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Autore: merryghostround    05/09/2018    1 recensioni
E in quel frangente gli passò per la testa una domanda ben più importante: "che fine fanno i miei bambini quando gli adulti li sostituiscono?".
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed ecco che riprendeva anche l'altra risata, era così petulante da coprire quella della bambina con il costume da spiaggia, ma Fantasia era troppo felice per farci caso.
Non riusciva davvero a crederci, la bambina con il costume da spiaggia, la sua bambina, era finalmente lì con lui, e rideva! Come aveva potuto dimenticarla? Perché ricordava solo Sabrina? Doveva scoprirlo, a costo di farsi del male, e soprattutto a costo di farne ad altri. Era ben consapevole che l'unica in grado di dargli delle risposte era la sua bambina, ed era ancora più consapevole che quelle risposte le avrebbero fatto cessare di ridere. Ma Fantasia non aveva tempo per rimuginare sulla sofferenza della bambina, che alla fine si sommava alla sua, così le chiese a bruciapelo, come quando si strappa via un cerotto, "Anna, cos'è successo quando me ne sono andato?"
E lei, come previsto, tornò cupa e riabbassò lo sguardo, ma non gli diede il tempo di ripetere la domanda una seconda volta, al contrario rispose subito, anche se con la vocina un po' tremante.
"I pensieri non mi accompagnavano più, quando c'eri tu mi spingevano a galla facendomi il solletico... ma appena sei andato via hanno iniziato a diventare troppo pesanti, io provavo a nuotare con tutte le mie forze, ma scendevo sempre più giù. E alla fine hanno vinto loro."
Fantasia la guardò alzare lo sguardo e cercare i suoi occhi, come a chiedergli perché le fosse accaduto tutto questo. Mantenne il contatto visivo senza far trasparire un minimo di emozione.
Anna non aveva il coraggio di riaprire bocca, e Fantasia aveva bisogno di riflettere.
Stava iniziando a provare un inaspettato senso di colpa. Stava iniziando a realizzare quant'è fastidioso amare.
A questo punto non gli restava che ingoiare la pillola e buttare via quello scudo di orgoglio e apatia con cui aveva vissuto per tutta la sua vita, o perlomeno provare a sgretolarne un po' la superficie, e di solito si inizia con un "mi dispiace".
Lui quasi le soffiò con rabbia quelle due parole, "... Mi dispiace."
E quanto diamine gli fece male.
Perché sì, le aveva soffiate via con con rabbia, ma le aveva dette, e così facendo aveva finalmente ammesso a sé stesso che erano vere, che gli dispiaceva.
E aveva distrutto l'unica certezza della propria vita, perché se ti dispiace, non sei un amico immaginario.

Per il ripetersi del suo stupido lavoro aveva fatto del male a molti, e adesso nulla aveva senso. Perché far dimenticare a qualcuno cosa significa essere bambino? Non riusciva a capire come un tempo sembrava quasi provarci gusto.
Funzionava così: il bambino annegava e Fantasia era finalmente libero di cambiarlo e collezionare una nuova esperienza. Non era né giusto né sbagliato, né una cosa sulla quale bisognava interrogarsi, era semplicemente il suo ruolo nell'universo.
Per lui era come mangiare un piatto di carne e dimenticarsi che una volta era un maiale, un maiale con gli occhi neri e vispi, che scodinzola come un cane quando gli si fa festa.
Se non era lui a soffrire, perché smettere? La carne è buona. E comunque è solo carne, nulla di più.
Toccava il fuoco perché ne era affascinato, e a bruciarsi era un suo bambino, che comunque era solo un bambino, nulla di più.
È il mantra di tutti gli amici immaginari: divertiti e fai divertire, ma alla fine vai via. E Fantasia aveva iniziato a capire solo ora che per loro alla fine è normale dimenticasi dei propri bambini, e che Sabrina era stata solo un incidente di percorso. E non dimenticano perché qualcuno fa loro un torto rubando dei ricordi preziosi, dimenticano perché per loro quei ricordi sono privi di importanza. Non hanno un'anima né una coscienza che permetta loro di provare nostalgia o senso di colpa, si limitano semplicemente a svolgere un servizio, e questo consente loro di andare avanti. Fantasia invece aveva smesso di andare avanti e non era più riuscito a integrarsi. Stava diventando vegetariano, non riusciva a dimenticare gli occhi vispi del maiale.
E per di più, come se un presente privo di scopo e dimora non fosse abbastanza da sopportare, ora a tormentarlo si era aggiunto anche un passato pieno di colpe che prima non lo erano.
E a causare tutto era stato il pasticcio fatto da una bimbetta con gli occhi vispi. Ma come?
Sabrina l'aveva fatto scottare, gli aveva lasciato il pelo macchiato da un tizzone ardente, e l'odore del fumo addosso. E ora, per colpa sua, i bambini non erano più fuoco con cui giocare.
Ora tutti i bambini bruciavano da morire.

