Serie TV > Castle
Segui la storia  |       
Autore: Ksyl    11/09/2018    4 recensioni
Dopo gli spari della 8x22
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

12.

"Hai insistito perché mi mettessi a letto, adesso vuoi farmi alzare?"
Che problemi aveva tutto d'un tratto? Era diventato tanto irrequieto in sua assenza?
"Non adesso. Domani. O tra una settimana. Non possiamo rimanere in questa casa".
Era mortalmente serio. Kate fu costretta a malincuore a riemergere dal loro bozzolo.
Respirarono entrambi l'aria fresca, guardinghi, senza voler rompere l'armonia appena ricreata.
Non era necessario che le spiegasse il perché della sua affermazione, Kate non era così ottusa da non capire cosa intendesse, e sapeva che non era una richiesta campata per aria.

"Intendi che vuoi che ci trasferiamo negli Hamptons?".
Non era una cattiva idea, a pensarci. Il clima era adatto ed entrambi avrebbero beneficiato di qualche giorno trascorso a passeggiare sulla spiaggia, per quanto le rispettive forze l'avrebbero permesso, e magari qualche breve nuotata in piscina. Riusciva già a pregustare i pigri sonnellini pomeridiani all'ombra del patio, con il rumore della risacca a cullarli. Magari non subito, non voleva mettersi a preparare bagagli quando aveva appena messo piede in casa, ma di lì a qualche tempo sarebbe stato fattibile. E desiderabile.
"Stavo pensando a qualcosa di più europeo".
"Vuoi andare al mare in Europa?".
Non riusciva a seguirlo. Che cosa non andava bene delle coste americane? Ne avevano per migliaia di chilometri, c'era solo l'imbarazzo della scelta, se proprio voleva un posto nuovo.
"Mare. Montagna. Parigi. Quello che vuoi".
Si voltò a guardarlo stupita, per cercare di capire se stesse scherzando o meno, ma la sua faccia da poker era impenetrabile.
"Parigi? Mi prendi in giro?".
"Perché? Hai ammesso anche tu che è ottima in questa stagione. Non te lo ricordi?".
Kate sentì crescere dentro di lei la familiare irritazione che provava quando suo marito si comportava in modo irragionevole, ma senza che le venisse in soccorso la pazienza con la quale aveva imparato ad addomesticare le sue idee bizzarre.
"È vero, ma era prima che rischiassimo di morire sul pavimento a qualche metro da qui".
"Ed è il motivo per cui non possiamo rimanere".
"Cambiamo pavimento, allora. Non c'è bisogno di mettere un oceano tra noi e le mattonelle della cucina".
Non si curò di ammorbidire il tono pungente che le era venuto naturale.
Castle si girò su un fianco, piegando un braccio sotto la testa per tenersi sollevato e guardarla negli occhi.
"Hai detto anche che ci avresti pensato, una volta che avessimo sconfitto LokSat uscendone vivi. Che è proprio quello che è successo".
Le disegnò linee irregolari sul viso e sul collo, guardandola intensamente, per comunicarle il messaggio a un livello più profondo.
Kate gli allontanò la mano. Non intendeva accettare improbabili proposte solo per la sua naturale tendenza a diventare arrendevole sotto il suo tocco.
"Ricordo bene quello che ho detto. Eravamo seduti su questo letto. Ma le cose sono finite in un modo un po' diverso da quello che avevamo previsto, no? Non pensavo di certo che saremmo stati feriti entrambi, che avremmo rischiato di non sopravvivere e che io sarei stata incinta, nel frattempo. Converrai anche tu che lo scenario non è esattamente identico".

Castle tornò a distendersi sulla schiena, le braccia incrociate sotto la testa, lo sguardo teso rivolto al soffitto. Conosceva bene quell'espressione. Sembrava aver chiuso con l'argomento, ma solo temporaneamente. Avrebbe presto ricominciato a martellarla imperterrito.
Kate si mise a sedere, un po' a fatica. Incrociò le gambe, voltandosi nella sua direzione, decisa a non cedere finché non avessero chiarito le loro posizioni.
