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Autore: Theredcrest    06/09/2018    1 recensioni
[Questa storia è liberamente ispirata a Detroit Become Human]
Un androide sperimentale viene inviato a Portland per assistere un Tenente in carriera in un caso di omicidio commesso da un altro androide. Ispirato liberamente a Detroit Become Human, ai personaggi di Connor ed Hank e al loro rapporto, questa fanfiction si propone come una storia alternativa alla trama, riprendendo alcune delle situazioni esistenti all'inizio del gioco ma in un'altra città, con elementi e ambientazione diversi.
Genere: Azione, Science-fiction, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 5 – Starting Point

Era passati quattro giorni dall'omicidio, una parte volati in fretta tra analisi e ricerche riguardanti l'androide fuggitivo e la bambina, che si supponeva avesse portato con sè, e una parte per mere ragioni burocratiche dovute alla rigida organizzazione di ripartizione dei casi. Richard non capiva come due organi, entrambi legati alla giustizia, potessero mettersi i bastoni tra le ruote a vicenda e ostacolarsi con una furia così cieca ed egoista. Stava di fatto che l'FBI li aveva tenuti bloccati due giorni perchè voleva a tutti costi il caso, costringendo l'Azienda stessa a intervenire per decretare che da quel momento in poi l'assegnazione dei casi sugli androidi sarebbe stata ad esclusività del Tenente Coleman.
La situazione da lì si era sbloccata e avevano avuto altri due giorni per recuperare il più in fretta possibile le informazioni e ricostruire un percorso fattibile, e questo aveva fatto sì che Richard scoprisse un'altra dote importante e nascosta del Tenente: oltre che ad essere un fumatore accanito e un beone occasionale, con una tendenza a trattare male tutto e tutti, Aiden era l'agente in carriera più giovane del dipartimento e non a torto. Dedicava al lavoro almeno 12 ore al giorno, spesso sacrificando la notte e il sonno e quindi il proprio benessere personale per la carriera, e adesso che i casi erano diventati di sua esclusiva sembrava essersi accanito ancora di più - aumentando esponenzialmente anche il numero di sigarette, bevute e giorni in cui entrava durante il primo pomeriggio, comportamento tollerato dal Dirigente semplicemente perchè mantenere tali ritmi a quella velocità sarebbe stato lesivo per lui a lungo andare. L'androide, dopo appena qualche ora passata al suo fianco, si era reso conto che doveva essere stato davvero un buon detective fino a quando non era successo qualcosa, un evento che l'aveva reso astioso ma di cui Aiden si rifiutava di parlare, specialmente con lui. Evitava l'argomento ad ogni costo, e anche offrire la propria disponibilità come "psicanalista" o semplice macchina di ascolto non era servito a molto, nonostante il numero delle espressioni più o meno gentili nei suoi confronti fosse aumentato e il Tenente oramai lo chiamasse per nome e non più "pezzo di plastica" o "lattina".
A Washington Park, tutte le mattine lo aspettava Jacob che inaspettatamente aveva mantenuto la parola, dimostrandosi una persona corretta e responsabile, oltre che molto intelligente.
Una delle poche funzioni di cui Richard non disponeva era la misurazione del Quoziente Intellettivo di un umano, ma le lunghe e sempre più complicate conversazioni con Jacob ne avevano confermato la spiccata arguzia. Se Aiden evitava un argomento con la grazia di un'accetta da taglialegna, Jacob era invece in grado di sviarlo verso conversazioni sempre più intricate riguardanti la percezione che il genere umano aveva della storia, della tecnologia e perfino degli androidi. Una delle pochissime posizioni che aveva lasciato davvero intendere era l'odio per la situazione degli androidi nella società: da individuo spiccatamente idealista, trovava ingiusto il trattamento che la gente riservava loro, vedendoli più come una sorta di evoluzione dell'essere umano che non esseri al servizio di un padrone.
