Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Solas    09/09/2018    1 recensioni
Il sole stava calando lentamente dietro le montagne, tingendo la vallata di migliaia di sfumature cremisi, ponendo fine a quella torrida giornata estiva. Quello era il momento della giornata che Eileen preferiva, quando le foglie degli alberi riflettevano i colori del tramonto, gli stessi dei suoi occhi, facendo sembrare la foresta in fiamme.
Genere: Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

02. COCCI SUL SENTIERO


Eileen serrò la mascella fino a sentire i denti scricchiolare. Nonostante non avessero minimamente bisogno d’acqua, stava percorrendo a grandi falcate il sentiero che portava al torrente Uèir Airgid, uno degli affluenti del fiume Thorn, il corso d’acqua più vicino a Nead. Era stata una sciocca, non sapeva nemmeno lei cosa si aspettava di ottenere presentandosi a quell’ora davanti alla casa del Sorvegliante. Non era arrabbiata per quello che aveva sentito dire da Sigrid, aveva sopportato cattiverie peggiori nel corso degli anni. Le insinuazioni di quella vipera ormai le scivolavano addosso come acqua. Era con sé stessa che era infuriata, si stava comportando come una bambina piagnucolosa. La stessa con cui pensava di aver chiuso i conti dopo la morte di suo padre. Con rabbia deviò dal per corso tracciato, scalciando nell’erba alta e lasciandosi scivolare il cappuccio del mantello sulle spalle. Dopo pochi minuti di cammino arrivò vicino a un’alta parete rocciosa coperta d’edera e senza indugio prese a trafficare con alcuni tralci pieni di foglie grandi quanto la sua mano aperta. Dietro il rampicante apparve un pertugio grande appena per far passare una persona e senza indugi Eileen vi si infilò. Facendo attenzione a tenere la testa china per non urtare contro il soffitto irregolare, percorse poche iarde e sbucò in prossimità di una pozza d’acqua poco profonda circondata da enormi massi di ardesia. Si trattava di una conca naturale che lei è Kaleb avevano trovato quando erano ancora bambini, impossibile da raggiungere dall’esterno, se non attraverso l’apertura che aveva appena attraversato, in quanto i massi erano troppo ripidi e friabili per arrampicarsi. Doveva essersi formata in seguito ad una frana molti anni prima che nascessero ed era diventata immediatamente il loro posto preferito, il rifugio perfetto per pensare o per sfuggire ai problemi quotidiani.

Eileen lasciò cadere il secchio sopra la ghiaia scura e si levò mantello e stivali, arrotolando le braghe fin sopra il ginocchio. Senza esitare entrò nell'acqua sentendo i piedi perdere sensibilità a causa del freddo. Nonostante il gelo che le entrava nelle ossa, la sua rabbia non accennava a diminuire, perciò prese una manciata di ciottoli dal fondo e iniziò a lanciarli sul pelo dell’acqua. I sassi avevano a malapena lo spazio per rimbalzare un paio di volte prima di finire contro la pietra della riva opposta, ma non le importava. In quel momento voleva solo dimenticare ciò che era successo. Rimpiangeva il modo in cui si era comportata, era il giorno più felice della vita di Kaleb, eppure aveva rovinato tutto. Il loro ultimo ricordo insieme sarebbe stata quella patetica conversazione, in cui l’aveva trattato con freddezza, alla strega di un estraneo.

Non si accorse subito delle lacrime che le rigavano il viso e non se ne curò, continuando a scagliare le pietre con rabbia.

Sua madre aveva ragione, Kaleb non avrebbe più fatto ritorno. Cosa ci avrebbe guadagnato a vivere in quel minuscolo villaggio disperso tra le montagne, quando poteva essere in una delle meravigliose città che si affacciavano sull’oceano, o ancora meglio, nella capitale?

Il loro era un regno pacifico e diventare soldato gli avrebbe consentito di vivere una vita dignitosa, facendo ciò che più amava, aiutare le persone.

Tuttavia, il dolore di quella perdita era insopportabile. Ora che suo padre non c’era più, Kaleb e sua madre erano le uniche persone che per lei contavano in quel mondo ostile e aveva il terrore di rimanere sola.

