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Autore: Stephanie86    14/09/2018    0 recensioni
[Ruby/Dorothy & Nova/Grumpy - Storia appartenente alla serie "Lost and Found]
La fata Nova è tornata a Storybrooke, ma qualcosa in lei è cambiato per sempre.
Dorothy e Ruby lottano contro la Strega dell'Est. E dovranno combattere anche un'altra battaglia.
Che cosa è successo davvero a Nova e in che modo la sua storia è legata a quella di Cappuccetto Rosso e della Paladina di Oz?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Altri, Astrid/Nova, Dorothy Gale, Leroy/Brontolo, Ruby/Cappuccetto Rosso
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lost and Found'
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Storybrooke.

 

Non era una bella giornata.

E non era solo dovuto al tempo. Il cielo era coperto e il vento era freddo. Tra non molto le nuvole grigie avrebbero scaricato un bel po’ di pioggia.

Ma c’era qualcosa di strano nell’aria.

Trilli era in apprensione e non riuscire a capire perché la rendeva ancora più nervosa. Era sicura che anche Turchina avesse percepito che stava per succedere qualcosa.

Erano settimane che Storybrooke era tranquilla. Nessun mostro. Nessun demone alato. Nessuna Strega Perfida all’orizzonte. Nessun morto da andare a prendere all’Inferno. Emma Swan era tornata a casa e lei e Regina vivevano felici e contente. Marian era stata graziata da Zeus in persona.

- Verdolina!

Lo strillo di Flora la riscosse dal torpore. I fiori che aveva fatto sbocciare con un tocco della bacchetta si richiusero di colpo, infastiditi dalla voce stridula che la chiamava.

- Verdolina, vieni subito! Io credo che sia morta!

Lei corse in direzione della voce. Vide subito Flora e Fauna chine sulla sponda del lago. Entrambe con le loro uniformi azzurre che svolazzavano. Una con la sciarpa rossa e l’altra con la sciarpa verde legate al collo.

C’era un corpo sul prato.

Trilli si infilò tra le due fate decisamente più alte di lei, aprendosi un varco con le braccia.

- Non è morta, Flora. Sta respirando. – le disse Fauna.

La fata Nova era svenuta e pallida. Indossava la stessa uniforme azzurra delle altre fate e che aveva anche quando era partita per la Foresta Incantata, mesi prima, ma la sua era stropicciata.

Turchina l’aveva spedita alla Corte Seelie, dalla regina Titania. Prima o poi tutte le fate ci andavano. Significava che non erano più apprendiste ma stavano salendo di livello.

- Che cosa facciamo? Vedi anche tu quello che vedo io, vero?

- Fauna, smetti di urlare. Non ce n’è bisogno. – disse Trilli, sapendo bene che Turchina non sarebbe stata affatto contenta. Nova non sarebbe dovuta tornare. Non ancora. Le fate passavano anni alla Corte Seelie prima di essere mandate a casa. – Dobbiamo portarla via. Torniamo all’Istituto. E facciamo attenzione. Potrebbe essere ferita.

- Beh, certamente è ferita! – gridò Fauna, anche se Trilli le aveva appena detto di non strillare. – Non ha più le ali!

 

***

 

Foresta Incantata. Qualche mese prima.

 

 

L’erba era già molto alta, ma Nova distingueva ancora il sentiero.

Si snodava un po’ a zigzag, su per un pendio, perdendosi nel cuore della foresta, che sembrava espandersi intorno a lei, folta e verdissima. E sempre più oscura.

Stando alla mappa, non doveva mancare molto all’ingresso della Corte Seelie.

E allora affrettati. Affrettati, perché non è bene stare ferma nello stesso punto.

Quella doveva essere la voce di Turchina.

Nova si ingigantì, illuminando brevemente la penombra e dispiegò la vecchia mappa che le avevano dato prima di partire.

In teoria avrebbe dovuto costeggiare il fiume ed aggirare il territorio delle Amazzoni. Avrebbe dovuto costeggiarlo fino a raggiungere una cascata. A quel punto doveva inoltrarsi nel bosco e seguire il sentiero. Fino al lago, che era la porta.

In teoria.

Solo che non udiva più il suono del fiume. Il suo gorgogliare si era perso da un pezzo dietro ai suoi passi.

Avrebbe tanto voluto che Ruby e Scricciolo fossero ancora con lei, ma Ruby aveva seguito le tracce di un branco di licantropi, verso ovest, mentre il gigante si era diretto verso nord, ossia verso la terra dei suoi simili.

Era sola.

- Bene. – disse Nova, riavvolgendo la mappa. – Mi sono persa.

 

 

Aveva una paura folle e, a mano a mano che il sentiero si restringeva e si inoltrava nel cuore della Foresta Incantata, la paura aumentava. Stava diventando terrore.

C’era qualcosa di peggio della pazzia, lì. Qualcosa di molto brutto e molto grave.

C’era l’odore degli alberi, il profumo dolce del pino e dell’abete, della corteccia e della linfa. Ma i suoi sensi erano all’erta e se ascoltava bene... c’erano altri odori. Più inquietanti. Odore di marcio. Odore di palude.

Potrei tornare indietro. Sì, certo, potrei farlo. Il sentiero è qui. Se torno indietro, forse troverò il fiume. Potrei usare la magia e ritrovarlo.

Però i suoi piedi si spostavano in avanti, sempre avanti. Quasi ci fosse una calamita in quei boschi... e la calamita la costringeva a proseguire, non le avrebbe mai permesso di tornare indietro. La calamita voleva spingerla ad abbandonare il sentiero e a perdersi nell’oscurità sempre più fitta che la circondava. La attirava per trascinarla verso un punto... un punto. Da qualche parte e, una volta raggiunto, non sarebbe più riuscita a tornare sui suoi passi.

