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Autore: Tetide    10/07/2009    11 recensioni
Un tassista notturno vede e sente di tutto... anche una storia d'amore un pò speciale i cui protagonisti sono Oscar ed André nella Parigi di oggi!
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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RADIOTAXI - capitolo 1





RADIOTAXI



Disclaimer: I personaggi presenti in questa storia non mi appartengono, ma sono di proprietà dell’autrice Riyoko Ikeda, della casa editrice Shueisha e della Tokio Movie Shinsha. Questa storia non è stata scritta a fini di lucro, ma con intento esclusivamente amatoriale.

Capitolo 1

E’ un’altra notte di schifo, qui a Parigi.
O meglio sono io che faccio una vita di schifo.
Mi chiamo Alain Soissons, e faccio il tassista notturno. Un mestiere che ti fa vedere e sentire di tutto.
Sì, avete capito bene: di tutto. Perché di notte, per le vie di una città deserta, ci si sente tutti più soli; ed allora, anche un perfetto estraneo diventa il miglior confidente ed amico del mondo, specie se hai bevuto od hai tirato della roba.
E’ questo, in fondo, ciò che sono quelli come me: dei confessori improvvisati, buoni per uno sfogo lungo il tempo di una corsa; poi, amici come prima.
Di, notte, questa città così bella mostra il peggio di sé stessa, come tutte le città, del resto. Gente che si buca sul lungosenna, passeggiatrici e gigolò da quattro soldi a Pigalle, gente in cerca di emozioni spicciole, ladruncoli e venditori degli intrugli più strani sono quello che potete vedere facendo un giro notturno con uno come me.
E di storie e confidenze, ne ho raccolte sin troppe, da gente che sembra quasi ipnotizzata da quelle luci giallastre, quando è seduta su quel sedile là dietro, gente che di giorno non mi degnerebbe mai nemmeno di uno sguardo distratto, e si limiterebbe ad allungarmi un paio di bigliettoni dicendomi, schifata “Tenga il resto”.
Proprio così: il giorno e la notte sono due mondi separati, per chi è sempre sulla strada come me; voglio dire che di giorno ti capita il manager che va di fretta all’aeroporto, la famigliola di turisti in gita che ha perso il pullmann, la coppia in luna di miele che per tutto il tempo sta a baciarsi sul sedile, infischiandosene della Tour Eiffel e del Palais Royale; ma di notte, invece, conosci un’altra umanità, un’umanità tormentata, sofferente, che spesso non sa nemmeno cosa vuole e dove vuole andare, e mi chiede soltanto “Facciamo un giro, voglio prendere aria per non pensare”! E sono questi che si sbottonano con le loro confidenze: a volte, si tratta di vere telenovele, credetemi. E’ da tanto che faccio questo lavoro, e di storie strane ho avuto modo di sentirne; ma una storia come quella di quei due, non l’ho mai più sentita.