"Sono successe molte cose, Castle. Ci sono troppe questioni da affrontare, non posso andarmene in Francia, o chissà dove, come se niente fosse. Senza contare il fatto che non riesco a stare in piedi per più di qualche ora e che il mio medico è qui a New York".
"Possiamo partire dopo la prossima ecografia di controllo. E ci sono medici anche in Europa. Oppure possiamo portare Allison con noi". Le fece una smorfia per alleggerire la tensione in rapida crescita. Non era così che Kate aveva immaginato il suo ritorno a casa.
"Per farla diventare la tua concubina?".
"Sì, certo. Proprio per quel motivo".
Il modo buffo con cui cercava di mantenersi serio la fece ridere, accorciando la distanza tra loro.
Kate si chinò ad appoggiare la fronte sul suo petto. Sentì la mano carezzevole di Castle tra i capelli.
"Non che non sia una bella idea, Castle, ma... non adesso", ammise stancamente, rammaricata di doverlo deludere, che era l'ultima cosa che avesse il cuore di fare.
"Perché no?".
Avrebbe voluto gridare di frustrazione, ma si impose di rimanere calma, tornando nella posizione di prima.
"Perché ho troppe cose a cui pensare. La mia salute. La tua. Il bambino. Il lavoro".
Castle le sollevò di qualche centimetro la maglietta sulla schiena e prese a disegnarle dei cerchi sempre più ampi sulla pelle nuda. Kate rabbrividì.
"Kate".
Non era un buon segno quando decideva di chiamarla per nome tanto spesso. "Abbiamo bisogno di stare da soli, per superare quello che è successo. Tu, io e la tua pancia. Nessun altro. E ci serve farlo in un posto che non abbia memorie dolorose. Dobbiamo staccarci da qui, non possiamo fissare centinaia volte al giorno il punto in cui abbiamo rischiato di morire".
"Parli della mia pancia come se avesse una vita propria". Aveva volontariamente evitato la seconda parte del discorso. Era qualcosa che faceva ancora fatica ad accettare, figurarsi esprimerlo a parole.
"Ce l'avrà, quando sarà così voluminosa da impedirmi di abbracciarti". Disegnò nell'aria una pancia di dimensioni ragguardevoli.
"Stai esagerando. Non sarà mai tanto grande. Non sono un rinoceronte".
La fissò, più serio del previsto, con un'espressione un po' allarmata, come se lei avesse detto qualche sciocchezza. "Non sto scherzando, Beckett. Alla fine sarà più o meno così".
"Sei diventato esperto tutto a un tratto? O è un tuo lato feticista che non conoscevo? E no, ti ripeto che non diventerò mai tanto grossa. Sarà tipo così".
Gli mostrò con le mani qualcosa di molto più discreto, a malapena visibile.
"Beckett, dovresti rivedere in eccesso le tue proiezioni. Ti faccio vedere come diventerai". Prese il cellulare, iniziando a fare delle ricerche.
"Se intendi mostrarmi delle donne incinte nelle varie fasi della loro gravidanza, ti informo che la cosa sta prendendo una piega piuttosto stravagante anche per te. Fermati mentre sei ancora in tempo e lasciami l'illusione di aver sposato una persona normale".
"Vado a prendere il metro?".
"Castle!".
"Ok, ok. Non vuoi accettare la realtà. Avrai una pancia piccola che nessuno noterà. Anzi, quando comparirà il neonato si chiederanno se l'ho avuto con la mia amante. O forse penseranno che l'abbiamo rapito. Noi, ovviamente, non faremo niente per svelare il mistero. Lasceremo che credano il peggio".
Kate rimase profondamente scossa da quello che lui aveva detto, sul non accettare la realtà. Forse lui non se ne era accorto, ma aveva colpito nel segno. Rimase in silenzio.
"Va tutto bene?". Castle doveva aver percepito il suo improvviso cambiamento d'umore.
"Me ne dimentico, Castle. Mi dimentico di essere incinta". Glielo confidò in un soffio, sentendosi miserabile e vergognandosi di se stessa. Forse era il giorno delle confessioni non previste. Prima con suo padre e adesso con suo marito.
