10/09/2018
2 recensioniBellezza
Due piccole mani che stringono una lunga sciarpa rossa. Una piccola testa scura che quasi viene sepolta dalla lana. Dopo tanto freddo, finalmente il sole era tornato.
La sciarpa rossa scivolava giù dal collo.
“Ha salvato anche te, vero?”
Quella sciarpa era stata come una corda tesa a chi stava per precipitare in un dirupo senza fine. Lei l’aveva presa, si era aggrappata con tutte le sue forze.
Quel bambino non le aveva solo salvato la vita. Le aveva insegnato la vita. Lui era la vita. Era tutto ciò che di più bello esisteva al mondo.
Se qualcuno le avesse chiesto cosa provava per quel ragazzo, lei non avrebbe risposto. Dare un nome a quel sentimento voleva dire dare dei confini, costruire delle mura intorno a quella persona che di limiti non voleva sentirne parlare.
Avrebbe voluto annodare quella sciarpa al suo polso e seguirlo ovunque, fino all’infinito, fino a quando non ci sarebbero più stati limiti.
I suoi occhi erano sempre rivolti a lui, alla luce che proiettava come un sole. Accecava e tutto sembrava inondato di un giallo intenso e caloroso. Non vedeva le ombre che tutta quella luce poteva creare.
La mancanza di limiti non corrisponde alla vera libertà. Quella era un’altra cosa. Lo aveva imparato in quegli ultimi anni.
Comprendere l’altro era essere liberi. Condividere un pasto. Fare amicizia.
Lei, che della violenza aveva fatto la sua filosofia di vita, si stupiva della bellezza del Comandante che sorrideva per le conoscenze che quegli stranieri divulgavano; della bellezza di un cuoco imbarazzato dai compimenti di Sasha.
Si stupiva di vedere persone e non nemici.
La bellezza del mare, di quella distesa azzurra e infinita. Quella era la libertà. Armin sorrideva al sogno della sua vita e lei sorrideva alla sua felicità. Non pensava al nemico oltre l’oceano. Pensava alla freschezza dell’acqua, alle onde che tranquille si infrangevano sulle sue gambe, alla leggerezza di stare fuori dalle mura senza avere addosso il movimento tridimensionale. Pensava alle risate e agli scherzi degli altri ragazzi. Persino il Capitano, che era rimasto in alta uniforme a controllare il Comandante, era bello.
La libertà era bellezza e la bellezza era amore.
La libertà non poteva essere orrore e odio.
Eren, quel ragazzo solare, dolce, determinato, pronto a sacrificarsi per chi amava non poteva essere lo stesso uomo che aveva incontrato nella battaglia di Liberio.
Eren era la bellezza. Non può essere crudele.
Due piccole mani che stringono un coltello rosso. Un grosso petto viene affondato dalle coltellate. Un ragazzo, gelido come la morte, si alza in piedi e le dice che tutto sarebbe andato bene.
La sciarpa rossa scivolava giù dal collo.
“Ha salvato anche te, vero?”
Quella sciarpa era stata come una corda tesa a chi stava per precipitare in un dirupo senza fine. Lei l’aveva presa, si era aggrappata con tutte le sue forze.
Quel bambino non le aveva solo salvato la vita. Le aveva insegnato la vita. Lui era la vita. Era tutto ciò che di più bello esisteva al mondo.
Se qualcuno le avesse chiesto cosa provava per quel ragazzo, lei non avrebbe risposto. Dare un nome a quel sentimento voleva dire dare dei confini, costruire delle mura intorno a quella persona che di limiti non voleva sentirne parlare.
Avrebbe voluto annodare quella sciarpa al suo polso e seguirlo ovunque, fino all’infinito, fino a quando non ci sarebbero più stati limiti.
I suoi occhi erano sempre rivolti a lui, alla luce che proiettava come un sole. Accecava e tutto sembrava inondato di un giallo intenso e caloroso. Non vedeva le ombre che tutta quella luce poteva creare.
La mancanza di limiti non corrisponde alla vera libertà. Quella era un’altra cosa. Lo aveva imparato in quegli ultimi anni.
Comprendere l’altro era essere liberi. Condividere un pasto. Fare amicizia.
Lei, che della violenza aveva fatto la sua filosofia di vita, si stupiva della bellezza del Comandante che sorrideva per le conoscenze che quegli stranieri divulgavano; della bellezza di un cuoco imbarazzato dai compimenti di Sasha.
Si stupiva di vedere persone e non nemici.
La bellezza del mare, di quella distesa azzurra e infinita. Quella era la libertà. Armin sorrideva al sogno della sua vita e lei sorrideva alla sua felicità. Non pensava al nemico oltre l’oceano. Pensava alla freschezza dell’acqua, alle onde che tranquille si infrangevano sulle sue gambe, alla leggerezza di stare fuori dalle mura senza avere addosso il movimento tridimensionale. Pensava alle risate e agli scherzi degli altri ragazzi. Persino il Capitano, che era rimasto in alta uniforme a controllare il Comandante, era bello.
La libertà era bellezza e la bellezza era amore.
La libertà non poteva essere orrore e odio.
Eren, quel ragazzo solare, dolce, determinato, pronto a sacrificarsi per chi amava non poteva essere lo stesso uomo che aveva incontrato nella battaglia di Liberio.
Eren era la bellezza. Non può essere crudele.
Due piccole mani che stringono un coltello rosso. Un grosso petto viene affondato dalle coltellate. Un ragazzo, gelido come la morte, si alza in piedi e le dice che tutto sarebbe andato bene.
Note dell'autrice: scritta di getto, mi scuso se può risultare banalotta, ma ci tenevo a buttare giù quattro righe per questi ultimi eventi che stanno caratterizzando il manga. Ho sempre avuto un rapporto problematico con Mikasa, un personaggio con un potenziale assurdo ma con cui non è mai scattata la scinitilla a causa della sua ossessione per Eren. Col tempo ho imparato a capirla meglio e credo che questo distacco forzato da Eren sia una vera e propria tortura per lei. Negli ultimi capitoli mi sono stupita di aver trovato una Mikasa che ha opinioni e ideali personali che sono in apparente contrasto con le azioni di Eren, quindi sono curiosa di vedere da quale parte si schiererà, se deciderà di rimanere fedele ai suoi valori o se ancora una volta si sacrificherà per Eren.
Alla prossima :)