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Autore: Corydona    08/09/2018    0 recensioni
Come in una partita a scacchi, due fazioni si ritrovano schierate l'una contro l'altra, pronte a dichiararsi una guerra che entrambe non vorrebbero. Da un lato gli Autunno, la cui potenza sembra inarrestabile, dall'altra i Primavera-Inverno, che possono contare su un'influenza senza eguali.
Una situazione di apparente stasi: apparente, perché nell'ombra i sovrani cadono e le successioni al trono sembrano più complicate del previsto. La guerra sarà dichiarata? Termineranno i regicidi? Quale delle due parti avrà la meglio?
Un'antica profezia annuncia la disfatta degli Autunno: si realizzerà? O rimarranno solo vaneggiamenti di un passato caduto nell'oblio?
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Selenia '
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(Capitolo revisionato)

Una piccola boscaglia nascondeva il curioso terzetto, mentre il sole si avvicinava sempre più all'orizzonte marino, inondando con i suoi sbiechi raggi la visione di navi ormeggiate, da cui uomini di diversa età e provenienza scaricavano e caricavano barili di merci. Poco distante erano site una locanda e una taverna, dove i viaggiatori potevano rifocillarsi nel modo che più preferivano prima delle partenze all'alba del giorno successivo. Alcuni funzionari reali sorvegliavano i movimenti degli avventori, esibendo sui petti il fiore di magnolia simbolo della casata al potere.

Claudio, seduto sulle radici di una quercia, che spuntavano dal suolo, osservava attento il dibattito che stava avendo luogo tra Flora e il mercenario su quale fosse la migliore azione da compiere. Da quanto aveva capito, nessuno dei due poteva essere scorto: da un lato erano certi che le ricerche per scovare la principessa avevano già avuto inizio, dall'altro Arturo era un tipo conosciuto per via del suo lavoro; e, data la delicatezza dell'incarico che il marchese Tirfusama gli aveva affidato, preferiva non essere riconosciuto.

Qualcosa nel suo atteggiamento aveva dato da pensare al contadino catapultato all’improvviso lontano dal suo ambiente: ricordava molto bene con quale intento il soldato – ma era poi davvero un soldato? – si era ritrovato a gironzolare dalle parti di casa di Menta, ma sentiva che c’era dell’altro, come un segreto che voleva celare a tutti. Che avesse dei trascorsi con Alcina e Tancredi e non volesse ritrovarsi ad avere a che fare con loro? Oppure che essere alla ricerca di una delle giovani Autunno gli sarebbe valso un soggiorno nelle prigioni di Nilerusa? Claudio non sapeva darsi una risposta, e ciò contribuiva ad aumentare la sua curiosità nei confronti del mercenario.

L’unica cosa che aveva compreso fino a quel momento era che sarebbe stato proprio lui a entrare nella taverna e a pagare l’oste per farsi dire quando la Millenaria sarebbe tornata al porto.

In base a quanto avrebbe scoperto poi si sarebbero mossi. Flora non sembrava entusiasta all'idea di trascorrere la notte lì, dove la poco estesa boscaglia si faceva meno fitta e la poteva esporre alle occhiate di chiunque si sarebbe arrischiato tra gli alberi, ma Arturo continuava a sostenere che non avevano valide alternative.

«Se dovesse presentarsi qualsiasi pericolo, ci penserò io» stava dicendo.

«E come? Uccidendo chiunque passi di qui?» lo incalzava lei, con tono quasi rabbioso.

«Solo se ti riconoscono» stabilì il mercenario. Aveva cessato ormai da ore di mostrarsi cortese e riverente con una principessa capricciosa che non faceva altro che contraddirlo e metterlo in difficoltà, porre nuovi problemi e non offrire nessuna soluzione. E l’astio malcelato contribuiva a metterlo di cattivo umore. Persino una sacerdotessa della Luna avrebbe perso le staffe al suo posto!

«E se si tratta di…» riprese Flora, decisa più che mai a trovare una sistemazione confortevole, che non prevedesse la presenza di insetti o la paura che qualche serpente potesse avvicinarsi troppo a lei; anche se le era stato ripetutamente fatto notare che nelle terre a meridione della catena dei Tumroi non erano presenti.

«Ci inoltreremo di più nella boscaglia e non ci vedrà nessuno, puoi fidarti, conosco benissimo questo posto» ribatté Arturo, sicuro di averla messa a tacere con quelle parole.