"Ehi". Voleva indurla a incontrare i suoi occhi, ma lei non era in grado di sostenere il suo sguardo. Era una persona orribile, per non parlare della madre che sarebbe diventata. Non riusciva nemmeno a trovare un aggettivo per definirsi.
"Kate...".
"No, Castle, non cercare di consolarmi. Proprio tu che sei il sussurratore di neonati e che avrai già pensato a tutto. Anche al college. Io... non riesco a rendermene conto. Razionalmente so che avremo un bambino. Ci penso. Lo immagino. Ma è come se fossi divisa in due. La solita me e quella nuova, incinta. Non riesco a credere che ci sia davvero qualcuno dentro di me. A volte credo che dovrei lasciarmi dei biglietti attaccati allo specchio, per ricordarmene".
Le costava moltissimo essere onesta, anche se era la sua natura e non avrebbe voluto fare diversamente. Ma stava scivolando verso l'autocommiserazione e quello, invece, era qualcosa che intendeva combattere su tutti i fronti.
"Vieni qui", le sussurrò.
"Non vengo da nessuna parte", si impuntò con il broncio.
"Ok, rimani dove sei", acconsentì benevolo di fronte ai suoi capricci.
La situazione era così ridicola che bastò che si lanciassero una breve occhiata per mettersi a ridere.
"Kate, è difficile anche per me. Non credi che l'altra versione di me avrebbe già comprato tutto il necessario, in triplice copia, per esseri sicuri? Invece...".
"Invece ti sei trasformato in un uomo sobrio? Che sollievo".
"Ti piacerebbe".
Lo accarezzò su una guancia. "Non così tanto, in realtà".
"Kate, è normale che sembri strano. Ti sei svegliata dal coma e hai scoperto di avere un bambino dentro di te. Per quello che ne sa il tuo cervello, potresti essere stata rapita dagli alieni e tu non ricordartelo. L'effetto sarebbe lo stesso".
Ci mancavano le sue teorie strambe.
"Sarebbe stato più semplice da accettare se lo avessimo pianificato, dandoci del tempo per mettere in pratica i nostri propositi...". Si fermò. "Molto tempo e con grande divertimento". Gli rifilò un pizzicotto che lo fece protestare, ma non lo fermò dal proseguire.
"A un certo punto, sperabilmente, avresti avuto un ritardo e mi avresti spedito in farmacia a comprare una decina di test...". Gli era venuta la solita voce da narratore ispirato che la conquistava sempre.
"Perché saresti andato tu a prenderli?".
"Volevi che lo facesse Esposito?".
"No", sbuffò, tornando a non sopportarlo. "Intendevo perché questo ambìto compito non sarebbe dovuto spettare a me".
"Perché è una cosa da padri. Lo sanno tutti".
"Oh, scusami, esperto di paternità. Ti prego, continua e illuminami sul percorso della fertilità".
"Con piacere". Voleva dargli un morso su un braccio tornito, per togliergli quel sorrisetto compiaciuto.
"Dopo aver rimandato il momento della verità, e aver pensato di fare il test al distretto di nascosto, per evitare di darmi una delusione...".
Si stupì che avesse colto una tale sottigliezza, perché era proprio così che sarebbe andata. Non avrebbe voluto vedere il suo viso abbattuto in caso di esito negativo, sentendosi responsabile, sapendo quanto ci avrebbe tenuto.
"Ma avresti ragionevolmente deciso che avremmo dovuto farlo insieme, quindi avremmo trascorso la serata in bagno – per convincerti a tenermi con te e non fuori dalla porta – e infine avremmo atteso quei tre minuti eterni, finché non fossero comparse le righe rosa. O viola. O le croci. Insomma, quello che compare. Non sono ferrato sui dettagli".
Prese fiato.
Kate riusciva perfettamente a vederli comportarsi nel preciso modo da lui descritto. Castle continuò.
"Tu avresti pianto, io avrei voluto farlo sapere a tutti e poi avremmo fatto un gran sesso celebrativo. E allora sì che sarebbe stato naturale accettarlo".