Richard continuava a imparare da questi discorsi, e ad esserne sorpreso – un'emozione che sapeva imitare alla perfezione oramai, assieme a molte altre – ma evitava di farsi spingere troppo in questa direzione dall'ardore col quale ne parlava il ragazzo: il suo compito era catturare fuorvianti, non diventare parte di essi. La sua programmazione gliel'avrebbe ricordato e comunque impedito, e nel caso di fallimento, gli attuali capi dell'Azienda sarebbero stati messi al corrente della cosa e l'avrebbero richiamato alla Torre per essere disassemblato e mobilitare un nuovo modello, con più doti e maggiori possibilità di riuscita.
La cosa non gli faceva né caldo né freddo in realtà, eseguiva solo gli ordini.
«Ma come fai a sopportarlo?» gli aveva chiesto una volta Jacob. «Devi fare tutto quello che ti dicono di fare. Tornare, addirittura essere fatto a pezzi e morire per loro?»
Richard aveva fatto spallucce.
«Noi non moriamo. Al massimo il nostro corpo viene distrutto e la nostra memoria trasferita in un altro corpo, e questo non è definibile come “morire”. Ci riattiviamo completamente dopo questo processo, al massimo perdiamo dei frammenti di ricordo.»
«Ma se i danni fossero irreparabili?»
«Allora, in quel caso, verremmo disattivati, analizzati e poi distrutti e mandati in discarica. Succede tutte le volte che un androide non funziona e non può essere resettato. Arriverà il successivo, e via dicendo.»
«E non lo trovi assurdo?» La fronte liscia di Jacob tradiva la sua espressione contrita. Quelli che la prima volta aveva definito occhi dorati - erano in realtà nocciola chiari, ma lo diventavano se colpiti da uno sprazzo di sole – lo fissavano come se avessero dovuto trapassarlo. Non era una sensazione a cui Richard era abituato.
«Lo accetto, come fanno tutti gli altri. Solo i fuorvianti, da quello che sappiamo per ora, si considerano “monovita”. E' un'irrazionalità atipica, perchè a loro volta potrebbero essere riattivati, anche se gravemente danneggiati o feriti.»
«Essere monovita fa parte del concetto di essere vivi, umani. Forse loro si sentono così e vogliono dare un significato alla loro disattivazione, non tornare indietro.»
«Ma possiamo farlo. Sarebbe stupido comportarsi altrimenti. Se avessi la possibilità di far tornare in vita un tuo caro, non lo faresti?»
Jacob riflettè per un secondo, chiudendo gli occhi come a rievocare ricordi spiacevoli.
«Si» ammise infine, «Lo farei.»
«Fa parte dello stesso principio. La disattivazione non equivale alla morte, per questo non siamo umani; solo la distruzione completa comportata da una lesione irreparabile lo è. Una macchina razionale dovrebbe comprenderlo.»
«Ma se provano emozioni... le emozioni mandano a quel paese tutto. Anche la razionalità e la logica.»
«E' per questo che noi non dovremmo provarle, solo imitarle.»
In fondo stare nella centrale risultava più comodo e tranquillo che non una qualsiasi di quelle conversazioni in cui stava perdendo troppo tempo. Richard però aveva sviluppato il suo personale interesse in tutto ciò che non era affatto comodo e tranquillo – come il Tenente, come Jacob, come le azioni sul campo che la sua programmazione gli consentiva di compiere – e così aspettava l'appuntamento mattutino, dandosi l'opportunità di apprendere dall'esperienza, oltre che dalla ricerca e dallo sviluppo dei dati.
Tornando al Tenente, Aiden gli aveva permesso di spostare la sedia al suo fianco per poter discutere con lui il da farsi. Aveva guadagnato sguardi di disapprovazione ovunque per questo, ma oramai stava diventando un'abitudine e a nessuno dei due importava veramente cosa gli altri pensassero. In quei momenti di silenzio dove tutto era chiuso e il luogo non era frequentato da altri che loro due, aveva fatto caso ad una foto seminascosta tra i documenti sparsi sulla scrivania: un Coleman molto più giovane che teneva sottobraccio un ragazzo più vecchio di una decina d'anni, i due volti sorridenti con le gambe mezze immerse in un fiume e le canne da pesca in mano. Avrebbe potuto, ma non si era azzardato ad indagare.