«Quindi non è la prima volta che ti nascondi qui» constatò lei, provocatoria. «Non oso immaginare cosa…»

«Non sono qui per farti immaginare un bel niente, ti sto scortando a sud perché il marchese mi paga per farlo.»

Sebbene avesse cercato di mantenere un tono di voce fermo e sicuro, l'irritazione che il ragazzo dalle spalle larghe provava era ben evidente.

Fu in quel momento che la principessa ammutolì, comprendendo che prima fossero giunti nel Pecama, prima avrebbero trovato la profezia e prima si sarebbe sbarazzata di lui. E ragionevolmente comprese che, se fino a quel momento quel luogo era stato un nascondiglio prezioso per il mercenario, era perché davvero a nessuno era mai venuto in mente di fare lì delle ricerche. Sperò soltanto che gli uomini di sua madre sarebbero stati tanto stretti di vedute da non arrischiarsi tra i cespugli erbosi e le radici degli alberi che spuntavano dal terreno come intessendo una tela dalla trama sconosciuta pronta a disarcionare chi vi camminava.

«Mi raccomando, non fare niente di stupido» disse Arturo, rivolgendosi verso Claudio. «Vai lì, entri nella taverna, ti avvicini al bancone e chiedi a bassa voce se c'è la Millenaria, allungando un paio di monete all’oste. Se non c'è, fatti dire quando torna. Poi prenditi da bere, cerca di passare inosservato e torna qui.»

«Ho capito, non sono un idiota» ribatté Claudio, ma in cuor suo ammise di aver paura di combinare qualche disastro: anche se il compito che gli avevano affidato non era affatto difficile. Il ragazzo rivolse uno sguardo a Flora, che gli sorrise incoraggiante, poi lasciò il boschetto e camminò verso il porto, mentre i due lo osservavano nascosti tra gli arbusti.

Claudio perse del tempo per guardarsi intorno, affascinato dal caos in cui in pochi minuti era stato scaraventato: gli uomini che si affaccendavano, quelli che davano ordini, i barili che venivano spostati da una zona all'altra del porto, verso un magazzino coperto alla vista da locanda e taverna. Sicuramente Arturo avrebbe avuto da ridire su quel gingillarsi, ma non fu del tutto inutile, perché il contadino poté distinguere che gli uomini che recavano lo stemma dei Primavera-Inverno non erano soldati, né tantomeno sembravano interessati alla ricerca della principessa: non aveva niente da temere da parte loro.

Tra i vari scaricatori di merci, ne intravide uno che conosceva molto bene, per averlo incontrato diverse volte al mercato in cui la madre vendeva i prodotti dell'orto: la schiena curva, le sopracciglia aggrottate, immerso nel suo lavoro e in pensieri di cui Claudio era al corrente, Gaetano controllava l'interno di alcuni barili, verificando che non gli avessero mentito sul reale contenuto. Consegnò diverse monete all'uomo che attendeva al suo fianco, poi anche lui individuò l'amico e gli fece un cenno di saluto, che spinse il contadino ad avvicinarsi a lui non appena lo sconosciuto si perse tra le altre figure che popolavano il porto.

«Come mai qui? Non credevo che tua madre fosse d'accordo con il commercio via mare!» esclamò Gaetano come prima cosa, dopo aver dato all’altro una pacca sulla spalla.

«Infatti non lo è» sorrise Claudio, sincero e felice di aver incontrato un amico. «Sono qui per un altro motivo» si lasciò sfuggire, senza preoccuparsi degli uomini fedeli ad Alcina. Una mossa imprudente, di cui Arturo lo avrebbe senz’altro rimproverato.

«Ha a che fare con...?» chiese Gaetano, senza fare nomi, ma l'allusione fu molto chiara per entrambi.

«Sì,» annuì il contadino di Nilerusa, «la sto accompagnando nel Pecama.»

L'amico conosceva il rapporto che intercorreva tra Claudio e la principessa di Defi e lui sapeva altresì quale fosse il legame tra Gaetano e l'erede al trono delle Foglie Cadute. Tra i banchi del mercato a cui i due si ritrovavano a lavorare era sorta un'amicizia tra il giovanotto defico e quello originario del Pogudfo, sempre in viaggio per esportare i prodotti della vasta terra di cui la famiglia si occupava da generazioni.

Quest’ultimo si fece scuro in volto. Se Flora non era insieme a Claudio in quel momento, significava che si stava nascondendo dai dipendenti dei sovrani e, implicitamente, dal re e dalla regina. «Non vorrete raggiungerli, spero. Se Chiara si mettesse nei guai...»

