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Autore: Ghillyam    11/09/2018    2 recensioni
Nastasha era sicura che se Tony avesse anche solo sospettato ciò che lei e Clint stavano architettando non ci avrebbe messo molto prima di iniziare ad inseguirli per tutto il Complesso con indosso una delle sue amate armature, anche a costo di arrivare a demolirlo fino alle fondamenta come era successo alla sua casa a Malibu. Per questo, il programma prevedeva che se ne rendesse conto solo quando non avrebbe più potuto – se fosse andato a buon fine sarebbe stato lui il primo a non volerlo fare – tirarsi indietro.
Clint e Natasha hanno scommesso e sono pronti a dimostrare a tutti la veridicità della loro convinzione. Di nuovo, un gioco di società porterà gli Avengers di fronte a fatti che non avrebbero mai creduto possibili.
[Starker | Soft!BruTasha | bro!ClinTasha | Seguito di "We're not there yet (Or maybe we are?)"]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cupid’s game aka Truth or Dare
 
 
Nastasha era sicura che se Tony avesse anche solo sospettato ciò che lei e Clint stavano architettando non ci avrebbe messo molto prima di iniziare ad inseguirli per tutto il Complesso con indosso una delle sue amate armature, anche a costo di arrivare a demolirlo fino alle fondamenta come era successo alla sua casa a Malibu. Per questo, il programma prevedeva che se ne rendesse conto solo quando non avrebbe più potuto – se fosse andato a buon fine sarebbe stato lui il primo a non volerlo fare – tirarsi indietro.
Era iniziato tutto come uno stupido scherzo tra loro: una battuta, sguardi ricchi di sottintesi in direzione dei due, una scommessa…
Solo nel vincerla si era resa conto di quanto effettivamente ci avesse azzeccato, e da allora i tentativi per farli uscire allo scoperto erano aumentati esponenzialmente. Ultimo ma non meno importante il piano che da un paio di giorni non vedevano l’ora di mettere in atto.
Era stata un’idea di Clint ovviamente e nonostante lui avesse addotto come scusa che essere padre di figli alle porte dell’adolescenza comportasse anche partecipare a giochi ridicoli, lei sapeva che stava morendo dalla voglia di rifarlo. Dopo la sconfitta di Thanos e la riabilitazione dei loro nomi da parte del governo, Nat aveva avuto come l’impressione che gran parte degli Avengers, e il suo migliore amico in primis, avessero lasciato alla spensieratezza uno spazio maggiore nelle loro vite, resisi conto di quanto esse fossero in realtà appese ad un filo; lei stessa lo aveva fatto, e non se ne pentiva. Anche a causa di questo aveva preso come una missione personale l’evolversi della vita sentimentale di Tony, era ciò di cui l’uomo aveva bisogno anche se forse ancora non lo sapeva.
Era venerdì e come ogni venerdì da quasi un anno, era la sera in cui ognuno di loro – eccezion fatta per coloro troppo lontani per raggiungerli: T’Challa impegnato in Wakanda coi suoi compiti di sovrano e Wanda e Visione, in fuga romantica da qualche parte in Europa – lasciava da parte vita privata e impegni per riunirsi tutti insieme al quartier generale. La decisione era stata presa di comune accordo: per poter mantenere la coesione da poco ritrovata era fondamentale la presenza di un punto d’incontro dove potessero confrontarsi e ricordarsi cosa volesse dire essere una famiglia; inoltre, gran parte delle serate si trasformava in una sottospecie di ritrovo per studenti universitari dove la loro età mentale sembrava ridursi di circa vent’anni, e nessuno se ne lamentava mai.
Nat controllò l’ora sulla sveglia che teneva sul comodino e non si stupì di essere perfettamente in orario, come sempre meglio di un orologio svizzero.
 