A interrompere i suoi pensieri fu il silenzio.
Anna aveva già alzato lo sguardo, e non sembrava spaventata. Ma lo guardava con quei sui occhi gonfi di lacrime.
A questo punto Fantasia glielo doveva: doveva graffiare di più il suo ridicolo scudo. Trasformò il suo "mi dispiace" in qualcosa di più concreto.
"Non era mia intenzione lasciarti, all'epoca pensavo di poterti illudere senza mai pagarne le conseguenze, perché non era possibile che restassi: ero solo un bugiardo presuntuoso. Avrei dovuto lasciare che tu mi ricordassi, e invece me ne sono andato lasciandoci entrambi incapaci di farlo. Non volevo ammettere di volerti bene, perché gli amici immaginari svolgono solo un servizio: nessuno di loro prova vero affetto. Ma io ci sono riuscito, anche se solo adesso, e questa cosa mi fa sentire debole. Sono troppo simile a te, e allora pensavo di non volerlo essere. E anche se adesso sono di nuovo qui, so già di dovermene andare... e so anche che hai paura, ma devi sapere che se non posso restare è proprio perché tu non hai più bisogno di me, anche se pensi di averne. E ti prometto che non annegherai più, a patto che tu mi prometta una cosa: non ti dimenticare mai dei rospi, del cioccolato bianco, delle nuvole e dei fumetti."
Era il turno di Fantasia di rispondere a una domanda scomoda.
"Ma se poi i pensieri diventano troppo pesanti?", chiese Anna, più confusa e dubbiosa che mai.
Lui però era stato un amico immaginario competente, e di rimando le sorrise illuminandosi le vibrisse con delle piccole scariche elettriche.
"Oh, non lo faranno, i rospi non possono farti altro che il solletico."
E Anna sorrise come non aveva sorriso da anni.
Sorrise nel suo ospizio, mentre riposava in una poltroncina, sua figlia le stava porgendo i vecchi disegni che aveva trovato in casa, erano tantissimi, tutti suoi, conservati in un album di raccolta: raffiguravano la sua famiglia, una casetta stilizzata, nuvole dalle forme più svariate, il barboncino di sua zia, e poi ce n'era uno con lei bambina, in spiaggia, con i suoi capelli a caschetto, che teneva per mano un gatto giallo.
Non si sentiva così leggera da tempo, e non avrebbe più dimenticato cosa si provava.

Fantasia invece aveva appena iniziato. Era pronto a dire addio a tutti, a rimediare ad ogni errore commesso, ed era soprattutto pronto a cercare Sabrina, la bambina che non aveva mai dimenticato. Sabrina che voleva diventare una scrittrice, che ci teneva così tanto, che l'avrebbe tenuto con sè nei propri racconti, perché senza di lui non avrebbe mai potuto scrivere, immaginare, creare, anche da adulta. Avevano l'uno bisogno dell'altra. E Fantasia doveva scoprire perché questa volta era stata lei a sparire, e non lui.
Si sentiva così infantile ad ammetterlo a sé stesso. Lui, che non aveva nemmeno un'anima, si sentiva abbandonato e tradito da una bambina. Per quanto ridicolo si reputasse doveva almeno scoprire il perché di quell'abbandono.
Si sentiva come uno dei suo bambini.
Anna già non c'era più, era sparita in un sorriso. E lui era di nuovo solo nella stanza, con la risata della bambina con i boccoli a ricordargli che doveva schiacciare di nuovo l'interruttore. Molte altre volte.

   
 
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