Fa caldo, stanotte; dopotutto, è più che normale, siamo ai primi di Luglio.
“Attenzione: Rue de Saint Germain, 20. Rue de Saint Germain prima, Rue de Saint Germain seconda, Rue de Saint Germain…”.
C’è una chiamata per me. O meglio, non è detto che sia per me, ma mi trovo in zona, quindi ci vado io.
Le strade sono popolate dalla solita gente della notte, una massa di derelitti vaganti senza méta, che stasera è resa ancor più svagata del solito dall’avvicinarsi del 14 Luglio: guarda quei tizi con la bottiglia in mano! Sembrano un club, di quanti sono! E guarda quello stalloncello con la canottiera strappata: non l’ho mai visto qui, deve essere nuovo della zona; beh, allora domattina si ritroverà al pronto soccorso di un qualche ospedale di zona! Lascia che lo becchino gli abitueés del quartiere a fregar loro le clienti…
Arrivo davanti all’indirizzo indicato; c’è già qualcuno ad attendermi: è una donna, che non appena mi vede alza la mano. Io mi fermo e la faccio salire; è bionda, alta, magra e molto bella: in una parola, è il mio tipo. “Dove andiamo?” le chiedo; “Dove vuoi” risponde lei.
Riparto e guardo nello specchietto posteriore: vedo che sta piangendo, la faccia a malapena nascosta tra le mani.
“Ehi, signora… non si sente bene?”, le domando. Quella alza a malapena la testa e mi guarda, con gli occhi pieni di lacrime.
Io continuo “Non l’avranno buttata fuori di casa, spero!”. Lei ride per un attimo.
“No, certo che no. Nessuno mi ha buttata fuori di casa. Ma credo di essermi appena buttata fuori dalla mia vita!”.
Strane parole, ancor più strane per una donna tanto bella.
A volte la mia curiosità si fa davvero molesta, ma provate voi a fare la vita di merda che faccio io, ogni notte solo in questo strazio di macchina e sempre in giro a vedere merda, e poi vediamo se la signora curiosità non è diventata la vostra ospite fissa!
“Che è successo? Ha scaricato il suo fidanzato?”.
Lei si asciuga gli occhi e mi guarda, attraverso lo specchietto.
“Ecco,… lui non è proprio… “il mio fidanzato”. A dirla tutta, non lo so che cosa è; e la cosa assurda è che non lo sa neppure lui!”.
Che ca… una roba così non l’avevo mai sentita!
“Scusa, posso chiederti come ti chiami, bella signora?”,
“Oscar. Oscar Françoise”,
“Che?!? Hai… un nome da maschio? Scusa, non sarai mica un trans?... No, intendiamoci, io non sono razzista, chiunque sale su questa macchina per me è ben accetto, tanto siamo tutti sulla stessa barca, in questo mondo di merda…”,
“No che non lo sono; mio padre voleva avere un figlio maschio, così quando sono nata mi ha dato due nomi, uno da donna ed uno da uomo”,
“Ma tu sei donna…”,
“Già. Così pare”. Ha lo sguardo perso nel vuoto.
“E dimmi, Oscar… il tuo uomo non ti vede donna, o che altro?”,
“No, te l’ho già detto, lui non è il mio uomo, signor… signor?”,
“Mi puoi chiamare Alain”,
“Bene, Alain. André non è il mio uomo; non ufficialmente, almeno”,
“Ma tu vorresti che lo fosse, giusto?”, mi giro un attimo verso il sedile posteriore.
“Io… non lo so!” sta guardando fuori dal finestrino, c’è una rissa tra ubriachi. Mi fa pena, con quel viso tanto bello e sconsolato; quasi quasi la porto dallo stalloncello che ho visto prima, così si fanno un favore a vicenda: lei se la spassa un po’ e non pensa al suo… come lo ha chiamato? Ah, sì, André, e quello evita il pronto soccorso!
“Senti, Alain, posso chiederti una cosa?”,
“Certo, dimmi pure!” adoro quando la gente mi fa le confidenze!
“Ti sei mai innamorato della fidanzata del tuo migliore amico?”,
“No. Mia moglie Diane non ha mai avuto occhi che per me”. Già, peccato che lei lavori di giorno, ed io di notte: in pratica, quando rientra lei, esco io!
“A me è successo, invece. Ho perso la testa per Hans Fersen, il ragazzo della mia migliore amica, Marie Antoinette!”,
“Come hai detto che si chiama, Fersen? Da dove viene, dall’America?”,
“No, è uno Svedese. Lavora in uno studio medico qui a Parigi, lo stesso studio dove la mia amica è cliente: è così che si sono conosciuti”,
“Capisco”.
Lei sospira, poi riprende.
“Ed un giorno lo presenta a me “Questo è il mio fidanzato, Hans”!, mi dice; ed io, invece di essere contenta per lei, provo subito una fitta di invidia perché lei è riuscita a trovare un uomo tanto bello ed attraente, mentre io, con questo nome da uomo che mi ritrovo, non ho mai nemmeno preso in considerazione l’idea di fidanzarmi, e credo che anche gli uomini la pensino altrettanto nei miei confronti. Così, poco a poco, ci perdo la testa, per quello, ed una sera, in discoteca, finalmente mi vesto da donna e vado ad abbordarlo, dato che lei non c’è, è via per lavoro. E sai cosa ha fatto quello? Nemmeno mi ha riconosciuta! Mi ha detto solo che gli ricordavo una persona della quale è molto amico, e nulla più! Io ci sono rimasta di schifo, mi sono sentita male, ed è stato allora che lui mi ha riconosciuta. Ma io non gli ho dato il tempo di parlare: me ne sono andata di corsa!”,
