"Ti credevamo morto".

Il ragazzo gli lanciò un amaro sorriso, e i suoi occhi scintillarono come due zaffiri.

"Suoni deluso".

"No." Laurent era tutt'altro che deluso, osservando quel fragile bellissimo ragazzo girare per la stanza come un seme di Dente di leone catturato dal vento. "Solo che..." Laurent era rimasto a corto di parole, si era voltato sulla sedia alla sua scrivania e guardava... guardava.

Lo spirito, la visione, il ragazzo risuscitato davanti a lui fece un sorrisetto beffardo fin troppo familiare, pur trovandosi in un territorio a lui sconosciuto della camera matrimoniale di Laurent nel palazzo di Akielos.

"Il gatto ti ha mangiato la lingua?" Anche la sua voce suonava esattamente come quella del ragazzo che semplicemente non poteva essere vivo.

"Si può dire così".

Il ragazzo alzò al cielo gli occhi blu come l'infinito.

"Hai davvero pensato che fossi morto, non è vero?"

"L'ho fatto". Faceva male ammetterlo.

"Era solo la testa di qualche ragazzo locale, non lo sapevi?" la voce di Nicaise suonava quasi orgogliosa, mentre si lasciava cadere sul letto enorme. Le lenzuola di seta di un blu brillante gli si addicevano molto meglio del bianco chitone lurido che indossava. I suoi piedi nudi erano pieni di vesciche, le sue mani delicate erano diventate ruvide e le unghie erano spezzate. Laurent si maledisse per non essere stato in grado di proteggerlo. "I soldati avevano deciso, che per il momento quando ti avrebbero trovato, la sua testa sarebbe diventata abbastanza simile alla mia per ottenere l'effetto desiderato".

"E dov'eri tu?" Leggermente barcollando, Laurent si alzò, mosse qualche passo per fermarsi accanto al letto, abbassando gli occhi, e Nicaise incontrò il suo sguardo – blu nel blu – arrogante. Come ai vecchi tempi. "Sei scappato?"

"Certo che l'ho fatto". Quando Laurent gli si sedette vicino, Nicaise si spostò un po' e si poggiò le mani sullo stomaco. Laurent cercò di non fissarle, tutti quei calli e lo sporco sotto le unghie. Era fuori luogo. "Non avrai creduto davvero che uno stupido vecchio potesse riuscire a fregarmi, vero?"

Per un lungo momento, Laurent rimase in silenzio. Poi, molto cauto, disse:

"Sai che ora non c'è più, non è vero? É morto".

"Lo so". La voce di Nicaise sembrava soddisfatta, le sue labbra perfette si piegarono da un lato in una specie di sorriso, eppure nei suoi occhi si intravvedeva qualcosa simile al rimpianto. "Ho visto la sua testa su una picca quando sono entrato in città".

"Non ti farà più del male".

Nicaise annuì soltanto, ma non disse nulla. Non protestò quando Laurent infilò la mano nei suoi capelli, facendo passare attraverso le dita i ricci castani. Erano grassi, avevano bisogno di essere lavati e tagliati. Laurent avrebbe provveduto.

"Io ti proteggerò, Nicaise".

Nicaise di nuovo girò i suoi occhi, più blu del cielo d'estate fuori dalle finestre.

"Non ho bisogno della tua protezione". La sua voce suonava leggermente strozzata, i suoi occhi sgranati e umidi si fermavano su qualsiasi cosa che non fosse Laurent.

Laurent si sforzò per trattenere il sorriso.

"Lo so". Era in gran parte vero. Nicaise era uno tosto. Sapeva prendersi cura di se stesso. Aveva fatto tutta la strada da Arles a Ios completamente da solo. Si era scavato una nicchia affianco al trono in una corte feroce, nonostante la sua giovinezza. Ed era sopravvissuto. "Ma ho intenzione di proteggerti lo stesso".