Per un momento, Nova fu sul punto di farlo. Fu sul punto di abbandonare il sentiero ed inoltrarsi nella Foresta.

Stai attenta, le aveva detto Turchina. Non comportarti da sciocca. Segui la mappa e cerca di ricordarti quello che ti è stato insegnato quando arriverai alla Corte Seelie. È un momento molto importante del tuo addestramento.

Poi un ramo si spezzò alla sua destra. Si ruppe con un rumore secco, simile ad un colpo di pistola. La riportò esattamente dov’era e a ciò che stava pensando di fare. In preda al panico, girò goffamente su sé stessa, sapendo che avrebbe potuto rimpicciolire, ma era troppo spaventata per provarci. Con la gola stretta e la faccia deformata dalla smorfia di sgomento di chi si sveglia e scopre di essersi avventurato sul cornicione di un grattacielo, la fata estrasse la bacchetta, puntandola in svariate direzioni.

- Chi c’è? – chiese, udendo chiaramente rumori di cose in movimento.

Nova si spostò, barcollando e uno dei suoi piedi affondò in una pozza d’acqua melmosa. Le sfuggì una stridula esclamazione di sorpresa, mentre inciampava e precipitava. Batté la fronte contro una pietra che sbucava dal terreno e il mondo diventò grigio, riempiendosi di luccicanti stelle rosa.

 

“Sei tu.”

“Noi... ci siamo già conosciuti?”

“Sei la donna che ho visto in sogno prima di uscire dall’uovo, l’anno scorso.”

“Tu hai solo un anno?”

“Lo so. Dimostro meno della mia età.”

 

Altri due rami cedettero con sinistro rumore e dal folto del bosco si levò una risata roca e sghignazzante. Era vicinissima ed era un suono immenso. Non era possibile immaginare quale creatura potesse emettere un simile suono.

Nova spalancò gli occhi di scatto e lo stordimento passò. Si mise a correre, con la bacchetta ancora in pugno, cercando di gridare ma senza riuscirci. Stava ancora correndo e tentando di gridare, ma invano, quando finalmente il sentiero si aprì.

Pensò febbrilmente di essere arrivata. Dopotutto, era possibile che avesse raggiunto il lago. Il suo vestito rosa era tutto strappato e sporco di fango. Aveva perduto il fermaglio e i capelli le ricadevano ai lati del viso.

“Sentirai qualcosa. Dei suoni. Non ascoltare per nessuna ragione. Se è necessario, usa la magia. Ma non lasciarti paralizzare dalla paura.”

Non c’era nessun lago. Avrebbe dovuto esserci un pendio, nel quale erano intagliati una ventina di gradini molto stretti e che conducevano alle rive del lago.

No. Decisamente non c’era. Era sbucata in una piccola radura. I suoi piedi e i polpacci sparivano in una nebbia grigia e densa che aderiva al terreno. L’aria era più calda, vibrante. Tutto era immobile, come se la natura stesse ascoltando e si preparasse ad un attacco. Doveva essere ancora giorno, ma gli alberi erano così fitti che la luce del sole non passava.

Nova fece un giro su sé stessa. Ne fece un altro, sentendosi sempre più terrorizzata e sempre più sciocca.

L’altra entrata.

La Corte Unseelie. Era nel territorio della Corte Unseelie, il Regno Oscuro? La porta che conduceva al mondo governato dalla Fata Nera era vicina?

- Oh... – mormorò Nova. – Oh, no... oh, cielo.

La voce, quella risata agghiacciante, si fece sentire ancora. Stavolta proveniva da sinistra. Qualche momento dopo risuonò a destra e alle sue spalle.

Poi all’improvviso la nebbia perse la sua luminosità e Nova si rese conto che nell’aria di fronte a lei era sospesa una brutta faccia ghignante. Gli occhi grandi erano gialli e infossati. I denti non erano denti, ma zanne e le orecchie erano grandi corna ricurve. Farfugliò qualcosa, ma Nova ovviamente non capì nemmeno una parola. La punta della sua lingua biforcuta danzò, pigramente.

Nova agitò la bacchetta a casaccio. Un fascio di luce luminosa colpì la testa fluttuante, che si dissolse per qualche momento per poi ritornare più compatta di prima. Iniziava a formarsi un corpo. Un corpo con due braccia umane, ma lunghi artigli al posto delle unghie.

La faccia scattò in avanti, spalancando le fauci e Nova si tirò indietro, gridando. Cadde nell’erba alta, in mezzo alla nebbia densa e perse la bacchetta.

“Sei sicura di voler andare da sola?”, le aveva detto Ruby, prima di incamminarsi verso ovest. “Non è sicuro. Potrei seguirti fino al lago.”

“Devo andare da sola. Tutte le fate lo fanno.”

Mentre cercava a tentoni la bacchetta, sempre più ansante e disperata, sicura che il mostro l’avrebbe mangiata, Nova si pentì di non aver accettato. Ma Ruby doveva trovare il suo branco, così come lei doveva trovare la strada per la Corte Seelie.

La creatura mostruosa ora era gigantesca, troneggiava sopra di lei, bucando la nebbia. Udì un tonfo di piedi da elefante che calpestavano il terreno.

Una mano si allungò, bramosa, verso la fata.

 

***

 

Storybrooke. Oggi.

 

- Nova si riprenderà. – disse Turchina, ma con una voce piatta e tesa che non lasciava presagire nulla di buono. – Dormirà per qualche ora. Non cercate di svegliarla. Ha bisogno di riposo.

