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Autore: Miryel    08/09/2018    18 recensioni
Dopo un tragico incidente di percorso, durante un salvataggio, Peter Parker causa la morte di otto persone innocenti.
Il senso di colpa è logorante e Peter inizia a desiderare solo di sparire per sempre. Così decide che, l'unica soluzione per mettere a tacere quel dolore, è smettere di parlare.
Tony Stark, da parte sua, vorrebbe essere in grado di spezzare quel silenzio. Tornare a vivere una vita deliziata dalla voce di quel ragazzo che gli sta cambiando la vita e, allo stesso tempo, salvare Peter dalla convinzione di essere ciò che non è: un assassino.
[ Tony x Peter | Angst | Malinconico | Tematiche Delicate ]
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bruce Banner/Hulk, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ironguy and SpiderKid into the Canonverse'
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[ Tony x Peter | Angst | Malinconico | Tematiche Delicate | Word Count: 1758 ]

The Silence Remains

Starker â¤

•••

 

 

Capitolo I


 

      Quattro.

Quattro minuti per salvare tutti. Quattro persone da salvare, in un edificio di quattro piani e quattro bombe da disinnescare.

Si dedicò quattro interminabili secondi di sollievo, quando sembrò tutto finito, prima di scoprire che l’equilibrio di quel numero era in realtà del tutto casuale. Quattro secondi per rendersi conto che i piani erano in verità cinque – contando il seminterrato, e cinque erano pure le bombe, e l’ultima esplose. Il palazzo crollò su se stesso, inginocchiandosi di fronte alla sua mastodontica stupidità, alla sua superficialità, al suo errore di calcolo, fatale e madornale, schiacciando sotto i suoi resti otto persone innocenti, ed era tutta colpa sua. Non era mai successo; lui era uno che aiutava tutti, persino i più cattivi; perché, dopotutto, il suo compito era quello di salvare vite, e non di spezzarle.

Il frastuono delle macerie che continuavano a crollare cessò, insieme al nuvolone di polvere che si era alzato e, quando scese il silenzio assoluto nella strada dove tutti si erano raggruppati per vederlo compiere quell’eroica impresa, il mondo si rovesciò. Ci volle più di una settimana perché la notizia iniziasse a perdere il suo peso tra la gente, divisa in due tra l’additarlo come un assassino e chi continuava a giustificare il fatto che se non fosse intervenuto, sarebbero morte molte più persone. Niente era di conforto, nemmeno gli Avengers che avevano provato a farglielo capire in tutte le lingue che non sempre le cose andavano come dovevano e che, di sbagliare, succedeva proprio a tutti.

Dal giorno di quel madornale e imperdonabile errore umano, tutto cambiò, e Peter Parker decise che non avrebbe più aperto bocca per tutta la sua intera e miserabile esistenza. Non avrebbe più preso parte ad una sola riunione con gli Avengers, non avrebbe più ascoltato i suoi sensi e, non meno importante, avrebbe smesso di essere Spider-Man per il resto della sua vita. Non era stata una decisione, era stata un’imposizione dettata dai propri sensi di colpa. Non era nemmeno un’imposizione, in realtà. Era apatia.

Quella gente a cui non piaceva però, era solo cattiva e lui – che non aveva mai fatto niente per essere tale, invece era un assassino. Il che era pure peggio. Tra quelli che si chiedevano perché non parlasse più, c’erano anche quelli che si domandavano dove accidenti fosse finito Spider-Man. Volatilizzato nel nulla, dicevano. Quel codardo!, diceva qualcun altro e Peter si sentiva sempre più schiacciato dal peso di quella responsabilità. Si girò nel letto, dalla parte del muro e lo fissò, ignorando il vibrare del cellulare che, non era difficile indovinare, annunciava un messaggio di Ned, o di zia May o di Tony Stark e quando decise svogliatamente di scoprire di chi si trattasse, passarono minuti interi.

«Come stai?»

Era il signor Stark. L’ennesimo messaggio uguale ogni giorno, a senso unico. Non scriveva altro, solo come stai?. Era decisamente un messaggio che racchiudeva della preoccupazione, ma non si spingeva a scrivere nulla di diverso. Non lo aveva mai nemmeno chiamato. Forse perché non risponderei e lui lo sa, pensò. Ogni giorno si riprometteva che gli avrebbe risposto. Ogni giorno rimandava, perché non voleva farlo. Perché non voleva ricevere poi patetici messaggi di conforto. Non da Tony Stark, poi. Poggió il telefono sul comodino, di nuovo, e zia May lo chiamò per la cena. Quel giorno, era uno di quelli in cui nemmeno gli andava di mettere qualcosa sotto ai denti, così non si alzò e rimase nel suo giaciglio, a logorarsi ancora.

