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Autore: Amy W Gildeary    12/09/2018    3 recensioni
Il conte Girolamo Riario una volta disse: «Quando si deve trasmettere un messaggio, preferisco servirmi di mezzi che gli altri non userebbero».
Una donna, ad esempio.
E se papa Sisto IV non avesse avuto un figlio, ma una figlia?
E se il bellicoso Santo Padre avesse deciso di sfruttarla come arma per i suoi subdoli piani, approfittando dell'effetto sorpresa?
Cosa sarebbe successo se avesse avuto lei il compito di attaccare Firenze e di ottenere i servigi del geniale artista Leonardo da Vinci?
-
«Sapete chi sono?», domandò la giovane donna, chinando di poco la testa di lato; la voce morbida e vellutata, senza alcuna traccia di turbamento. «Sono Gemma Riario. Contessa di Imola, guida della Santa Romana Chiesa e nipote di Sua Santità, papa Sisto IV».
[...]
«Sì, lo so», commentò la contessa, con un sospiro annoiato. «Rimangono tutti sempre molto sorpresi di vedere una donna», continuò, con una naturalezza e una tranquillità a dir poco disarmanti, ben poco appropriati al contesto. «Volevano un figlio maschio. Lo avrebbero chiamato Girolamo. Ma poi sono arrivata io».
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leonardo da Vinci, Nico, Nuovo personaggio, Zoroastro
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender
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Il Gioiello del Vaticano

Capitolo 1 - Il Papa

 

 

 

Nei tarocchi, la carta del Papa rappresenta fecondità di pensiero che genera il sapere, la conoscenza. È saggezza, sacralità, divinazione, gnosi. Indica fede e religione, meditazione e modestia.
Al negativo, però, riflette rancori nascosti, fanatismo. Può generare intolleranza e ribellione.

 

 

 

«I nostri uomini hanno avuto successo!», esclamò Lupo Mercuri, spalancando le porte che conducevano ai bagni del Vaticano. «Sforza è morto».

Dietro di lui, Francesco Pazzi alzò gli occhi al cielo per tutto quel baccano, poco aiutato dalle proteste delle guardie alle sue spalle che intimavano i due ospiti di lasciare Sua Santità in pace.

Papa Sisto, al contrario, non sembrò troppo infastidito dalla visita. Abbandonò con non curanza il ragazzino con cui si stava intrattenendo nella vasca ed uscì a grandi passi per raggiungere i due uomini. Alzò appena una mano in alto, per congedare le guardie all’ingresso della stanza, ed aspettò di vederle uscire prima di proseguire la conversazione. A quel punto, riportò la sua attenzione su Francesco Pazzi.

            «Firenze è pronta ad accogliere, Vostra Eminenza», rispose immediatamente il fiorentino, capendo che quello sguardo era una tacita domanda. «Credetemi», aggiunse, inchinandosi per poter baciare l’anello papale.

Nel mentre, il cardinale Mercuri afferrò la veste del papa, e lo aiutò ad indossarla.

            «Come lo sapete?», domandò Sisto, con diffidenza.

            «Abbiamo un informatore alla corte di Lorenzo», rispose prontamente Lupo, sistemando con cura il pesante abito riccamente decorato.

            «E cos’altro sapete?», chiese ancora il papa, per nulla convinto.

            «I Medici stanno organizzando un Carnevale, nel patetico intento di ingraziarsi il popolo», proseguì il fiorentino, portando le mani dietro alla schiena in una posa rigida e solenne. «Sono deboli, ma cercano di distogliere l’attenzione della gente con frivolezze del genere», aggiunse, con un’espressione seccata.

            «Santità…», si intromise Lupo Mercuri, con un sorriso tutto elettrizzato che non fece altro che infastidire ancora di più Sisto. «È la vostra occasione per colpire», aggiunse sottovoce, come un bambino che non aspetta altro che il permesso per giocare.

In tutta risposta, il papa sbuffò infastidito: più che una discussione su mosse e tattiche politiche, gli sembrava di avere a che fare con dei ragazzini. Non si fidava nemmeno un po’ di quei due piccoli scagnozzi, e sapeva che una missione di quel calibro necessitava di tutt’altra guida.

