello avere un sussulto tra le sue braccia.
 - Se potessi tornare indietro, farei in modo di diventare più forte per cercare di cambiare quello che è stato – sussurrò il moretto sulla sua maglietta, quasi in modo incomprensibile, ma che Erin sentì benissimo.
Dopo un po' sciolsero l’abbraccio e la ragazza si inginocchiò, asciugandogli gli occhi con i pollici.
 - Questa è stata una giornata importante per noi. Che ne dici se andiamo di sotto con i tuoi pirati preferiti ad abbuffarci?
Xan si strofinò gli occhi con le maniche e prese la mano della sorella, trascinandola energeticamente verso la cambusa:  -  Allora andiamo, onee-chan! Si mangia!!!
 
 
Sore buttò giù in tre sorsate l’ennesima pinta di idromele, posando con scarsa grazia il bicchiere tra quelli già presenti sul tavolo.
Erin, anche lei più brilla che altro, inarcò un sopracciglio e piegò la testa di lato, osservandolo: - Ma tu sapevi che bevesse così tanto?! – chiese rivolgendosi a suo fratello che, nel frattempo, le provava tutte per cercare di rubare anche lui un qualche tipo di alcolico dalla lunga tavolata.
 - Tsk, il bue che dice cornuto all’asino – rispose, approfittando dell’attimo di distrazione di Erin per allungarsi per prendere una pinta incustodita.
 - Cheeee? – chiese la ragazza con voce piuttosto acuta, troppo poco lucida per capire il senso del commento.
Ci mise più del dovuto per ricordarsi cosa dovesse fare in quella situazione: si buttò su Xan, il quale era spalmato sul tavolo, gli circondò la vita con le braccia  e lo sollevò di peso rimettendolo seduto sulla sedia prima che potesse bere.
 - Ma andiamo! Tutti bevono come se non ci fosse un domani qui! – protestò lamentoso osservando tutti quegli omaccioni ubriachi fradici che ridevano a crepapelle. Sore brindava con Barbabianca come se fossero stati amici da una vita; Marco ed Ace giocavano a braccio di ferro, incuranti del tavolo che pericolosamente si incrinava sotto la forza delle loro braccia; Halta aveva perso qualsiasi briciolo di compostezza e rideva sguaiatamente per qualche barzelletta di dubbia moralità; ovunque c’era gente che sembrava non avere più una religione.
Erin si mise una mano sul fianco e si sporse verso di lui, agitandogli il dito indice dell’altra mano davanti al naso: - Non de-vi be-re! No-no-no! – scandì chiaramente, anche se piuttosto che sembrare perentoria, sembrava senza qualche rotella.
 - Ma sono l’unico a essere sobrio qui!
 - Vedi come sono ridotti questi per quanto bevono!?! - replicò confusamente la mora alludendo ai suoi compagni – E poi l’alcol danneggia… non so, qualcosa qui, qui… E forse anche qui – continuò indicandosi varie parti del corpo a caso – E comunque sei troppo piccolo per farlo, questa è roba forte! – concluse bevendo un altro sorso di rhum.
 Xan sospirò, le condizioni pietose in cui versava sua sorella lo stavano facendo demordere: - Eccome se vedo… Ma poi chi sei scusa, mia madre?!
Erin sembrò pensarci un po' su: - Mmmh… No! Ho indovinato, vero? Cioè, almeno credo… - borbottò barcollante con la mano sul mento, pensierosa.
 - Oh, santa pace – sbuffò il ragazzo sbattendosi una mano sugli occhi.