“E André che c’entra in tutto questo?”; lei sospira di nuovo.
“André è l’unica persona che mi conosce davvero: siamo cresciuti insieme, dato che lui era il figlio dei miei vicini  quando abitavo ad Arras; abbiamo fatto sempre tutto assieme: non eravamo due persone diverse, ma un’anima sola. Ci leggiamo nel pensiero, da sempre, ognuno interpretando i pensieri dell’altro: André è l’altra parte di me stessa… o forse dovrei dire “era”!”.
Adesso appoggia la testa sul braccio appoggiato al sedile anteriore e piange di nuovo; io infilo la mano nel box dal lato del passeggero, tiro fuori un fazzoletto e glielo porgo.
Stiamo attraversando Pigalle, c’è la solita folla in giro: signore e signori, ecco a voi il popolo della notte di Parigi! Ecco là i miei colleghi Gerard Lassalle e Isabelle Du Barry: il primo sta aprendo l’ennesima stecca di sigarette, per comprare la quale si sarà venduto la casa, sicuro! Già una volta, ha venduto l’orologio, regalo di fidanzamento della sua ragazza, per comprarsene uno.
Quanto a lei, invece, le cose stanno diversamente: Isabelle è molto raffinata per essere una tassista notturna, forse troppo raffinata: gira sempre in pantaloni di raso blu e camicia di seta: noi la chiamiamo “la contessa”, poiché sembra tanto diversa da noialtri! Però non è scema: dato che è una donna e che alcuni clienti ubriachi ci hanno provato più di una volta, tiene una pistola nel box, dove io ci tengo i fazzoletti. Chiamala ingenua, la ragazza!
E là c’è il Pure Plaisire, il locale dove lavora Saint-Just; ecco un altro dei miei amici che stanno sempre “sul confine”: fa lo spogliarellista in quel posto per sole donne arrapate; e all’occorrenza, arrotonda lo stipendio facendo anche dell’altro in camerino. Dice che le clienti sono sempre state molto soddisfatte e tornano tutte; chissà se è vero o se esagera un po’… da quello che mi ha raccontato, quelle posizioni sono degne d’un contorsionista Cinese! Magari gli lascio Oscar per un po’, così me la tira su…
Intanto, lei ha finito di piangere e di soffiarsi il naso. “Va meglio?” le chiedo.
Lei annuisce. “Scusa, sai, ma se non mi sfogo un poco, scoppio”,
“Figurati! Sfogarsi con un perfetto estraneo è la cosa migliore che ci sia! I tassisti di notte siamo fatti apposta per questo!”.
Lei ride, e rido anch’io. Quantomeno, sono riuscito a sollevarla un po’.
“André ed io non ci siamo mai lasciati: abbiamo condiviso tutto. Ci siamo anche iscritti all’Accademia di Polizia assieme. Così, quando mi è successa questa brutta cosa, lui è stato il primo a saperlo”,
“E come l’ha presa?”,
“Malissimo: voleva andare a rompergli il naso, a quello! “Ma come si fa a non accorgersi che tu sei una donna?” ha gridato “Io lo vedo sempre, anche quando sei in divisa, anzi forse è allora che lo vedo di più. Sei una donna come si deve, con carattere e carisma, non una di quelle stupide bamboline da discoteca in minigonna che si fanno sbattere da quello che ha il portafogli più pieno! Quelle sono dei manichini!” Non lo avevo mai visto tanto arrabbiato in vita mia”.
“E lo ha fatto?” chiedo io,
“No, ma poco ci è mancato: un giorno, Hans è venuto in caserma, e mi ha detto che non si era mai accorto di “che donna meravigliosa io fossi”, ma mi ha chiesto scusa perché lui era molto innamorato di Antoinette, e non ci pensava nemmeno a farsi una sveltina in sua assenza, nemmeno con la sua migliore amica. A me sono salite le lacrime agli occhi: “Ah, è così che mi vedi? Come un tipo da sveltina?” Non avrebbe mai potuto amarmi, e questo mi ha riempito il cuore di amarezza: l’unica volta che avevo voluto combinarmi da donna per qualcuno, proprio come donna, quel qualcuno mi mortifica! Sono scappata via per non farmi vedere piangere, ma André ha visto tutto e stava per spaccargli la faccia; solo io l’ho fermato, certe scenate non si addicono a dei poliziotti!”.
“Scusa se ti interrompo, Oscar, sai, ma il tassametro ha già superato i cento euro… mi vuoi affittare come autista personale, per caso?”,
“Cosa??? Oh, accidenti, ho solo cinquanta euro in portafogli!! Vabbé, dài, siamo quasi vicino a casa di mia sorella Rosalie, lasciami pure là, è la prossima a destra. Intanto, eccoti i cinquanta; il resto te lo darò la prossima volta, se mi lasci il tuo numero”,
“Lascia stare, va bene così. Comunque, eccoti il mio numero, per ogni evenienza: sai, caso mai ti venisse una crisi depressiva notturna… puoi sempre chiamare lo zio Alain per una seduta psicanalitica on the road!”.
Lei ride di nuovo, prende il biglietto che le porgo, poi scende e mi saluta. Io la guardo allontanarsi: accidenti, che donna notevole! Spero che mi richiami, voglio proprio sapere come va avanti ‘sta storia!

