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Autore: Lamy_    09/09/2018    0 recensioni
Andy alle spalle ha un passato burrascoso, costellato da dipendeze e da un matrimonio finito, e davanti a sé ha un futuro incerto.
Ianira alle spalle ha un passato fatto di abbandoni, prima suo padre e poi il padre di suo figlio Damian, e davanti a sé ha un futuro ricco di speranze.
Che cosa succede quando l'incertezza di Andy incontra la speranza di Ianira?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andy Biersack, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1. BENVENUTA IN CITTA’
 
Ianira Lewis arrivò alle otto in punto davanti al palazzo in cui aveva affittato un appartamento. Era un’abitazione modesta, salotto e cucina in un’unica stanza, un bagno, e due camere da letto non molto grandi. Era stato suo zio Fred a suggerirle di trasferirsi in quel quartiere che, a detta sua, era tranquillo e assai vivibile. Certo, lei aveva vissuto a Londra per tutta la sua vita e sapeva che ci avrebbe impiegato del tempo ad ambientarsi. Sapeva anche che lasciare la capitale inglese era la soluzione migliore per lei e per suo figlio. Damian, quattro anni, due grandi occhi verdi e una cascata di capelli ricci castani, era l’unica gioia della sua vita. Lo aveva partorito a soli ventidue anni, ma non si era mai pentita di aver portato avanti la gravidanza e di averlo cresciuto da sola. Era un bambino gioioso, vivace e curioso, e poteva definirlo l’unico uomo della sua vita. Adesso il piccolo si trovava col vecchio Fred, un cinquantacinquenne arzillo e con la battuta sempre pronta, mentre lei si dedicava al trasloco. La settimana precedente aveva assunto una squadra per scaricare e montare i mobili, ma aveva deciso di portare le sue cose da sola per sistemarle senza fretta. Si portò le mani ai fianchi e sospirò, sarebbe stata una giornata difficile. Si rimboccò le maniche della camicia, aprì il portabagagli e iniziò a salire gli scatoloni.
 
Andy Biersack non aveva voglia di alzarsi dal letto quella mattina. La sveglia, come da copione, alle sette precise aveva iniziato a fare baccano e lui, come da copione, l’aveva spenta ad occhi chiusi. Si rigirò nel letto, sudato e irritato per la nottata insonne, e sbuffò contro il cuscino. Non aveva nessuna voglia di lasciare il suo appartamento ed essere gentile con i clienti del negozio di musica presso cui lavorava. Erano mesi che una tremenda tristezza gli pesava sul cuore come un macigno e negli ultimi giorni sembrava trascinarlo sempre più giù. Aveva chiacchierato con sua madre la sera prima e si era sentito meglio, ma la sensazione era durata un paio di ore, poi era ricaduto nella solita angoscia. Allora aveva ceduto, aveva stappato una bottiglia di scotch, che conservava da un paio di mesi, e se l’era scolata bicchiere dopo bicchiere senza curarsi delle conseguenze. Ecco perché in quel momento si malediceva per il mal di testa che gli dava il tormento. Si allungò sul comodino per prendere il cellulare e controllare le notifiche: l’avvocato gli aveva lasciato tre messaggi in segreteria. Sbuffò di nuovo. Non era dell’umore adatto per richiamarlo e sentirsi dire che doveva aspettare ancora. Era trascorso un anno da quando lui e Jennifer avevano divorziato, ma lei non voleva firmare le carte. Erano state innumerevoli le ragioni che li avevano spinti a troncare il matrimonio: continui litigi, pseudo tradimenti, problemi di alcol e di gestione della rabbia, e la lista proseguiva in negativo. Si erano amati sin da giovani e non si erano più lasciati, almeno sino al venerdì sera in cui Andy decise di andarsene. Infatti, si domandava perché lei non si rassegnasse a firmare quelle dannate carte dopo che avevano interrotto qualsiasi tipo di contatto. Basta pensarci, si disse. Doveva prendere una boccata d’aria. Si fece una doccia veloce, indossò i soliti pantaloni neri e la solita t-shirt bianca, inforcò gli occhiali da sole e uscì di casa. Strada facendo, si fermò a comprare un caffè e poi riprese a camminare senza una meta. Digitò il numero di Benjamin, il suo collega, e quello rispose dopo due squilli.
“Buongiorno, qui parla Benjamin. Come posso aiutarvi?”
“Sono Andy. Ma non controlli mai il display prima di rispondere? Comunque, puoi aiutarmi coprendo anche il mio turno oggi. Non mi sento bene.”
Benjamin, calvo ma barbuto, era il ragazzo più strano che Andy avesse conosciuto. Viveva con due gatti, quattro televisori e due frigoriferi ricolmi di cibo spazzatura.
“Non ti senti bene vuol dire che ti sei preso una sbronza?”
“Vuol dire che non mi sento bene, tutto qui. Ti pago due cene questo fine settimana, ci stai?”
“Affare fatto. Ci vediamo domani, Biersack.”
“A domani. Grazie.”
Prima di bloccare lo schermo, si ricordò dei messaggi dell’avvocato e si decise a richiamarlo. Il suo umore ormai era rovinato, una notizia cattiva in più non avrebbe fatto la differenza.
“Avvocato Jones? Sono Andy Biersack.”
“Oh, Andy, finalmente mi hai richiamato! Ho una bella e una cattiva notizia. La bella è che Jennifer ha firmato le carte, ma la brutta è che non ha intenzione di lasciare la villa in cui abitavate insieme.”
Andy smise di camminare. Il mondo smise di girare insieme a lui. Jennifer aveva davvero accettato il divorzio? Dopo un anno passato a supplicarla, adesso gli sembrava un ulteriore tradimento. No, non l’amava più da tanto tempo, eppure gli fece male.
“Andy? Ci sei ancora?”
“S-sì, ci sono. La cattiva notizia non è poi così cattiva, Jennifer può tenersi quella villa perché io non ho intenzione di tornarci.”
“D’accordo. Allora posso fissare l’incontro finale per mettere a punto il contratto di divorzio?”
Il ragazzo scostò il cellulare dall’orecchio e si toccò la fronte con il dorso della mano, gli veniva da piangere come un bambino impaurito. Era l’effetto dell’alcol che lo lasciava così sconvolto.
“Sì, può fissare l’incontro.”
“Bene, allora mi farò sentire io per darti conferma. Buona giornata, Andy.”
“Buona giornata a lei, avvocato.”
Buona giornata un cazzo, pensò Andy.
 