*
 
«Sei in ritardo.»
Il rimprovero di Nat lo raggiunse mentre ancora stava salendo le scale che, dal suo laboratorio situato nei piani inferiori del Complesso, portavano direttamente in salotto.
«Ti mancavo, Romanoff?»
«Sarebbe bello non doverti aspettare mezz’ora tutte le volte.» ribatté piccata lei, senza dar credito alla sua provocazione.
In effetti, Tony si rese conto di essere uno dei pochi a mancare all’appello ma a quanto pareva il suo lavoro da meccanico non era una scusa parimenti valida a quella di Thor che, con ogni probabilità, stava cercando di risolvere una qualche questione spinosa sottopostagli da uno dei suoi sudditi e ancora non si era presentato. Non avrebbe mai finito di ripetere quanto fosse discriminatorio: solo perché lui non aveva un popolo da guidare nella vita su un nuovo pianeta non significava che dovesse essere ripreso per ogni piccolezza.
«Beh, ora sono qui – disse, rubando la ciotola di popcorn da cui si stavano servendo Bruce e Natasha, il braccio dell’uomo a circondare le spalle di lei, e sedendosi di fronte a loro – Parker?»
«Ha imparato da te in quanto a ritardi. Passa qui.»
«Mi fa sempre così piacere vederti, Barton.»
Nel dirlo, Tony fece roteare la ciotola in direzione di Clint che non smentì le sue enormi abilità prendendola al volo, non riuscendo tuttavia ad evitare che una manciata di popcorn volasse in aria finendo dritta in faccia a Scott, bellamente spaparanzato e con le gambe allungate fin sopra quelle dell’amico.
«Ottimi. Grazie, Stark.» mugugnò quello, sgranocchiandone uno finitogli sul mento.
L’adorabile quadretto venne interrotto da un’improvvisa folata di vento e da un pesante tonfo sul balcone, tutti segni che indicavano che anche il Dio del Tuono avesse finalmente deciso di onorarli con la sua regale presenza.
«Spero non abbia sfondato di nuovo la balaustra, questa volta la faccio riparare a lui altrimenti.» brontolò Steve.
Tony non aveva potuto fare a meno di notarlo, schiacciato com’era tra Sam e Bucky che non erano meno restii nel litigarselo di quanto lo fossero tre anni prima. Sembrava di essere tornati alle superiori: il ragazzo fico conteso dalle stesse ragazze che poi lui si sarebbe fatto comunque. Questo se non si fosse trattato di Steve gentiluomo Rogers.
Era ancora difficile per lui – e sapeva che anche per Cap fosse lo stesso – rimanere seduto a scherzare con loro come se niente fosse successo, ma ci stava lavorando e per il bene del gruppo non si era opposto quando anche Barnes si era trasferito al Complesso; per quanto si sentisse ancora arrabbiato, non era stupido e capiva che il coinvolgimento del Soldato d’Inverno nell’omicidio dei suoi genitori fosse colpa dell’Hydra. Aveva solo bisogno di tempo.
«Salve, ragazzi.»
L’ingresso di Thor lo riscosse dai suoi pensieri e ancor più di quello il saltellare di Peter, entrato insieme a lui.
«È stato fichissimo! Dobbiamo rifarlo.»
«Calma, ragazzo, sono stati solo sette isolati – lo fermò subito il biondo prima che si mettesse a raccontare nei minimi dettagli come lo avesse visto volteggiare tra i palazzi e avesse deciso di dargli un passaggio più veloce fin lì – E, uhm, Steve… Servirà un po’ di manutenzione in terrazza.»
L’Asgardiano schivò con facilità il cuscino che Cap gli tirò addosso e si sedette sul pouf rimasto vuoto, accanto al divano.
«Peter, siediti vicino a Tony, c’è spazio.» suggerì Natasha, cogliendo l’occasione al volo.
«Non serve, posso stare per terra.» balbettò lui di rimando.
«Muoviti, Spidey, è già abbastanza tardi.»
«Ma senti da che pulpito.»
«Zitto, Strange. E piantala di ridere, Rhodes.»
«G-grazie, signor Stark.»
Tony si scostò quel tanto che bastava per far accomodare Pete, tornando poi ad allargarsi comodamente incastrandolo tra se stesso e Clint.
«Bene, adesso che ci siamo tutti ho una grande proposta.» saltò su Nat.
«Una grandissima proposta.»
«L’ultima volta è andata bene con un gioco di gruppo*-»
«Un altro gioco di ruolo? Uccidetemi.»
«Allora devo chiamare Happy.!»
«Calmo, Rhodey, non sarà come alla festa di Pete, per quanto sia stato divertente. No, stasera sarà un po’ diverso.»