Era immerso in un'altra di quelle discussioni serali dove lui presentava diagrammi e il Tenente ne valutava la validità, quando per un attimo si sentì confuso, come se il suo programma avesse ricevuto il stand-by. All'improvviso si attivò la ricezione dati e i suoi occhi si socchiusero, le palpebre battute più volte. Quando ebbe finito di ricevere istruzioni si riprese dalla sgradevole sensazione che qualcuno fosse entrato nella sua testa, e guardò il Tenente.
«Che succede?» Aiden si era già messo in allarme.
«Ho appena ricevuto un rapporto su un sospetto fuorviante. Il posto è a pochi isolati di distanza, dovremmo andare a dare un'occhiata. E' una casa abbandonata in River Street.»
Aiden si alzò prendendo il giaccone, indossandolo in tutta fretta.
«Andiamo.»

La guida del Tenente sotto stress era incongrua a qualsiasi legge esistente sul pianeta, quindi Richard si trovò sballottato qua e là per la macchina nonostante la cintura, a cercare di aggrapparsi a qualsiasi superficie disponibile per non spalmarsi con la faccia al finestrino o peggio ancora, sul ripiano del cruscotto. Aveva dovuto puntare i piedi e nonostante tutto la forza di gravità prevaleva mentre Coleman guidava a tutta velocità lungo strette vie dove pensava che una macchina così quadrata non sarebbe mai passata. Invece, come il bombo che non aveva la massa ma volava comunque, il Tenente era riuscito a dimostrargli un'altra incredibile abilità: fare comunque cose impossibili ad un umano qualunque. Con i suoi calcoli solo un androide sarebbe riuscito a passare indenne da vicoli così stretti, ma Coleman possedeva dalla sua l'esperienza e una buona dose di follia.
Si calmò solo quando arrivarono, con una frenata che voleva spedirlo fuori dal vetro anteriore, lui e tutta la fornitura interna.
«Tenente, dovrebbero toglierle la patente.»
«Grazie!» ringraziò vivamente Aiden. Richard scosse la testa, rassegnato.
Scesero dalla macchina parcheggiata sull'angolo della via – un'altra infrazione al codice della strada, ma non era la priorità – e camminarono lungo il perimetro in rete zincata che li separava dalla casa diroccata.
«Il posto è questo» confermò l'androide. Si toccò la giunzione delle mani, cercando una spaccatura della rete da cui potesse essere passato.
«Che informazioni abbiamo?»
«Il presunto fuorviante è un 600GM, androide da manutenzione e giardinaggio. E' stato visto picchiare una banda di ragazzini e poi fuggire in questa direzione. Al negozio all'angolo hanno visto qualcuno nascondersi in questa casa e l'hanno segnalato, i vicini hanno notato del trambusto e chiamato la centrale.»
«Certo che la gente non si fa mai i fatti suoi...»
«Se non l'avessero fatto non saremmo qui, Tenente.»
«Se non lo facesse nessuno forse il mondo sarebbe un posto migliore» commentò Aiden, avvicinandosi a quella che sembrava l'unico cancello di entrata. Chiuso da un catenaccio col lucchetto grosso come il palmo di una mano, praticamente inattaccabile.
«Ok. Pensiamo a come potrebbe essere entrato. Arrampicandosi? Passando dalla rete? Niente cesoie o avrebbe tranciato direttamente la catena.»
Intanto Richard stava già controllando cedimenti strutturali nella rete, tastandola piano. Trovò un punto cedevole all'estrema sinistra, molto lontano dall'angolo in cui sostava la macchina, e spinse aprendo un passaggio che poteva far passare almeno un umano alla volta.
«Tenente, qui.»
Aiden lo raggiunse velocemente, vide la rete e fece per passare quando l'androide lo fermò.
«Aspetti.»
«Perchè?»