Una volta che ebbe esaurito le lacrime, si strofinò con forza il viso con l’acqua gelida fino a far arrossare le guance per il freddo, poi fece un respiro profondo. Nonostante tutto, sfogarsi le aveva fatto bene, odiava sentirsi vulnerabile e quel pianto l'aveva aiutata ad arginare il dolore in un angolo della sua mente, dove non avrebbe potuto più farle male. Quando fu pronta, riempì il secchio d'acqua e si rimise in cammino per tornare a Nead.

Quando sbucò fuori dal bosco, si accorse che il sole era ormai alto nel cielo, torrido come i giorni precedenti, e il villaggio brulicava di attività. Automaticamente i suoi piedi si mossero in direzione della fucina, l’unico posto in cui era ben accetta fra quelle case.

Il rumore del ferro che veniva battuto la raggiunse ancora prima che la struttura comparisse davanti ai suoi occhi. Come ogni giorno il fuoco ardeva ferocemente nella grande fornace, alimentato da due grossi mantici. I bagliori rossastri si riflettevano sulle pareti mobili alte sette piedi che Mastro Radt aveva fatto costruire pochi anni prima, per tenere gli occhi di spie e ficcanaso lontani dal suo lavoro, le aveva confidato l'uomo. Senza esitazione superò lo sbarramento e fu investita da una vampata di calore che le fece ondeggiare i capelli. Intorno a una grande fornace piena di lingue di fuoco e tizzoni ardenti, si affaccendavano tre figure lucide di sudore. Una era quella di Mastro Radt, il vecchio fabbro, nonostante l'età aveva un corpo asciutto e muscoloso, temprato dagli anni passati a lavorare nella fucina. In quel momento reggeva un grosso martello dal manico in legno, battendo con forza un lungo e sottile pezzo di metallo incandescente, facendo sprizzare scintille ovunque. I colpi erano talmente forti che ad Eileen pareva di sentire le vibrazioni scuotere il terreno. La barba bianca ben curata, nascondeva gran parte del volto e i capelli candidi erano trattenuti da un fazzoletto logoro annodato sulla fronte, tuttavia la ragazza riusciva comunque a vedere la fronte e le sopracciglia aggrottate per lo sforzo. Accanto si stagliava l'enorme figura di Haward, l'apprendista più anziano, che con un paio di grosse pinze manteneva fermo sopra un'incudine l'acciaio che il fabbro stava lavorando. Era un tipo schivo e di poche parole, alto all'incirca sei piedi emmezzo e con mani enormi. Era incredibile come con esse fosse in grado di creare incredibili opere d'arte. A Eileen piaceva quel ragazzo e lui non sembrava avere paura del suo insolito aspetto, forse perché frequentava spesso la fucina per incontrare Mastro Radt. Probabilmente, se Sigrid non avesse minacciato tutti i ragazzi del villaggio, sarebbero anche potuti diventare buoni amici. Infine, dietro l'ingombrante struttura di mattoni scorse Gery. In quel momento si stava occupando di tenere il fuoco vivo mettendo in azione i grossi mantici. Prima che arrivasse il suo posto era occupato da Kaleb.

A causa della vicinanza con la sua famiglia, nessuno lo aveva voluto come apprendista, a parte Mastro Radt. Il fabbro era stato l'unico disposto a dargli un lavoro quando aveva compiuto dodici primavere. A nulla erano valse le buone parole e le lusinghe di suo padre, che se voleva, poteva essere molto persuasivo. Gli abitanti del villaggio erano troppo spaventati da lei e sua madre, per non parlare di Nani.

All'inizio era stato difficile, la fucina non era un luogo adatto ad un ragazzino, ma Radt era stato paziente. All'inizio aveva affidato a Kaleb solo compiti semplici: assicurarsi che ci fosse sempre legna e carbone, tenere la fucina pulita e riordinare gli strumenti. Poi, con il passare del tempo, aveva iniziato ad apprendere il mestiere, assistendo Radt e Haward nei processi di lavorazione del metallo, fino ad acquistare abbastanza autonomia. A Kaleb piaceva lavorare nella fucina, se non avesse superato la selezione per diventare un soldato, probabilmente avrebbe continuato la sua formazione lì. Gli anni passati a lavorare il metallo gli avevano donato un fisico forte, oltre che resistente, che si era rivelato molto utile per superare alcune delle prove architettate dal comandante Jokull. Ma più di ogni altra cosa, quel lavoro gli aveva permesso di entrare in contatto con il modo delle armi. Non che Mastro Radt ne fabbricasse molte, il loro era un piccolo villaggio circondato dalle montagne, gli unici che ne facevano richiesta erano i soldati del loro piccolo contingente, o i cacciatori che passavano vicino a Nead per seguire le piste degli animali. Per quanto potesse sembrare strano, Kaleb aveva un vero e proprio dono nell'utilizzo di ogni tipo di arma. Spade e alabarde sembravano naturali prolungamenti del suo corpo e quando imbracciava l'arco aveva una mira infallibile.