«Diverso, ma assolutamente fantastico.»
«Clint, continua a farmi da eco e vedrai dove te li metto quei popcorn – l’uomo alzò le mani a mo’ di resa e la invitò a proseguire – Sarà un modo per far crescere la fiducia del gruppo: Obbligo o Verità, lo conoscete?»
«Certo.»
«Il fatto che il ragazzo sia l’unico a conoscerlo dovrebbe farci preoccupare?» indagò titubante Stephen, mentre sguardi dubbiosi venivano scambiati dal resto del gruppo. Bruce sembrava sinceramente preoccupato per quello che sarebbe potuto succedere, sapeva cosa la sua ragazza avesse in mente.
«Tranquilli, vi piacerà – assicurò Clint – Comincio io, capirete subito come funziona. Sam: obbligo o verità?»
Sam esitò prima di rispondere, probabilmente cercando di capire quale scelta gli avrebbe causato meno danni. Alla fine optò per verità.
«Uh uh, ci speravo. La sfida a chi avesse mangiato più cheesburger: racconta come è andata davvero.»
Undici paia d’occhi si voltarono verso Falcon: si era vantato per mesi della sua vittoria e non aveva lesinato nel prendere in giro Clint per la sua poca resistenza, era il suo personale orgoglio. Sam deglutì a fatica e Tony vide per certo una goccia di sudore solcargli la tempia. Per una volta, un gioco che comportasse del sano divertimento. Se non altro per lui.
«Oh, e va bene! Ha vinto Clint, d’accordo? Ne ha mangiati due più di me.»
«E…?»
Se uno sguardo avesse potuto uccidere, Barton si sarebbe trovato morto e stecchito.
«E ho dato di stomaco, sei contento adesso?»
«Decisamente.»
«Dovresti saperlo che le bugie hanno le gambe corte.»
«Non ti conviene prendere per il culo, Barnes. Adesso tocca a te: obbligo o verità?»
«Merda. Obbligo.»
«Sii gentile.» ammonì Steve, il cui mood da mamma orsa si attivava sempre non appena la persona presa in questione era Bucky. Tony non riuscì ad evitare di alzare gli occhi al cielo.
«Okay, ci sono – esclamò Sam dopo attenta riflessione – Devi imitare Fury.»
Una risata preventiva riempì la stanza; la sola immagine era già divertente anche senza il bisogno di vederla, ma ovviamente nessuno di loro si sarebbe opposto.
«Mi aspettavo di meglio da te, pennuto
Bucky si alzò con fierezza dal divano e altrettanto solennemente si avvicinò a Thor. Il dio capì subito dove sarebbe andato a parare: ingenuamente aveva creduto che Rocket gli avrebbe lasciato tenere l’occhio meccanico che gli aveva prestato, ma a quanto pareva il divertimento di quel coniglio parlante nel vedere le persone private di una parte essenziale del loro corpo era assai maggiore di quanto potesse esserlo la sua compassione verso gli stessi. Quando perciò se n’era andato insieme al resto dei Guardiani, la benda di suo padre era tornata a coprire la sua cavità oculare.
Senza che Bucky gli dicesse niente si tolse la benda e gliela porse; se non altro lo stava facendo per un buon motivo.
L’uomo, coperto l’occhio sinistro, si schiarì la voce e portandosi le mani dietro la schiena iniziò la sua imitazione dell’ex capo dello S.H.I.E.L.D. Con tono mortalmente serio si rivolse ad ognuno di loro prorompendo in insulti quali inetti, sfaticati e sconsiderati per poi attaccare una filippica sul perché il loro lavoro dovesse rimanere segreto nel modo più assoluto ed elencando una serie di provvedimenti poco piacevoli nel caso in cui avessero deciso di fare di testa loro.
A discapito di ciò che Sam sperava, un applauso divertito si levò al termine dell’imitazione e con fare soddisfatto Bucky tornò al suo posto, pronto a dare del filo da torcere a sua volta.
«Nat, tocca a te. Obbligo o verità?»
La risposta non si fece attendere un secondo e Barnes venne preso in contropiede «Verità.»
«Dannazione. Ehm, okay… Allora, chi preferisci tra Bruce e Hulk?»
Il dottor Banner divenne paonazzo, ma subito venne rassicurato da un bacio di Nat che senza esitazione rispose «Per quanto sia eccitante vederti trasformare in un grosso mostro verde, sei sempre tu quello che preferisco.»
