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Autore: little_psycho    11/09/2018    2 recensioni
Angst|No happy ending
«Tu sei lei.»
«No, Adrien. È proprio questo il problema.»

[…]
Loro due si allontanavano – fino a diventare due complete estranee, lei e l’altra parte di se stessa
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’ altra parte
 
Non sapeva esattamente il momento preciso in cui si era divisa in “io” e “lei”.
Semplicemente, si era spaccata. Si trovavano una di fronte all’altra, ai lati opposti di quella crepa, di quell’abisso interminabile.
 Ad un certo punto lei era diventata un’estranea, un’entità a pois neri che le stava lentamente rubando l’esistenza.
 
Adrien l’aveva baciata, finalmente. Con quegli occhi come vetri rotti, alla disperata ricerca di un barlume d’affetto, l’aveva baciata.
«Ladybug» aveva sussurrato, solo quello. Come una preghiera, un pellegrino in lacrime che chiede la grazia.
Ma aveva baciato lei.
Non gli interessava chi ci fosse sotto di lei.  Lui voleva solo quello – la maschera.
Era rimasta immobile, come in trance, mentre la consapevolezza la inondava.
Si ricordò di quella vecchia fiaba, in cui la principessa cadeva in una sonno eterno e il castello si ricopriva di rovi.
E più Adrien la baciava, più si spingeva contro di lei, mordendole il collo e l’incavo fra i seni, in preda dall’estasi, in delirio, più i rovi crescevano e stringevano.
Il suo cuore era il castello e il dolore tutto quello che le restava.
L’aveva toccata dappertutto, sopra al costume. Ed era stato il primo ad affondare le mani fra le sue cosce, i respiri che si mescolavano, gli occhi lucidi e febbricitanti, brillanti come stelle.
Le labbra rosse e gonfie per i baci disperati, i capelli appiccicati alle tempie sudate.
Messa in croce dal suo odio e dal suo amore.
L’amava, perché era la sua parte migliore. Perché era tutto quello che non era mai stata – spavalda, aggraziata, intelligente.
L’odiava, perché non era lei. La vera Marinette si sarebbe rotta l’osso del collo se avesse provato a scalare un grattacielo, era troppo stupida per avere tutte le soluzioni.
La vera Marinette  era solo un ricordo morente di sogni mai realizzati, soffocata da strati di pois neri e spavalderia.
Lei la stava uccidendo.
 Loro due si allontanavano – fino a diventare due complete estranee, lei e l’altra parte di sé stessa – e i rovi spillavano sangue dal suo cuore. Ma erano torturatori e guaritori, perché gliel’avevano intrappolato così bene – l’avevano abituata al dolore così bene – che ormai quasi niente la toccava.
Quando la terra aveva tremato e quella crepa le aveva divise, si erano guardate negli occhi e si erano voltate le spalle. Con la consapevolezza che fosse l’unica modo per farle sopravvivere entrambe.
 Avevano continuato la loro vita, ognuna per conto proprio.
Adrien si faceva amorevole, passionale, la voleva e la pretendeva. Con le sue carezze, i suoi baci, con quelle mani che stavano diventando così esperte di lei.
E, Dio, quanto avrebbe voluto che fosse per Marinette tutto quell’amore, quell’adorazione. Ma no, a lei restavano ricordi agrodolci e segni che non le appartenevano.
Quando tutto era diventato semplicemente troppo – troppo amore, troppo rancore, troppe lacrime – Marinette si era buttata nelle braccia del primo che era capitato.
Nella sfiancante ricerca dell’amore che Adrien non le dava, perché non era il suo nome quello che sussurrava contro la sua pelle, era il nome di lei.
«Marinette?»
«Uhm?»
«Perché proprio adesso?»
Lei lo guardò, gli occhi di un azzurro così elettrico che poteva immaginare piccole scintille che ne scaturivano. Le ciocche colorate scompigliate, lo smalto nero e smangiucchiato sulle dita. Niente a che vedere con Adrien.
Luka era incontrollabile, un fiume che abbatte la diga e trascina con sé tutto quello che incontra. Luka ripuliva tutto, non lasciava macerie su cui piangere, rovine di quel che poteva essere.
«Perché anch’io voglio un po’ d’amore.»
Era così stanca che l’avesse solo lei, l’amore. Che avesse la gratitudine degli abitanti di Parigi, la complicità di Chat Noir, l’adorazione di Adrien.
Luka l’aveva baciata, irruente, cancellando i resti che Adrien aveva lasciato.
Nella foga di voler dimenticare – dimenticare di essere morta a diciassette anni, dimenticare di averlo amato, dimenticare di ricordare – l’aveva assecondato, in tutto e per tutto.
E aveva la pelle bollente, fiotti di fuoco liquido che le scendevano giù per la gola e fra le gambe, così vogliosa di tutto – di quel tutto che aveva l’odore di Luka ma i “per sempre” di Adrien.
«Non si torna indietro.»
Lo sapevo, avrebbe voluto rispondere, l’ho sempre saputo.
Un risolino di circostanza, un’alzata di sopracciglia.
«So quello che faccio.»
Lo schiocco di un bacio sul collo.
 