Eileen si crogiolò in quei pensieri attendendo con pazienza che gli uomini finissero il loro lavoro. Quando l'acciaio fa battuto per l'ultima volta Mastro Radt fece un cenno impercettibile ad Haward che con un movimento fluido fece scivolare il pezzo di metallo nel badile pieno di acqua salata alle sue spalle, sollevando una densa nube di vapore. Fu in quel momento che il fabbro la vide e il suo viso solcato dalle rughe si spiegò in un sorriso reso luccicante dai diversi denti di metallo che intervallavano quelli ancora sani.

-Eileen, scricciolo mio. Cosa ci fai da queste parti?- esclamò con voce roca avvicinandosi a lei con un'andatura zoppicante, colpa di un brutto incidente di appena un paio d'anni prima. Alle sue spalle Haward accennò un sorriso, mentre il volto di Gery divenne terreo, nonostante l'inferno di fiamme che gli bruciava accanto.

-Sono venuta a riprendere i vasi di unguento che ti ostini a conservare come cimeli- rispose Eileen senza riuscire a non rispondere al suo sorriso. -Dato che l'ultima volta non sei venuto personalmente al negozio, volevo essere certa che il messaggio fosse arrivato a destinazione-.

A quelle parole Gery divenne paonazzo e con fare impettito riprese a far funzionare il grosso mantice in cuoio. Nonostante il rumore infernale la risata di Radt raggiunse chiaramente le sue orecchie. -Nervosetto il nostro Gery, hai notato? Non preoccuparti, è un bravo ragazzo, solo un po' troppo influenzabile- spiegò il fabbro pescando un brandello di stoffa dall'ampio grembiule di cuoio per asciugarsi il sudore dalla fronte. Dammi solo qualche mese e lo renderò un apprendista accettabile. Anche se Kaleb mi mancherà-

Eileen sorrise condiscendente. -Lo immaginavo. In ogni caso, chi aveva bisogno dell'unguento?-.

-Haward, quello sciocco ha di nuovo messo le mani dove non doveva- sbottò Mastro Radt scuotendo la testa irritato, ma la giovane sapeva che era tutt'altro che adirato con il suo apprendista. Il fabbro era un uomo molto severo, soprattutto con se stesso, per questo ogni volta che uno dei suoi protetti si feriva accidentalmente, se ne sentiva in qualche modo responsabile, dato che lavoravano sotto la sua supervisione.

-Posso controllare la ferita?- domandò cautamente.

-Certo- acconsentì il ragazzo posando gli attrezzi ed iniziando a togliersi i lunghi guanti di cuoio. Senza farselo ripetere Eileen posò il secchio pieno d'acqua e scivolò verso di lui, iniziando a svolgere la benda che gli avvolgeva l'avambraccio, proprio sotto il gomito.

Per diversi attimi osservò la pelle del giovane, controllando con cura anche i bordi della ferita.

-Cambi la medicazione ogni giorno?- chiese analizzando lo strato di unguento gelatinoso che ricopriva l'ustione.

-Tutte le sere e ci applico il vostro unguento. Non è così brutta come sembra, sono riuscito a immergere il braccio nell'acqua quasi immediatamente- rispose Haward mentre lei risistemava con cura la fasciatura. -Dovresti comunque rimanere a riposo per un paio di giorni, per facilitare la guarigione-.

Il ragazzo scrollò le spalle -Non è necessario, davvero, si tratta di una bruciatura leggera e per ora non sto facendo sforzi eccessivi-.

-Come preferisci, ma stai attento alla fuliggine, non vorrei si infettasse-.

