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Autore: Sarck    09/09/2018    4 recensioni
|Questa storia partecipa al “Back to Office” a cura di Fanwriter.it!|
Quando esce dall'ufficio, a fine giornata, scrive un messaggio a Kenma: 'indovina chi è il nuovo assunto di cui tanto decantava Kuroo?'
Riceve solo un '?' come risposta.
Lancia giusto un occhio al semaforo, ancora rosso, e digita velocemente la descrizione più breve e accurata che possa far ricordare all'amico: 'quello della vacanza che si era fissato con il farmi togliere sia calze che scarpe prima di farlo nei bagni, perché “tenere le calze è da sveltina!”’
'Mister calzini?'
'Sì, mister calzini'

***
Ci pensa Bokuto, scrivania a fianco a quella di Akaashi, a portare disordine e ricordi estivi in ufficio.
[BokuAka]
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Tetsurou Kuroo
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Al loro posto
Fandom: Haikyuu
Tipo di coppia: yaoi
Pairing: Bokuto/Akaashi
Rating: giallo
 
Parole: 1.551

 Iniziativa: Questa storia partecipa al “Back to Office” a cura di Fanwriter.it!
 Prompt/Traccia: (3) Quando A torna dalle vacanze e inizia il suo nuovo incarico, incontra B, la sua “notte folle in vacanza”.

Note: non pubblicavo da così tanto che mi sono dimenticata il format con cui scrivo le storie. Questa cosa è tristissima ;_; Eppure ora eccomi qui, blocco dello scrittore sbloccato (oh) e una BokuAka piccina che spero possa piacervi. Bokuto è un patatino e secondo me è pieno di fisse strane!
Buona lettura e grazie a tutti i miei (pochi) fedeli lettori per il sostegno e la pazienza nell'aspettare le mie pubblicazioni ♥

 

 

 

 

 

Al loro posto

 

 

Mentirebbe, Akaashi, se dicesse che non lo ha riconosciuto. Il colore dei suoi capelli, sotto la luce sterile dell’ufficio, è ancora più insolito di quanto ricordasse.

Quelle sfumature di grigio tendevano al viola, un mese prima, sotto il riflesso di una sfera intermittente che girava girava e girava, in mezzo al gazebo allestito sulla spiaggia. Anche la testa di Akaashi girava, perché i suoi compagni di squadra gli avevano allungato troppi bicchieri e lui non avrebbe neanche voluto accettare tutto quell’alcol, no, ma le orecchie gli fischiavano ancora per la frase pronunciata la sera prima; “il capitano forse è impacciato?” Aveva decisamente bisogno di bere, se voleva dimostrare il contrario.

Alle battute dei compagni si era poi aggiunta quella infatilissima classifica stilata – quella delle conquiste, quella per cui lui aveva alzato gli occhi al cielo e si era infilato nel suo futon totalmente disinteressato, quando l’avevano stesa. “Akaashi Keiji” era scritto in grigio, scarabocchio di penna nera ormai scarica, sul retro del volantino del negozio di dorayaki - quello appena sotto al loro ostello.  Era, ovviamente, in ultima posizione.

Akaashi non si definirebbe un tipo orgoglioso. È semplicemente composto. Gli piace che le cose stiano al loro posto, motivo per cui se fosse stato lui, a stilare quella lista, l'avrebbe per lo meno scritta su un foglio bianco, nuovo, con tanto di titolo colorato. Quel nome scritto in penna scarica, ormai nell’angolo, non era proprio nel posto giusto.

Ed è per questo che, quella sera a metà vacanza, al quarto bicchiere di qualcosadiamaro non bene indentificato, quando quel ragazzo gli aveva invaso il campo visivo, con la sua schiena enorme e la sua presenza invadente, ad assorbire più spazio possibile tra i corpi già ammassati, Akaashi aveva deciso di cambiare la sua posizione in classifica. E no, a giudicare da come l’altro ragazzo aveva spalancato gli occhi color ambra, appena lui gli era scivolato felino davanti, di proposito, il corpo già un po’ troppo vicino, non poteva di certo essere definito “impacciato”.