Bruce accennò un sorriso e, stupendo tutti per l’improvvisa audacia, coinvolse la donna in un bacio assai più appassionato del precedente. Una serie di fischi gli fecero da sottofondo.
«Cavolo, Nat, riesci sempre a salvarti con la diplomazia. Anche se lo scopo del gioco era essere sinceri.»
«Tranquillo, Tony, l’occasione arriva per tutti.»
Come molte altre volte gli era successo, Tony si maledisse per non riuscire a tenere a freno la sua linguaccia e già si aspettava di venire preso in causa quando la rosse si rivolse a Peter «Obbligo o verità?»
«Uhm, obbligo.»
Uno sguardo veloce, velato da una punta di soddisfazione, corse tra Clint e l’amica e come se quella richiesta fosse stata pronta già da tempo – Tony si chiese da quanto stessero progettando di coinvolgerli in quella pagliacciata – Natasha disse «Devi baciare la persona più attraente nella stanza.»
Per poco non si strozzò con il popcorn che stava mangiando e così anche Peter. Ad interrompere l’attimo di sgomento ci pensò Thor che, gongolando, commentò «Se proprio volevi vedermi baciare qualcuno, bastava dirlo.»
«Cosa ti fa credere di essere tu il più attraente del gruppo?» lo contraddisse Stephen ma lui non si disturbò nemmeno a rispondere; si limitò ad inarcare un sopracciglio come per dire «Mi hai guardato bene?»
«Mi dispiace interrompere questo scontro tra testosterone, ragazzi – si inserì Nat – Si intende il più attraente per Peter
Il giovane si raggomitolò sul posto desiderando ardentemente di poter diventare invisibile, mentre un rossore sempre più accentuato gli si diffondeva sulle guance.
«Ragazzo, puoi baciarla Nat. È stata lei a proporre la sfida, di certo non si tirerà indietro; e poi non saresti l’unico ad averlo fatto qui dentro.»
L’affermazione di Steve venne seguita da uno sguardo confuso di Bruce, ma la Vedova era troppo impegnata a studiare la reazione di Peter – e quella di Tony, soprattutto – per curarsi dello scambio appena avvenuto.
«Non essere timido.» lo incoraggiò, strizzandogli l’occhio.
«Ecco, io veramente… Insomma, non è lei cioè non sei tu che io-»
«Per l’amor del cielo, era davvero necessario metterlo così in imbarazzo?»
«Tony.»
«No, sul serio, Nat: che significa? Se ti annoi così tanto-»
«Tony.»
«E non mi interrompere!»
«Signor Stark! È lei che… dovrei baciare.» sbottò Peter, diminuendo il tono di voce più si avvicinava alla fine della frase. Un silenzio carico di tensione e aspettativa calò sul gruppo.
«Oh.»
Gli era capitato raramente, ma Tony sentiva che non c’era nient’altro che avrebbe potuto dire in quel momento senza sembrare un idiota completo. Un’inspiegabile agitazione lo avvolse fino alle viscere e dovette stringere la fodera del divano per evitare che le mani iniziassero a sudargli eccessivamente, non c’era alcuna spiegazione logica per quello che gli stava succedendo eppure sapeva che se Peter avesse scelto qualcun altro al posto suo si sarebbe sentito ancora peggio di quanto non si sentisse in quel momento. Ciò non toglieva che non lo avrebbe mai fatto di fronte a tutti gli altri.
La sua protesta venne però fermata sul nascere dalla labbra del ragazzo premute sulle sue e dal lieve sbilanciamento che il busto di Peter premuto contro il suo aveva provocato nella loro già precaria posizione. Non si era reso conto che nel mentre delle sue elucubrazioni, i suoi occhi non si erano staccati un solo momento dalla bocca del bimbo ragno.
Tony non sentì gli «Oh.» dei suoi compagni o lo sghignazzare di Occhio di Falco né tantomeno lo schiocco provocato dal cinque che lui e Nat si scambiarono; nemmeno il commento di Rhodey sul fatto che avesse sempre saputo che ci fosse qualcosa di gay in lui arrivò al suo cervello. C’erano solo le labbra morbide e delicate del ragazzo che adesso teneva stretto a sé.
Dopo secondi che parvero interminabili, riuscirono a separarsi e, cercando di non boccheggiare come un pesce fuori dall’acqua, si ricompose. Per sua immensa fortuna, Peter rivelò una prontezza superiore alla sua e, nonostante l’ottava in più che assunse il suo tono di voce, si rivolse a un incredulo Scott con la domanda «Obbligo o verità?»
«Obbligo.»
 