In quel momento Mastro Radt comparve al suo fianco tenendo tra le mani tre vasi grandi all'incirca quanto un bicchiere. -L'importante è che ti serva da lezione e sia entrato bene nella tua testaccia che nessuna parte del tuo corpo deve stare vicino ai bordi della forgia. I mattoni accanto al fuoco diventano terribilmente caldi, come avrai ben notato- ringhiò in direzione dell'apprendista, che rimpicciolì sotto il suo sguardo.

-Credo che abbia capito- si intromise Eileen con delicatezza cercando di spostare l'attenzione del fabbro dal povero ragazzo. -Quelli sono nostri?-.

Mastro Radt sbuffò. -Sì, abbiamo ancora un vaso mezzo pieno e, ovviamente, quello che abbiamo appena preso. Preferisco averne una buona scorta, in caso di necessità- disse riprendendo il fazzoletto nascosto sotto il grembiule ed asciugandosi di nuovo la fronte. -Quest'estate è davvero terribile, non faccio altro che sudare da mattina a sera, tu non hai caldo?-.

Solo in quel momento Eileen si accorse che, a differenza degli altri, se ne stava tranquillamente avvolta nel mantello, nonostante il calore. -No, sto bene. Mi piace l'estate e anche stare sotto il sole-.

-Buon per te- osservò il fabbro con un sospiro.

-Così sembra, ora però devo andare. Mia madre mi sta aspettando- disse la rossa scoccando un'occhiata al sole che correva rapido nel cielo, era stata fin troppo lontana da casa.

-Portale i miei saluti. Una sera di queste dovremmo proprio organizzare una bella cena insieme, mi mancano i manicaretti di tua madre-.

-Sarebbe fantastico, mamma da sempre il meglio di sé quando ci sono ospiti- rispose Eileen con un sorriso, allungando il braccio libero verso di lui per recuperare i vasi vuoti, ma Mastro Radt scosse la testa.

-Gery! Aiuta Eileen e vedi di non fare la figura del fesso come l'ultima volta!- esclamò richiamando il secondo apprendista.

-Devi scusarlo, gli abitanti del villaggio devono avergli riempito la testa di frottole. Sai come sono fatti quei codardi, hanno paura della propria ombra. Ci penserò io a raddrizzarlo come si deve- le sussurrò strizzando un occhio.

Il ragazzo si avvicinò a loro con circospezione e, stando ben attento di tenersi alla larga, prese tra le mani i vasetti dell'unguento.

-Dimentichi niente?- chiese il fabbro indicandola con un cenno della testa. Eileen, in un primo momento, non capì a cosa alludesse, poi con sommo stupore vide l'apprendista tendere una mano tremante verso il secchio ancora a terra al suo fianco.

Fece per opporsi, ma Radt annuì compiaciuto dandole una poderosa pacca sulla schiena che le tolse il fiato. -Bene, ora sparite, e tu cerca di non perderti lungo la strada. Abbiamo un mucchio di lavoro da fare-.

A quel punto Eileen capì che era inutile opporsi ed aspettò con pazienza che Gery si sistemasse.

Così combinati, i due ragazzi si misero sulla via di casa. La giovane procedeva a passo spedito, felice, in cuor suo, di ricevere quell'aiuto inaspettato, anche se non proprio volontario. Alle sue spalle sentiva il respiro pesante dell'altro ragazzo, che con fatica la seguiva lungo le strade. La ragazza vide alcuni dei loro compaesani squadrarli di sottecchi, ma non ci badò.

Giunsero fuori dal villaggio in un batter d'occhio ed Eileen inspirò a pieni polmoni l’aria profumata dai fiori che punteggiavano l’erba ai lati del sentiero. Felice, constatò che entro pochi minuti sarebbe finalmente tornata a casa. Tuttavia, appena furono dietro una folta macchia di arbusti, Eileen sentì qualcosa di duro sbatterle contro la spalla strappandole un grido di dolore. Con la coda dell'occhio vide un oggetto più grande del suo pugno rimbalzare a terra poco distante, producendo un forte rumore di cocci rotti.

Sorpresa, si volse per capire cosa fosse stato, facendo scivolare una mano sopra la spalla dolorante. Immediatamente riconobbe i frammenti di quello che era stato uno dei vasi che utilizzavano per gli unguenti e, sgomentata, si volse verso Gery in cerca di spiegazioni.

Il volto del giovane era livido. -Quindi vi piace anche avere un stuolo di schiavetti al vostro servizio- sibilò nella sua direzione.