La luce del gazebo cambiava colore ad intervalli di tempo regolari e con essa i capelli dello sconosciuto, quelli che per qualche ragione gli erano finiti tra le dita – ciuffi verdastri – mentre la lingua si faceva spazio tra labbra troppo calde e carnose. Quei capelli erano color fuliggine, quando lo aveva trascinato nei bagni di servizio poco illuminati e lui gli aveva infilato le mani sotto alla maglietta, quella appiccicosa di un cocktail che era stato lui stesso a rovesciargli addosso, ad un certo punto. Si era fatto perdonare, con quelle mani callose dai polpastrelli freddi a sfregargli la pelle, le labbra calde attorno ad un capezzolo.

Ora Akaashi, a distanza di esattamente ventuno giorni, ha davanti agli occhi ogni sfumatura di quelle ciocche di capelli (bianco, cenerino, grigio scuro… bianco?!) che non era riuscito a vedere correttamente, sotto le luci distorcenti di quella serata ubriaca. Insieme ad essi, ai giusti colori perfettamente al loro posto su quel viso, ha la visione complessiva di un ragazzo enorme stretto dentro ad una giacca troppo rigida per lui, oscillante tra un piede e l’altro, il viso basso un po’ arrossato.

Kuroo sta facendo le presentazioni, ma nessuno dei due sta pienamente ascoltando.

 

Il dieci settembre, quando Akaashi ritorna in redazione, ha un nuovo collega e vicino di scrivania. Di lui, durante la prima giornata di lavoro impara, nel seguente ordine: i colori del suo viso, il suo cognome, le spalle larghissime strette in una camicia indecente – per quanto aderente -, la sua incapacità di stare fermo su una sedia girevole, un probabile disturbo di attenzione, il tono di voce troppo alto ogni volta che lo chiama – strascicando sempre la “a” – e il suo disordine eccessivo, patologico quasi.

Ad orario di pranzo Akaashi ha già disegnato la quarta identica mappa in una mattinata (quella tutta ordinata, con i capi di redazione in un colore, i dipendenti e i collaboratori esterni in un altro, con tanto di simbolini e insegne fluo “se hai problemi con il nuovo programma lui è colui che devi contattare”), il tutto perché Bokuto continuava a perderla ogni volta che spostava qualcosa sulla scrivania. Alla fine gliel'ha dovuta scannerizzare.

Quando esce dall'ufficio, a fine giornata, scrive un messaggio a Kenma: 'indovina chi è il nuovo assunto di cui tanto decantava Kuroo?'

Riceve solo un '?' come risposta.

Lancia giusto un occhio al semaforo, ancora rosso, e digita velocemente la descrizione più breve e accurata che possa far ricordare all'amico: 'quello della vacanza che si era fissato con il farmi togliere sia calze che scarpe prima di farlo nei bagni, perché “tenere le calze è da sveltina!”’

'Mister calzini?'

'Sì, mister calzini'

 

L'undici settembre Bokuto si siede vicino a lui, in mensa.

“Comunque Kuroo lo sa che abbiamo scopato, gliel’ho detto” afferma in un sorriso larghissimo, mentre posa quattro mandarini sul suo vassoio. Akaashi quasi inciampa sui suoi passi, ma il vassoio rimane stabile.

“Cosa?” La voce è una nota più in alto del solito, ma il volto rimane impassibile, se non fosse per le sopracciglia esageratamente arcuate.

“io e lui siamo tipo best bro,” le sopracciglia di Akaashi si inarcano ancora di più “sono anni che le tenta tutte pur di combinarmi con qualcuno. Mi chiedo se lo abbia fatto a posta a consigliarmi di fare il colloquio qui.” Con un broncio infantile sul viso, che porta il labbro inferiore a sporgere oltre quello superiore, decide di afferrare un altro mandarino, il quinto, dopo secondi di seria indecisione.

“Non sapevi come mi chiamavo, anche se Kuroo sa della” schiarisce la voce “umh, scopata, non poteva sapere che ero io” è la semplicissima risposta. Logica.

Bokuto sembra illuminarsi a quello. Sbatte felice il vassoio sul primo tavolo libero e “giustissimo,” trilla, “sei troppo intelligente Akaashi!”