- Certo. – disse Trilli.

- E non fate entrare nessuno.

Trilli non disse niente. In realtà, non era sicura che sarebbe riuscita a far entrare qualcuno, ma presto avrebbero ricevuto una visita. Mentre tornavano all’istituto, portando Nova con loro, avevano incrociato il nano che starnutiva sempre. Trilli gli aveva dato un messaggio per Leroy. Eolo non se l’era fatto ripetere due volte ed era partito in direzione delle miniere.

Ma era Eolo, poi? O Mammolo?

Trilli tendeva a confonderli.

- Sapevo che non doveva mandarla laggiù da sola. Io l’avevo detto! – strepitò Fauna, dopo che Turchina se ne fu andata. Si tormentava la sciarpa, allentando il nodo e poi tornando a stringerlo.

- Tutte vanno da sole, Fauna. Anche tu ci sei andata da sola. – ribatté Flora. – Sono queste le regole. È sempre stato così.

- Ma Nova non è come noi. Lei è... diversa.

- Diversa?

- Turchina la chiama sognatrice. Nessuna fata è come Nova. Ed è imbranata!

Flora rifletté qualche istante. – Molto imbranata!

- E a proposito del nano... Verdolina, non avresti mai dovuto farlo. Ti rendi conto che se il nano viene qui Turchina non lo farà mai entrare? – disse Flora, più agitata che mai.

- Non solo non lo farà entrare, ma noi finiremo nei guai. – disse Fauna.

- Mi chiamo Trilli. E nessuna di voi due finirà nei guai. Turchina non è qui adesso. – le rassicurò Trilli.

- Non importa. Finiremo nei guai comunque. – tornò a dire Fauna.

- Forse... potrei parlarle. Ragionarci. – Trilli si avvicinò al letto in cui avevano sistemato Nova e le rimboccò un po’ le coperte.

- Ragionare?

- Con Turchina? – le fece eco Flora.

- Non sarà così terribile. – disse Trilli. Sapeva benissimo che poteva esserlo, ma doveva trovare un modo. Magari, invece di ragionarci, poteva distrarla, nel caso in cui fosse tornata mentre Leroy era nell’istituto.

- Oh, sì che lo sarà.

- Nova ha perso le ali, ormai. Cosa volete che importi? – Trilli non era semplicemente preoccupata. Era anche furiosa. Non capiva come fosse accaduta una cosa del genere e soprattutto pensava fosse ingiusto. Sì, molto ingiusto. Ingiusto che Nova non avesse più le ali. Ingiusto che Leroy non potesse accedere all’Istituto della Madre Superiora.

Lei sapeva benissimo cosa significava perdere le ali. Cosa significava cadere.

- Le importa. Finché non capirà che cosa ha combinato Nova, le importerà. – disse Fauna.

- Chi dice che ha combinato qualcosa?

- Ha perso le ali. È ovvio che ha combinato qualcosa... Trilli.

- Potrebbe essere un malinteso.

Flora scosse la testa lentamente. – Non perdiamo le ali per dei malintesi. È una sciocchezza bella e buona.

- E se fosse stata... non so, la Corte Unseelie? Quelle creature malefiche... – suggerì Fauna.

- La Fata Nera!

Fauna gettò un’occhiata lungo il corridoio, come se si aspettasse di veder sopraggiungere un’orda di mostri partoriti dalla Corte Unseelie e comandati dalla Fata Nera in persona.

Tutto quel vociare avrebbe svegliato chiunque, ma Nova continuava a dormire. Ogni tanto gli occhi si agitavano sotto le palpebre. Ma per il resto era immobile. Non era ferita. Turchina aveva detto che stava bene e che era dovuto al trauma. Però aveva un aspetto fragile, come se la sua stanchezza fosse immensa. Abissale.

- Tuttavia, ci deve essere un sistema. Per il nano, intendo. Anzi... c’è! – esclamò Flora, quasi avesse avuto un’epifania. Estrasse la bacchetta. – Potrei trasformarlo... e se i muri avessero le orecchie? Forse è meglio...

- Parla, Flora. Turchina non c’è. – la incitò Trilli.

 

***

 

Foresta Incantata. Qualche mese prima.

 

Il mostro con gli occhi gialli stava per affondare gli artigli nel corpo di Nova, quando un fascio di luce magica lo colpì alla testa.

Era magia molto potente, decisamente più potente della sua, perché la creatura della Corte Unseelie lanciò un grido disumano, sbatacchiando le braccia enormi e strizzando le palpebre.

Nova tastò il terreno alla ricerca della bacchetta e la trovò.

Un’altra esplosione azzurrina. Nel petto possente del gigante si aprì uno squarcio. Altre grida che le ferirono le orecchie.

Pensò di sognare quando vide due uomini a cavallo. Aggirarono la creatura, fendendo l’aria con le loro lance luminose. Poi un puntino luccicante disegnò scie magiche, circondando il corpo della creatura.

Nova guardò con gli occhi sbarrati quel corpo mentre si disfaceva.

Fu come guardare un castello di sabbia che crolla lentamente dopo essere stato colpito da un inimmaginabile piede.

- Oh... – riuscì soltanto a dire.

Poi uno dei cavalieri le si accostò, parlandole. Le chiese se stava bene e glielo chiese nella sua lingua. Era un elfo. Orecchie a punta e sopracciglia oblique, era di corporatura esile ma anche solida. Nella mano destra stringeva la lancia e a tracolla portava un arco possente, insieme ad una faretra piena di frecce dall’impennaggio di cigno.