Eileen boccheggiò incredula, con la spalla che le pulsava di dolore, poi si scostò di scatto per evitare il secondo vaso che l'apprendista le lanciò contro. Di nuovo udì il suono della terracotta che andava in mille pezzi e questo parve farla tornare in sé.

-Che diavolo stai farneticando! Sei impazzito?-.

Questa volta Gery le lanciò contro il secchio e lei si scansò, ma non fece in tempo ad evitare uno spruzzo d'acqua che le inzuppò il mantello ed i vestiti.

-È inutile che fai l'innocente, tutto il villaggio sa cosa fate tu e tua madre. Ora che Kaleb se n'è andato, è solo questione di tempo prima che vi caccino via- ringhiò con rabbia. Eileen fece prudentemente qualche passo indietro, per mettere più distanza possibile tra loro due. Sembrava una persona totalmente diversa da quella che era entrata il giorno precedente nella loro bottega.

-Già, noi curiamo le persone, proprio qualcosa di imperdonabile-.

Il viso di Gery si fece paonazzo, -Curare? Voi stregate la gente, la rendete vostra schiava fino a portarla alla follia. Ecco cosa fate!-

A quel punto Eileen si bloccò, iniziava ad arrabbiarsi anche lei. -È questo che Sigrid ti ha raccontato mentre eravate assieme?- esclamò contraendo la mascella. -L'unico schiavo che vedo qui sei tu, scodinzoli dietro alla tua padrona come un cane-.

Gery emise un agghiacciante lamento animalesco e le scagliò contro l'ultimo vaso che aveva tra le mani. -Non prendermi in giro!- urlò schizzando saliva ovunque. -Sigrid è una brava persona e si preoccupa per la sicurezza del villaggio-.

Questa volta Eileen non riuscì ad evitare il colpo e una nuova ondata di dolore esplose proprio sopra il ginocchio sinistro, mentre l'oggetto si distruggeva da qualche parte a lato del sentiero.

Con un lamento sofferente ondeggiò all'indietro, rischiando di inciampare nel bordo del mantello. Aveva gli occhi velati di lacrime, ma non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla piangere.

-Ieri ho cercato persino di aiutarti, sai meglio di me che l'eritema che hai sotto la camicia sta continuando a peggiorare, eppure mi stai ferendo con tutto quello che ti capita a tiro. Come puoi giustificarti?- ringhiò spostando tutto il peso sul ginocchio ancora sano.

Il giovane non parve nemmeno sentirla e con fervore prese a raccogliere dei sassi dal sentiero polveroso. A Eileen si ghiacciò il sangue nelle vene, quella situazione le stava decisamente sfuggendo di mano. Doveva tentare di farlo ragionare, prima che diventasse troppo pericoloso.

-Se non la smetti immediatamente, riferirò ogni cosa al capitano Finn e allora scoprirai quanto può essere accogliente la cella di Nead- lo minacciò zoppicando pietosamente. Se fosse riuscita a uscire dalla macchia di arbusti, sarebbero stati di nuovo visibili dal villaggio e forse sarebbe riuscita ad attirare l'attenzione.

-E a chi pensi che crederà. La tua parola non vale niente in questo posto, non l'hai ancora capito?- le domandò il giovane in tono di scherno, facendosi rimbalzare sul palmo una frastagliata pietra grigia.

-Si può sapere perché fai tutto questo?-.

Gery smise di giocherellare e si mise a fissarla intensamente facendola sentire ancor più a disagio.

-Per evitare che facciate ancora male a qualcuno. La gente ha paura di voi, ma io no. Non più. È giunto il momento di porre fine a questa storia- spiegò in tono sorprendentemente calmo.

Eileen sentiva la gola tremendamente secca, -Posso capire che il mio aspetto sia diverso e che la bravura di mia madre, molte volte, vada ben oltre le aspettative. Conosco le stupide dicerie che girano sul nostro conto- mormorò continuando a scivolare in modo sgraziato sul terreno. -Tuttavia, puoi anche chiedere a qualsiasi persona del villaggio, a nessuno è mai stato fatto del male. Mai-.

-E che mi dici dei bambini dietro la vostra casa?- domandò in tono accusatorio a voce talmente bassa che Eileen temette di non aver sentito bene.