 - Ehi, Xan… - lo richiamò la ragazza, sedendosi nuovamente e avvicinandosi al suo orecchio, come a volergli confessare un segreto.
 - Che c’è adesso? – chiese, fissandola con pietà.
 - Ma tu lo sai cosa fa una sardina dopo la doccia?
 - No e non lo voglio sapere.
 - Si acciuga!!! – gridò Erin scoppiando a ridere da sola come una schizofrenica.
Xan si portò stavolta entrambe le mani sulla faccia, non sapendo a che santo appellarsi per farle recuperare il senno ormai andato: - Non ce la posso fare.
 - E’ cos-così diver-divertente!! – continuò la giovane, incapace di smettere di ridere in tutto quel casino – E lo sai, lo sai perché i pesci hanno le spine? Eh?? Lo sai???
 - Risparmiami.
 - Perché nel mare c’è la corrente!!! – urlò in una nuova risata isterica, battendo la mano sul tavolo per rafforzare l’idea di quanto fosse una ragazza divertente.
A quell’altra freddura patetica, Xan cambiò definitivamente idea sul bere e la aiutò ad alzarsi sollevandola per un braccio: - Ma guarda come sei ridotta! Ma vai a dormire!
 - Uuuh! Ma quello è un pianoforte! – esclamò Erin cambiando del tutto espressione, come se quel piano non lo avesse mai visto in più di tre mesi di navigazione.
 - Non ti si può nascondere nulla.
Xan non riuscì a trattenerla che si era già precipitata verso il pianoforte ed era salita in piedi sullo sgabello: - Ehi!!! – urlò per richiamare l’attenzione, anche se con tutti quegli schiamazzi parvero non sentirla.
 - Ehiii genteeee!
Nulla.
 - Onee-chan! Che stai facendo! Scendi subito!
A quel punto la ragazza si infilò gli indici di entrambe le mani nei lati della bocca e lanciò un fischio da perforare i timpani, richiamando finalmente l’attenzione su di sé.
Sore fu il primo a sbattere convulsamente le palpebre, chiedendosi cosa volesse fare con quell’aria da psicopatica.
 - Erin, così rischi di cadere! Sei ubriaca fradicia! – la raggiunse subito Ace, prendendola su una spalla per metterla giù.
 - Voglio cantarvi una canzone e suonarvi qualcosa! – esclamò fiera quando fu scesa, beccandosi l’occhiataccia del moro di fronte a lei: - Tu? Una canzone? In queste condizioni?
La ragazza arricciò le labbra, offesa, e lo ignorò.
Si sedette sullo sgabello sotto lo sguardo stupefatto dell’equipaggio e nel più religioso silenzio cominciò a suonare un’accozzaglia di note senza madre né padre.
 - Nnnno, così non va proprio – borbottò tra sé, facendo mente locale per cercare di ricordare come si suona.
Intanto, Marco si era avvicinato a Xan che cercava disperatamente di nascondere la faccia, dicendogli: - Ma sta bene? Non l’ho mai vista comportarsi così, sai…
Il ragazzino lo guardò sconsolato e cercò di giustificarsi dicendo che un’entità malvagia e rompiscatole si era impossessata di sua sorella.
Newgate si sbudellava dalle risate alla vista di una Erin talmente brilla da sembrare fuori di testa, così troppo fuori dal personaggio per i suoi gusti.
 - Ci sono! – annunciò la ragazza, suonando finalmente una sinfonia che qualsiasi pirata degno di questo nome doveva conoscere.
Dopo che ebbe cominciato a cantare, Ace rise sommessamente tra sé e sé e si mise a cantare con lei, seguito a ruota da tutti gli uomini che innalzarono in alto le pinte colme di liquore.
 