 

 

•••

 

 

Tony fissò il telefono per minuti interminabili, quando Peter visualizzò il suo messaggio e lo ignorò come ogni accidenti di sera e, sperando di veder comparire uno sta scrivendo..., ricevette invece l’ennesimo offline. Sospirò e si prese la testa fra le mani; i gomiti appoggiati al tavolo; di fronte a lui una tazza di caffè bollente, scuro come la notte. Doveva fare qualcosa, perché quel trauma era successo a tutti, ma nessuno degli Avengers aveva reagito così e i motivi erano molteplici. Prima fra tutti la consapevolezza che certe cose potevano succedere. Non che gli Avengers provassero indifferenza di fronte a certi errori umani, ma erano più portati nel cercare di dimenticare. Di andare avanti. Peter Parker non era come loro. Era un ragazzo giovane – prima di tutto – che avrebbe potuto ignorare quelle capacità che aveva sviluppato e invece aveva deciso di prestarsi al servizio delle persone. L’amichevole Spider-Man di quartiere, come soleva apostrofarsi con quella sua semplicità a dir poco adorabile. Forse era questo il problema. La leggerezza della sua giovinezza, che non lo aveva preparato ad una tale eventualità perché per lui, una cosa simile, era inconcepibile.

«Quando si riescono a fare le cose che so fare io… se non le fai, e succedono le cose brutte… succedono per causa tua», gli aveva detto una volta e lo aveva spiazzato. Totalmente. Specie perché,  quando glielo aveva detto, erano tutti troppo impegnati a farsi la guerra tra di loro – lui e gli altri Avengers – e sentire quella verità assoluta, per Tony, era stato quasi illuminante. Un ragazzino di quattordici anni – al tempo, che gli insegnava cos'era giusto e cosa non lo era.

«Pranziamo insieme, domani», gli scrisse infine, restando online in attesa della risposta. Peter entrò in chat, e fu quasi un sollievo veder comparire quello sta scrivendo... ma era stato troppo rapido per sperare che la risposta potesse essere positiva. Contrariamente però a quella sua convinzione, Tony dovette ricredersi totalmente perché, con totale sorpresa, non ricevette un no. Non ricevette proprio niente di niente. Solo la scritta, sotto al nome di Peter, che indicava il suo stato offline. Di nuovo.

 

 

•••

 

 

 

Ogni accidenti di mattino era un’impresa catastrofica alzarsi dal letto. Un po’ perché se avesse potuto avrebbe passato il resto della sua vita sdraiato su quel materasso e un po’ perché non dormiva bene ed era sempre stanco. Peter non voleva nemmeno sforzarsi di farsela passare, quell’apatia. Era meglio così, che percepire addosso quell’ansia perenne quando era con altri esseri umani; persino zia May. Voleva stare solo, perché da solo stava bene. Passava ore e ore a fissare il soffitto, a pensare al significato vero della vita o altre stupidaggini così. O meglio, il significato di una vita vissuta con quel senso di colpa che non l'avrebbe più abbandonato, e lo sapeva bene. Lo aveva accettato. C’era rimedio a tutto; un braccio rotto, un graffio in faccia. Persino una delusione amorosa col tempo si dimenticava, ma la morte… nemmeno volendo avrebbe potuto fare qualcosa per cancellare quello che era successo.

Si sistemò lo zaino sulla spalla, e uscì di casa. Era uno di quei giorni in cui avrebbe volentieri marinato, ma lo aveva già fatto due giorni prima e farlo di nuovo avrebbe solo complicato le cose. Non voleva guai, perché non aveva bisogno anche di un richiamo.

«Peter!», lo chiamò Ned, alzando un braccio quando lo vide, un sorriso che gli tagliava la faccia, visibilmente sollevato. Ned aveva paura, e glielo aveva confidato una volta sola. Aveva paura di vederlo crollare e apprendere il giorno dopo che… che lui... no, non era quel tipo di persona, non avrebbe mai commesso un gesto tanto avventato. Era un codardo, no? Non poteva avere il coraggio di gettarsi dal ventesimo piano o buttarsi sotto ad un treno. Cercò di sorridere leggermente all’amico e si avvicinò.