Come se qualcuno gli avesse letto nel pensiero, le guardie fuori dalla porta bussarono cinque colpi, il segnale prestabilito che annunciava l’ospite ancor prima di aprire l’ingresso.

            «Prego», rispose lui subito, sapendo che la soluzione a cui stava pensando era proprio lì fuori.

Il portone di legno massiccio si aprì con un lieve cigolio, e fu subito seguito dal suono di passi lenti e misurati sul marmo della sala.

I due ospiti si voltarono confusi ed incuriositi, mentre Sisto si lasciò sfuggire un sorrisetto soddisfatto.

            «Signori…», esordì il papa, con una nota di fierezza. «Vi presento uno dei più preziosi gioielli del Vaticano».

L’ospite appena entrata si concesse un leggero sorrisetto compiaciuto, mentre raggiungeva il piccolo gruppetto. Una volta di fronte a Sisto, accennò un inchino, ma nemmeno un gesto tanto umile scalfì minimamente il suo atteggiamento fiero ed altezzoso.

Né le vesti completamente nere, tratto distintivo della divisa del Vaticano e spezzate solo dal candido simbolo della Chiesa cucito sul petto, né i capelli raccolti in un’elaborata ed austera acconciatura, né tanto meno la spada o lo stiletto nella cintura… Niente di tutto ciò intaccava minimamente la sua bellezza o la sua femminilità. Lo sguardo, vispo e fiero, manifestava tutta la sua sicurezza, e sarebbe stato capace di soggiogare chiunque in un battito di ciglia.

            «Santo Padre», disse la giovane donna, con decisione.

In risposta, l’uomo sollevò una mano e la indicò ai due uomini suoi ospiti.

            «Mia nipote, nonché contessa, Gemma Riario», affermò l’uomo, con un ghigno soddisfatto.

Un po’ sorpreso, Francesco Pazzi chinò di poco la testa in un cenno di saluto. Al contrario, il cardinale Mercuri si improvvisò un gentiluomo e si inchinò per un galante baciamano. Con ogni probabilità, un modo come un altro per ingraziarsi Sua Santità, vista la fierezza mostrata nei confronti della giovane donna.

            «Ho sentito parlare meravigliosamente di voi», proseguì il cardinale, con un sorriso d’adulazione, ma la contessa non si scomodò a rispondere se non con un cenno d’assenso del capo.

            «Una donna, Vostra Santità?», domandò invece Francesco Pazzi, senza fare nulla per celare il suo scetticismo.

            «Vi consiglio di non sottovalutarla», ribatté prontamente Sisto, indurendo il tono della voce. «È una delle armi migliori a disposizione della Santa Romana Chiesa».

            «Non è mai saggio lasciarsi ingannare dalle apparenze», aggiunse la contessa Riario, con un sorriso di finta gentilezza che sicuramente non celava una nota di ammonimento.

Intuendo che la situazione si stava evolvendo a suo sfavore, il fiorentino finse la migliore delle espressioni di accondiscendenza, e si sforzò di compiacere papa Sisto.

            «Sicuramente possedete l’elemento sorpresa», rispose l’uomo, annuendo. «Una tattica inusuale, ma molto interessante».

Gemma Riario era ben abituata a reazioni e commenti di quel tipo, e nel corso degli anni aveva imparato a farsi scivolare addosso ogni diffidenza da parte di altri: presto o tardi, tutti si rendevano conto di quale enorme sbaglio fosse crederla innocua, e la soddisfazione di vedere le loro espressioni farsi intimorite, nel realizzare quanto in realtà fosse pericolosa, era un’ottima ricompensa.

            «Avrete presto prova del mio valore, non dovete temere», rispose la contessa, con un sorriso di finta cortesia.

A quell’affermazione, sia Francesco Pazzi che Lupo Mercuri si voltarono verso papa Sisto, l’espressione del volto vagamente confusa in una tacita richiesta di spiegazioni.

            «Sono certo che mia nipote sarà un aiuto più che valido nel nostro piano contro i Medici», spiegò il papa, sistemandosi meglio la veste addosso. «Qualcosa in contrario, per caso?», aggiunse poi, in una domanda assolutamente retorica.

            «No, certo che no», risposero prontamente i due, suscitando in Gemma un sorrisetto soddisfatto: tali a quali a due cagnolini spaventati.