Yohohoho yohohoho!
 
Porto il liquore a Binks
veleggiando sopra il mar
vento in poppa, arriverò
e glielo consegnerò!
 
Tutti insieme lo berrem
e poi ci divertirem
mentre il sole cala già
gran festa si farà!
 
E' gia tanto tempo ormai
che il villaggio mio lasciai
ma per sempre, io lo so, nel cuor lo porterò!
 
Le onde spruzzan su di me
fresche gocce d'acqua e
mi vien voglia di cantar la mia felicità!
 
Yohohoho yohohoho!
Yohohoho yohohoho!
Yohohoho yohohoho!
Yohohoho yohohoho!
 
La musica cessò con un teatrale gesto delle mani di Erin sulla tastiera, che ricordava tanto quelli di maestri d’altri tempi. Si voltò verso gli altri e sollevò le braccia verso l’alto, venendo investita dagli applausi dell’equipaggio e dai fischi di apprezzamento.
 - Se ne avessi, ti lancerei dei fiori! – le urlò Vista.
 - E io ti lancerei un reggiseno se ne portassi! – disse invece Marco applaudendola, facendo piegare in due dalle risate i suoi compagni e beccandosi uno scappellotto da Ace.
 - Ma cosa è successo a questa ragazza stasera? Non è la Erin che conosco io! – si lamentò giocosamente Sore, non riuscendo tuttavia ad essere serio.
 - E’ l’effetto che fa la libertà, amico mio! – gli rispose Halta, mentre il capitano annuiva alle sue parole.
 - Ok bellezza, ora è arrivato per te il momento di ritirarsi dalle scene – ordinò Ace prendendola nuovamente in spalla, ignorando i suoi lamenti in proposito e lasciandola dimenare.
Si avviò verso la porta della cambusa e si soffermò davanti a Xan: - La metto a letto, direi che per stasera ha già dato il meglio di sé a sufficienza!
Il ragazzino annuì con un sorriso impietosito rivolto alla sua sorellona:  -  E’ troppo strano vederla così, non so se mi ci potrei mai abituare.
Il moro non potè che trovarsi d’accordo.
 
Quando furono arrivati, Ace posò una lamentosissima Erin sul letto e cercò di toglierle le scarpe, sebbene scalciasse come una bambina di tre anni.
 - Io voglio tornare di sotto! Non ho mica finito! Ho tutto un repertorio ancora!
Ace ridacchiò divertito al pensiero: - Per stasera basta così Mozart, hai davvero bisogno di riposare.
 - E chi lo dice?
 - Lo dico io.
 - E se ti corrompessi? – chiese allora la ragazza, ammiccando in modo pericolosamente seducente al ragazzo che arrossì all’istante.
 - Tu cos… - non fece in tempo a rispondere che fu agguantato dalla ragazza che lo tirò su di sé, prendendo a baciarlo con passione. Il suo primo istinto fu di ricambiare, ma poi si schiaffeggiò subito mentalmente e si rialzò cercando di tenerla ferma sul letto.
 - Non mi tirerei mai indietro di fronte ad una cosa del genere, ma sei troppo ubriaca, non è il  caso – le disse con un sorriso.
 - Sei davvero cattivo! – esclamò la mora con una linguaccia, osservando il suo ragazzo alzarsi per andar via.
 - Ace stavo scherzando! Ti prego non mi lasciare! – lo implorò cambiando nuovamente umore repentinamente, sembrando una disperata.
Il moro strabuzzò gli occhi, incredulo per il rilevante numero di sfaccettature che potesse assumere una persona per nulla abituata a reggere l’alcol: - Eh? Ma no, sto solo tornando di sotto per farti riposare un po', cos’hai capito!
 - Io ti amo, Ace! Non te l’ho mai detto e questa cosa mi pesa! Ti amo ti amo ti amo! – disse allora la ragazza, allungando le mani verso di lui.
Il ragazzo rimase in silenzio a quelle parole, segno del nuovo cambiamento di umore di quella contraddizione fatta a donna. E’ vero, era ubriaca da fare schifo, ma sperò comunque che quelle due paroline magiche fossero sincere. La sua verità era che desiderava davvero confessarle chiaramente i suoi sentimenti, ma di certo non lo avrebbe fatto in quel momento, sapendo che il giorno dopo se ne sarebbe dimenticata per colpa della sbronza.
Così si limitò a sorriderle e a sedersi accanto a lei, lasciandosi abbracciare.
 - Non mi sono mai divertita tanto, questo è stato il giorno più bello della mia vita – disse infine Erin con parole impastate dal sonno in un ennesimo e ultimo stato d’animo, prima di addormentarsi profondamente tra le braccia dell’uomo che amava.
 
 
 
 
 
 
 
 
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Ooook, mamma, papà, sono tornataaa!!! (cit. Jumanji)
No vabbè, ho approfittato a postare oggi perché mi sento tanto nell’ ErinUbriaca mood, quindi non potevo scegliere momento migliore!
Comuuunque, venendo al capitolo, ditemi che non sono l’unica che quando legge il testo di “Binks’ sake” non riesce a non cantare a squarciagola nella sua testa.
Potrete mentire a voi stessi, ma non potete mentire a me, seppiatelo u.u
Piccolo appunto serio sul capitolo: naturalmente il frutto muta-muta di Sore l’ho inventato io per l’occasione, e spero vivamente che non ci sia nel manga perché davvero, se pur esistesse, io non ne ho affatto memoria ^.^’’
Detto questo, vi auguro una buona serata e mi dileguo, nella speranza di riapparire prima della prossima era glaciale.
Bye!
  
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