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Autore: JoJCho    10/09/2018    1 recensioni
-Chi mai potrebbe voler rovinare qualcosa di così bello?- mi chiese accarezzandomi il viso, gli feci un sorriso triste, sembrava una frase così da fanciullo per essere uscita dalle labbra di un Borgia.
Genere: Drammatico, Erotico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Cesare Borgia
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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-Mi avete fatta chiamare, mio signore?- chiesi con voce sommessa, mentre entravo nella stanza con un profondo inchino. Spostai il cappuccio dal mio viso, in modo da mostrare la mia identità alla luce tremolante delle candele, una precauzione presa per decoro, ma del tutto inutile: tutti sapevano per quale delle mie qualità ero richiesta, soprattutto se a convocarmi era un uomo.
Cesare Borgia era nella penombra davanti alla finestra aperta, Roma ai suoi piedi e un bicchiere di vino in mano. Non si voltò a guardarmi e il battito del mio cuore accelerò. Forse mi aveva chiamata per punirmi, avevo forse fatto un torto a Lucrezia?
-Siete una delle dame di compagnia di mia sorella?- chiese alla fine, andando a versarsi altro vino.
-Sì, mio signore.- risposi, cercando di non far vacillare la voce.
-Come vi chiamate?-
-Elena, mio signore.-
-Avvicinatevi Elena.-
Uscii dalla penombra, avanzando verso il tappeto sontuoso disteso davanti al letto, mi tolsi il mantello e lo ripiegai sotto un braccio, poi alzai il volto verso di lui.
Mi osservò sorseggiando altro vino: -Siete molto bella, Elena, mi chiedo come ho fatto a non notarvi prima-. La sua voce era piatta, priva di meraviglia o calore, probabilmente pensava che lusingandomi sarei stata più ben disposta a concedermi a lui.
-Avevate altro a cui rivolgere la vostra attenzione, mio signore.- risposi, sperando che non cogliesse l’allusione alla sorella e non si arrabbiasse. Sapevo di loro due, li avevo visti baciarsi una volta, prima che Lucrezia si sposasse con Alfonso d’Aragona.
La colse, ma non si arrabbiò, fece un sorriso triste: -Sì, avete ragione-. Tornò verso la finestra, ordinando: -Spogliatevi-.
Ebbi un tuffo al cuore, come se avessi segretamente sperato di non essere lì per quello, con le dita tremanti poggiai su una sedia il mio mantello e iniziai a slacciare svelta i complicati intrecci del mio vestito. Respirai finalmente a pieni polmoni quando il corsetto cadde a terra lasciandomi con la sottoveste, tolsi anche quella, rimanendo nuda al centro della stanza, con la brezza lieve dell’estate romana che mi accarezzava la pelle e il cuore che mi pulsava nelle orecchie.
-Stendetevi sul letto.- disse, sempre con un tono privo di emozioni, feci come aveva chiesto.
Cercai di sistemarmi nel modo più elegante possibile sui voluminosi cuscini dorati e respirai profondamente due volte per tranquillizzarmi.
Cesare posò il calice di vino e rimase in piedi accanto ai miei piedi, sfiorandomi le dita con delicatezza: -Siete molto bella- ripeté con il volto angosciato, come se la mia avvenenza lo facesse soffrire.
-Grazie, mio signore- sussurrai questa volta.
Rapido afferrò i miei piedi e mi tirò forte verso di lui, in modo che mi ritrovassi seduta davanti alle sue gambe. Il suo gesto mi tolse il respiro per un secondo, ma lui si era già abbassato su di me prendendo il mio volto fra le mani e iniziò a baciarmi con decisione. Le sue labbra erano morbide, determinate, ma gentili, come le sue mani, e non puzzava come la maggior parte degli uomini. Appena si allontanò dalle mie labbra, presi fiato bruscamente, ciò gli fece alzare un angolo della bocca in un’imitazione di sorriso: -Pensavo foste abituata a queste cose- disse.
-Sono abituata ad altre cose, mio signore- dissi distogliendo lo sguardo dal suo.
-Siete l’amante di qualcuno?- chiese, prendendomi il mento e obbligandomi a guardarlo.
-Non più- gli risposi rauca, i suoi occhi erano più chiari visti da vicino, un verde confuso con pagliuzze gialle e azzurre.
-Di chi siete stata l’amante?- disse scoccandomi un rapido bacio.
Strinsi le labbra, avrei tanto voluto non rispondere: -Di vostro fratello, mio signore-.
Per la prima volta, sorrise: -Tanto meglio che sia morto allora-.
Sorrisi anche io, sollevata. Essere la dama da compagnia di Lucrezia mi aveva costantemente messa alla mercé degli animali che si nascondevano sotto nomi importanti, divise da condottiero e tonache da cardinale, ma sembrava che Cesare non fosse incline alle barbarie del fratello. Sembrava solo triste, come me.
Allungai le mani sul suo volto, tra i suoi ricci neri, e lo baciai con gratitudine. Se era vero quello che si sussurrava tra i corridoi del Vaticano, era stato proprio l’uomo tra le mie braccia a liberarmi da quella bestia infida di Juan Borgia.
Cesare mi fece stendere delicatamente sotto di lui sul letto, mentre io armeggiavo per togliergli la camicia di lino, anche la sua lingua nella mia bocca aveva un buon sapore rispetto a quelle a cui ero abituata. Quando le sue labbra passarono dal mio viso ai seni inarcai la schiena involontariamente, chiedendomi se non fosse quella la volta che potevo concedermi di provare a rilassarmi davvero e trarre piacere anche io da quel momento.