                                           **********

Questa sera non ho ancora accompagnato nessuno; strano, eppure è Sabato!
Quasi quasi mollo tutto e vado a farmi una birra con Gerard Lassalle…
Un momento… la radio sta ronzando… c’è un messaggio per me! Qual è l’indirizzo? Rue de Saint Germain, 20? Ma… è l’indirizzo dell’altra volta! E’ lei! Oscar Françoise!
Salto in macchina e vado di corsa: non vedo l’ora di conoscere gli ultimi sviluppi di quella storia così strana!
Arrivo all’appuntamento, ma stavolta le donne sono tre: la “mia” Oscar ed altre due.
“Ciao Alain”, dice lei salendo in macchina “Ti presento mia sorella Rosalie e Jeanne, un’amica”,
“Buonasera a tutte! Dove vi porto?”,
“Loro due alle Folies Bergeres: oggi è il compleanno di Rosalie, sai, e vorrebbero festeggiare!”,
“E tu?”,
“Resto con te e facciamo un giro”,
“O.K.”. Riparto.
Le due ragazze non sono male, la bionda è abbastanza carina, anche se ha un’aria un po’ smarrita; la bruna, invece, è molto bella; si accende quello che ha tutta l’aria di essere uno spinello.
“No, ragazze, chiariamo una cosa: niente fumo qua dentro! Chiaro?”,
“E dài, bel giovanottone! Una sola canna, piccola piccola! Cosa vuoi che sia?”; è piuttosto intraprendente, la mora! Mi sta accarezzando sul collo!
“Mollalo, Jeanne, dài! Sei completamente strafatta, stasera!”, meno male che c’è Oscar a difendermi!
“E lasciami in pace! Avrò pure il diritto di divertirmi un po’ anch’io, oppure no? Non voglio dover sempre pensare a quello stronzo di Nicholas!”.
La mia solita curiosità fa capolino “E chi sarebbe questo Nicholas, se è lecito?”,
“Il suo ragazzo: la tradisce, ed hanno litigato. Mia sorella Oscar le ha detto di lasciarlo, ma lei non ne vuole sentire!”,
“E già! Sei fatta pure di lui, Jeanne!”: la saggezza spiccia di Oscar mi piace davvero.
Arriviamo alle Folies Bergeres e faccio scendere le due; “Ciao, e divertitevi!”, dice Oscar. Chiude la portiera e ripartiamo.
Io non perdo tempo “Allora? Come va con André e lo Svedese?”,
“Ehi, piano, piano! Cosa ti dice che voglia parlartene?”, si è appoggiata allo schienale del mio sedile.
“Beh, hai detto che venivi con me… seduta on the road, ricordi?”,
“Hai ragione! Ho proprio bisogno di parlarne con qualcuno! Innanzitutto, André non è il mio uomo”,
“Questo lo sapevo già!” rido io,
“Però si è comportato come se lo fosse: quel giorno, dopo che il suo turno era finito, è andato sotto casa di Hans, lo ha aspettato e gli ha gridato in faccia di avermi ferito ed umiliato con le sue parole”,
“E tu come lo sai?”,
“Me lo ha raccontato lui”,
“Scusa, ma allora perché l’altra sera stavi piangendo?”,
“E’ questo il punto: vedi, Hans mi ha fatto male, molto male, dopo che mi ero combinata da donna per lui, e non lo avevo mai fatto prima per nessuno, e dopo quella sera in discoteca avevo deciso di non farlo mai più per nessuno. Ma quando André è venuto da me, dopo avere affrontato Hans, mi ha detto che stavo facendo un errore a mortificare me stessa e la mia femminilità per uno che non mi meritava. Mi ha detto: “Una rosa sarà sempre una rosa. Non potrà mai essere un lillà!”. Ed io ci sono rimasta di merda!”,
“Belle parole, ma… che vogliono dire?”,
“Che sarò sempre una donna, anche se a causa di Hans volevo smettere di esserlo. Ed allora sono andata completamente nel pallone, non ho capito più niente della mia vita e sono scappata via da André”,
“E’ stato quella sera?”,
“Sì, esattamente”.
La guardo. “Ma mi sembra che tu oggi stia meglio! O sei solo fatta come la tua amica?”.
Lei ride in quel modo cristallino che mi piace “No, non ti sbagli! Ma dall’altra sera sono successe molte cose”,
“Quali cose?”,
“Ehi, pensa a guidare, O.K.?”,
“D’accordo, io guido. Tu però parla! Altrimenti, che seduta è?” scherzo io.
Lei si passa una mano tra i capelli “E’ che non ci sto capendo più niente!”,
“Di André?”,
“No, di me. Lui mi ha detto di vedermi come una donna, e questo mi ha fatto piacere, ma perché? Lui è il mio amico, il mio fratello, la mia ombra! Perché pensare che lui mi vede come donna mi fa stare tanto bene?”.
Sta riprendendo fiato “Forse mi sto facendo troppi film!”,
“O forse ne sei innamorata inconsapevolmente!”.

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E finalmente, eccola qua, la mia prima fic su Lady Oscar!
Ninfea 306: che te ne pare? Lo so che non è bella come le tue, ma abbi un po’ di comprensione per una principiante… Quanto alla one-shot… spiacente, ma non ce l’ho fatta a condensare tutta la storia in un capitolo soltanto! Però prometto di non farla troppo lunga, almeno questa prima!



 
 

  
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