 
Dopo due ore Ianira si prese una pausa. Si sedette sulle scale del palazzo e bevve dal thermos il caffè che zio Fred le aveva preparato. Mangiucchiò una brioche distrattamente, era troppo curiosa di studiare le variazioni di luce che si intravedevano tra i profili degli altri edifici circostanti. Si era laureata in arte, e da poco era stata assunta come insegnante di disegno presso il liceo statale di Santa Monica. L’arte era la sua grande passione, studiare le linee, i contorni e i colori si mescolava alle vite avvincenti degli artisti, e tutto ciò le dava un senso di meraviglia che non finiva mai di stupirla. Riposto il cibo nella borsa, tornò all’auto e sgranò gli occhi: mancavano ancora cinque scatoloni e sette cavalletti da portare su. Posso farcela, si disse, e trascinò fuori dal bagagliaio l’ennesima scatola. Troppo pesante per lei, il cartone si ruppe e il contenuto si riversò sul marciapiede.
“Accidenti!” esclamò, dopodiché si affrettò a raccogliere le sue cose. Un paio di anfibi entrarono nel suo campo visivo e lei si bloccò per un attimo, poi fece scorrere lo sguardo verso l’alto.
“Le serve una mano?”
Un ragazzo alto e magro, con le sopracciglia inarcate e gli occhi coperti dai Ray-Ban neri, la guardava con fare interrogativo. Ianira scosse la testa e sorrise.
“Sì, mi serve una mano. La ringrazio.”
“Si figuri.”
Il ragazzo si chinò a raccattare tavolozze e pennelli dalla strada per deporli nello scatolone rotto. La donna che aveva davanti era giovane, aveva i capelli lunghi castani legati in una treccia e due occhi scuri contornati da lunghe ciglia. Si ridestò dai suoi pensieri quando lei gli sventolò la mano a pochi centimetri dal naso.
“Va tutto bene?”
“Sì, va tutto bene. Ecco, queste matite sono sue.” Disse, passandole una scatolina di matite bianche.
“Grazie mille per avermi aiutata. Credo di aver riempito troppo gli scatoloni.” Sorrise la ragazza, e Andy sorrise di rimando.
“Cose che capitano. Si trasferisce qui?”
“Sì, io e mio figlio occuperemo l’appartamento 3C al secondo piano.”
Andy si tolse gli occhiali in un gesto di sorpresa, al che la ragazza fece un mezzo sorriso.
“Io abito al 2C, quindi deduco che saremo vicini.”
“Beh, allora io sono Ianira Lewis. Molto piacere!” disse lei, allungando la mano destra verso di lui. Andy la strinse con titubanza, non era bravo a relazionarsi con gli sconosciuti.
“Andy Biersack, piacere.”
“Grazie ancora per l’aiuto, Andy.”
Il sorriso di Ianira era talmente coinvolgente che fece sorridere anche lui, di nuovo.
“Ancora prego.”
Quando il ragazzo sparì oltre il portone, Ianira tornò dai suoi scatoloni. Ripensò alle mani affusolate di Andy mentre raccoglieva i pennelli, alle sue braccia e al collo tatuati, ai suoi magnetici occhi azzurri, e dovette ammettere che era fortunata ad avere un vicino dal bell’aspetto. Di certo zio Fred lo avrebbe apprezzato. Il quel momento squillò il cellulare e rispose senza controllare, avendo riconosciuto la suoneria personalizzata.
“Aspettavo una tua chiamata con ansia!”
“Mi sono appena liberata dalla sala operatoria, ho fatto nascere un altro bambino. Dovrebbero darmi un premio come migliore ostetrica dell’anno!” replicò Madison con fare ironico. Madison era la sua più cara amica. Si erano conosciute all’università ed era stata l’ostetrica che l’aveva seguita e supportata durante la gravidanza e il parto. Era il suo opposto, festaiola, sempre allegra e protesa al divertimento sfrenato, e proprio per questo che l’adorava.
“Sì, sei la migliore ostetrica di Londra!”
“Ah, non fare troppo la simpatica. Dunque, come vanno le cose? Come state?”
“Io e Damian stiamo bene, per ora dormiamo da zio Fred, ma stasera ci trasferiamo nella nuova casa. Sto scaricando le ultime cose e poi sarà tutto pronto.”
“Non vedo l’ora di venirvi a trovare, ho bisogno di stritolarvi in una marea di abbracci. Mi mancate troppo!” disse Madison, e Ianira già se la immaginava con gli occhi lucidi.
“Ci manchi anche tu, Maddie. Ti manderò tutte le foto possibili di Damian, sta tranquilla.”
“Va bene. Adesso vado a far nascere un altro piccolo, ci sentiamo più tardi. Vi voglio bene e abbraccia Damian per me.”
“Ti vogliamo bene anche noi. Ciao.”
Ianira si asciugò gli occhi con la manica della camicia perché, sì, cambiare città era un beneficio, ma lasciare gli affetti era comunque difficile.
 