- Sto bene. Grazie. – rispose Nova. Non sapeva ancora parlare bene l’elfico ed era sicura che se ci avesse provato, avrebbe fatto una pessima figura.

L’altro cavaliere sembrava più vecchio del primo, con i lineamenti più affilati, gli occhi splendenti come gemme e una spada infilata nella cintura. Sul capo indossava un elmo di bellissima fattura, d’argento e ambra.

Il puntino luminoso che aveva sconfitto la creatura si ingigantì, assumendo una grandezza umana.

- La Corte Unseelie poteva fare di meglio. – commentò la fata, ritirando le proprie ali e nascondendo la bacchetta sotto la tunica blu.

Nova restò là a fissarla, sapendo benissimo chi era. Non l’aveva mai vista, ma Turchina aveva ragione quando diceva che l’avrebbe riconosciuta in ogni caso.

- Ben arrivata, Nova. – Lo sguardo della regina Titania era ancora ripieno del suo potere. Le iridi erano color oro. Scolorirono lentamente per recuperare il colore originale, un magnetico verde chiaro.  

- Mia... mia regina... – balbettò Nova, ricordandosi di inchinarsi forse un po’ troppo tardi. – Sono... davvero onorata.

- Sì. Vorrei che foste stata anche più prudente. – osservò Titania. – Invece non solo non lo siete stata, ma vi siete anche ingigantita senza motivo. Vi siete persa. Siete in ritardo. E vi siete lasciata paralizzare dalla paura.

Nova aprì la bocca per dire qualcosa, ma ritenne opportuno tacere. Diventò rossa. Nella corsa attraverso il bosco aveva anche perduto la mappa.

Titania era più bassa di lei, eppure le sembrava comunque imponente. Era il suo modo di guardare, il suo modo di muoversi, il fatto che fosse palesemente potente e molto vecchia. La sua figura pareva occupare più spazio di quello che in realtà occupava.

Nova si sentì minuscola e più imbranata del solito.

- Ma del resto... – continuò la regina, sistemandosi il cappuccio della tunica sul capo. – La prudenza è qualcosa che si può imparare. Forse. Con il tempo. Siete stata persino migliore di alcune fate.

- Ah, beh... grazie.

- Andiamo. La Corte Seelie non è lontana. – Titania dispiegò le ali e rimpicciolì.

I due elfi spronarono i cavalli, che partirono al trotto.

Nova si disse che sarebbero stati mesi molto lunghi. Probabilmente i più lunghi della sua vita.

Non era affatto sicura di essere pronta.

 

**********************************

 

 

Regno di Oz. Due giorni prima.

 

Ruby si chiese quante scimmie volanti ci fossero.

Non appena gli arcieri o i soldati a piedi ne abbattevano due o tre, ne arrivavano altre, strepitando tanto da spaccare i timpani.

Dorothy ne centrò una con la balestra e poi, usando la spada, si liberò di uno degli uomini della Strega dell’Est, chiuso nella sua armatura nera, con gli occhi vuoti dietro la celata dell’elmo. Il medaglione verde che portava al collo esplose in mille frammenti, che evaporarono prima di toccare l’erba.

L’area intorno al palazzo della Sorellanza risuonava di grida, ordini e di clangore di spade e scudi. A ciò si aggiungevano i versacci delle scimmie e il sibilo delle frecce. Per terra c’erano molti corpi, sia nemici che volontari che combattevano al fianco di Dorothy.

Ruby, in forma di lupo, sentiva chiaramente l’odore del sangue e della morte.

 

Il capitano Li Shang e il suo battaglione respinsero gli avversari, costringendoli ad arretrare verso la foresta di Oz.

- Copritemi, capitano. – disse Mulan, alzando la voce per farsi sentire sopra la cacofonia di voci.

- Dove andate? Aspettate!

Mulan non gli diede retta.

Nella mischia intorno al palazzo, Dorothy roteava la spada.  Era stanca e le facevano male le braccia, ma quei soldati in armatura nera sembravano non finire mai. Vide Ruby afferrare un uomo pronto ad infilzare il principe Fiyero. Il soldato urlò, sentendo i denti che affondavano nella carne del polpaccio. Il lupo lo trascinò per un bel tratto, prima di lanciarlo contro un altro soldato, che ruzzolò giù dal proprio cavallo.

 

Mulan salì in cima al pendio dove erano state piazzate le catapulte. In lontananza vedeva altri soldati neri avanzare, compatti, verso il Palazzo della Sorellanza. L’esercito di Dorothy e di Li Shang stava avendo la meglio, ma quel battaglione... erano decisamente troppi.

I due uomini che avevano controllato la catapulta erano morti. Giacevano a pancia in giù, i corpi trafitti dalle frecce decorate con piume nere.

Mulan udì una di quelle frecce sibilare sopra la sua testa. Si abbassò, sollevando lo scudo che aveva usato per proteggersi e che era già cosparso di dardi.

Vi faccio vedere di che cosa sono capace, maledetti.

 

Dorothy venne centrata in mezzo alle scapole da qualcosa di duro, forse una pietra, che le tolse il respiro.

Cadde in avanti. Istintivamente, nonostante il dolore, rotolò verso destra, evitando la lama di una spada. La sua era a pochi metri, in mezzo ad una moltitudine di piedi. Era difficile raggiungerla.

Fulminea, prese la balestra e scagliò una freccia senza prendere la mira. L’uomo che l’aveva quasi uccisa gridò di dolore quando il dardo penetrò nella spalla, dandole il tempo di alzarsi in piedi. Lui continuò a brandire la spada. Sferrò un manrovescio e Dorothy si tirò indietro per evitarlo.

- Muori, paladina del nulla! – gridò il soldato.

