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Autore: summer_time    04/09/2018    1 recensioni
La vita può non essere così eccitante come si vede nelle storie di Instagram; la vita può non essere così leggere e bella come nelle favole raccontate ai bambini di tutto il mondo. Tutte noi, in un modo o nell'altro, avevamo avuto esperienze negative da questa fantomatica vita; e quando dico noi, intendo il gruppo per come lo conosco io adesso: non è stato semplice incastrare tutti i pezzi alla perfezione. Eppure eccomi qui, a raccontarvi di noi.
L'unico comune denominatore di sei ragazze completamente differenti, e inizialmente estranee tra loro, sono io. Tra una giornata e l'altra, ho vissuto le esperienze necessarie alla mia crescita, alla nostra crescita: ho dovuto imparare a essere amica, confidente, maestra, studente, protettrice, scusa, gioia e dolore. E l'unica cosa a cui riesco a pensare al momento è l'odore della buccia bruciata di quel mandarino, all'aroma agrumato nell'aria che si disperdeva leggero dalla stufa, in una fredda giornata d'inverno.
[Basato su fatti realmente accaduti e persone reali]
Genere: Comico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Note della storia e sulla storia.

Questa che intendo iniziare è una raccolta di un numero indefinito di oneshot. È doveroso precisare che i capitoli – e quindi gli episodi descritti - non seguiranno una linea temporale lineare (esempio: dopo i capitoli di presentazioni, si avranno capitoli misti di scene avvenute in anni di amicizia), potranno avere argomenti totalmente diversi  (esempio: si passerà da argomenti leggeri, quali la musica o la scuola a argomenti pesanti, quali salute mentale o esperienze sessuali) e presenteranno in particolare sei ragazze dal punto di vista della narratrice. Avviserò in caso ci siano dei capitoli collegati e in che modo, ma non credo capiterà presto.

Sarà una sorta di biografia della narratrice con digressioni, flussi di coscienza, dialoghi e commenti della stessa narratrice su episodi passati (che evidenzierò in corsivo). Il linguaggio potrebbe contenere termini scurrili. Per quanto riguarda gli aggiornamenti, avviso subito: può essere che io sia costante come no, l’unica cosa che vi posso assicurare è che aggiornerò fino a che ne avrò la forza. E sto cercando di fare un ban decente, per la prima volta nella mia vita: se avete dei consigli, sono prontissima ad ascoltarvi!

Non mi sono mai cimentata in questo genere, ma proviamo a sperimentare, potrei pure divertirmi più del previsto.



 

Adelaide.

Ruolo: Migliore amica n°1. Luogo di incontro: palestra, durante il corso di judo.

Con Adelaide è iniziato tutto come nelle più classiche amicizie: non gli stavo proprio molto simpatica, mentre lei – a me – era parsa subito un’anima affine. A quell’epoca – già, trilioni di anni fa – ero piuttosto chiusa, riservata e maledettamente ansiosa della paura di sbagliare in pubblico: quest’ultimo problema sorge ancora, soprattutto quando sono circondata solamente da troppi sconosciuti. Ma ci sto lavorando.

Adelaide non ha mai fatto molto mistero di preferire Jennifer a me, almeno agli inizi. Data la sua scarsa capacità di mentire di fronte alle altre persone – non che ora siano migliorate molto – avevo capito che il suo continuo affiancarsi a lei, di parlare principalmente con lei, dello chiedere solo a lei se facevano randori[1] insieme, fosse segno di una sorta di legame che bramavo anch’io con un’altra persona. Diedi però lustro ai miei sorrisi migliori e tentai di essere più amichevole, cosa che riuscì a farmi accettare nel gruppetto delle poche ragazze presenti: finalmente potevo dire che anche io stavo incominciando a farmi il mio cerchio di amicizie, nonostante non mi trovassi mai con loro al di fuori della palestra.