Andy si era buttato a letto l’attimo dopo aver messo piede in casa. Aveva sonno ed era di cattivo umore. Versò nel caffè le ultime gocce di scotch che restavano nella bottiglia e si piazzò il cuscino in faccia. Si domandava quanto rumore avrebbero fatto la sua nuova vicina e il suo bambino, anche perché lui di sentire urla e pianti ininterrotti non ne voleva sapere. Ianira sembrava una persona a modo, gentile e cordiale, ma non era detto che continuasse così, e lui già si vedeva sveglio tutte le notti nel tentativo di far placare il rumore prodotto dal bambino. No, non erano i vicini che lo preoccupavano, erano solo una scusa per nascondere il vero cuore del problema: Jennifer. Era finito tutto. Sì, lo sapeva, ma non voleva saperlo. Aveva trascorso giorni interi a convincerla a firmare e, ora che era successo, stava male. Male per cosa? Lui l’aveva lasciata, lui se n’era andato e sempre lui aveva inoltrato la richiesta di divorzio. Era colpa sua. Come sempre. Un tonfo interruppe la sua autocommiserazione, sollevò la testa e sentì qualcuno imprecare sul pianerottolo. Scalzo e con il bicchiere ancora in mano, aprì la porta e inarcò il sopracciglio. La nuova arrivata era completamente bagnata e tentava invano di strizzarsi i vestiti.
“Che succede?”
Ianira si voltò verso di lui nel totale imbarazzo, si coprì la maglietta bianca bagnata con la camicia blu che indossava.
“Il tubo del lavandino è esploso mentre sistemavo i detersivi e mi ha fatto un bel bagno. Nulla di che, non ti preoccupare.”
Andy annuì, le diede le spalle e rientrò  in casa. Prima di chiudere la porta, però, chiuse gli occhi e sospirò. Recuperò la cassetta degli attrezzi dallo sgabuzzino e tornò da lei. Ianira era ancora sul pianerottolo e si assicurava che i colori e le tavolozze fossero integri.
“Hai bisogno ancora di una mano?”
“Oh, Andy, ti avevo detto di non preoccuparti. E’ davvero gentile da parte. Vieni.”
Andy la seguì in cucina, dove il tubo perdeva acqua in un secchio. Posò la cassetta a terra e ne estrasse un raccordo a tee per stringere la perdita. Applicò un minimo di forza sul bullone e quello si avvitò intorno al tubo interrompendo la fuoriuscita di acqua.
“Fatto. Il bullone era semplicemente allentato.”
“E’ la seconda volta che accorri in mio aiuto nel giro di un’ora. Ti ringrazio infinitamente!”
Di norma Andy avrebbe trovato tutta quella gentilezza ridondante, ma Ianira era sinceramente grata per l’aiuto. Lui si limitò ad annuire.
“Non ringraziarmi, era solo un bullone lento. Dammi una pezza per asciugare l’acqua.”
La ragazza scosse la testa e gli afferrò i gomiti in una presa blanda.
“No, non mi devi addirittura pulire questo disastro. Mi dispiace averti importunato, perciò adesso me la vedo io.”
“Non ho nulla da fare oggi. Possono esserti utili due mani in più.”
“Andy …” incominciò Ianira, quella solita gentilezza nella voce che accompagnava ogni sua parola. Andy le strinse a sua volta il gomito e le riservò un’occhiata quasi esasperata.
“Per favore, Ianira. Ho bisogno di distrarmi.”
La donna dovette capire al volo che volesse liberarsi da un pensiero che lo tormentava e annuì, lasciandogli le braccia.
“Va bene. Puoi aiutarmi.”
 