Il lupo si gettò su di lui a fauci spalancate. L’uomo cacciò un urlo terribile, mentre i denti si chiudevano sull’altra spalla.

 

La palla di fuoco illuminò a giorno il campo di battaglia, sorvolando l’ammucchiata di soldati e andando a schiantarsi tra le file di uomini in arrivo, i rinforzi mandati dalla Strega dell’Est.

Le file si ruppero. Scoppiò una baraonda quando iniziò il fuggi fuggi.

Qualcuno cercò di richiamare gli uomini all’ordine, gridando comandi, ma fu praticamente inutile.

Una seconda sfera di fuoco si schiantò in mezzo ai nemici. Alcuni soldati si trasformarono in fantocci ardenti. I cavalli, resi folli dalla paura, gettarono a terra i propri cavalieri e scapparono alla cieca, investendo altri soldati.

Il capitano Shang gridò ai propri uomini di serrare i ranghi. Alcuni erano feriti, con le armature ammaccate e gli scudi deformati dai colpi di mazza e spada, ma la maggior parte se la sarebbe cavata. Il che era un miracolo considerando che l’attacco li aveva quasi colti di sorpresa.

Si girò a guardare il Palazzo della Sorellanza. L’incantesimo protettivo aveva retto, ma immaginava che richiedesse molta concentrazione e Glinda certamente non avrebbe resistito molto a lungo.

- Non inseguiteli! – ordinò. – Non ce n’è bisogno.

I soldati della Strega si ritirarono velocemente, lasciando i feriti sul campo di battaglia e abbandonando anche le armi.

 

***

 

Storybrooke. Oggi

 

- Un fiore?

- Dobbiamo farti entrare in qualche modo. Le altre fate non devono vederti. Lo direbbero a Reul Ghorm. – precisò Trilli.

Leroy guardò in faccia le tre fate, sicuro che stessero scherzando. Erano sul retro dell’edificio e quando lui era arrivato, dopo aver ricevuto il messaggio di Eolo, le aveva trovate lì ad aspettarlo. La sorella con la sciarpa rossa aveva subito disegnato un cerchio magico con la bacchetta perché risultassero invisibili e non potessero essere ascoltati, ma lo aveva avvisato che non sarebbe durato.

- Non chiamarla per nome. Non è rispettoso, Verdolina. – disse Fauna.

- E tu chiamami Trilli. Anche se Turchina ci fosse, non potrebbe sentirci.

- Non mi trasformerai in un fiore, sorella. – sentenziò Leroy, interrompendole.

- Puoi scegliere qualsiasi tipo di fiore. O anche una pianta. Un bonsai, magari? – Flora agitò la bacchetta.

Leroy sollevò una mano come per proteggersi. – Io sono un nano. Fare commenti sulla mia altezza non ti aiuterà a convincermi, sorella.

- Perché non la smetti di chiamarmi sorella? Non siamo davvero suore. – esclamò Fauna. – Beh, una volta pensavamo di essere suore. Ma adesso...

- Io chiamo così tutte le donne. – rispose Leroy.

- Si tratta di un incantesimo temporaneo. Ci serve per farti entrare senza destare sospetti. – disse Trilli. La magia che li proteggeva si stava indebolendo. Dovevano sbrigarsi. – Se ti vedessero sarebbe la fine anche per noi.

Leroy sembrò rifletterci per qualche istante. Alzò lo sguardo, fissandolo sulla finestra della stanza in cui le fate tenevano Nova.

“Se adesso fuggite insieme, per voi non ci sarà lieto fine. Nova perderà le sue ali. Ma se adesso torni alla miniera e permetti a Nova di diventare la straordinaria fata che è destinata ad essere... il vostro lavoro porterà gioia in tutto il mondo.”

- Non abbiamo più tempo. La magia sta svanendo. Lasciate fare a me! – Fauna agitò la bacchetta in faccia a Leroy.

- Fauna, aspetta... – iniziò Flora.

Vi fu un pop e Leroy scomparve.

Trilli abbassò gli occhi sul prato.

- Non avevamo detto che sarebbe diventato un fiore? – disse Flora, facendo un paio di passi indietro.

- I fiori non gli piacevano. E nemmeno i bonsai. – si difese Fauna.

Il rospo lanciò un gracidio contrariato, fissandole con due occhi sporgenti e gialli, con le pupille verticali.

 

***

 

Regno di Oz. Due giorni prima.

 

- Mi dispiace per le vostre perdite, capitano. – disse Mulan, mentre Li Shang appoggiava una mano sul viso di un uomo per abbassargli le palpebre.

- Questa è la guerra. – rispose semplicemente lui.

I nemici si erano ritirati da un pezzo e l’alba stava sorgendo. I feriti erano stati sistemati nel salone al pian terreno del Palazzo della Sorellanza. Glinda stava facendo il possibile per guarire chi poteva essere guarito con la magia, ma aveva un’aria esausta. Ormai era rimasta l’unica strega della sorellanza. Nessarose l’aveva tradita ed era la responsabile di quella baraonda e Locasta era morta.

Il principe Fiyero lasciò che la Strega del Sud gli curasse una ferita al braccio.

- Vorrei dirvi una cosa, con tutto il rispetto. – continuò Li Shang. – Siete stata molto coraggiosa, ma siete anche il soldato... più pazzo che io conosca, Fa Mulan.

Mulan non commentò quell’esternazione. Strinse le labbra, guardandolo con diffidenza. – Come fate a sapere il nome della mia famiglia?