-Di cosa stai parlando?- borbottò completamente spiazzata. Di tutte le risposte che si aspettava quella era la più improbabile, oltre che senza senso. Non c'erano bambini dietro la loro casa. Era la più lontana dal villaggio e nessuno degli abitanti avrebbe lasciato allontanare tanto i propri figli. Soprattutto in prossimità della loro bottega, senza una valida ragione. Di solito era sua madre che si recava a casa degli ammalati in caso di bisogno e non la lasciavano mai sola.

Con un sorriso folle ad incurvargli le labbra, l'apprendista prese a scuotere la testa mestamente, quasi deluso dal quel suo comportamento poco collaborativo. Del ragazzo terrorizzato del giorno precedente non rimaneva neppure l'ombra. Era questo che Sigrid e sua madre erano in grado di fare pur di ottenere i loro scopi. Distorcevano la realtà a tal punto che era impossibile non credergli.

-Dopo che ti avrò sistemata, butterò il tuo corpo in un crepaccio. Dove non verrà a cercarti anima viva- disse ricominciando a giocherellare con la stessa pietra di prima. -In fondo, a nessuno interessa del piccolo Mostro- concluse prima di sollevare il braccio, pronto a colpirla.

Eileen guardò disperatamente il bordo della macchia di cespugli, ma era ancora troppo lontana. Con amarezza si irrigidì e serrò gli occhi con forza. Forse se fosse riuscita a resistere abbastanza, avrebbe potuto farcela. Spinta da quell'unico pensiero trattene il fiato, pronta a un dolore che però non arrivò mai.

-Cosa succede qui?-.

Ad Eileen quasi scoppiò il cuore nel petto per il sollievo.

Come se fosse stata una marionetta a cui venivano tagliati i fili, Gery fece ricadere le braccia lungo i fianchi, facendo scivolare a terra tutti i sassi che aveva raccolto.

Due figure avvolte in lunghi mantelli scuri avanzavano verso di loro, in modo tanto fluido e aggraziato che ad Eileen parvero danzare sull'erba. Li riconobbe immediatamente, facevano parte del gruppo di sconosciuti che aveva scorto quella mattina al villaggio vicino alla dimora del Sorvegliante.

-N-niente- balbettò Gery mentre il suo colorito passava dal rosso paonazzo al grigio. -Me ne stavo andando, aveva solo bisogno di una mano- aggiunse facendo qualche passo all'indietro verso il villaggio. Probabilmente si stava chiedendo quanto quei due avessero visto, o sentito, della loro conversazione. Nei suoi lineamenti era chiaramente visibile il terrore e, a poco a poco, il ragazzo del giorno prima riemerse dal macabro pozzo di follia in cui era stato gettato.

-Ne ero certo- rispose il forestiero con voce melodiosa, fermandosi a pochi passi da loro. Il compagno silente fece altrettanto, arrestando la sua avanzata un passo dietro di lui.

Senza perdere altro tempo e proferire parola, Gery diede loro le spalle e come un automa percorse a ritroso il sentiero che avevano percorso poco prima, sparendo dietro la macchia di arbusti, come se nulla fosse successo.

Eileen lo seguì con lo sguardo durante tutto il tragitto, incapace di muoversi. Non poteva ancora credere a quanto era accaduto. Non credeva che Gery si sarebbe spinto tanto in là da ucciderla, ma quella non era una questione a cui sarebbe potuta passare sopra facilmente. Sigrid avrebbe pagato quell’affronto.

-Ti senti bene?-.

La voce armoniosa dello sconosciuto ruppe nuovamente il silenzio, strappandola dai suoi cupi pensieri. Nonostante il tono carezzevole, non poté fare a meno di notarne lo strano accento. Forse si trattava di un gruppo di viaggiatori provenienti da Teine Tìr, il regno che confinava con Mellt a sud, in prossimità dei Colli Dorati.

-Credo di sì- rispose in tono roco, in confronto a quella del forestiero, la sua voce sembrava stridente come metallo sulla roccia. Aveva la gola talmente secca che la lingua pareva attaccarsi al palato.

Non dovette essere molto convincente, perché l’altro si avvicinò apprensivo. -Sei ferita?- insistette avvicinandosi fino a posarle una mano sulla spalla. Eileen fece a malapena caso alle dita bianche e stranamente lunghe che le scivolarono sul mantello, perché in quel momento si rese conto dei brividi violenti che le attraversavano il corpo. Istintivamente si strofinò le braccia trovandole coperte di pelle d'oca, ma non aveva freddo.