«I fuorvianti sono pericolosi e attaccano gli umani, ma non sappiamo come si comportino con altri androidi. Andrò avanti per primo a ispezionare e, se non ci saranno pericoli, la chiamerò dentro.»
Il Tenente fece per pensare, poi scosse la testa vigorosamente.
«No, Richard. Fammi passare.»
«Per favore, Tenente.» L'androide era già pronto a bloccarne l'entrata. Aiden sbuffò, poi si ritrasse con un'espressione contrariata.
«Va bene, ma non resterò indietro. Ti seguo in giardino.»
Richard convenne che potevano venirsi incontro a vicenda e una volta acconsentito, passò per primo dall'altra parte, attento a non impigliarsi. La rete metallica sembrava essere stata tagliata e quindi fu nettamente più facile evitare danni a Coleman. La ritrasse per lui, in modo il Tenente passasse agevolmente, poi gli chiese con un gesto discreto di far silenzio e aspettare.
«Non ci metterò molto» lo rassicurò, mentre Aiden sganciava la pistola dalla cintura e ne sbloccava la sicura, fermo in posizione di attesa.
Con cautela, Richard si allontanò da lui percorrendo un piccolo pezzo di giardino e un portichetto che costeggiava tutta la casa fino all'entrata. Cercò di guardare tra le finestre bloccate da assi se dentro ci fosse qualcuno, ma il posto sembrava deserto e in pessime condizioni. Arrivato all'entrata aprì la porta lentamente e se la richiuse alle spalle, guardandosi in giro per valutare le tracce da seguire.
Il posto era quasi vuoto, fatta eccezione per un tavolo, un'altra porta, una scala che saliva e un mucchio di sporco di varia natura. Per terra c'era almeno un dito di polvere, ma nessuna impronta davanti a dov'era lui. Probabilmente non era passato da lì. Facendo meno rumore possibile, Richard controllò il tavolo intonso, le sedie, poi passò all'altra porta che socchiuse piano: guardando dallo spiraglio vide mobili marcescenti e roba buttata in giro, due finestrelle troppo piccole per passare, ma anche un muro pieno di graffiti scritti a pennarello nero fino a coprire l'intera parete, là dov'era stato spostato un forno, che ripetevano una frase già vista: “IO SONO VIVO”. In varie calligrafie, misure e dimensioni, esattamente 2117 volte. Richiuse.
Riprese a cercare, controllando velocemente i cartoni in giro dove trovò solo ciarpame, sotto le finestre ('Niente') e se le assi di legno fossero state smosse ('Niente'). Con la certezza che l'unico altro modo di entrare fosse passando da sopra si diresse alle scale notando delle tracce scure sui gradini. Le salì senza farle scricchiolare trovandosi subito davanti a tre porte, due spalancate e una chiusa. Soddisfatto dalle valutazioni, girò il pomello di quest'ultima ritrovandosi in un bagno spoglio con una vasca.
La prima cosa che vide dritta davanti a sé fu il proprio riflesso in un piccolo specchio quadrato posizionato su un ripiano appena sopra il lavabo. Si tirò indietro i capelli nervosamente. La seconda era che la vasca, all'incirca dietro la sua spalla destra, conteneva un cadavere immerso in una pozza di sangue.
Richard si voltò di scatto, osservando ogni dettaglio della scena terribile, la gola tagliata dell'uomo e il profondo terrore che gli si era stampato sul viso in un'immagine indelebile. Era visibilmente un senzatetto, sporco e dagli abiti malmessi, e gli schizzi di sangue stavano tutt'attorno sulle piastrelle arrivando fino al soffitto e al pavimento. Richard ne raccolse qualche goccia, mettendosela sulla lingua per analizzarla, non trovando nient'altro che quello che stava pensando.
'Deve essersi reso conto di star morendo' pensò, già all'opera nel ricostruire i passi dell'assassino. Passò in rassegna le altre due camere e in quella con ancora un guardaroba e un materasso trovò la finestra aperta, con le tracce che si era aspettato impresse sul pavimento sporco.