- Io so molte cose su di voi. – disse Shang. Il suo tono era riverente, come se stesse parlando ad un altro capitano o a qualcuno che stava ancora più in alto di lui. – Avete rubato l’armatura di vostro padre, siete scappata di casa, vi siete travestita da soldato, avete ingannato uno dei comandanti, avete praticamente distrutto il palazzo dell’imperatore...

Mulan aprì bocca per interromperlo, ma lui sollevò una mano.

- Nǐ jiùle wǒmen suǒyǒu rén – aggiunse, usando la lingua del suo popolo.

E avete salvato tutti noi.

Aveva salvato tutti loro, ma nei suoi sogni vedeva ancora i corpi senza vita sdraiati con la faccia nella neve. Aveva salvato tutti loro, ma nei suoi sogni vedeva ancora il volto brutale di Shan Yu. Vedeva ancora la ferocia nello sguardo del comandante che aveva ingannato e che aveva risparmiato la sua vita solo perché lei lo aveva salvato.

Salvare. Salvare. Salvare.

- Glinda, forse è meglio che andiate a riposare. Siete molto stanca. Non potete aiutare tutti da sola. –  Fiyero stava porgendo una mano a Glinda perché si alzasse. Ruby era stata sistemata in mezzo ad altri feriti. Il taglio alla gamba era lungo e piuttosto profondo. Dorothy era seduta accanto alla compagna e sembrava decisamente arrabbiata. Toto era accucciato vicino ai piedi della padrona, con la testa sulle zampe.

- La prossima volta lascia fare a me. Lo avevo in pugno. Non avevo bisogno di aiuto, lupacchiotta.

- Non sembrava che lo avessi in pugno. – disse Ruby, cercando di ignorare il dolore e provando a tirarsi un po’ su. – Eri disarmata.

- Avevo ancora la balestra! Era ferito. Lo avevo colpito.

- Sì. E lui aveva una spada ed era ancora capace di usarla, Kansas. – Ruby strinse i denti quando Glinda riprese ad usare la magia sulla ferita. Evidentemente alla Strega del Sud non importava nulla di quello che aveva detto Fiyero.

- Sono stata in situazioni peggiori. Non avevo così tanto bisogno di aiuto. – insistette Dorothy. Con le dita le scostò i capelli dalla fronte sudata.

- Sei sicura che fosse una spada? – domandò Glinda.

- Sì... era... – rispose Ruby.

Fiyero osservò la pelle intorno alla ferita. Pulsava come un cuore e strane ramificazioni violacee si dipartivano dal lungo taglio.

- Che cos’è? – domandò il capitano Shang.

- Dov’è la spada che l’ha ferita? – chiese Glinda.

Fiyero aveva catturato l’uomo che aveva quasi ucciso Dorothy e ordinò ad uno dei soldati di andare a cercare l’arma che aveva con sé. Quando tornò poco dopo, mise la spada nelle mani del principe, che se la portò davanti al viso e poi sotto il naso.

- Che succede? – chiese Dorothy.

- Quest’arma è avvelenata. È Sognombra. – sentenziò Fiyero.

Ruby capì che la situazione era ben peggiore di quanto fosse sembrata all’inizio. Sapeva benissimo che tipo di veleno era e a giudicare dalle facce dei presenti... lo sapevano anche loro.

- Dov’è l’antidoto? – Dorothy iniziò subito a raccogliere le proprie armi, come se avesse già deciso quello che doveva fare.

- Dorothy...

- Abbiamo bisogno della polvere di fata. – disse Glinda, contrariata. – La mia magia non può guarirla. Non è sufficiente. E qui ad Oz non ci sono fate.

- Gli altri feriti stanno bene, però. – osservò Mulan.

- Significa che non tutte le armi erano avvelenate. Probabilmente la Strega dell’Est ne ha a disposizione solo una quantità limitata. – Fiyero posò la spada.

- Le fate sono nella Foresta Incantata. La leader delle fate nella Foresta Incantata è Turchina, ma non è in questo mondo. Servirà il permesso della regina. – Glinda si portò una mano alla testa come se avesse una forte emicrania. – Occorre un invito per accedere alla Corte Seelie. E anche così... il tempo in quel reame scorre in modo diverso. Poche ore potrebbero equivalere a giorni per noi.

- Ma qualcuno deve andarci. Ed io ci andrò. Come posso arrivarci? – domandò Dorothy.

- Non puoi andarci da sola! – esclamò Ruby. Si voltò verso Glinda. – Quanto tempo ho?

- Non lo so con certezza. Dipende anche dal tuo fisico. Forse un paio di giorni. Forse meno. Il veleno sarà già in circolo. La ferita è profonda.

- E tu non sei come noi, Ruby. – aggiunse Fiyero.

- Cosa significa? – Dorothy si stava perdendo dei pezzi. Si sentiva confusa, con le orecchie che fischiavano orribilmente e dovette serrare i pugni per evitare che gli altri si accorgessero di quanto le tremavano le mani.

Il principe era stanco tanto quanto gli altri. Aveva gli occhi orlati di rosso, la sua pelle nera sembrava traslucida sotto le luci delle torce e i suoi tatuaggi a forma di diamante parevano più vividi.

- La Sognombra avrà un effetto diverso perché sei un licantropo. È mortale... ma lo è per la tua parte umana.

Ruby pensò a corpi smembrati e alla neve colorata di rosso. Le orme insanguinate. Pensò a Peter, incatenato ad un albero e a denti aguzzi che lo dilaniavano. Immaginò Dorothy... non incatenata ma abbastanza vicina perché la belva potesse acciuffarla e farla a pezzi.

- Non dovreste rimanere qui. – disse Ruby, terrorizzata.

- Hai ragione. Non ce ne staremo qui con le mani in mano. – ribatté Dorothy. – Glinda, puoi spedirmi alla Corte Seelie?