*
 
Quando tutti se ne furono andati – chi a casa propria, chi nella propria stanza del Complesso – Tony tirò un sospiro di sollievo. Ne aveva passate di tutti i colori eppure quella era stata la serata più intensa e strana della sua vita: ancora non riusciva a collocare la miriade di emozioni che gli rimbalzava nel petto e, se non lo avesse sentito battere chiaramente, avrebbe giurato che il cuore lo avesse lasciato direttamente.
Aveva baciato Peter Parker, e la cosa più assurda era che gli fosse piaciuto. Si era sempre considerato un donnaiolo, un playboy, mai avrebbe immaginato che sarebbe stato un appena diciottenne a riaccendere in lui una passione sopita da tanto tempo. Doveva essere un sogno, un sogno bellissimo. E come ogni sogno che si rispetti venne interrotto.
«Signor Stark.»
Beh, non poteva dire che fosse un’interruzione sgradita.
«Pete.»
Entrambi rimasero bloccati, senza sapere cosa dire, forse troppo imbarazzati o, forse, solo troppo spaventati. Nessuno dei due l’aveva programmato. Figurarsi, nessuno dei due se lo sarebbe immaginato fino a qualche ora prima, eppure adesso era successo e tornare indietro non sembrava una soluzione accettabile da entrambi i lati. L’unica cosa che potevano fare era… andare avanti.
Come se fossero stati una sola persona, annullarono in pochi passi la distanza tra loro e di nuovo le loro labbra si unirono, non lasciando spazio ad alcun dubbio o paura. Peter afferrò Tony per il bavero della giacca e lui lo avvicinò a sé stringendolo saldamente, le mani ad accarezzargli la schiena. Si lasciarono cadere sul divano, leggermente ansimanti e con i cuori a mille, Peter a cavalcioni su di lui; si osservarono a lungo, ma nessuno dei due trovò le parole. Per quella notte non sarebbero servite.
 
 
 
*riferimento al gioco di ruolo ideato da Ned e Peter a cui hanno giocato alla festa di quest’ultimo in “We’re not there yet (Or maybe we are?)”
 
NdA: domani inizia la scuola e io, in qualche modo, dovevo consolarmi senza contare che non potevo lasciare la scommessa di Clint e Nat priva di un degno finale perciò ecco spiegato questo delirio. Io credo di essermi innamorata di questa versione adolescema degli Avengers e dopo un gioco da tavola non poteva che arrivare l’universalmente conosciuto Obbligo o Verità, si capisce che mi sono divertita un mondo a scrivere questa OS?
A parte tutto, spero che l’ultima parte sia risultata credibile e non un disastro completo, diciamo che ho voluto dare a Tony e Peter una serata speciale prima dell’arrivo di tutte le paranoie del tipo “Dannazione, abbiamo trent’anni di differenza e zia May darà di matto”. Mi auguro che non sia una schifezza.
Grazie per aver letto fin qui!
   
 
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