"Io non avrei pianto", protestò. "Avrei vomitato nel vederti saltellare euforico per tutta la casa annunciando l'avvento del sacro erede, urlandolo dalla finestra".
"Prima o dopo i festeggiamenti?". Le strizzò l'occhio.
Kate rimase a cullarsi nelle piacevoli immagini che lui aveva abilmente creato dal nulla, come faceva sempre.
Si sentì triste, quando si rese conto che erano solo fantasie e che la realtà era stata diversa, molto più cruda e per niente poetica.
Nascose il viso nel suo collo, come faceva sempre quando aveva bisogno di conforto. Del suo conforto.
"Avrei voluto che andasse così".
Castle l'avvolse nel solito abbraccio consolatorio.
"Lo so. Anche io".
"Mi sento defraudata anche di momenti come questo, oltre a tutto il resto".
Elencò mentalmente il resto: essere quasi morta, sentirsi debole per la maggior parte del tempo, aver rischiato di rimanere vedova – e incinta – o di far perdere a lui moglie e figlio in un colpo solo.
"È il motivo per cui voglio che partiamo da soli. Per non sprecare nemmeno un minuto di quello che ci aspetta. Per recuperare quello che abbiamo perso".
L'ipotesi non le parve più tanto irrealizzabile. Forse aveva ragione, forse era quello che ci voleva.
"Non posso lasciare il distretto". Era l'ultimo baluardo di resistenza, già sul punto di crollare.
"Non rimarrai capitano ancora a lungo. Dopo aver fatto arrestare LokSat e i suoi tirapiedi, ricominceranno a darti la caccia per farti diventare senatrice. O presidente. O capo della CIA. Forse ti daranno perfino una medaglia. Magari anche un programma televisivo, che ti farà diventare famosa".
"In cui spiego alla gente come mi hai convinto a sposarti?".
"Scommetto che avrebbe un grande successo. Però devi essere sincera e raccontare del mio fascino. E di come mi hai voluto fin dall'inizio".
Kate alzò gli occhi al cielo, mentre Castle la imprigionava sotto di sé, attento a non schiacciarla. Era bello scoprire che aveva deciso di abbandonare l'estrema cautela con cui si era sempre approcciato a lei in ospedale, come se potesse rompersi da un momento all'altro.
"Prometti che ci penserai", la implorò un po' insicuro.
"Promesso".

Dopo due anni e mezzo non mi è ancora chiaro, in senso filosofico-esistenziale, perché diamine una cosa incredibilmente magnifica come è stata per me Castle, che si è espansa su tanti livelli della mia vita migliorandoli tutti, salvandomi, guarendomi, si sia trasformata nel giro di una notte in un dramma beffardo e crudele, quasi ci fosse un compiacimento nell'infliggere tanta sofferenza, togliendomi tutto ciò che amavo e facendomi sperimentare le peggiori espressioni della natura umana. Non lo so. Capisco il concetto delle cose terrestri che comprendono Luce e Ombra e naturalmente la scelta personale sempre augurabile, in cui ho fede assoluta, di tener vivo tanto Amore, anche se non si può far finta che il resto non sia mai avvenuto, perché sarebbe negazione. E ciò che si reprime nell'inconscio salta fuori all'improvviso centuplicato, quindi no, grazie. E mi fa tenerezza la me di allora che ha scritto questa ff – non tra le più memorabili perfino per me – che tentava di far fronte al dolore implacabile di un mondo magico fatto a pezzi, senza nemmeno sapere quanto questa storia sarebbe stata simbolica e profetica. Vorrei concludere citando qualche frase spirituale di gran pregnanza, ma in realtà non ne ho, sono ancora in mezzo alla via e forse il senso è proprio questo, imparare qualcosa di me ogni giorno, sempre grazie a Castle. Qualche volta la sofferenza di quanto perduto torna a tormentarmi, qualche volta lascio invece che la bellezza di questa Storia (quella dei Caskett, non di questa ff) mi consoli. Forse un giorno capirò quale è stato il senso di tutto o forse no. Intanto mi bacio i gomiti per averlo avuto perché non so immaginare la mia vita senza questa esperienza incredibile.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: Ksyl