Non sa se le orecchie bollenti siano dovute al complimento gridato con così tanto entusiasmo o al fatto che Bokuto si stia arrotolando le maniche della camicia su, fin oltre i gomiti. Lo sguardo di Akaashi vacilla sugli avambracci solidi e il corso sinuoso di una vena, prima di tornare sul piatto.

Separa le bacchette con un ‘crack’.

“Comunque avevo capito non fosse stata solo una sveltina.”

“No, non lo è stata,” lo guarda negli occhi, le iridi sono di un giallo esageratamente luminoso “abbiamo tolto le calze!”

 

Il dodici settembre Bokuto gli rovescia tutta la tazza di tè sulla scrivania.

 

Il tredici settembre piove, eppure Bokuto è a maniche corte – distrazione distrazione distrazione – e si dimentica l'ombrello in ufficio. Lo usa Akaashi, dato che è senza.

 

Il quattordici settembre Akaashi gli lascia una brioche sulla scrivania, perché è quasi del tutti certo che quell'ombrello fosse stato volutamente dimenticato. Bokuto sbriciola tutto sul manoscritto del manga che sta revisionando.

Quel giorno, quando passa Kuroo, si intrattiene per almeno mezz'ora alla sua scrivania e gli schiamazzi dei due sono così forti che Akaashi è costretto a riportare di peso Tetsurou nel suo ufficio.

“Lo vuoi tutto per te?” è la battuta accompagnata da un ghigno felino.

“No, è che stavate disturbando.”

Eppure sente le punte delle orecchie andare a fuoco, quando tornando nel suo ufficio nota che Bokuto alza subito la testa appena varca la porta.

 

Il quindici settembre Bokuto arriva in ufficio in tenuta da corsa, pantaloncini corti e canotta larga – Akaashi lo becca appena all'ingresso e già non ce la fa ad arrivare al loro piano intero, senza scomporsi in pezzettini minuscoli prima del terzo gradino. I capelli di Bokuto non sono tirati su come al solito, ciuffi disordinati gli cadono sulla fronte e un po’ sulle ciglia.

Bokuto lo saluta stritolandolo in un abbraccio sudato, prima di andare a cambiarsi, e Akaashi, con le braccia rigide lungo i fianchi mentre si fa strizzare per bene, inizia a valutare l'idea di seguirlo.

Se ti beccano a farti spalmare contro il muro dei bagni dell'ufficio ti licenziano?

 

La settimana dopo Bokuto lo fa. Lo ferma contro la parete del bagno – prima involontariamente, Akaashi si era fatto piccolo piccolo per farlo passare, e poi volontariamente – e lo bacia, senza preavviso. Ad Akaashi gira la testa e nonostante sia metà settembre, con quegli occhi ambrati addosso, gli sembra di essere ancora in estate.

Ricambia il bacio con un “finalmente” senza fiato. Gli afferra i capelli quando sente l'erezione di Bokuto contro la sua coscia.

Se ti beccano a fare un pompino nei bagni dell'ufficio ti licenziano?

 

Due settimante dopo la scrivania di Bokuto è qualcosa di indecente. Ha appena rovesciato la ciocciolata sull'ultimo manoscritto – per fortuna non sulla copia ufficiale, Akaashi gli ha proibito di tenerle sulla scrivania – e sta cercando di pulire il disastro con dei fazzoletti, mentre blatera, contrito “no, non ridere Akaashi.”

Akaashi è sempre stato un tipo composto. Gli piace che le cose abbiano un loro ordine, stiano al loro posto.

Quando guarda la scrivania di Bokuto, niente è in ordine. Lo stesso Bokuto non lo è. Eppure, quando gira il volto e lo vede lì, ondeggiante sulla sua sedia girevole, a sbuffare su un manoscritto, non può far altro che pensare che quello sia il posto più giusto per lui.

Quando ogni tanto Bokuto alza gli occhi e li incrocia coi suoi, sorriso e iridi che sono ricordo di sole estivo, Akaashi non può far altro che pensare a tantissimi spazi, all'interno della sua vita, in cui Bokuto sarebbe esattamente al suo posto.

 


  
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