Il judo, con le sue gare la domenica, i tre allenamenti a settimana e le varie attività extra, mi consentì di bloccare e fissare i muscoli sulla mia schiena – che avevano preso una leggera piega scoliotica – e di conseguenza anche la colonna vertebrale. E mi diede una frattura ossea all’anulare destro, una seconda a un dito del piede sinistro, parecchie ammaccature, uno svenimento e un luogo, dove poter parlare con gente al di fuori della mia scuola e delle mie amiche delle elementari e medie. Impiegai due anni prima che Adelaide mi accettasse come sua vera e propria grande amica ed io per potermi solo fidare di lei: penso sempre a quel periodo come il più grande intervallo in cui ho impiegato per fidarmi di una persona che non avevo mai incontrato prima. Forse perché era la prima che sentivo tanto affine e volevo essere certa di non ricevere brutte sorprese in ritorno. Sono ormai otto anni che ci conosciamo e non ha neanche mai pensato di voltarmi le spalle, nonostante i brutti momenti di entrambe. E Jennifer, beh, lei è diventata un ricordo indefinito nella mente di entrambe dopo il suo addio al corso, nemmeno sei mesi dopo il mio arrivo: la cosa non mi è dispiaciuta tanto. Sorry.

Il punto di svolta, dove credo sia nato proprio quel legame che ci unisce così in profondità, è arrivato quando capì che tutto il mio attaccamento verso di lei, non era solo per puro divertimento, ma era anche una disperata richiesta di aiuto da parte di una “ancora” bambina, che si zittiva dalla paura ogni volta che incontrava gente nuova. Con un’ansia sociale così opprimente, con un cinismo e un’aria da perenne apatica impresse sulla mia faccia, mi facevano vedere il mondo solo come una landa desolata. I primi tre anni sono stati i peggiori, con Adelaide che mi aiutava poco alla volta a relazionarmi con le persone e a farmi scoprire le cose belle del mondo circostante. Quando le ho detto perché mi comportavo così, è scoppiata a piangere e mi ha abbracciato a lungo: fu in quel momento che decisi che avrei fatto del mio meglio per ripagarla di tutto quello che stava facendo per me. Non credo riuscirò mai a ripagarla del tutto.

Ha un sacco di pregi, e qualche difetto, come tutte le persone normali; teneva i capelli lunghi fino alle spalle, comodi e pratici da raccogliere in una coda - anche se ora li ha invece fino a metà schiena, facendo emergere le sue naturali onde – e sperava sempre di riuscire a riconoscere i volti delle persone quando le parlavano: anche adesso la prendo in giro poiché diventa una piccola talpa senza occhiali, assottigliando le palpebre in maniera così buffa che a volte le nascondo gli occhiali apposta. Una delle cose belle di Adelaide, però, è che ascolta, tutto e tutti. Ascolta sempre, anche quando non ne può più di sentire, per la millesima volta, i discorsi che le facevo durante i nostri sempre più numerosi pigiama party.

 “Oddio, tu non capisci. Luca è l’amore della mia vita, ma l’hai visto? Credi che potrei mai riuscire a conquistarlo? Sono troppo persa di lui.”.

Gesticolo un sacco mentre parlo. E faccio delle facce strane quando voglio enfatizzare tutta la mia disperazione. La sento sempre a ridere di gusto, se m’impegno a ricordare.

“Ma se ci parli a malapena!”.

Già, ascolta sempre tutto ma ti riporta con i piedi per terra a una velocità impressionante. E per la precisione, Luca è stato il mio primo amore ma non ci ho combinato niente – giuro! - tranne qualche bacio a stampo durante gli stage di judo, nella camera dell’hotel. Ci siamo persi di vista, ora che ci penso.