Erano le sette di sera quando Ianira finì di sistemare gli ultimi vestiti nell’armadio. Mentre lei spolverava qua e là, Andy era impegnato ad assicurare la libreria in soggiorno. Avevano fatto una breve sosta verso mezzogiorno per pranzare, ed era stato un pranzo silenzioso e freddo, poi avevano ripreso a darsi da fare. Sobbalzò quando avvertì i passi del ragazzo in camera da letto e, girandosi, lo vide ridacchiare.
“Scusa, non volevo spaventarti. Ho sistemato tutto, adesso ti tocca rimettere solo i libri.”
“Perfetto, grazie mille!” disse lei, passando lo straccio sul comò. Andy rise a bassa voce e si appoggiò allo stipite della porta.
“Smettila di ringraziarmi, lo hai fatto di continuo!”
“Lo so, scusami. E’ solo che sei stato davvero gentile. Potevi lasciarmi da sola a fare tutto, invece ti sei giocato una giornata intera ad aggiustare la casa di una sconosciuta.”
“So come ti chiami, perciò non sei una sconosciuta. Non del tutto, almeno.”
Ianira proruppe in una risata cristallina che contagiò anche Andy. Era una donna particolare, tanto garbata e simpatica, almeno per quel poco che avevano parlato. Era anche indubbiamente bella. Era alta, più o meno magra, con i fianchi larghi e con un viso rotondo. Non era il tipo di ragazza che piaceva a lui, ma aveva un bel carattere e cucinava bene, quindi forse potevano diventare amici.
“E anche qui ho finito. Bene, adesso non mi resta che montare il letto di Damian.”
Ianira uscì dalla stanza con Andy al seguito, era contenta della sua presenza perché, se non ci fosse stato, non sarebbe riuscita a fare ordine da sola in un giorno. Quando entrarono nella cameretta, Andy si perse ad osservare delle foto: ritraevano Ianira insieme ad un bambino riccioluto e sorridente. La donna, alle sue spalle, sorrise appena.
“Lui è Damian, la mia ragione di vita.”
“E’ un bellissimo bambino. Ha il tuo stesso sorriso gioviale.” Disse lui, senza staccare gli occhi da una foto che ritraeva mamma e figlio in spiaggia.
“Lo so che è bellissimo, è mio figlio!” scherzò Ianira, le labbra arricciate in un sorriso divertito. Andy rise e inarcò il sopracciglio. Ianira adesso poteva guardarlo meglio e notò alcuni dettagli, come il piercing al naso, il logo di Batman tatuato sul braccio e la faccia del supereroe sul collo, notò le mani inanellate e l’orecchino a sinistra, e si meravigliò di tutta quella bellezza. Distolse lo sguardo e si rimproverò, non doveva nemmeno pensarle certe cose. Si era ripromessa di restare lontana dagli uomini dopo che il padre di Damian l’aveva abbandonata.
“Questo coso come si monta?!” esclamò Andy, sconcertato a causa delle istruzioni. Damian aveva preteso un lettino a forma di nave dei pirati e, sebbene lei fosse contraria, zio Fred lo aveva accontentato.
“Non sarà poi così difficile. Vediamo …”
Più leggeva le istruzioni e più si accigliava, quelle parole erano incomprensibili per lei. Andy le diede un colpetto con la spalla, divertito com’era dalla faccia della ragazza.
“Non avevi detto che non sarebbe stato poi così difficile?”
Ianira scoppiò a ridere e si sedette sul pacco che conteneva i pezzi da assemblare.
“Non sono pratica di queste cose. A Londra abitavamo con mia madre ed era tutto pronto, mentre adesso devo gestire tutto io.”
“Dai, ti aiuto io. E no, non replicare e non ringraziarmi. Mettiamoci al lavoro.”
Prima che potesse muoversi, Ianira lo stritolò in un breve abbraccio. Era decisamente una tipa strana.
“Okay, mettiamoci al lavoro!”
 