            «Dunque datevi da fare», sentenziò Sua Santità, tornando severo.

            «Assolutamente», gli assicurò Francesco Pazzi.

            «C’è un’altra ragione per affrettarsi», aggiunse Lupo Mercuri, facendosi più cupo. «Il Turco in questo momento si trova a Firenze. Cerca il Libro delle Lamine».

A quelle parole anche Gemma tornò seria e si voltò verso il cardinale. Sisto invece, evidentemente infastidito dall’aver nominato quel manufatto come se la sua importanza superasse quella di mettere fine alla dinastia de’ Medici, borbottò qualcosa di incomprensibile e se ne andò a grandi passi.

Prima di giungere alla porta, però, si voltò un’ultima volta, e scoccò uno sguardo freddo e severo proprio verso la nipote. Il cardinale Mercuri e Francesco Pazzi si guardarono confusi, ma Gemma aveva capito perfettamente quello che le era appena stato ordinato, senza neanche bisogno di una parola. Annuì, e Sisto uscì definitivamente dalla sala.

La contessa, invece, si voltò verso la vasca e piegò le labbra in un sorriso impregnato di falsità e sarcasmo, mentre lentamente si avvicinava agli scalini lambiti dall’acqua calda, lo sguardo puntato sul giovane ragazzino che per tutto il tempo della conversazione era rimasto seduto in silenzio.

            «Sono… molto dispiaciuta», mormorò, piegando leggermente la testa di lato, mentre si immergeva nell’acqua.

            «Perché?», balbettò il ragazzino, con un filo di voce.

La mano di Gemma scivolò silenziosamente alla cintura e si strinse intorno all’impugnatura dello stiletto, ma il suo sguardo rimase fisso negli occhi del giovane.

            «Non avresti dovuto sentire», rispose semplicemente.

In un istante, la sua espressione si fece fredda ed apatica, come se di colpo avesse perso qualsiasi capacità di provare emozioni, e rimase tale, mentre estraeva l’arma dalla cintura e con un gesto netto tagliava la gola del ragazzo. La vittima non riuscì ad emettere altro che un gemito strozzato, mentre ricadeva nell’acqua, tingendola lentamente di rosso scarlatto.

Gemma immerse lo stiletto nella vasca, ripulendolo dal sangue, per poi riporlo nella cintura con un movimento fluido ed elegante. Si voltò verso i due ospiti, che nel frattempo erano rimasti pietrificati di fronte a quella scena, le loro espressioni assolutamente gelate.

La contessa riemerse dalla vasca, e li raggiunse sulla passerella di marmo, come se nulla fosse accaduto. Quanto meno, aveva già dimostrato loro quanto qualsiasi pregiudizio fosse infondato.

            «Bene, signori…», esordì Gemma, congiungendo le mani davanti a sé. «Vogliamo proseguire?»

 

 

 

Angolo dell’autrice

Che dire, un buonsalve e un benvenut* a tutt*!

Sono nuova in questa sezione, quindi mi presento: piacere, sono Amy e sono felicissima di potervi introdurre alla storia della contessa Gemma Riario.

Un ringraziamento speciale va all’episodio Liberum Arbitrium, che mi mise la pulce nell’orecchio di “Cosa sarebbe successo se…?”. Episodio che, tra l’altro, andò in onda alla fine del 2015, il che dà una vaga idea del tempo che ci ho messo nel realizzare questa storia. Ma dopo tanto lavoro e una lunga revisione, sono finalmente giunta alla sua conclusione e posso pubblicarla. Non vedevo l’ora, giuro!

Dal momento che questa prima stagione è già pronta, aggiornerò ogni due mercoledì con un nuovo capitolo, e facendo un rapido calcolo ci terremo compagnia per un discreto periodo di tempo.

Spero tanto che il primo capitolo vi sia piaciuto, e mi farebbe davvero tanto piacere sapere che cosa ne pensate.

Un bacione grandissimo!

Amy W. Gildeary

 

P.S.: da quando mi è stato fatto notare che gli episodi della prima stagione hanno come titolo alcune carte dei Tarocchi, ho voluto seguire lo stesso filo conduttore. Ragion per cui, all’inizio di ogni capitolo, ci sarà un piccolo scorcio sul significato della carta che ha dato il nome ad ogni parte.

   
 
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