-Sto bene- replicò scostandosi di scatto per sottrarsi al suo tocco, pentendosene all'istante. Forse era una sua impressione, ma il punto dove lo straniero l'aveva toccata sembrava più caldo, nonostante il mantello. -Grazie- si affrettò ad aggiungere. Non era abituata al contatto con le altre persone, dato che a Nead tutti la evitavano, ma quei due l'avevano appena salvata da una pessima situazione. Il minimo che potesse fare era mostrare la sua gratitudine.

Questo la spinse a sollevare lo sguardo da terra per studiarli meglio. Ora lo sconosciuto era talmente vicino che riusciva a scorgere vagamente il suo viso al di sotto dell'ombra del cappuccio.

Quello che vide la paralizzò sul posto.

Era un giovane ragazzo, lo stesso che l'aveva osservata quella mattina da sotto la grande quercia del villaggio, avrebbe riconosciuto ovunque quello sguardo chiaro e luccicante. Le formidabili iridi azzurre che la stavano osservando, erano venate da una sfumatura argentea che li faceva risplendere, ma non era stato quello a scuoterla fin dentro le ossa. I lineamenti del viso dell’altro erano delicati e armoniosi, proprio come la sua voce, eppure oltre di essi Eileen fu certa di vedere lo spettro del suo volto.

Avevano gli stessi zigomi pronunciati, il taglio dell'occhio insolitamente allungato, sormontato da sottili sopracciglia arcuate e la carnagione pallida come la luna. In tutta la sua breve esistenza non aveva mai incontrato un'altra persona che le somigliasse tanto.

Il forestiero inclinò leggermente il capo preoccupato. -Forse è meglio se ti lasci accompagnare. Non sembri avere un bell'aspetto-. Al suo fianco il suo misterioso compagno fremette, non capì se per rabbia o incredulità. In quel momento pensare le risultava incredibilmente difficile.

-No, davvero, non è necessario- riuscì ad articolare la rossa in tono strozzato. La sua mente era totalmente vuota, annientata da quella visione sconvolgente.

-Come preferisci- si arrese l'altro senza mostrare alcun turbamento. Seppure la stesse fissando con una strana intensità, Eileen non si sentì a disagio, tutto di lui emanava pace e calore. Le pareva di essere un piccolo germoglio esposto per la prima volta alla luce del sole, in qualche modo bisognosa di quel quieto tepore.

-Potrei sapere tuo nome?- chiese sempre in tono gentile il forestiero riscuotendola dal torpore del suo sguardo.

-Eileen, Eileen Arenson- sussurrò con voce roca, vergognandosi nuovamente per quanto sgraziata sembrasse in confronto a lui.

Il viso dello sconosciuto si aprì in un dolce sorriso. -Un nome meraviglioso, in qualche modo ti appartiene- disse, mentre un lampo divertito gli passava nelle iridi argentate alla vista del suo sguardo confuso.

In quel momento la figura alle sue spalle emise un mormorio impercettibile e il suo interlocutore volse leggermente il capo, come in ascolto. Rispose nello stesso tono gentile che aveva riservato a lei, ma utilizzò una lingua diversa, più dolce e musicale. Eileen non aveva mai udito nulla del genere, di sicuro non era quella utilizzata a Teine Tìr, dato che si trattava di una serie di suoni gutturali e sgraziati. Ma che non fossero originari di quel regno lo aveva già intuito. La pelle dello sconosciuto era troppo chiara perché provenissero da quelle terre.

-Per noi è tempo di andare. Spero che i nostri destini si incrocino di nuovo Eileen Arenson, non sono molte le luci che brillano come la tua- le disse mentre si chinava a raccogliere un oggetto dal terreno per porgerglielo.

Sbalordita la rossa lo prese tra le mani constatando che si trattava di un piccolo vaso di terracotta, ma non uno qualsiasi. Riconosceva i decori stilizzati che ne ornavano il bordo superiore, erano gli stessi che si ripetevano sulla maggior parte delle loro ceramiche.

Alzò di scatto il capo incredula, ma le parole le morirono sulla punta della lingua quando vide che i due si erano già voltati e si stavano allontanando a passo sostenuto.


Continua...



   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Solas