- Posso aprire un portale, ma arrivare alla Corte Seelie non basterà. Non ti faranno entrare e vorranno delle prove. La prova... è Ruby.

- Se vado con Dorothy e perdo il controllo, la ucciderò. Il mantello non basterà contro il veleno. Forse è meglio che...

- Se è una prova quella che questa regina vuole, gliela porteremo. – Dorothy si chinò e strinse la mano di Ruby. – Ti farò la stessa domanda che mi hai fatto tu quando ci siamo incontrate... ti fidi di me?

Ruby levò gli occhi al cielo. – Lo sai che mi fido di te. È di me stessa che non fido.

- Io mi fido.

- Non devi. Questo è più forte... è più forte di me. Diventerà sempre più forte.

Dorothy la baciò per un lungo momento, trattenendola vicino a sé anche quando si separarono. – Puoi non essere forte abbastanza da sola. Ma insieme... insieme possiamo esserlo.

 

***

 

 

Storybrooke. Oggi.

 

Il rospo riuscì ad entrare nell’edificio, saltellando e sfuggendo alle tre fate, che lo ricorsero su per le scale.

Tuttavia il suo saltellare terminò quando andò a schiantarsi contro una parete, dopo un balzo eccessivamente lungo. Finì sul pavimento, sdraiato sulla schiena. Agitò le zampette corte e roteò gli occhi.

Trilli lo raccolse, ignorando i gracidii e la pelle viscida e coperta di verruche. Lo avvolse in un panno prima che qualsiasi altra fata dell’edificio potesse accorgersi di quello che stava accadendo.

- Non è stata una cosa carina da fare! – sentenziò Flora.

- No, ma mi ha resa abbastanza felice. – replicò Fauna. Però la infastidiva che Verdolina avesse usato la sua sciarpa come panno per il rospo.

Trilli entrò nella stanza di Nova e chiuse la porta, mentre l’animaletto ricominciava a gonfiarsi ed ingigantirsi, segno che l’incantesimo si stava esaurendo.

Leroy si ritrovò sul tappeto della stanza, a muovere le braccia e le gambe come in preda alle convulsioni.

- Leroy! – lo chiamò Trilli.

Il nano smise di dibattersi e si guardò i palmi, scoprendo che erano tornati ad essere palmi umani e che anche lui era della grandezza giusta.

- Non è stato poi così doloroso, no? – osservò Fauna. – La mia sciarpa, grazie.

Trilli gliela restituì. La fata la strinse tra pollice e indice, tenendola a distanza, come se fosse appena stata usata per avvolgere un cadavere.

Nova dormiva ancora, con la testa reclinata di lato e una ciocca di capelli castani che le spioveva sul viso. Leroy si avvicinò e si sentì davvero sollevato nell’accorgersi che respirava normalmente. Le tre sorelle gli avevano detto che stava bene, ma che era incosciente e tuttavia aveva voluto accertarsene di persona.

Ed ovviamente era bella. Era bella anche con i capelli sciolti. Era bella nonostante fosse pallida e con gli occhi un po’ segnati.

Trilli spinse Fauna e Flora fuori dalla stanza, mettendo a tacere le loro proteste.

 

***

 

Corte Seelie. Foresta Incantata. Il giorno prima.

 

L’origine della sua specie si perdeva nella notte dei tempi.

Una leggenda molto famosa sosteneva che, quando il primo bambino aveva riso per la prima volta, quella risata si era sbriciolata in migliaia di frammenti, che si erano sparpagliati, trasformandosi in fate.

Una storia ben diversa diceva che le fate erano estremamente antiche, che non avevano mai preso posizione nella guerra tra creature angeliche e demoni, così erano cadute sulla Terra, scacciate da un reame paradisiaco perché incapaci di schierarsi.

E poi c’era la leggenda che descriveva le prime fate come figlie dell’unione di angeli e demoni. Nelle Cronache della Corte Seelie, Nova lesse che le fate che terminavano la loro vita nel Reame Oscuro o Corte Unseelie in quanto malvagie, erano creature in cui il seme demoniaco era molto più forte che in altre e quindi prendeva il sopravvento.

Nova preferiva di gran lunga credere alla storia della risata sgretolata.

Anche il patto tra elfi e fate era troppo antico perché le Cronache ne riportassero i particolari. Sembrava esistere da sempre. L’alleanza prevedeva, tra le tante cose, che la regina delle fate sposasse il re o la regina degli elfi. Alla morte della regina, il sovrano elfico, chiunque fosse, avrebbe dovuto abdicare. E viceversa.

Ormai erano settimane che si trovava alla Corte Seelie – o forse erano mesi, dato che il tempo scorreva in modo diverso in quel luogo – ma non aveva ancora terminato le Cronache. C’erano così tante cose da sapere... così tante cose da imparare. 

Come altre fate della Corte, partecipava alle lezioni di magia con l’insegnante scelta direttamente dalla regina Titania. A volte veniva spedita nel mondo esterno in cerca di piante curative o ad accogliere ospiti della Corte, che erano soprattutto elfi che venivano da Ellésmera, la capitale degli elfi. Una volta aveva avuto la possibilità di assistere ad una riunione del Consiglio delle Fate, alla quale avevano partecipato sia la regina che suo marito, re Oberon.

E a proposito di Oberon...

Persa com’era nelle sue riflessioni, non si accorse del folletto. Puck era sgusciato nella stanza e aveva volontariamente scombinato alcune pergamene che Nova aveva disposto sul tavolo, insieme ad alcune pozioni e alla sua bacchetta.