'Quindi è entrato da qua arrampicandosi da fuori. Ma da dove è uscito? E' entrato, poi ha trovato l'uomo e l'ha ucciso: si dev'essere macchiato gli abiti e le scarpe.' Controllò fuori, ma trovò solo tegole piene di muschio. Tornò al bagno, cercò di aprire l'acqua e la trovò funzionante.
'Si è lavato velocemente.' Si voltò e si fermò sull'entrata, vedendo solo l'imbocco delle scale davanti a sé. L'unica alternativa per un fuggitivo sarebbe stata scenderle. Le analizzò ancora e trovò che quelle piccole tracce scure su cui non si era troppo soffermato all'inizio erano...
'Sangue. Dell'uomo qui sopra.' Scese con cautela, pronto al peggio, seguendole a ritroso fino al piano terra. 'E' ancora qui.'
Una volta in fondo il suo programma di analisi rilevò una notevole traccia insanguinata che probabilmente era stata lavata via solo con l'acqua. Per questo il pavimento poroso l'aveva comunque trattenuta: erano impronte e si dirigevano verso il sottoscala.
Anche se non poteva provare né caldo né freddo, fù come se un brivido gli percorresse la schiena.
«Tenente!»
Vide una figura alzarsi da dietro degli scatoloni chiusi nel sottoscala e correre via saltando nella finestra, letteralmente spezzando il legno che la bloccava sotto il proprio peso. Scattò a sua volta con una velocità di reazione impensabile, correndogli dietro, rotolando fuori nell'erba mentre quello era già in cima alla rete, pronto a saltar giù. Anche Aiden stava correndo nella loro direzione. Richard lasciò che facesse tenendo il ritmo: si arrampicò a sua volta tentando di agguantarlo ma senza successo. Sostenuto dall'intera forza dei muscoli metallici, balzò allora sul bordo in cima all'ostacolo e lo superò con le gambe, ricadendo giù senza il minimo sforzo.
Vide il fuorviante percorrere la strada opposta a dov'erano parcheggiati, tracciò il percorso riconoscendolo come quello che portava alla stazione, partì di nuovo. Nemmeno le macchine che percorrevano la via andando spedite sarebbero riuscite a tenere testa ai suoi movimenti e la sua reazione fulminea gli fece recuperare del tempo prezioso per bloccarlo. Si avvicinò all'androide così tanto da quasi agguantarlo di nuovo, ma quando allungò il braccio questo girò in un'altra via minore. C'era gente in movimento che si frapponeva tra lui e l'obbiettivo: poteva tentare di aggirarla allungando i tempi o rischiare, standogli dietro. Decise per quest'ultima via, veloce ma poco sicura.
Superò con un salto le casse che un uomo stava portando su un carrello, dribblando velocemente altri due inservienti che fumavano sul retro di un ristorante. Proseguì sostenuto dalle gambe e abbassandosi in scivolata evitò un androide imbianchino con la scala orizzontale. Veloce come il vento, raggiunse la rete che bloccava il fondo della via e frenò poco prima di schiantarcisi contro, evitando di andarci a sbattere.
Il fuggitivo era saltato su una ringhiera vicina per superarla e scese in quel momento. Si voltò a guardarlo e rimasero per un momento così, osservandosi tra loro. Richard potè vedere qualcosa di indefinibile nell'unico occhio sano rimasto al fuorviante. Venne interrotto da dei passi dietro di sé, era un agente con la pistola puntata. Il Tenente doveva aver avvertito la centrale per mandare dei rinforzi.
«Non sparare! Ci serve vivo!»
Anche se esitante, l'agente fece quello che gli aveva detto. La strada era bloccata perchè al di sotto passava un'autostrada. Richard osservò l'androide buttarsi lungo il fangoso crinale e scivolare fino al bordo di essa senza sapere come passarla, fermandosi sul ciglio esitante.
Anche Aiden arrivò di corsa con la pistola in mano, finalmente raggiungendolo. Vide la scena, poggiandosi anche lui alla rete.