Adelaide ha sempre riso per questa mia costante mania di farmi un sacco di pare mentali senza in realtà avere uno straccio di prova concreta: non ha più riso tanto quando ne ha viste un paio realizzarsi, soprattutto per quanto riguardavano lei. A quel punto ero io a ridere, di lei e del suo imbarazzo nel rispondere ai messaggi di ragazzi che ci stavano – palesemente – provando con lei: se lei era il cuore della coppia, dolce e gentile con tutti, io ne ero la mente – e sono ancora adesso sarcastica e diffidente con le persone sconosciute. La vedevo con occhi pieni di terrore mentre m’implorava di farli smettere: si sentiva a disagio nel ricevere tutte quelle attenzioni che sapeva non avrebbe potuto ricambiare; non le andava neanche di provare a instaurare un legame, voleva solo che la smettessero di importunarla. In quei casi mi sentivo potente perché ero presente per proteggere la mia amica e con pochi messaggi – oddio, niente Whatsapp, che tempi bui – scritti in maniera un po’ cattiva, li facevo allontanare. Neanche uno ha replicato o provato a ricontattare la mia amica. Ho scoperto di essere veramente brava a spaventare la gente a parole e l’ho usato a mio vantaggio, anche perché sono sempre stata una ragazza bassetta e aggiungerei non particolarmente intimidatoria. Adelaide ha sfruttato la mia altezza per utilizzarmi come poggiatesta, cosa che fa ancora oggi. Maledetti i quei quindici centimetri che ci separano.

Se dovessi utilizzare un colore per descriverla, sarebbe sicuramente il verde-acqua, con tendenze verso il verde, però. Anche per Olga utilizzerei il verde-acqua, però questo tendente verso l’azzurro. Ma tralasciamo Olga per un attimo. Il colore credo sia dato dal fatto che è calmo e brillante ma senza l’accecanza – è una parola? Non credo … - tipica del giallo; non che io sia un’appassionata di colori o moda, ma mi piace associare le persone a determinate cose, come appunto a colori o a canzoni: la mia relazione d’amicizia con Adelaide è perfettamente rappresentata dai suoni allegri dei violini nel theme di Sherlock[2].

Parlando di musica, non posso fare a meno di menzionarvi il suo amore per la chitarra classica: seguiva fino dalle elementari corsi con maestri di chitarra, i suoi genitori avevano incoraggiato molto la scelta della figlia e in casa possedevano quattro chitarre e un ukulele – personalmente il mio preferito. Poi un giorno era venuta con me in gelateria, abbattuta e completamente spenta, perché il suo nuovo maestro era un completo cazzone e continuava a ripeterle che non era sufficientemente pronta per affrontare il successivo esame, che non sarebbe mai entrata in Conservatorio - non che lei volesse entrarci, anzi!
Feci del mio meglio per ascoltare tutto il suo racconto senza intervenire, le posi qualche domanda da profana dell’argomento “esami di musica”  e poi le chiesi le sue intenzioni: ormai era da qualche mese che non si sentiva felice nel suonare la chitarra, uno strumento che amava così tanto. Alla fine scelse di mollare tutto, con grande dispiacere e con grande disappunto dei suoi genitori: la consolai in una delle nostre - ormai abitudinarie - uscite dal gelataio, abbracciandola dolcemente su una scomoda panchina. Il tutto mentre il suo gelato si stava sciogliendo, colando su cono, mano e maglia. Fu però più tranquilla e rilassata dopo: spero che il suo maestro di allora rimpianga amaramente ancora oggi l’aver perso un’allieva dotata.

Se dovessi descrivere Adelaide con tre aggettivi, sarebbero sicuramente: solare, amichevole e giusta.

 
 

 
 
Randori [1]: termine usato per indicare la pratica degli insegnamenti delle tecniche apprese; è l’esercizio libero tra due avversari il cui scopo è buttare l’altro con la schiena a terra. Si può distinguere in randori “in piedi” o “a terra”, a seconda di dove il sensei vuole porre l’attenzione.
Theme di Sherlock[2]: https://www.youtube.com/watch?v=-hncC_s6XlM
  
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