- Ehi, giù le mani! – esclamò lei, sporgendosi come per schiaffeggiare i palmi del folletto.

Puck si tirò subito indietro, ma Nova ebbe modo di notare lo scintillio furbesco nei grandi occhi verde bosco.

- Aspetta, dove credi di andare? – Nova lo seguì per acciuffarlo.

Tuttavia non ne ebbe bisogno, perché non appena mise un piede in corridoio, Oberon gli rifilò una pedata nel sedere, colpendolo proprio con la punta dello stivale e facendolo finire lungo disteso. Un brownie, tenendosi aggrappato ad una liana, si tuffò sul folletto e gli rubò il cappello, causando i suoi strepiti.

- Credevo di averti detto di non disturbare nessuno, folletto maligno. – lo rimproverò Oberon. – Forse è il momento di metterti al guinzaglio.

- No, mio signore, vi prego! Il guinzaglio no! È tutta colpa del brownie. Mi ha rubato il cappello! – sentenziò Puck, agitando le braccia e saltellando per raggiungere la creatura che in quel momento rideva di lui.

- Certo, è sempre colpa degli altri. – Oberon scosse il capo e poi si rivolse a Nova. Si portava dietro il solito profumo di fiori appena sbocciati. Gli occhi azzurri erano imperscrutabili. – Perdonatelo. Non imparerà mai.

- Oh... non importa. Avevo quasi finito. – disse Nova.

- Ne sono lieto, perché dovreste venire con me.

- Dove?

Oberon le fece strada verso la sala del trono.

Mentre si dirigevano laggiù, tra elfi e fate che svolazzavano rendendo l’aria luminosa e tintinnante, Nova pensò a tutto quello che aveva fatto da quando era arrivata alla Corte Seelie; aveva combinato qualche pasticcio senza accorgersene? Credeva di essere stata persino meno imbranata del solito, escludendo quell’inizio poco promettente.

I troni di Oberon e Titania, in legno di quercia e ricoperti di fiori, erano dotati di radici che affondavano nel terreno levigato. La regina, tuttavia, non sedeva su uno dei troni, ma aveva gli occhi fissi sullo specchio d’acqua nella polla accanto al suo posto. Non era felice, il che era già una pessima notizia. Non che le sembrasse felice quando la incontrava, ma in quel momento era paonazza, con le labbra strette in una linea piatta. Tra le mani si rigirava un fodero dorato, nel quale era infilato un pugnale. L’elsa era bellissima, costellata di gemme verdi, come l’abito che Titania indossava.

- Mia regina... – iniziò Nova.

- Vieni qui. – disse Titania, senza distogliere gli occhi dalla polla. – E guarda.

Nova non se lo fece ripetere un’altra volta. Si avvicinò e si sporse, sapendo che sulla superficie dell’acqua avrebbe visto qualcosa.

Non capì subito che cosa stesse accadendo. Riconobbe Ruby, seduta su ciò che restava di un tronco caduto, non molto distante dalle rive del lago. Era pallida e si stringeva nel mantello rosso come se ne andasse della sua stessa vita. Era anche ferita, perché c’era del sangue sulla stoffa dell’abito, all’altezza del ginocchio. Una ragazza le ronzava intorno, armata di balestra. E una palla di pelo grigia rotolava avanti e indietro. Quando sollevò il capo, Nova vide che era un cane di piccole dimensioni.

- Vai là fuori e scopri che cosa ci fa quella creatura maledetta nel mio territorio. – sentenziò la regina. Estrasse il pugnale dal fodero e glielo porse.

“...che cosa ci fa quella creatura maledetta nel mio territorio...”

- Creatura maledetta? – si lasciò sfuggire Nova.

- Prendi.

Era chiaro che non parlava del cane grigio, ma di Ruby. Le sfuggiva il senso del rancore che percepiva nella sua voce. Un rancore radicato e oscuro. Sembrava che si stesse controllando appena.

- Non... non credo che mi servirà un’arma. È Ruby. La conosco. – disse Nova, occhieggiando il pugnale splendente.

- Prendilo comunque. – insistette Titania. Lo sguardo verde la schiacciò, facendola sentire piccola ed indifesa. Aveva l’impressione che gli ottocento anni della fata stessero ricadendo sulle sue spalle.

Con le mani che tremavano, Nova strinse l’elsa del pugnale. Era pesante.

Lo fece scivolare nel fodero.

 

*************************

 

Angolo autrice:

 

Ciao e grazie per essere arrivati fino a qui.

Volevo aggiungere qualche precisazione.

Prima di tutto, la storia fa parte della serie “Lost and Found”. Spero abbiate letto “The Lost Hero” e “Lost and Found”, giusto perché così non vi perderete dei pezzi. O forse avete letto “Clarity”. Titania è un personaggio che appare anche in quella storia quindi magari ve la ricordate. Ma se siete qui senza aver letto nessuna delle precedenti storie, ma solo perché adorate Nova e Brontolo e le Ruby Slippers, beh... benvenuti lo stesso. Non sono coppie molto gettonate, lo so. Ma io le adoro.

La Corte Seelie non è mai stata nominata in OUAT e nemmeno una regina delle fate. Quindi tutto ciò che dirò a riguardo è inventato (non proprio tutto, in realtà, ma vedremo). Titania è anche un personaggio di “Sogno di Una Notte di Mezza Estate” di Shakespeare.

La Corte Unseelie, notoriamente il regno delle fate cattive, corrisponde al Reame Oscuro, cioè il mondo in cui vive la Fata Nera. Ho deciso di trasformarlo nella Corte Unseelie, nella serie tv viene chiamato solo Reame Oscuro, mi pare.

 


   
 
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