«Ma no, non c'entra niente» lo rassicurò lui, con una pacca sulla spalla e un piccolo sorriso. «Sono successe altre cose che non ti posso dire, sono un segreto. Devo chiederti un favore... sai quanto sono imbranato e non posso permettermi di sbagliare niente.»

Gaetano sorrise per l'ammissione dell'amico, consapevole della veridicità delle sue parole: Claudio era bravissimo a cacciarsi nei guai, come quella volta in cui, appena poche settimane prima, caricando le casse di verdura della madre su un banco del mercato, aveva accidentalmente urtato un uomo del banco vicino, a cui per lo scontro erano caduti dalle mani diversi recipienti di vetro, che si erano infranti sulla pavimentazione della piazza principale di Nilerusa, tra lo stupore generale per quel piccolo incidente. Come riuscisse a ben interpretare la parte dello spasimante della principessa rimaneva un mistero per coloro che avevano a che fare con lui nella vita di tutti i giorni.

«Certo, se mi è possibile. Intanto qui ho appena finito, devo solo caricare questa merce su un carro e tornare a casa» gli spiegò, accennando ai pochi barili che aveva appena acquistato.

«Puoi chiedere se c'è la Millenaria?» domandò allora il contadino di Defi. Avrebbe voluto indicare la locanda e la taverna poco distanti, ma si trattenne dal farlo per non attirare troppe attenzioni; precauzione inutile, dato che nessuno, neanche i funzionari reali, badava all’incontro tra i due ragazzi.

«La Millenaria è partita giorni fa, non c'è bisogno che chieda» rispose Gaetano con un piccolo sorriso. Conosceva quella nave perché era su quel legno che aveva visto Chiara imbarcarsi per l’isola a sud, pronta ad affrontare il proprio destino. «Penso che tornerà tra qualche giorno, doveva andare nel Pecama e tornare.»

«Sei sicuro che tornerà qui?» chiese Claudio, preoccupato. «Non andrà da qualche altra parte?»

«No, non credo: il capitano mi ha assicurato che poi sarebbe tornato per inviarmi una lettera sulla riuscita del viaggio» gli confidò il ragazzo del Pogudfo. Era in apprensione per la traversata, ma aveva udito della buona fama della Millenaria e del suo equipaggio; il capitano, suo coetaneo, gli aveva fatto una buona impressione e gli aveva garantito che la principessa Delle Foglie sarebbe giunta sana e salva nella sua patria. Probabilmente la preoccupazione di Gaetano era eccessiva, ma se Raissa Autunno fosse stata interessata a quanto accadeva in quello sputo di terra che era il Pecama, lui non sarebbe potuto intervenire in alcun modo. Si era esercitato con una spada di legno che aveva intagliato con le sue mani, quindi in qualche modo era preparato; ma era ben consapevole che trovarsi in un corpo a corpo, magari contro un soldato addestrato, era tutt’altra faccenda che sfidare gli alberi dei suoi terreni. «Ma di' un po': la accompagni da solo?» aggiunse poi, conscio del fatto che Claudio non aveva mai maneggiato alcuna arma.

Infatti lui rise, come prima reazione. «Assolutamente no, sai che non potrei difenderla neanche da una zanzara. La soluzione che abbiamo trovato non piace troppo a nessuno dei due, ma è la migliore.»

«Meglio che tu non mi dica altro, altrimenti ti lascerai sfuggire sicuramente qualche cosa di troppo» disse Gaetano, prudente. Se aveva capito bene, Flora era in fuga dai genitori; e se i funzionari avessero carpito informazioni da poter successivamente riferire alla regina, lui avrebbe passato dei guai seri. «E, poi, qui tutti hanno bocca e orecchie. Devo tornare a casa con questa roba, ci si vede.»

I due amici si lasciarono con un sorriso e brevi parole di saluto. Claudio approfittò della confusione degli scaricatori e, soprattutto, dello schiamazzo di alcuni uomini ubriachi che uscivano dalla taverna scortati da un paio di guardie, per allontanarsi dal porto senza farsi notare e raggiunse gli altri due esattamente dove li aveva lasciati.

L'espressione sul suo viso era distesa e soddisfatta, perché era riuscito a ottenere le informazioni che cercava senza correre alcun rischio, ma il mercenario non sembrava della stessa opinione.

«Perché ti dico di fare una cosa e tu invece fai altro?» domandò con disappunto.