 
“No, non credo che questo vada qui.”
Ianira e Andy da dieci minuti analizzavano attentamente un pezzo di prua per capire dove andasse messo, ma non sembrava combaciare con nulla. Il letto-nave non era pronto dopo due estenuanti ore di teorie e tentativi di montaggio.
“Non ne ho la più pallida idea.” Mormorò Andy, gli occhi arrossati per la stanchezza e la voce roca. Ianira gli tolse il pezzo di mano e gli diede una pacca sulla spalla.
“Adesso devi tornare a casa. Sei esausto e non me la sento di approfittare ancora di te. Domattina chiederò a mio zio di occuparsi del letto, nel frattempo stanotte Damian può dormire con me.”
“Sei sicura?”
“Torna a casa, Andy.”
“Okay.”
Raccattate le sue cose, Ianira lo accompagnò alla porta e si trattennero sulla soglia.
“Grazie di cuore per tutto quello che hai fatto. Non eri costretto a spaccarti la schiena di lavoro, eppure lo hai fatto. Ti sono debitrice.”
“Non dirlo neanche per scherzo. Era una brutta giornata e aveva bisogno di concentrarmi su qualcosa che non prevedesse problemi, e tu me lo hai permesso. Grazie a te. Buonanotte, Ianira.”
“Buonanotte a te, Andy.”
Ianira lo salutò con la mano e richiuse la porta quando lui entrò finalmente nel suo appartamento. Ora non restava che chiamare zio Fred perché le riportasse Damian.
 
 
Andy proprio non riusciva a dormire. La sveglia segnava le due del mattino. Il palazzo era immerso nel silenzio, l’unico rumore proveniva dalla strada affollata. Si mise seduto e accese una sigaretta, era irritato e doveva calmarsi. Aiutare Ianira non era stato alleviante come si aspettava, il pensiero di Jennifer era tornato a infastidirlo l’attimo dopo essere tornato a casa. Stupidamente prese il PC e sfogliò le foto del matrimonio che aveva tenuto per sé nel caso la nostalgia avesse bussato alla sua porta, come quella notte. Sembrava passata una vita da quel giorno, da quando, vestito di tutto punto, aveva giurato amore eterno. Se c’era una lezione che aveva imparato da tutta quella tragedia, era che l’amore è fatto per essere spezzato. Si accese la terza sigaretta, era nervoso e la tristezza aumentava ad ogni tiro. La bottiglia di scotch giaceva vuota sul tavolo, una memoria della tentazione nella quale era ricaduto. Si massaggiò le tempie, e un po’ di cenere si sparse sul lenzuolo, bucandolo. Come quel lenzuolo grigio, anche il suo cuore aveva un buco al centro. Senza pensarci ancora, si vestì e si diresse al market notturno.
Una bottiglia si whiskey, per favore. Aveva chiesto.
Ecco a lei, sono dieci dollari. Gli avevano risposto.
 
Salve a tutti! :)
Questa è la prima storia che scrivo su Andy, perciò siate clementi.
Questo è stato un capitolo per abbozzare i personaggi e le loro storie.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 
  
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