«Tu sei lei.»
Gli orecchini luccicavano come un’accusa, come la voce di Adrien, come il pallore della luna. Tutti ad accusarla, perché si era permessa di sfatare quel mito.
Di spezzare quella magia.
«No, Adrien. È proprio questo il problema.»
Ed ecco il giorno delle verità.
Io non sono lei.
La voleva vedere. La pretendeva, la luce spezzarsi negli occhi verdi. Voleva che provasse quello che aveva sopportato per anni.
Voleva che la odiasse, che le odiasse, entrambe. Nello stesso modo in cui lei aveva odiato l’altra. Voleva sentirlo tutto, l’odio di Adrien, scorrerle addosso lento, lascivo, come il più dolce dei veleni. Perché aveva finito con l’odiarlo, l’amore della sua vita.
Eccoli lì, i rovi, che si attorcigliavano ancora di più, eccitati, nutrendosi dei ricordi ormai contaminati del ragazzo davanti a lei.
Chissà cosa si era aspettato di trovare sotto la maschera. Qualcuno di speciale, di unico, qualcuno che fosse come Ladybug. Era esattamente quello che si aspettava di trovare. Non gli era neanche passato per la mente che fosse tutto finto, che lei fosse soltanto una parte di qualcun altro.
L’aveva idealizzata, come si fa con le cose che ancora non possiedi veramente. L’aveva trasfigurata nell’attesa di averlasia lei che l’altra sua parte –, avvicinandola sempre di più alle proprie fantasie.
Aveva sollevato  il sipario di scena prima dello spettacolo, in modo che tutti potessero vedere gli attori che si preparavano e i cameraman che filmavano.
La bruciante realtà – che sotto quei benedetti pois neri e la fottuta spavalderia ci fosse Marinette Dupain-Cheng, una mortale, una qualunque – l’aveva fatto rimanere senza parole.
«Beh, alla fine la curiosità uccise il gatto.»
La voce grondante di cattiveria, gli occhi socchiusi.
Si chiese come fosse diventato il suo cuore sotto quei rovi – piccolo e raggrinzito, allo stato terminale del suo dolore.
Le bionde sopracciglia schizzate verso l’alto, gli occhi indecifrabili.
«Plagg, trasformami.»
Lo sibilò, trionfante.
Prima che lei potesse capire cosa stesse succedendo, perché lui stesse sorridendonon lo stava forse conducendo lei il gioco? – e perché stesse emanando dei bagliori verdi, lo sgomento le mozzò il respiro.
Lì, proprio a dieci centimetri da lei – così vicini ma così lontani proprio come lo erano state lei e l’altra, con la crepa che le divideva – glorioso nella sua tuta nera e sotto la maschera.
Un angelo vendicatore fatto di oscurità e promesse che non aveva mai mantenuto a nessuno.
«Uccise il gatto, certo, ma anche il topo che lo andò a cercare.»
Scacco matto.
Aveva ucciso lei, l’altra, lui e lui.
E voleva solo gridare, gridare con tutta la voce che aveva in corpo, non era giusto, aveva sopportato troppo dolore per una vita sola.
Si voltò, andando via, nello stesso modo in cui aveva voltato le spalle all’altra.
Papillon era stato sconfitto, gli orecchini tolti e Tikki andata.
E lei stava morendo, morendo a vent’anni – per la seconda volta.
 

Notes
 “Dimenticare di essere morta a diciassette anni, dimenticare di averlo amato, dimenticare di ricordare” è una frase presa da “Siamo morti a vent’anni” della band “Il Cile”.
Anche “promesse che non aveva mai mantenuto a nessuno” è tratta dalla medesima canzone.
“Messa in croce dal suo odio e dal suo amore” l’ho un po’ ritrasformata, ma di base la citazione è del Carme 85 di Catullo.
Prima fan fiction sul fandom di Miraculous! Okay, ho sentimenti contrastanti su questa storia. Da un lato mi piace aver dato un aspetto più “dark” – sì, diciamo così – al rapporto fra Marinette e, beh, se stessa. Però non sono sicura di esserci riuscita appieno. E poi, ho avuto tanti di quei problemi sul titolo. Non avevo idea di cosa mettere!
Ma non penso che interesserà a qualcuno, quindi…
Possibile che non riesca a fare un angolino autrice professionale?!
Vorrei sapere che ne pensate!
Alla prossima
little_psycho

 
   
 
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