Flora arricciò il naso: concordava con Arturo, ma non era disposta a dimostrarlo in alcun modo.

«Ho incontrato un amico» disse Claudio, ignorando il suo tono poco conciliante. «Mi ha detto che la Millenaria tornerà tra qualche giorno perché è partita per il Pecama.»

L’altro annuì. Da quanto aveva visto, era certo, almeno, che Alcina non avrebbe mai saputo dove fosse diretta la figlia, perché nessuno dei suoi uomini si era avvicinato ai due, che si erano incontrati innocentemente, come amici di vecchia data quali erano.

«Ci possiamo fidare?» chiese Flora, ansiosa. Per quanto riponesse la propria fiducia in Claudio, non poteva essere sicura del giovane di cui aveva parlato.

Tuttavia, lui annuì, convinto. «È il fidanzato della ragazza che lui sta accompagnando giù» spiegò cripticamente. Sapeva che la principessa voleva far sapere al mercenario meno cose possibile di sé, quindi provò a spiegarsi in tale maniera criptica, ma il suo sforzo era vano.

«C'ero anche io quando ne hai parlato» gli fece notare Arturo, che fu sul punto di sorridere, interrotto da un’occhiataccia non molto benevola da parte della fanciulla, che si era seduta su un masso e lo scrutava con acrimonia.

«Comunque Millenaria è un nome strano per una nave» constatò Claudio, cambiando argomento, senza che la sua considerazione ricevesse una risposta dagli altri due: Flora era ormai di pessimo umore, dopo aver trascorso un’intera giornata fianco a fianco a un individuo di cui diffidava; e parimenti il mercenario per aver sopportato per ore i capricci dell’insopportabile principessa.

Claudio posò vicino a sé la sacca che aveva portato sulle spalle durante la camminata fino al porto, ne estrasse del pane e, dopo averlo spezzato, lo porse ad entrambi: la fanciulla ne mando giù qualche boccone seduta su un masso, mentre Arturo rispose che avrebbe mangiato più tardi, durante il turno di guardia.

«Quando sarò troppo stanco, ti sveglierò e prenderai il mio posto, d’accordo?»

Sebbene il tono di voce del mercenario si sforzasse per non mostrare il fastidio che provava per l'atteggiamento che la principessa continuava ad assumere in sua presenza, quello era più un ordine che una cortese richiesta. Il giovane diresse, come fecero anche gli altri, lo sguardo verso occidente: il sole si avvicinava alla linea dell'orizzonte, inondando il cielo di una luce sempre più fioca, mentre raggi caldi irradiavano il porto, gli uomini e le navi pennellando ogni minima superficie con una coloratura ambrata, come di un biondo topazio avvicinato a una torcia.

Flora sospirò, pensando a quanto si stava lasciando alle spalle: la vita agiata, i profumi e le fragranze del giardino, le delizie della tavola e la possibilità di utilizzare i suoi sali da bagno che giungevano dal Rosonebro. Iniziava a sentire la stanchezza fisica della camminata, che i tre avevano intrapreso poco dopo l'alba, e l'odore aspro del proprio sudore; era infastidita dal non sapere quando avrebbe potuto lavarsi, ma non disse nulla ad alta voce, anche se non poteva evitare di palesare il suo disagio. Piuttosto che eseguire la volontà della madre, che voleva ad ogni costo maritarla a Nicola, avrebbe sopportato qualsiasi situazione il futuro le avrebbe riservato. Tranne la presenza di un mercenario: nonostante la fiducia di Giampiero, non era ancora certa di poter accordare la propria a qualcuno che si faceva pagare per servire sotto le armi.

Sbuffò, immersa nei propri pensieri, constatando come osservare il mare da vicino le infondesse una maggiore serenità dello spiarlo da lontano dal balcone della sua camera.

Decise di fidarsi: ormai era in viaggio e non aveva alternative. Se Arturo l’avesse protetta fino al luogo della profezia e poi nel ritorno al Defi, non avrebbe avuto motivo di preoccuparsi; neanche se si fosse trattato di Raissa. E poteva sempre contare sulle ricchezze della propria famiglia: se il mercenario avesse richiesto altro denaro per non spifferare nulla di quella missione, lo avrebbe sborsato; e… se Franco si trovava nel Pecama, avrebbe potuto raggiungerlo.

Sorrise, giocherellando con uno stelo d'erba e, quando il giovane uomo dalle spalle larghe le lanciò un'occhiata, non mutò l'espressione del viso.

 

(Ultima revisione: 29/05/2020)

   
 
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