«Ieri non hai mai risposto ai miei messaggi, volevo solo sapere se stai bene. Stai bene?», Peter annuì, cercando di confortarlo, tenendo sulla faccia quel sorriso e fu felice di vedere Ned tirare un sospiro di sollievo.

«Bene… bene, insomma, sì… io ti vedo leggermente meglio, o sbaglio? Non sbaglio, no?», chiese ancora  l’amico, e Peter rispose con un diniego della testa. Era passato un mese e qualche giorno da che era iniziato quel mutismo, e Ned aveva imparato a fargli solo domande che implicavano il rispondere sì e no con la testa, ed era una cosa che Peter, personalmente, apprezzava.

«Quando ricomincerai a parlare giocheremo al nuovo D&D. Ho convinto MJ a prenderne parte anche se non sa come si gioca. Sembrava scocciata all’idea, ma è bastato insistere solo un paio di volte. Mia madre mi ha comprato il libro del Master, e non vedo l’ora di provarlo ma se… se non ci sei tu, non ne ho così voglia.» Peter annuì, cercando di rassicurarlo che ovviamente, molto presto, avrebbe dimenticato quella faccenda, ma gli si leggeva in faccia, a Ned, che non credeva nemmeno un po’ a quella bugia che gli stava raccontando con gli occhi. Era l’unico a parte gli Avengers e Tony Stark a sapere la verità. Al ricordo dell’uomo gli venne una fitta al cuore e una allo stomaco. Non aveva risposto alla sua richiesta – richiesta? era stato più un imperativo categorico – di pranzare assieme e, mentre Ned cominciava ad entrare a scuola e Peter si metteva in fila dietro di lui, tirò fuori il cellulare. Sussultò quando vide una notifica a comparsa sulla foto che usava di sfondo di lui e zia May a New York, e la aprì.

«Ho bisogno di sapere come stai, Peter e di vederti. Per favore, rispondimi.»

Represse l’istinto di alzare gli occhi al cielo, ma da una parte si sentiva anche così in colpa… continuava a discostarsi da quel mondo che fino a un mese e mezzo prima era stato come il paradiso. Ci aveva messo così tanto a farsi accettare dagli altri Avengers, e ora che c’era riuscito, era stato capace di rovinare tutto. Era sparito nel nulla, e alla fine avevano smesso tutti di cercarlo. Tutti tranne Tony Stark e fu per quel motivo che, mordendosi un labbro non del tutto certo, infine decise di rispondere.

«Domani verrò da lei, dopo la scuola.»

«Ottimo, ti aspetterò. Intanto ti va di dirmi come stai?»

No. Non ne aveva voglia e non avrebbe risposto più. Quel semi appuntamento, a cui non era nemmeno sicuro di voler andare, era già tanto, così bloccò il telefono e lo mise nella tasca dei jeans. Aveva un desiderio sconfinato di rivedere il signor Stark, eppure, da quel fatidico giorno, persino con lui le cose erano cambiate. Non perché Peter non riuscisse a vedere la premura e la preoccupazione che l’uomo mostrava, anzi. Il problema reale era quello di scoprire che in realtà lo aveva deluso e che malgrado le preoccupazioni, Tony ce l’aveva con lui; se fosse stato così, per Peter sarebbe stato l’ultimo motivo che lo avrebbe fatto crollare.

Solo… non poteva scappare per sempre.


Fine Capitolo I



 
Angolo angolare delle angolate angolose di Miryel che è un angolo maggiore di 90°, quindi ottuso:

Non voglio assolutamente avere la pretesa di conoscere certe conseguenze dovute a certi traumi, per quello se doveste trovare delle inesattezze psicologiche a riguardo, chiedo scusa. Il tentativo di informarmi c'è stato, ma sono certa che qualche castroneria l'avrò fatta, siccome non sono né un medico né uno psicologo, né ho mai avuto a che fare con certe cose... in caso contrario, sono felice di aver centrato il punto.
Seconda cosa, grazie per essere arrivati fin qui.
Questa storia è una minilong e sarà composta da 3 capitoli. Non è collocata in nessun arco marveliano in particolare, perciò non risente di alcun evento di Infinity War, però è ambientato dopo Civil War.
Sperando che questo primo capitolo vi abbia intrigati e messo curiosità, vi do appuntamento a sabato prossimo con la seconda parte.
Un abbraccio forte va alle mie donnole, che mi danno sempre una carica emotiva fortissima, che mi serve un po' a credere in me stessa, almeno un pochino.
A presto,
Miry
 
   
 
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