«Cazzo, tutto questo è folle!» commentò. Il fuorviante braccato intanto aveva preso coraggio ed era riuscito a passare oltre la prima corsia, evitando per un pelo una macchina in arrivo. Quando arrivò alla seconda, Richard non potè più stare a guardare. Fece per fare leva sulle gambe e saltare oltre la rete, quando Aiden lo bloccò tenendogli con forza la mano sulla spalla.
«Dove vai?!»
«Non posso lasciarlo fuggire.»
«Tanto non ce la farà, non passerà mai dall'altra parte!»
«Non posso rischiare che lo faccia.» Fece di nuovo leva e ancora il Tenente lo trattenne, praticamente aggrappandosi a lui, tirandolo giù.
«Non ci pensare nemmeno! Ti farai ammazzare!» Con un movimento di scatto all'indietro, si liberò velocemente e si arrampicò su fino al bordo. «Richard, dannazione! No!»
Il suo programma non lo lesse come un'ordine. Saltò direttamente lungo il crinale, scivolando sul fango e fermandosi davanti al guard rail. Lo oltrepassò direttamente assieme all'avvertimento olografico di non percorrere la strada in quanto pericolosa. Scattò davanti alla prima macchina, passando la corsia, e balzò scivolando sul tettuccio della seconda in arrivo, arrivando alla successiva. Misurando i tempi, scivolò nell'esatto momento in cui due camioncini sopraggiungevano, nel pochissimo spazio tra le ruote di uno e dell'altro. Superò di nuovo il guard rail e corse lungo la striscia di erba che separava un senso dall'altro, che anche l'altro androide stava percorrendo a fatica.
Forse preso dal panico, il fuorviante mise un piede in fallo oltre il successivo guard rail e scivolò per terra, vicinissimo alla linea di passaggio dei veicoli. Lo vide risollevarsi e cercare di passare la corsia, ma venne preso di striscio da dietro e rimase in equilibrio precario sulle gambe. In quel lasso di tempo Richard lo raggiunse: gli andò addosso e lo prese per le spalle, cercando di trattenerlo mentre quello lottava contro di lui per sgusciare via. Forse perchè era zuppo d'acqua e sangue, a Richard scivolò la mano, ma riuscì a riafferrargli un braccio, ritrovandosi nel bel mezzo della seconda corsia: il fuorviante gli diede una spallata che gli fece mollare la presa, poi un pugno sul petto, che lo allontanò di qualche passo. Fù quell'errore a salvarlo.
In quel preciso istante una macchina grigia travolse il corpo del fuorviante che si sollevò da terra come un manichino, picchiando pesantemente contro il tettuccio e poi sulla strada.
«Cristo, Richard!» sentì il Tenente urlargli dall'alto e battere sulla rete, mentre l'androide afferrava il corpo del fuggitivo e lo trascinava di nuovo nella striscia di erba centrale. Lo mollò e rimase a guardarlo con gli occhi spalancati, poi li richiuse. Serrò la bocca amaramente, mentre qualche goccia iniziava a cadere dall'alto.
Le macchine passavano, spostando i fili d'erba con violenza. Il Tenente gridava ordini agli agenti. Le sue mani erano ricoperte di sangue viscoso.
La pioggia iniziò a cadere con forza, scrosciando sulle sue spalle immobili.
Si mise in stand-by.
 
Ciao a tutti! Ecco qua un altro capitolo, la storia di Richard continua anche se a rilento a causa di impegni e lavoro in arrivo - sto scrivendo un'altra storia per un concorso fantasy, cucendo un mondo di vestiti da larp e peluches e organizzando una bancarella xD Approfitto di questo trafiletto per avvertirvi di non preoccuparvi nel caso non vediate aggiornamenti per un po' di tempo, perchè a partire dai prossimi due capitoli, i successivi diventeranno dei mega-capitoli di chiusura molto consistenti. Va da sè che avrò bisogno di tempo per prepararli bene! In ogni caso, grazie per continuare a seguirmi in questa mia pazzia, e spero che il proseguio possa continuarvi a piacere! A presto!
  
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