Respiravamo entrambi rapidamente, sudati e appiccicosi, sentivo i miei lunghi capelli castani incollati alla fronte e sulla schiena mentre osservavo il soffitto. Non avevo provato dolore, o disgusto, solo curiosità: tutto era stato nuovo come se io fossi stata una vergine, tutto aveva acquistato un altro gusto, sembrava che quello che Cesare aveva fatto al mio corpo non mi fosse mai stato fatto prima. Mi girai a pancia in giù per nascondere in parte la mia nudità e mi voltai a guardarlo puntellandomi sui gomiti.
-Siete soddisfatto mio signore?- gli chiesi con fare malizioso.
-Molto, e lei, mia signora?- disse, voltandosi verso di me.
Annuii, mentre lo guardavo. Era molto bello anche lui, gli occhi sembravano più vivi ora, meno tormentati, le labbra rosse dove l’avevo morso, il petto ampio, le spalle larghe e muscolose, il ventre liscio.
-Chi è stato?- mi chiese, gli occhi rivolti alla mia schiena, di nuovo tristi.
Mi allungai per coprirmi con la coperta e non risposi, ma lui mi afferrò per la vita e mi trascinò su di sé.
-Chi è stato?- ripeté con un tono più autoritario, mentre cercavo di spingerlo via, ma la sua presa era ferma e stretta.
-Non saprei, mio signore- gli dissi alla fine, spostando il mio sguardo sul suo viso con aria di sfida. -Un cardinale, un comandante, un nobile forse. Vi stupirebbe sapere quanti uomini preferiscono battere una donna piuttosto che scoparsela, o le due insieme-.
-Chi mai potrebbe voler rovinare qualcosa di così bello?- mi chiese accarezzandomi il viso, gli feci un sorriso triste, sembrava una frase così da fanciullo per essere uscita dalle labbra di un Borgia.
Poggiai cautamente la testa sul suo petto, infilando il mio mento nell’incavo del suo collo. Non so perché lo feci, ma lui non si scostò, le sue braccia mi circondarono, mentre il mio naso sfiorava la peluria del suo mento. Il mio petto si adagiò perfettamente al suo corpo caldo, quasi le nostre costole facessero parte di una stessa costruzione che aveva sempre vissuto separata e ora finalmente si riuniva.
Per la prima volta nella mia vita mi sentii al sicuro, anche se sarebbe stato solo per qualche minuto, e mi permisi di sognare una vita diversa, una vita dove potevo avere un marito che mi abbracciasse così ogni notte e mi lasciasse dormire sul suo petto.
Pensai che Cesare si fosse addormentato in quella posizione, il suo respiro era lento e profondo, ma poi mi chiese, voltando il viso verso di me: -Hai mai avuto un amore impossibile, Elena?-. Le nostre labbra si sfioravano: -Sì, ce l’ho. E voi, Cesare?-
Lui annuì, guardandomi con tenerezza: -Un amore così impossibile da sfidare Dio ogni volta che ci do libero sfogo-. Parlava di Lucrezia? I suoi occhi ardevano d’angoscia e passione, probabilmente parlava di lei. Non sapevo cosa volesse dire amare un fratello in quel modo, non avevo mai conosciuto i miei fratelli, perciò non avevo mai potuto amarli nemmeno in maniera convenzionale.
-Capisco come vi sentite, anche a me Dio vieta di amare chi vorrei- sospirai, avvicinandomi a lui, tanto che le mie parole gli finirono sulla lingua.
-Chi vorreste amare Elena?- sussurrò tra le mie labbra.
-Me stessa, Cesare, me stessa.-
 
 
  
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